sabato 14 settembre 2024

Mappe commentate del Regno dei Franchi dalle origini all'Impero Carolingio

 


Carlo Magno, Imperatore dei Romani, Re dei Franchi e Re dei Longobardi, 800 d.C.

Per arrivare alla costruzione di questo impero, i Franchi (ossia "uomini liberi", nome assunto dalla confederazione dei Salii e dei Ripuari, a loro volta frutto di una federazione di numerose tribù germaniche e barbariche lungo il corso del basso Reno, da Magonza fino alla foce presso il braccio del delta renano denominato Saale, o Sala, che diede il nome ai Franchi Salii, anche se questa etimologia fu contestata ai tempi della Guerra dei Cent'anni tra Francia e Inghilterra)



Il regno dei Franchi nacque dall'espansione dei possedimenti dei Salii, guidati dalla dinastia Merovingia, le cui origini sono avvolte nella leggenda. Meroveo, che diede il nome alla dinastia fu re dei Franchi Salii dal 448 al 457 circa. 
Sebbene le fonti siano poche e non del tutto affidabili, si ritiene che il successore di Meroveo fu suo figlio Childerico I (deceduto a Tournai nel 481 circa) che, dopo la morte del padre, decise di diventare foederatus dell'Impero Romano (ormai in piena decadenza) e con la sua tribù dei Salii, entrò nella Gallia settentrionale e stabilì la sua capitale a Tournai, stabilendo un'alleanza con l'aristocrazia gallo-romana e e il clero cattolico.


Gli succedette il figlio Clodoveo I (Tournai, 466 circa – Parigi, 27 novembre 511), secondo sovrano storicamente accertato della dinastia dei Merovingi e del regno dei Franchi Sali, e considerato il "fondatore" della Francia. Nel 486, Clodoveo conquistò la provincia gallica governata dal romano Siagrio, che dopo la caduta dell'Impero si era proclamato re. Successivamente conquistò il Regno degli Alemanni e dopo essere stato battezzato per rinsaldare il legame col clero cattolico, incominciò a muovere guerra contro i Visigoti e i Burgundi.


Nel 508 Clodoveo conquistò l'Aquitania, sottraendola ai Visigoti, e dopo la sua morte nel 511, i figli conquistarono anche il Regno dei Burgundi. In tal modo l'intera Gallia fu sottomessa dai Franchi.


I successori di Clodoveo si spartirono il regno, dividendolo in vari sotto-regni: Austrasia (terra d'origine dei Franchi, che si espandeva anche a est del Reno), la Neustria (che comprendeva le terre che erano state di Childerico I e di Siagrio), l'Aquitania (sottratta ai Visigoti), la Burgundia, l'Alemagna (che a volte non ebbe la dignità regale, ma solo ducale) e la Baviera (che allo stesso modo fu più un ducato che un regno, e che i Francesi considerarono terra tedesca, tanto che ancor oggi in francese la Germania è chiamata Allemagne).

Le guerre fratricide tra i Merovingi e il conseguente frazionamento del regno, portarono alla decadenza della dinastia, che dovette cedere potere ai Maestri di Palazzo (Maiores Domi, maggiordomi), della stirpe dei Carolingi, affermatisi sotto la guida di Carlo Martello (il "piccolo Marte", per la sua abilità bellica). Suo figlio Pipino il Breve depose l'ultimo re meroviglio, Childerico III, e si fece incoronare Re dei Franchi dopo aver promesso di difendere Roma e il clero cattolico dall'espansione dei Longobardi, di religione ariana, che avevano conquistato l'Esarcato di Ravenna e la Pentapoli, arrivando ad assediare Roma. La Promissio Carisiaca del 751 pose le basi del rapporto di sostegno reciproco tra i Carolingi e il Papa.

Carlo Magno, figlio e successore di Pipino, espanse il regno dei Franchi fino a trasformarlo in un impero, sottomettendo la Sassonia germanica e pagana, la Marca Hispanica, parte della piccola Bretagna, il Ducato di Carinzia e soprattutto il Regno dei Longobardi.
Già nominato Re degli Italici, la dignità imperiale gli fu concessa nel natale dell'anno 800, quando fu proclamato Imperatore dei Romani.


A Carlo Magno succedette l'unico figlio maschio superstite, Ludovico il Pio, di carattere incerto e influenzato dal clero e dalle due mogli, che generarono diversi eredi, Lotario, Ludovico e Carlo II, che dopo guerre e trattati di vario genere stabilirono la tripartizione tra il Regno dei Franchi Occidentali (futura Francia), il Regno di Lotaringia (futura Lorena, Borgogna, Provenza e Italia) e il Regno dei Franchi Orientali (futura Germania).





Dopo l'estinzione dei Carolingi, la scissione tra le tre parti divenne definitiva. Il Regno di Germania, fu riunificato da Enrico I di Sassonia, il cui figlio Ottone I annesse la Lotaringia e l'Italia, e sconfisse gli Ungari. Ottone I, già Re di Germania e d'Italia, fu incoronato Sacro Romano Imperatore nel 962, e questo fu il vero atto di fondazione del Sacro Romano Impero Germanico, di cui vediamo sotto una mappa del 1045





giovedì 5 settembre 2024

Netto miglioramento della serie "Gli anelli del potere" negli episodi 2 e 3 della seconda stagione.

 



Devo rettificare la mia precedente recensione alla luce degli episodi 2 e 3 della seconda stagione di "The Rings of Power".
Sarò schematico, perché occorre evitare troppe digressioni fuorvianti.

1) Finalmente si è trovato il ritmo giusto. Nel primo episodio mancava, ma a partire dal secondo è diventato molto più rapido, rendendo il tutto molto più avvincente.

2) I dialoghi sono più scorrevoli ed è una naturale conseguenza del primo punto.

3) E' stata risolta brillantemente la trasformazione di Sauron da Halbrand ad Annatar. Mentre Halbrand era un personaggio non-canonico, Annatar è ben descritto da Tolkien e la trasformazione avviene davanti allo stesso Celebrimbor che crede che Annatar sia uno dei Maiar buoni ed è sedotto dalla sua bellezza e dalle sue promesse di fare di lui un creatore di meraviglie in grado di superare la gloria di suo nonno Feanor, colui che creò i Silmaril imprigionando in essi la luce dei due alberi di Valinor, quello d'oro (Laurelin) e quello d'argento (Telperion). Emerge la rivalità tra cugini, tra Celebrimbor, invidioso di Gil-Galad, che arriva a disobbedire al re, seguendo i pericolosi consigli di Annatar-Sauron, riguardo ai sette anelli nanici e ai nove da donare ai capi degli uomini. Tutto questo rispetta il canone tolkieniano e lo sviluppa in una maniera interessante.

4) Viene dato spessore al personaggio di Isildur e al suo ruolo di guida della popolazione di Pelargir, la colonia numenoreana vicina alla foce dell'Anduin dove hanno trovato rifugio i profughi delle terre del sud, cadute sotto il controllo degli orchi di Adar.

5) Viene risolta la vexata quaestio della riproduzione degli Orchi su cui Tolkien era combattuto tra due punti di vista: la creazione mediante tortura di elfi da parte di Morgoth e Sauron e la creazione naturale mediante accoppiamento di orchi e orchesse. Ebbene, Adar e gli orchi più antichi furono creati mediante tortura, e da qui nasce l'odio di Adar verso Sauron, mentre gli orchi più recenti nascono tramite procreazione. E infatti vediamo per la prima volta un'orchessa che tiene in braccio un piccolo orco neonato. 

6) Viene dato un senso al personaggio di Earien che dopo aver scoperto l'esistenza del Palantir, la pietra che aveva dato il nome regale al defunto re, manda a monte l'incoronazione di Tar Mìriel prima che quest'ultima, già contestata e resa cieca durante la spedizione militare fallita, non riesce a prendere lo scettro in tempo. Qui non voglio "spoilerare" la trama del terzo episodio, ma finalmente si entra nel momento in cui c'è la presa di potere di Ar Pharazon, l'astuto e poderoso cugino di Mìriel, che sfrutta un evento imprevisto interpretandolo a suo favore. Nel canone tolkieniano la disputa tra il partito dei fedeli, capeggiato da Elendil, che supporta Mìriel, e quello di Pharazon, si risolve con il matrimonio di facciata tra i due cugini. Cosa succederà nella serie tv? Mìriel farà resistenza all'invadente Pharazon? Sono curioso di vedere l'evoluzione della trama.

7) Compare il primo Troll parlante, in una scena divertente, tale da farlo sembrare una specie di wrestler.

8) Le trame ad Est, con lo stregone di Rhun, e a sud con la resistenza di Pelargir, ci mostrano nuovi luoghi della Terra di Mezzo. Gandalf usa il suo primo bastone magico, ma la situazione gli sfugge di mano.

9) Elrond assume un ruolo più attivo, che lo vede promosso a comandante di spedizione militare. Era tempo che accadesse, perché Elrond non fu solo l'araldo di Gil-Galad, e un abile diplomatico, ma fu anche un combattente, nella battaglia che avverrà alla fine della Seconda Era e in cui cadranno Gil-Galad ed Elendil, succeduti da Elrond stesso e da Isildur.

10) Il conflitto tra Durin III e suo figlio vede una loro diversa posizione riguardo all'anello offerto da Celebrimbor al primo dei sette "principi dei Nani". E' messo in luce come il mithril venga corrotto da Sauron, cosa che non era avvenuta con gli anelli elfici.

domenica 1 settembre 2024

Prime impressioni sulla seconda stagione de "Gli Anelli del Potere". Senza spoiler. Primo Episodio.

 


Questo testo è basato soltanto sulla visione del primo episodio, per cui voglio premettere che gli episodi successivi, che non ho ancora commentato, presentano dei miglioramenti notevoli.

Cercherò di essere schematico per non svelare la trama e per venire subito al punto. La prima stagione aveva molte pecche, come l'eccessiva lentezza immotivata, i dialoghi privi di vera epica, vera drammaticità e vera liricità, e un distacco eccessivo dal canone tolkieniano riguardante la Seconda Era.
I produttori, gli sceneggiatori, i registi, gli attori hanno avuto due anni per cercare di rimediare.
Ci sono riusciti? Alla luce della prima puntata possiamo cercare di esprimere la nostra prima impressione evidenziando i pregi e i difetti.

Pregi

1) Esplorazione di luoghi della Terra di Mezzo che non abbiamo mai visto prima. 

Uno di questi luoghi è il Forodwaith, la zona più a nord, una desolazione ghiacciata dove inizialmente si erano rifugiati i seguaci superstiti di Morgoth sotto la guida di Sauron. Qui si indica anche una roccaforte omonima simile a varie torri montagnose e aguzze.
Il secondo è la Terra di Rhun, che si trova a est delle terre selvagge esplorate ne "Lo Hobbit" e ne "Il Signore degli Anelli". Su questa regione, intorno all'omonimo mare interno di Rhun, sappiamo solo, in base agli scritti di Tolkien, compresi quelli pubblicati a cura di suo figlio Christopher, che è abitato dagli Esterling, uomini che spesso hanno combattuto contro quelli di Gondor, arrivando ad allearsi con Sauron. Gandalf, che ha girovagato ovunque, dice, negli scritti canonici: "A est non vado mai"... ecco, a quanto pare, almeno una volta ci sarebbe andato... e non dico altro.

2) Conoscenza più dettagliata di luoghi che nel canone classico e nella prima stagione sono stati esplorati solo in parte.
E questo comprende la zona destinata a diventare Mordor, e poi il Lindon, dove vengono presentati molto più nel dettaglio i Porti Grigi, conosciuti anche come Mithlond o Rifugi Oscuri, la parte portuale del Lindon che vediamo nel finale del "Signore degli Anelli" quando Galadriel, Elrond, Gandalf, Bilbo e Frodo compiono il loro ultimo viaggio, quello verso le terre beate di Valinor. 

3) Conoscenza del personaggio di Cirdan il Carpentiere, forse l'elfo più antico della Terra di Mezzo, uno dei Sindar che si svegliarono a Cuiviènen sotto la luce delle stelle, e che trascorse la sua vita millenaria in riva al mare, nei suoi cantieri dove costruiva le navi degli Elfi che partivano per Valinor, prima dal Beleriand e poi dal Lindon, di cui Cirdan è il secondo, in linea gerarchica, dopo il re Gil-Galad, che appartiene alla privilegiata stirpe dei Noldor, e ne diventerà il signore dopo che il re cadrà nella battaglia ai piedi del Monte Fato. Cirdan sarà l'ultimo elfo a partire per l'Ovest, anche se Tolkien non si espresse mai univocamente sulla questione. Quello che invece sappiamo per certo è che Cirdan (da pronunciarsi Kirdan), fu colui che per primo indossò uno dei Tre Anelli dei Re degli Elfi, Narya, l'Anello del Fuoco, che dona forza ed energia. Sappiamo che Cirdan lo donerà a Gandalf: "... perché le tue fatiche saranno gravi, e in tutte esso di sosterrà, preservandoti dalla stanchezza".
Tutto questo era già scritto nelle Appendici del Signore degli Anelli ed era visibile, per un occhio esperto, nel suo finale. 
Cirdan è un Elfo talmente vecchio che è l'unico a cui è cresciuta la barba. Questa cosa avrebbe suscitato una levata di scudi se Tolkien stesso, prendendosi qualche libertà dal canone da lui stesso creato, non ce lo avesse descritto proprio così nel finale del suo opus magnum.
Introdurre Cirdan ne "gli Anelli del Potere" era un passo obbligato, visto che gli altri due anelli andranno uno a Galadriel, l'anello di diamante, Nenya, che la affascina e la avvince fin dall'inizio, dotandola di straordinari poteri, tra cui quello di leggere nel pensiero e di comunicare tramite il pensiero, e il terzo, visto che gli altri due (nella versione Amazon Prime si intende) se li sono già presi Cirdan e Galadriel, sarà al dito dell'alto re Gil-Galad, e si tratta di Vilya, l'Anello di Zaffiro, che concede potere sugli elementi della natura, specie sui venti e sulle acque.
Noi già sappiamo che, alla morte di Gil-Galad l'anello Vilya sarà ereditato da Elrond, ultimo esponente dei discendenti di Fingolfin.
Anticipo solo che, per dare un po' di suspense alla prima puntata, si è voluto attribuire ad Elrond un forte scetticismo e sospetto nei confronti dei tre anelli, tanto da affidarli a Cirdan, il quale però intuisce che essi, per quanto portatori di rovina, permetteranno per molto tempo agli Elfi di contrastare il Male quando Sauron perderà l'unico anello.

4) Ricostruzione della storia di Sauron nel periodo tra la caduta di Morgoth e l'avvio della prima stagione de "Gli Anelli del Potere". Su questo Tolkien e suo figlio non hanno lasciato indicazioni precise, e questo consente un certo spazio alla fantasia, più o meno fondata, degli sceneggiatori della serie tv. Una delle critiche della prima serie era stata quella di vedere Sauron sotto le sembianze umane di Halbrand, personaggio del tutto inventato dagli sceneggiatori. Qui si è tentato di spiegare il perché Sauron abbia cambiato la sua forma originale per diventare prima Halbrand e poi, come è noto ai "fondamentalisti tolkieniani" tra cui il sottoscritto, abbia infine assunto, in linea col canone tolkieniano, le sembianze elfiche di Annatar, il Signore dei Doni, ingannando Celebrimbor, signore di Eregion, e ultimo discendente di Feanor, il primo Alto Re, che con la sua arte creò i Silmaril.
L'unica pecca, nella ricostruzione della storia di Sauron così come appare nella prima puntata, è il fatto che non ci viene detto chiaramente che questo accadeva prima della prima stagione, e ciò ha creato un po' disorientamento perché ci si è chiesti all'inizio se fosse cambiato l'attore che interpretava il signore oscuro e poi ci si è continuati a chiedere: "Ma questo quando è sucesso? Prima, dopo, durante?". Ecco, sarebbe bastata una indicazione di testo, che non è stata messa perché non è stata rispettata la cronologia tolkieniana della Seconda Era e si voleva evitare ulteriori polemiche al riguardo: il risultato è stato però quello di generare un po' di confusione, anche se poi, naturalmente, si è riusciti a collocare gli eventi nell'ambito dei tempi stabiliti dalla serie tv.

5) La grafica e la colonna sonora sono eccellenti e questo vuol dire molto, ma non tutto. Da soli, non bastano a garantire la sufficienza ad un film o a una serie televisiva.

Difetti

Passiamo ora ai punti di debolezza riscontrati all'inizio della seconda serie.

1) Manca ancora il ritmo: la prima puntata è stata un po' lenta, però meno della scorsa stagione, è troppo presto per giudicare: forse dalla seconda puntata in avanti le cose potrebbero migliorare. 

Nelle prime visioni le scene non necessarie vanno tagliate, in fase di montaggio, per poi essere recuperate, per i fan fidelizzati, nelle edizioni "extended". Certo questo è più facile nel cinema che nelle serie tv, ma si poteva agire da pionieri in questo campo, piuttosto che allungare il brodo oltre ogni misura, un errore che ho riscontrato peraltro anche nella seconda stagione dell'avversario storico di "The Rings of Power" e cioè "House of the Dragon" della HBO, inspiegabilmente anche lì, pur avendo evitato questo rischio nella prima serie, ci si è caduti nella seconda. 
Io non sono un regista e forse questo farebbe di me un ottimo aiuto-regista che avrebbe il coraggio di dire: "Signori registi, prima di pensare al premio della critica, pensate al pubblico e cercate di tenere alta la sua adrenalina, se no gli spettatori si addormentano o, peggio ancora, cambiano canale".
E' un vizio diffuso, quello di perdersi in minuziosi dettagli che nessuno noterà, un vizio che è presente, anche se in misura minore, in Denis Villeneuve, che però ha saputo fidelizzare il pubblico del grande ed epico ciclo di Dune chiamando un cast straordinario e una equipe di primissimo livello, che hanno permesso il miracoloso successo dei primi due film della trilogia cinematografica in itinere, già varie volte tentata con esiti incerti in passato (per quanto io abbia molto apprezzato la versione di David Linch, ma qui stiamo andando off topic e quindi chiudo la parentesi).

2) I dialoghi ancora appaiono un po' artificiosi. A volte sembra che siano il discorso di Capodanno del Presidente della Repubblica, cosa che va bene solo se si ricopre quel ruolo, che richiede un giusto dosaggio di ovvietà istituzionali e di qualche riflessione estemporanea messa in risalto come caratterizzazione personale del messaggio. In ogni altro contesto si ha l'impressione che si voglia esprimere, con metafore ardite e linguaggio arcaico e altisonante concetti del tipo: "è meglio star bene che star male". Non è sempre così, intendiamoci, ogni tanto c'è qualche guizzo di originalità di pensiero. Ci sono stati dei tentativi di miglioramento rispetto alla prima stagione, ma, come direbbe un insegnante di italiano a uno studente che si è impegnato ma con risultati non esaltati: "Ancora non ci siamo". Io vorrei, se potessi, rivolgere un appello, in generale, a tutti gli sceneggiatori, a tutti coloro che scrivono i dialoghi e lo svolgimento di una fiction, sia essa un film o una serie tv, che non è necessario scrivere l'Amleto, però, come dice Nanni Moretti, "Le parole sono importanti, chi scrive male, pensa male e vive male" che forse è una posizione un po' troppo estremistica, ma nella sua acutezza e asprezza ci resta impressa. Per emulare Tolkien o il suo traghettatore sul grande schermo, Peter Jackson, occorre comprendere il perché noi fan, a distanza di tanti anni ancora ci chiediamo, con Theoden di Rohan, "dov'era Gondor" quando cadde l'Ovestfalda, o citiamo a memoria la frase detta da Bilbo, scritta da Tolkien e rielaborata da Jackson: "Mi sento come burro spalmato su troppo pane", ottima similitudine per indicare che quando si vive troppo a lungo la vita perde gran parte del suo sapore e del suo senso. Non sono frasi pretenziose, però ci colpiscono dritto al cuore, magari non alla priva visione, ma alla seconda di sicuro, a meno che il nostro cuore non sia un macigno. 
Stessa cosa vale per il linguaggio arcaico: va bene l'arcaismo, ma bisogna usarlo nel giusto contesto e metterlo in bocca al giusto personaggio. Dicono che Christopher Tolkien si arrabbiò con Peter Jackson per aver messo in bocca a Grima Vermilinguo una frase che nel romanzo di suo padre era pronunciata da Aragorn quando guarisce Elwing: "Chi lo cos'hai detto alle tenebre nelle amare veglie notturne..." per finire col celeberrimo "tu così bella, così fredda, come un mattino di pallida primavera ancora legato al gelo dell'inverno". Tolkien jr aveva ragione, in bocca a Grima è un po' svilita questa frase e nobilita troppo il personaggio, ma anche Jackson aveva ragione: per esigenze filmiche non si poteva rimandare tutto al terzo episodio della trilogia, che altrimenti sarebbe durato cinque ore. Però Jackson ha ascoltato questa critica e ha voluto mettere le parole giuste in bocca al personaggio giusto facendo pronunciare a Denethor il suo sermone: "Tu credi saggio, Mithrandir, ma con tutte le tue sottigliezze non hai discernimento. Credi che gli occhi della torre bianca siano ciechi? Io ho visto più di quanto tu sappia. Con la mano sinistra mi useresti come scudo contro Mordor e con la destra cercheresti di soppiantarmi. So chi cavalca con Theoden di Rohan, ah si. E' giunta voce alle mie orecchie di questo Aragorn figlio di Arathorn e te lo dico adesso, non intendo piegarmi a questo ramingo del nord, l'ultimo di una cenciosa casata da lungo orbata di signoria e comando.".
Ecco uno splendido esempio di arcaismo, di linguaggio arcaico, pronunciato da un personaggio che ha tutte le ragioni per esprimersi così, essendo cresciuto nella raffinatezza della corte di Gondor.
Ma illudersi che basti far dire "periglio" al posto di "pericolo" (o il suo equivalente arcaico nell'originale sceneggiatura in inglese) ad una giovanissima Pelopiedi per dare l'impressione che il tutto sia accaduto millenni prima... insomma, a me fa un po' ridere e un po' piangere, pensando a tutte le possibilità e a tutti i mezzi che Amazon Prime aveva a disposizione.
Sono critiche un po' severe, me ne rendo conto, ma siccome la regia e la sceneggiatura continuano ad essere assegnate alle stesse persone è un po' come se si applicasse la regola: "squadra che perde non si cambia", loro non l'hanno cambiata e i problemi restano insoluti.

3) Troppa libertà immotivata rispetto al canone tolkieniano. Lo so che è una polemica antica e vi giuro che io non sono, se non auto-ironicamente, un vero fondamentalista del testo tolkieniano, cioè uno di quelli che si attengono alla lettera degli scritti del Professore e all'analisi filologica compiuta da suo figlio (che fu co-autore del "Signore degli Anelli" avendo fatto da correttore di bozze e consigliere del padre, oltre che da dattilografo prima e da filologo poi). In questo caso gli unici testi di riferimento sono le Appendici, ricchissime di materiale, e i Racconti Incompiuti. Amazon ha i diritti sulle Appendici e quindi anche sulla cronologia della Seconda Era, di cui si è fatto strame. Ma anche questo può essere perdonato per esigenze filmiche: una serie sulla seconda era avrebbe richiesto 100 stagioni, quindi ovviamente bisognava concentrare gli eventi su un arco di tempo più breve, posticipandone alcuni e anticipandone altri, compreso l'arrivo di Gandalf che nel canone tolkieniano avviene solo nella Terza Era. Tutto questo è perdonabile, nell'ambito di un patto narrativo onesto. Però c'è sempre un però. In questo il problema è che per dare più suspense e più conflitti e più colpi di scena si sono scelti espedienti discutibili, come quello secondo cui (e qui c'è un piccolo spoiler che però è una vicenda che si risolve quasi subito), Elrond si oppone all'uso dei Tre Anelli ai Re degli Elfi. Ecco: qui sono certo che Tolkien padre e Tolkien figlio si stiano rigirando nella tomba. Secondo il canone, Elrond erediterà dal cugino Gil-Galad l'Anello di Zaffiro e lo porterà per ben 3000 anni per cui mi sembra poco credibile l'idea che lui volesse buttare gli anelli in mare, disobbedendo all'Alto Re e a lady Galadriel.
Gli autori della serie si sono salvati in corner attribuendo a Cirdan il ruolo di salvatore degli anelli, ma facendo sembrare che Cirdan stesso, il più saggio tra gli elfi, ne fosse sedotto: no, il personaggio di Cirdan è uno dei pochissimi, insieme a Galadriel, che sono presenti sia nel Silmarillion, sia nei Racconti Incompiuti, sia nel Signore degli Anelli, sia nelle Appendici. Ed è nelle appendici che Cirdan dona il suo anello a Gandal "sapendo donde egli veniva e dove sarebbe dovuto tornare" e cioè tra i Maiar, gli assistenti dei Valar, se mi passa il termine. Ecco se volete fare un regalo a voi stessi, leggete quel passo molto commovente in cui Cirdan dona l'Anello del Fuoco a Gandalf, che giunge alla Terra di Mezzo per mare e non da un asteroide, ma potrei perdonare persino questo, visto che si voleva approfondire la storia degli Istari e degli Hobbit e della terra di Rhun. (E persino infilarci Tom Bombadil, e questo lo dico solo per i lettori, visto che persino Jackson lo ha omesso, suscitando le ire di Christopher, ingiuste, dato che lo stesso Tolkien padre aveva ammesso che Tom Bombadil era un personaggio un po' estraneo alla vicenda, messo lì per far contenta sua zia Jane, la sorella della sua defunta e amatissima madre Mabel, che divenne Belladonna Tuc, così come suo nonno Suffield, che morì centenario, divenne il Vecchio Tuc). Cirdan aveva doti superiori agli altri elfi e in un certo senso ebbe la premonizione di dover accettare quell'anello perché sarebbe servito a qualcuno più importante di lui e cioè Gandalf. In ogni caso, nel primo episodio della seconda serie, senza tirare la cosa per le lunghe, Cirdan salva gli anelli con rapidità: per un attimo avevo avuto il terrore che questa sottotrama insulsa sarebbe durata per l'intera stagione. Per fortuna questo supplizio ci è stato risparmiato. E poi c'è un altro punto interrogativo. C'era bisogno di inventarsi la storia dell'albero malato di Gil-Galad che poi rifiorisce in un istante? Ormai l'avevano messa nella prima stagione e non potevano lasciarla in sospeso. Di alberi malati che rifioriscono ce ne sono molti in Tolkien, ma quello di Gil-Galad non c'è. Tolkien amava gli alberi e apprese la botanica sulle ginocchia di sua madre Mabel, grande amante della natura e deceduta precocemente perché all'epoca il diabete non era curabile. Possiamo perdonare quindi anche la storia dell'albero, ma la lista delle cose da perdonare incomincia ad essere un po' troppo lunga.  Bisognerebbe applicare la regola logica del cosiddetto rasoio di Occam (o Ockham), nome derivato dal primo studioso che la propose, Guglielmo di Occam appunto, secondo cui "entia non sunt multiplicanda praeter necessitatem", gli enti, cioè i concetti o le cose dotate di esistenza, non devono essere moltiplicate se non ce n'è bisogno. Nel caso in questione hanno voluto creare uno psicodramma su come e perché Gil-Galad e Galadriel e forse persino Cirdan sarebbero stati "soggiogati" dai Tre Anelli elfici fin dall'inizio. Ho usato il condizionale volutamente perché è una cosa che non è reale, come la risposta che qui danno è cioè quella di salvare l'albero che permetteva agli elfi di vivere ancora nella Terra di Mezzo e non dover partire per Valinor. C'era bisogno di questa giustificazione? A mio parere, no. 
Nel canone tolkieniano Gil-Galad della stirpe di Fingolfin, Galadriel della stirpe di Finarfin e Cirdan della stirpe di Thingol accettano gli Anelli donati loro da Celebrimbor della stirpe di Feanor perché era un bellissimo dono di un loro lontano cugino che aveva saputo attribuire potere a questi anelli. Voi rifiutereste un anello che vi desse dei superpoteri? Io no. Non occorreva una giustificazione morale per salvare la reputazione di Gil-Galad, Galadriel e Cirdan perché ogni cosa che fecero fu in buona fede, fu giusta e a fin di bene. Nessuno psicodramma, men che meno quello di Elrond che da saggio araldo e cugino dell'Alto Re viene fatto diventare un ribelle dalla testa calda, così, dalla sera alla mattina. Se si voleva creare più suspense, più azione, più colpi di scena c'erano altri modi più rispettosi del canone tolkieniano e di coloro che lo considerano un punto di riferimento così ricco di spunti da non meritare di essere stravolto alla ricerca di altri spunti molto meno credibili.

Conclusione

Sono stato severo, ma ora vi dico: non buttiamo via l'acqua sporca col bambino dentro, per usare un saggio proverbio del passato che mi ricorda i bei tempi in cui mia nonna in campagna mi faceva il bagno in una mastella. Qualunque cosa ambientata nella Terra di Mezzo è una buona cosa anche se poteva essere fatta meglio.
E poi c'è un motivo che ci fa sperare.
Il trailer per i prossimi episodi sembra interessante, quindi questo giudizio iniziale non deve pregiudicare il modo in cui guarderemo gli altri. 
Ci saranno gli anelli dei Nani e poi i nove anelli degli Uomini e il viaggio a Rhun, e la presa di potere di Pharazon a Numenor. E' un piatto ghiotto, anche se dovesse essere cucinato in maniera non del tutto soddisfacente.
Io continuo, seppur non contandoci troppo, a sperare che i difetti della serie possano essere gradualmente superati. 
In parte c'è stato un miglioramento, ma ancora troppo piccolo per poterci permettere una visione appassionante.
Trovo qualche preoccupante somiglianza tra la sorte della serie cinematografica "Animali fantastici e dove trovarli", prequel degli Harry Potter (spero che i tolkieniani mi perdoneranno, ma io amo tutti gli universi fantasy ben riusciti, pur essendo Tolkien il padre della fantasy epica contemporanea) e la possibile sorte de "Gli Anelli del Potere". Venuta a mancare la magia della serie di successo, i prequel si potrebbero fermare al terzo tentativo per un errore abbastanza simile, l'aver scommesso troppo sugli effetti speciali.
Come sempre, spero di avere torto.


giovedì 15 agosto 2024

La serie tv "Those about to die" è avvincente e convincente. Merita di essere vista.




"Ave Caesar, morituri te salutant", così i gladiatori si rivolgevano, all'imperatore romano (il nome "Caesar" era diventato il termine comune he designava il massimo detentore del potere, anche dopo la fine della dinastia Giulio-Claudia), prima del combattimento nell'arena, in particolare nell'Anfiteatro Flavio, fatto costruire da Flavio Vespasiano e inaugurato sotto il regno del maggiore dei suoi due figli, Tito Flavio, suo successore, per breve tempo, e utilizzato poi efficacemente da Flavio Domiziano, il figlio minore, che succedette al fratello.
Questo è il periodo storico in cui è ambientata la serie tv che traduce in inglese il termine latino "morituri", e cioè coloro che stanno per morire, letteralmente "Those about to die".
Ultimamente le serie tv storiche si sono prese troppa libertà, per cui, da appassionato e studioso di Storia, tendo ad avvicinarmi ad esse con scetticismo e a valutarle severamente.
Confesso che in questo caso, all'inizio, ciò che mi ha attratto è stata la presenza del grandissimo Anthony Hopkins, una garanzia di qualità e carisma, almeno per il personaggio da lui interpretato, e cioè l'imperatore Vespasiano, che portò al potere la dinastia Flavia, dopo l'anno di guerre civili seguito alla morte di Nerone, l'ultimo dei discendenti di Augusto e della dinastia Giulio-Claudia).
Hopkins tra l'altro ha una certa somiglia con i busti di Vespasiano, il che lo rende perfetto per la parte.
Ulteriore garanzia è la regia di Roland Emmerich.
Naturalmente anche "Those about to die" si prende molte libertà, scegliendo per interpretare Tito, che era tuto tratte bello, un attore molto bello come Tom Hugues attribuendogli una barba che storicamente Tito non si fece mai crescere (il primo imperatore barbuto sarà Adriano). Ma è un peccato veniale, dovuto all'esigenza di attrarre il pubblico femminile e anche al fatto che Hughes ha già interpretato bene un ruolo storico (il principe Alberto di Sassonia-Coburgo, consorte della regina Vittoria del Regno Unito, nella serie tv "Victoria"). 
Al fratello minore, Domiziano, sono stati attribuiti elementi di dubbia storicità, supportati più che altro dalla faziosa biografia scritta dal brillante e fantasioso Svetonio, che doveva compiacere gli imperatori che vennero dopo di lui (il nobile Nerva, scelto dal Senato dopo l'uccisione di Domiziano, il generale Traiano, adottato dal predecessore per garantirsi l'appoggio delle legioni, e Adriano, nipote di Traiano, sotto il cui regno l'Impero raggiunse l'apice della gloria e del benessere).
Solo nell'ultima parte della sua vita Domiziano divenne paranoico e sadico in seguito alle numerose congiure ordite ai suoi danni e a uno stile di vita che gli rovinò la salute. E' possibile che fosse bisessuale, ma non in maniera esibita, mentre nella serie è esclusivamente omosessuale.
Gli storici moderni hanno riabilitato il regno di Domiziano, che fu un abile amministratore, pur riconoscendogli alcuni elementi che la serie tv ha voluto mettere in rilievo in modo particolare e cioè la sua politica basata sul placare il popolo tramite "panem et circense", distribuzioni granarie e spettacoli di grande efficacia che resero famoso l'Anfiteatro Flavio (chiamato Colosseo perché situato vicino alla statua colossale di Nerone) contrapposto al Circo Massimo dove prevalevano le corse delle quadrighe delle squadre di proprietà di illustri senatori, di ricchi equites e di nuovi arricchiti. E' però indubbiamente vero che l'indole di Domiziano tendeva a condurlo a un notevole accentramento del potere nelle sue mani e in quelle dei suoi "clientes" che crearono una salda burocrazia presso il Palatino, a discapito del Senato, i cui membri era comunque malvisti dalla popolazione romana. 
Inoltre sembra che Domiziano sia stato il primo "Dominus et Deus", cioè il primo imperatore che non si limitò ad essere il "Princeps", il primo tra pari, ma il sovrano che si autoattribuiva pregorative divine mentre era ancora in vita, non bastandogli i titoli che aveva già: "Caesar, Pontifex Maximus, Augustus, Pater Patriae, Imperator". Ma nella serie vediamo Domiziano da giovane, quando è ancora magro e detiene il titolo di Aedilis Sudi, l'Edile del gioco, il magistrato incaricato della direzione dei giochi per intrattenere la plebe di Roma.
Queste sono le premesse storiche e le libertà che la serie si è concessa, che possono essere perdonate in quanto la ricostruzione della Roma imperiale nell'epoca Flavia è davvero impeccabile ed efficace, anche grazie alle tecniche cinematografiche con cui si sono ricreati ambienti e situazioni in maniera verosimile. 
Non si può pretendere la verità da un intrattenimento, ma la verosimiglianza nella ricostruzione fisica, ambientale, architettonica, sociale, economica e politica della Roma tra il 79 e l'81 d.C. è tale da rendere la serie tv credibile e tutto sommato non troppo distante dalla storia.
La vicenda narrata e rappresentata è ovviamente di un'opera di fantasia, ma dotata, oltre che della suddetta verosimiglianza, anche di una trama davvero avvincente.
Uno dei personaggi di fantasia che ha un ruolo centrale nella trama è un giovane uomo che si fa chiamare Tenax, di oscure origini, interpretato molto bene dall'attore Iwan Rheon, noto al grande pubblico per aver interpretato con grande abilità il personaggio di Ramsay Bolton, in "Game of Thrones"
Tenax possiede una taverna dove si fanno scommesse molto proficue (per lui, che spesso trucca l'esito dei giochi) nei combattimenti tra i gladiatori e nella corsa delle quadrighe, i carri trainati da quattro cavalli, a cui gareggiano quattro squadre contraddistinte dai colori che portano i loro aurighi. La squadra bianca è di proprietà del potente senatore Leto ed ha come auriga Xenon, ma la più vittoriosa è la squadra azzurra, di proprietà del console Marso e della sua consorte, una ricchissima e potente e ambiziosa patrizia di nome Antonia Servilia, interpretata dall'attrice italiana Gabriella Pession che ha conservato negli anni la sua bellezza e affinato la sua bravura nella recitazione. La serie tv è infatti una produzione italo-statunitense-tedesca (viene da pensare che gli italiani abbiano curato l'esattezza storica, gli statunitensi la grandiosità delle scene e delle spese, i tedeschi il rigore organizzativo). Anche la nobile Caltonia e la giovane Salena detengono parte delle quote della scuderia azzurra, il cui auriga è Scorpo, che vince molto spesso, ma barando, tramite espedienti di basso livello, spesso suggeritigli dallo stesso Tenax, che è suo amico da molto tempo.
Le altre due squadre, la rossa e la verde, sono meno forti.
Tenax si sta arricchendo, ma vive ancora nella Suburra, il quartiere dei bassifondi di Roma, alle pendici del colle del Quirinale (allora molto meno importante di quello che divenne in seguito).
I ricchi e i nobili vivono nel lussuoso colle Esquilini e la famiglia imperiale sul colle Palatino, dove sorge la loro residenza, il Palatium.
Tenax ha in mente di fondare una propria squadra, la squadra oro, finanziata segretamente da Domiziano.
A fornire i cavalli più veloci, splendidi stalloni bianchi, provenienti dalla Betica, nella Hispania meridionale, sono tre fratelli allevatori, molto abili sia nell'aver cura dei cavalli, sia nel cavalcarli: Andria, Fonsoa ed Elia.
Qui conoscono il comes stabuli, il capo delle stalle, Gavros, ex auriga che ha abbandonato le corse perché troppo pericolose.
Un ruolo importante ce l'hanno anche la bellissima e forte Cala, una commerciante della Numidia, corrispondente all'attuale Algeria,  che è a Roma per liberare i suoi tre figli, venduti come schiavi: due ragazze di nome Aura (schiava di Tenax) e Jula (schiava di Antonia) e un giovane gladiatore di nome Kwame, che ha catturato un rarissimo esemplare di leone albino, che verrà portato a Roma per le lotte dei gladiatori. Il defunto padre dei tre fratelli era un cacciatore della Nubia (tra il Sudan e l'Etiopia attuali).
Cala si fa assumere da Tenax e ne gestisce la taverna e le scommesse con grande abilità, mentre lui ha a che fare con un suo nemico, Ursus, legionario che intende vendicarsi per un antico torto.
Nella prima puntata compaiono quasi tutti questi personaggi in maniera molto veloce e un po' caotica, ma una volta che abbiamo imparato a riconoscerli saremo conquistati dalle loro trame per ottenere i loro obiettivi, spesso tramite sotterfugi e a volte anche delitti.
Ma la vera protagonista è la Roma imperiale, che cerca di riprendersi dopo le guerre civili che hanno portato alla presa di potere da parte della dinastia dei Flavi. 
Le trame di tutti questi personaggi si intrecciano strettamente tra loro e con altri personaggi minori, oppure storici, tra cui Berenice di Cilicia, figlia di Erode Agrippa, deposto re dei Giudei, sconfitti militarmente da Tito, che ha distrutto il tempio di Gerusalemme e si è portato Berenice con sé come amante, non benvoluta però né da Vespasiano né dalla plebe romana, fortemente ostile ai sovrani stranieri. 
La trama è davvero molto avvincente, specie a partire dalla seconda puntata, dove tutti questi personaggi incominciano a interagire per diverse ragioni: alcuni cercano di salvare i loro amici, altri di sopravvivere alla loro schiavitù, ma la maggior parte cerca ciò che tutti vorrebbero: ricchezza, gloria e potere.
Il coinvolgimento dello spettatore, anche del più scettico e severo, è massimo: io ho visto la serie tutta in un giorno, tanto mi ha preso e posso dire che oltre ad essere avvincente, è anche convincente dal punto di vista della ricostruzione storica e della resa stilistica e registica.
Consiglio a tutti di guardarla, su Prime TV, per gli abbonati ad Amazon Prime, perché merita la nostra attenzione e forse è la prima serie della tv di Bezos ad avere raggiunto un ottimo apprezzamento sia dal pubblico che dalla critica.

mercoledì 7 agosto 2024

Tutti i limiti della seconda stagione di "House of the Dragons"

 



Questo commento non contiene spoiler, quindi può essere letto anche da chi deve ancora vedere la seconda stagione della serie di successo "House of the Dragon", incentrata sulla guerra civile tra i sostenitori di Aegon II Targaryen e quelli della sua sorellastra Rhaenyra. 
Pur essendo una serie tv di alta qualità, la seconda stagione non regge il confronto con la prima.
Il motivo potrebbe essere sintetizzato con una formula che poi chiarirò: "Troppo Shakespeare e poco Martin".
Già in "Game of Thrones" si è potuta notare una cosa evidente: finché la serie tv è stata fedele ai romanzi di George Martin, ha ottenuto eccellenti risultati, mentre quando se ne è discostata ha registrato molte critiche e cocenti delusioni.
I romanzi di Martin hanno la particolarità di raccontare eventi drammatici pur mantenendo uno spiccato senso dell'umorismo e una straordinaria capacità nel tratteggiare il carattere dei personaggi, senza preoccuparsi troppo di attribuire alle loro azioni un "nobile scopo".
In "Fuoco e Sangue", il romanzo che narra le vicende della dinastia Targaryen dalla conquista dei Sette Regni fino all'ascesa al trono di Aegon III, noi ritroviamo, seppur in uno stile diverso, la grande ironia di George Martin, il suo deliberato cinismo e la sua rappresentazione cruda di una realtà fatta anche di violenza e di sessualità senza veli.
Per quanto esistano nei suoi romanzi personaggi onesti o generosi o quantomeno rispettosi, Martin non si è mai sentito in dovere di nobilitare sempre le azioni dei protagonisti, pur mantenendo una eccellente capacità di introspezione nei loro confronti, e mostrare una loro evoluzione tramite il cambiamento dei punti di vista da cui la vicenda viene narrata.
Con questo non voglio dire che in Martin manchi un codice morale, anzi, è ben presente, ma non scade mai nel moralismo piagnone che tende a rendere i "cattivi" un po' meno cattivi.
Già in "Game of Thrones" alcune figure di spicco erano state molto ammorbidite: Cersei Lannister, la "cattiva" per eccellenza, è una figura molto più crudele nei libri che nella serie tv, dove Lena Headey è riuscita a dare una certa malinconica umanità al personaggio, pur mantenendone gli aspetti essenziali.
Purtroppo non si può dire la stessa cosa di Alicent Hightower, che in "House of the Dragon" perde quasi tutta l'astuzia e la pura sete di potere e vendetta del corrispondente personaggio in "Fuoco e Sangue", a detrimento della narrazione, a cui manca un "villain" femminile degno di questo nome.
Nella prima stagione Alicent è ancora abbastanza "nella parte" della "cattiva" disposta a tutto pur di prevalere contro la sua eterna rivale Rhaenyra, ex amica d'infanzia.
Nella seconda stagione Alicent si discosta completamente dal personaggio descritto in "Fuoco e Sangue": potrei sintetizzare il tutto, senza alcuno spoiler, dicendo che Alicent "si rammollisce", laddove invece nel romanzo, col passare del tempo, diventa più spregiudicata, vendicativa e senza alcun rimorso, potendo quindi reggere (pur senza vincerlo, perché è impossibile) il confronto con Cersei Lannister che resta un personaggio ineguagliabile, nella sua perfidia.
Aggiungo poi che l'attrice scelta per il personaggio di Alicent è troppo giovane per essere una credibile "regina madre": sembra più giovane di sua figlia Helena, non parliamo poi di Aemond.
Nel romanzo c'era poi un personaggio davvero divertente, sulla falsariga di un altro personaggio ineguagliabile, come Tyrion Lannister: in "Fuoco e Sangue" c'è Fungo, il simpaticissimo buffone di corte di Rhaenyra, a garantire quel tocco di comicità che scarseggia in "House of the Dragon", specialmente nella seconda stagione, dove l'ironia ha ben poco spazio.
Insomma, l'eliminazione di alcuni personaggi del romanzo e l'enorme distorsione del carattere di molti altri è uno dei limiti che si è sentito molto, in particolare nella seconda stagione, che eccede in seriosità e scivola troppo spesso negli scrupoli moralistici.
Questa seriosità, questa macerazione interiore quasi amletica e troppo shakespeariana ha un suo correlativo oggettivo nell'eccesso di scene notturne o di inquadrature buie: non so se questo è risultato problematico per altri, ma per quel che mi riguarda mi ha creato serie difficoltà: lo schermo era quasi del tutto nero ed era molto faticoso cercare di vedere cosa c'era in mezzo a quel buio.
Anche qui sembrava di vedere una versione moderna dell'Amleto o del Macbeth, quando invece ciò che si voleva vedere era una trasposizione efficace del romanzo di Martin. Insomma se uno vuole vedere Shakespeare va a vedere l'originale, ma se uno vuole vedere Martin, allora bisogna dargli Martin, che è garanzia di quel giusto dosaggio tra tragedia e commedia, tra epicità e farsa, tra momenti drammatici e momenti comici, tra introspezione e azione che in questa stagione è mancato.
Ecco, soffermiamoci sul tema dell'azione.
Premetto che non sono assolutamente un fanatico dei film d'azione, però nel genere fantasy un giusto dosaggio di azione, di battaglie, di epicità deve esserci.
Nella prima stagione di "House of the Dragon" non era necessaria l'azione perché ne faceva molto bene le veci il complotto e una violenza da congiura di palazzo, nella consapevolezza che la guerra sarebbe scoppiata alla morte di re Viserys I e sarebbe stata narrata nella seconda stagione.
E qui si entra nel maggiore tasto dolente.
Tutta l'azione è stata rimandata alla terza stagione.
Rispetto a "Fuoco e Sangue" la trama ha subito un dilazionamento immotivato, sostituito da dialoghi fin troppo filosofeggianti, da scene improbabili e non necessarie, e da un clima di perenne attesa che succeda qualcosa o che ci siano conseguenze pesanti per quel poco che succede, senza che poi i nodi vengano al pettine.
La grande battaglia del Gullet, che sarebbe dovuta essere la naturale conclusione della seconda stagione viene inspiegabilmente rimandata alla terza abusando di quello che in gergo viene chiamato "effetto cliffhanger", cioè l'essere sospesi sul precipizio.
Non avrei mai pensato di dover rilevare questo tipo di mancanze come difetto, perché, ripeto, non sono un fanatico dei film d'azione e di violenza, però qui veramente si è menato il can per l'aia per otto puntate che sono parse per lo più un unico enorme prequel della terza stagione.
Avendo io letto "Fuoco e Sangue", posso garantire che il materiale narrativo era enorme e quindi non c'era alcun bisogno di allungare il brodo.
Resto quindi nel dubbio sul perché si sia fatta questa scelta, oltre tutto appesantendo la trama con l'eccesso di scene notturne dove non vedendosi quasi nulla si è costretti a concentrarsi su dialoghi che, pur non essendo banali, non sono nello spirito del mondo creato da George Martin.
Eppure Martin appare tra gli sceneggiatori, ma senza metterci nulla del suo leggendario talento, della sua impareggiabile e cinica ironia.
Anche la figura della regina Rhaenyra, pur interpretata in maniera eccellente da Emma D'Arcy, è stata un po' troppo edulcorata, rispetto non solo al romanzo, ma anche alla prima stagione, dove il suo carattere ribelle e guerriero spiccava in maniera chiara, laddove nella seconda il personaggio è un po' sacrificato a causa della trama lenta, che la confina all Roccia del Drago, nelle scene più oscure (anche nel senso letterale del termine, cioè non si vede quasi niente). Acquista rilievo in alcune puntate, anche se non voglio rivelare nulla, se non che c'entrano molto i draghi, come è naturale che sia.
La seconda stagione risente molto della mancanza di alcuni personaggi che, o sono deceduti nella prima, o sono allontanati dalla narrazione per troppo tempo.
Il tutto finisce quindi per reggersi su alcune figure carismatiche tra le quali svetta da un lato Daemon Targaryen, zio e secondo marito di Rhaenyra, per quanto le sue visioni notturne presso Harrenhal pecchino di quell'eccessivo gusto shakespeariano che finisce per appesantire il tutto, allo stesso modo del buio. Dall'altro lato svetta Aemond Targaryen, che assomiglia molto a suo zio, e non a caso ne rappresenta il vero rivale, con la sindrome del fratello minore sveglio e battagliero messo da parte da un primogenito che non è adatto al Trono. Certo Aegon II, fratello maggiore di Aemond, è molto più di indegno di Viserys I, suo padre e fratello maggiore di Daemon.
Personaggio amatissimo è Rhaenys Targaryen, "la Regina che Non Fu", e non aggiungo altro per rimanere fedele alla promessa di non introdurre spoiler di alcun genere.
Altro personaggio molto ben rappresentato è Larys Strong detto Piededuro, per quanto sia molto più cupo del suo equivalente Varys in "Game of Thrones". 
Manca un equivalente di Ditocorto e questo è un guaio, ma imputabile a Martin.
Molto diversi dal romanzo (in peggio) sono i fratelli Alyn e Addam Waters, e non mi riferisco alla questione dell'aspetto fisico, per quanto decisamente poco valyriano, ma alla seriosità rancorosa di Alyn che sinceramente è logorante per lo spettatore, e si allontana in maniera non necessaria dal carattere più simpatico del fratello Addam.
Del tutto assente nel romanzo è una serie di scene inutili a cui deve suo malgrado prestarsi Tyland Lannister, Maestro della Flotta, che fino ad ora sembra l'unico Lannister completamente animato da buone intenzioni all'interno della sua stirpe.
E infine c'è una questione che ha fatto molto discutere i fan delle opere di Martin e anche quelli di "Game of Thrones" o anche solo chi ha letto "Fuoco e Sangue" e cioè l'introduzione forzata della profezia detta "il sogno di Aegon", utilizzata per dare un nobile scopo a Rhaenyra, una giustificazione morale ad Alicent, e infine una rivelazione illuminante a Daemon.
Ora, è vero che il tema della profezia è presente anche in "Game of Thrones" e in generale nelle "Cronache del Ghiaccio e del Fuoco", ma lì è supportata da figure carismatiche come Melisandre e introduce un evento che è ormai prossimo, ma non è qualcosa di vincolante, di totalmente predeterminato, tanto che sia il lettore che lo spettatore compiono l'errore di vedere il principe promesso in Jon, quando invece è Daenerys.
Qui invece, specialmente nella seconda stagione, la profezia assume un ruolo di predestinazione troppo vincolante, tale da far apparire futili le azioni dei personaggi. 
Per fare un confronto anche con altre serie di romanzi da cui sono stati tratti film e serie tv, anche in "Dune" c'è la profezia, la "prescienza" degli Atreides, ma sia a Paul che a suo figlio Leto II hanno la possibilità di scegliere tra i numerosi futuri che potrebbero derivare dalle loro azioni, quello che loro ritengono più giusto.
Tutte queste cose Martin le sa benissimo, tanto che fa dire a uno dei suoi personaggi più misteriosi, l'arcimaestro Marwin, che la profezia è come una prostituta che, dopo aver praticato una fellatio, evira con un morso il malcapitato cliente. Fuor di metafora: la profezia è sempre ambigua, proprio per lasciare un margine di libero arbitrio ai personaggi.
Queste osservazioni sui limiti della seconda stagione di "House of the Dragon" non vogliono però negarne i meriti: i paesaggi, le atmosfere, le lotte tra i draghi, le morti di alcuni personaggi importanti o la menomazione di altri, hanno tutti un loro rilievo e una resa drammatica notevole, come così come ci sono alcune introspezioni più raffinate di altre, e dunque il giudizio resta comunque nel complesso positivo
E' una stagione da guardare, da gustare, con alcune puntate molto riuscite e con altre che vanno viste come se fossero la costruzione minuziosa dell'impalcatura su cui si reggeranno le grandi battaglie di cui sarà sicuramente piena la terza stagione.


lunedì 1 luglio 2024

La Quarta Era. Capitolo 7. Il Gran Consiglio dei Sovrani della Terra di Mezzo

 



Eldarion, Re di Arnor e Gondor, presiedeva per la prima volta il Gran Consiglio dei Sovrani e dei Governatori della Terra di Mezzo. Sedeva al vertice del lungo tavolo dove normalmente si riuniva il Consiglio Privato. Quel giorno i membri del Consiglio Privato si unirono agli altri ospiti in una serie di lunghe panche che si trovavano a una certa distanza, da entrambi i lati del tavolo.
Da un lato c'erano gli Uomini e dall'altro c'erano gli Altri Popoli e questo già segnava un dualismo che aveva preso piede verso la fine del regno di Aragorn Elessar, pur non essendo ben visto dal Vecchio Re, come ormai tutti lo chiamavano, specialmente dopo la sua morte.
Il nuovo Re prese la parola:
<<Illustri e cari amici e alleati della Terra di Mezzo, oggi ho l'onore di ospitare e presiedere, in seguito alla mia incoronazione a cui tutti voi avete generosamente partecipato, il Gran Consiglio dei Sovrani e dei Governatori, che da molti anni non era stato convocato, per varie ragioni di cui discuteremo.
I temi all'ordine del giorno sono infatti seri e improrogabili e necessitano di una analisi e di una adeguata discussione, nei limiti del reciproco rispetto.
Desidero innanzi tutto che sia chiaro che il Regno Riunito di Arnor e Gondor, pur essendo il più grande e popoloso della Terra di Mezzo, si pone comunque in una posizione di parità rispetto agli altri, a meno che non siano gli altri a richiedere il nostro aiuto e la nostra protezione.
Mio padre ha assicurato per oltre un secolo la pace e l'equilibrio tra i vari regni e i vari popoli, ma negli ultimi anni era preoccupato per le voci riguardanti la presenza di attriti tra i popoli e di manifestazioni di malcontento nei confronti del suo regno, la cui corona è ora passata a me.
Non lasciatevi ingannare dalla giovinezza del mio aspetto, io sono tra i più vecchi che siedono in questa grande aula, ma il sangue di Numenor e quello elfico di mia madre, la regina vedova Arwen, mi dona una vita e una giovinezza più lunghe che sono un privilegio di cui devo mostrarmi degno svolgendo con impegno e saggezza il difficile compito che mi è stato affidato da voi e da mio padre, ovvero quello di riuscire a ricomporre le fratture che si sono create nel nostro continente, anche nella consapevolezza che la Terra di Mezzo non è soltanto la zona di nord-ovest che noi controlliamo, ma anche quella dell'est di Rhun e del sud di Harad. Da quelle contrate gli Esterling e gli Haradrim, popoli malvagi, un tempo alleati di Sauron, premono da sempre per impadronirsi dei nostri regni. Se saremo uniti, potremo respingere i loro tentativi di invasione, ma se continueremo ad essere divisi e a bisticciare tra noi, allora un giorno o l'altro finiremo per soccombere di fronte alle grandi orde dell'est e del sud.
Solo se saremo uniti saremo forti e solo se saremo forti saremo liberi!
A voi la scelta!>>
Il Re si sedette sul suo alto scranno, mentre il suo discorso veniva accolto da un lungo applauso, che mostrava ancora una volta come la pace interna spesso si otteneva mostrando i pericoli dei nemici esterni.
Personalmente Eldarion avrebbe voluto trattare anche con gli Esterling e con gli Haradrim, ma non era ancora il momento: prima bisognava pacificare la Terra di Mezzo e, all'interno di essa, anche lo stesso Regno Riunito, che rischiava di dividersi nuovamente a causa delle lotte dinastiche e delle fazioni che si erano create.
Eldarion sapeva che tutte queste crepe si sarebbero viste chiaramente durante il dibattito che stava per cominciare e che rischiava di degenerare in una rissa, se avessero preso piede le idee di sua sorella Ancalime.
Occoreva vigilare con molta attenzione.
Come Eldarion aveva temuto, il primo a prendere la parola fu uno dei sovrani più polemici contro il Regno di Arnor e Gondor, ossia Thorin III, succeduto a Dain Piediferro come Re sotto la Montagna.

 <<Maestà, signore e signori della Terra di Mezzo, per oltre un secolo il mio regno e quello di Gondor sono stati alleati di pari dignità>> esordì Thorin III Elminpietra, Re dei Nani di Erebor <<Alcuni anni fa, durante la visita di re Elessar, la principessa Ancalime e lo stregone Pallando ci hanno proposto di diventare vassalli del Re di Gondor, secondo la formula tradizionale dell'omaggio e del beneficio: "Lealtà con amicizia, fedeltà con amore, valore con onore, tradimento con vendetta"
In cambio di un equo contributo annuo dalle ricchezze delle nostre miniere, il Re di Gondor ci avrebbe garantito protezione e aiuto. 

Non ero d'accordo, noi nani sappiamo ancora difenderci da soli, ma poi il Re vostro padre ci disse che il contributo era puramente simbolico e il vassallaggio era solo una formalità. Fu così che mi lasciai convincere. E finché il re Elessar era in salute e governava di persona, ha mantenuto la primessa. Egli era una garanzia di giustizia per tutti noi>>

Fece una pausa, poi, rivolgendo lo sguardo prima ad Ancalime e poi a Pallando, riprese:

<<Con l'andare del tempo, tuttavia, il Re si è ammalato ed è stato convinto a delegare molti incarichi.

 Purtroppo alcuni delegati hanno abusato del potere che era stato loro concesso. E mi dispiace doverlo dire, ma quelle persone erano stretti collaboratori della Principessa Reale.
Il risultato è che, negli ultimi tre anni, le tasse sono raddoppiate, mentre la protezione da parte delle guarnigioni reali si è dimezzata. 

Bande di rapinatori e aggressori infestano le strade, e questo ha messo in crisi il commercio.
Come se non bastasse, gli uomini di Dale e di Esgaroth sono diventati sprezzanti nei nostri confronti e ci mancano di rispetto. 
Fintanto che re Elessar era vivo, potevamo appellarci a lui e ottenere protezione e sostegno, ma ora che lui è mancato, cosa succederà? 
Mio signore e Re, io faccio appello a voi e alla vostra giustizia per risolvere questa situazione>>

Il re Eldarion aveva assunto un'espressione affranta, ma perplessa, che non prometteva nulla di buono.
Tacque per alcuni interminabili istanti:

<<Ciò che dici mi rammarica profondamente: i discendenti dei principi di Andunie mantengono sempre la parola data. Nostro padre ha fatto tutto il possibile per venire incontro alle vostre richieste, ma quando si è ammalato la principessa Ancalime ha assunto il ruolo di Sovrintendente Reggente. Avrei dovuto farlo io, ma non sono un uomo che brama il potere: ho accettato la corona soltanto per senso del dovere. Ora, le accuse che muovi alla Principessa Reale sono gravi e mi occuperò personalmente di verificare cos'è accaduto e di porvi rimedio.

Però, mio caro re Thorin III, il mio regno ha combattuto molte guerre per difendere tutti i popoli della Terra di Mezzo dagli attacchi degli Esterling e degli Haradrim, e questo ci è costato molto, e non solo in termini di vite umane. Io sono stato presente e so quel dico: il mare di Rhun era diventato rosso a causa del sangue. E quando mio padre, sul letto di morte, mi dettò le sue ultime volontà, mi parlò del fatto che le casse del regno faticano a pagare tutti i soldati e tutti i lavori pubblici. Per questo ti ripeto ciò che è già stato detto al mio popolo. Se ancora desiderate una guarnigione stabile e delle strade più sicure, dovrete in ogni caso pagare un tributo un po' più elevato. I mezzi non vi mancano>>


<<Vostra Maestà, mi dispiace contraddirvi, ma siete in errore: noi non possiamo permetterci di pagare di più!>>

A quel punto la principessa Ancalime intervenne:

<<Avete tonnellate di oro nelle vostre riserve di Erebor! Lo sanno tutti! Non osate farci credere il contrario!>>

Al sentire quelle parole, Gimli, sdegnato, si alzò di colpo e puntò il suo indice contro la principessa:
<<Le miniere si stanno esaurendo anche alle Caverne Scintillanti di Aglarond!
E quel poco che ci resta è frutto della fatica e del risparmio del nostro popolo
Minatori, artigiani, commercianti hanno lavorato duramente, per generazioni, ed ora tu li vorresti derubare dei loro beni!
La verità, Altezza Reale, è che tu ci vuoi indebolire per sottomerci, e e dietro le tue fattezze di donna si cela un drago furioso peggiore di Smaug!>>
La principessa reale lo fulminò con uno sguardo carico di risentimento:
<<Tu eri un valoroso, Gimli, ma col tempo sei diventato petulante e avido, come tutti i tuoi antenati.
Hai accumulato ricchezze inestimabili sotto al fosso di Helm, nelle famose Caverne Scintillanti di Aglarond, che sono così chiamate proprio dallo scintillare delle tue pietre preziose, e hai il coraggio di venire qui a piangere miseria! Qui dove trascorri metà dell'anno dandoti alle gozzoviglie per cui sono noti i tuoi pari!
Non ti consento di rivolgerti a me in maniera tanto insolente, proprio oggi, davanti Gran Consiglio, soltanto perché i tuoi amici non vogliono pagare i tributi che ci devono!>>
Il volto del nano divenne violaceo:
<<Noi di Aglarond vi paghiamo già profumatamente! E in cambio di cosa? Solo disprezzo! 
Io mi rivolgo al Re: mio signore Eldarion, mi conosci da una vita e sai che ti sono leale.
Non permettere questa ingiustizia! Non tradire la nostra alleanza e con essa la memoria di tuo padre!>>



Il Re appariva turbato:

<<Nessuno dovrà mai più mancare di rispetto al valoroso Gimli e al re Thorin III, nemmeno la Principessa Reale. Riguardo alla questione dei contributi alla difesa comune e al mantenimento dell'ordine, prometto che saranno proporzionali al reddito accertato e alle spese per servizio che noi forniamo. Non è e non sarà mai mia volontà opprimere un popolo che è nostro amico e alleato da tanto tempo>>
A quel punto, e con sorpresa di tutti, si alzò Pallando, con la sua poderosa mole:
<<Mio signore, difendere la Terra di Mezzo sta diventando sempre più oneroso, per le ragioni che tu stesso hai esposto riguardo agli Esterling e agli Haradrim, che vogliono impadronirsi della terra di mezzo. Se vogliamo procurarci un esercito degno di questo difficile compito è necessario che gli introiti delle pubbliche finanze siano considerevoli>>
Eldarion lo sapeva perfettamente:
<<I nostri venerabili Alatar e Pallando, che sono stati un così valido aiuto per il mio caro padre, negli anni della sua vecchiaia, sono qui proprio per aggiornarci sulla pericolosa situazione ai confini orientali e meridionali del Regno. Ma prima vorrei ascoltare come vanno le cose nella Contea degli Hobbit e nella Marca di Rohan. Invito pertanto il conte Isengrim Tuc ad esporre la sua relazione>>

Il nipote di Peregrino Tuc era decisamente più cupo del suo defunto nonno.

<<Vostra Maestà, noi Hobbit non chiediamo altro che libertà, pace e sicurezza. Un tempo i vostri antenati, i Raminghi del Nord, hanno protetto i nostri confini senza chiedere alcun compenso. 
La rinascita di Regno di Arnor, a cui la Contea appartiene ed è legata da vincolo feudale, ha introdotto un'imposta, inizialmente accettabile, in seguito sempre più gravosa. 
Noi non siamo ricchi quanto i Nani, siamo onesti agricoltori e artigiani e piccoli commercianti: più di tanto non possiamo pagare. 
Mi duole dover far notare a Vostra Maestà una cosa che non ci spieghiamo: l
e guarnigioni di Annuminas, di Fornost e di Amon Sul sono state ridotte al minimo, esponendoci al rischio di scorrerie di pirati e briganti di ogni sorta. 
Mio Re, permettimi di essere sincero: nemmeno ai tempi di Sauron noi...>>
La principessa Ancalime scattò in piedi:
<<Ma come osi? E' questo l'omaggio che sei venuto a rendere al nuovo Re? Mio fratello si è appena insediato e tu non hai niente di meglio da dire che rimpiangi i tempi di Sauron!
Stai approfittando della sua pazienza e del suo carattere mite, ma io non posso tacere, poiché mi sono fatta carico per tutta la vita di esprimere le verità che nessuno vorrebbe sentirsi dire.
E la verità, mio caro Conte, è che i pericoli si concentrano a est e a sud, mentre la tua Contea si trova a nord-ovest. Se tu vuoi che le guarnigioni di nord-ovest tornito ad essere più numerose, devi accettare di pagare un contributo maggiore. 
Quando ancora esistevano gli Anelli del Potere, la loro magia, unita all'eroismo di un tempo, compreso quello di tuo nonno, furono sufficienti a sconfiggere il nemico.
Ora il tempo della magia è finito: gli stessi Stregoni Blu sono dotati ormai soltanto del potere che deriva dall'esperienza e dalla saggezza, mentre la magia sta ormai scomparendo.
E, peggio ancora, sta scomparendo anche l'eroismo: ognuno si rintana nelle sue caverne, siano essere quelle dei Nani, quelle degli Hobbit o quelle di Thranduil, ultimo re degli Elfi. 
Voi avete la possibilità di scegliere tra il pagamento del tributo o il servizio militare. E siccome di questi tempi il valore militare si è rammollito a causa di una lunga pace, allora che si paghi il tributo! Ma chi non lo paga non può più richiedere la nostra protezione.
Se non pagherete, saremo costretti a spostare tutte le guarnigioni a est e a sud, non vi è altra scelta!>>


Al sentire quelle parole, Harding Gamgee, Sindaco della Contea, non riuscì a contenere la sua ira:
<<Non accetto di essere chiamato rammollito! E in particolare non accetto questa offesa da voi, che troppo a lungo avete approfittato della benevolenza di vostro padre, e ora mi pare che vogliate fare lo stesso con vostro fratello!>>

Il Re, sentendosi chiamato in causa, si alzò nuovamente dal suo scranno:
<<Amici, alleati e parenti: invito tutti voi ad abbassare i toni. Ricordate quanto vi ho detto prima, solo se saremo uniti saremo liberi, e solo se saremo liberi saremo forti.
Le guarnigioni di Arnor non saranno smantellate, così come non è smantellato il servizio dei Ranger. Ognuno contribuirà al finanziamento delle guarnigioni in proporzione al suo reddito e al suo patrimonio, e non ci saranno oppressioni: nessuno sarà ridotto in povertà e nessuno sarà lasciato senza protezione. Occorre uno sforzo comune, un contributo in base a ciò che si può offrire, per difendere la Terra di Mezzo, la casa comune di tutti noi. 
Si potranno ridiscutere le cifre, ma ognuno deve fare la sua parte, se non vuole diventare schiavo di conquistatori che un tempo furono alleati di Sauron e che ora cercano di far rivivere l'Ombra anche seminando zizzania tra di noi.
Ognuno può esprimere il proprio parere, ma evitiamo le sterili polemiche e le offese personali>>

Ancalime, tuttavia, non intendeva recedere di un passo e dopo aver scambiato un'occhiata con Pallando, il quale annuì, prese nuovamente la parola.

<<Perdonami mio caro fratello, ma poiché nessun altro lo fa, tocca me stessa difendere il mio onore. Si è parlato di eccessiva benevolenza di mio padre nei miei confronti. E' falso! E lo dico a tutti i miei accusatori. 
Forse non vi è chiara una cosa. Mio padre è sempre stato troppo benevolo e tollerante con voi, non con me!
Ma la sua benevolenza e la sua tolleranza sono state mal ripagate. 
Voi Hobbit e Nani avete avuto un trattamento di favore. I sudditi di Arnor e Gondor pagano più tasse di voi e ritengono, giustamente a mio avviso, che questa sia un'ingiustizia. Vi è stato concesso uno Statuto Speciale e ne avete abusato.
Ebbene, vorrei ricordarvi che il regno di Arnor e Gondor non è un istituto di carità! 
Se volete protezione, dovete pagare>>

A quel punto intervenne Faradas Brandibuck:
<<Questa è tirannia! Mi rivolgo direttamente a Sua Maestà il Re per implorarlo di smentire le gravi parole pronunciate dalla principessa Ancalime! Mio Sire, vi supplico, in nome della memoria di vostro padre...>>

Re Eldarion alzò un mano per farlo tacere:
<<Quando mio padre salì al Trono, la monarchia era vacante da secoli. 
Il regno di Gondor era semidistrutto e quello di Arnor era una landa deserta.

Abbiamo ricostruito le città distrutte e ripopolato le terre abbandonate: tutto ciò aveva un costo.
I cittadini di Gondor lo sapevano e hanno accettato un compromesso: quando sarebbero stati in grado di pagare, avrebbero incominciato a versare tributi per pagare i costi della ricostruzione e quelli per il mantenimento dell'ordine e della difesa. Sapevano che solo una monarchia forte può garantire sicurezza, ordine ed efficienza sia a Gondor che ad Arnor. 
Così è stato anche per chi si è alleato con noi, negli altri territori della Terra di Mezzo che ci hanno giurato fedeltà. In nome della libertà dei popoli, abbiamo riconosciuto che chi non era suddito del re di Arnor e Gondor pagasse di meno. E' stato un gesto di buona volontà.
I vostri nonni ce ne furono grati, i vostri padri non protestarono mai.
La terza generazione tende a dimenticare il perché delle cose e chi non ricorda il passato non può comprendere il presente.
Io vi ho già promesso molto: verificherò caso per caso che i tributi siano equi, lavorerò duramente per voi. Vi chiedo però di non considerare il mio regno e la mia famiglia dei tiranni, poiché mio padre non vi ha mai chiesto di inginocchiarvi, né lo farò io o qualcun altro della mia famiglia.
La Principessa Reale si è espressa con eccessiva severità, ma ha ripetuto un concetto che mio padre disse chiaramente ai vostri nonni: la protezione ha un costo.
E si espresse altrettanto chiaramente sul fatto che la nostra alleanza era una libera scelta, revocabile, ma comunque basata sul rispetto reciproco.
Si è convenuto sul principio di eguaglianza giuridica e sociale senza discriminazioni di razza, pertanto gli Hobbit, i Nani e gli Uomini hanno pari diritti di fronte alla legge del Regno di Arnor e Gondor, di cui  sono cittadini per loro scelta>>

Le parole del Re furono seguite da un cupo silenzio, poi, improvvisamente, Legolas si alzò e prese la parola:
<<Il Re ha ragione. Io c'ero quando furono firmati quei patti. Sono amareggiato per il fatto fatto che la memoria di re Aragorn Elessar sia calpestata dimenticando le fondamenta su cui fu ricostruita l'intera Terra di Mezzo dopo la distruzione di Mordor.

Mio sire Eldarion: io ti ho visto nascere e crescere. Sei come un figlio per me. So che sei un uomo giusto e animato dal senso del dovere e dallo spirito di sacrificio.
Permettimi dunque di rivolgermi a te con tutta franchezza. 
Come puoi tollerare che la rigidità politica di tua sorella si esprima in maniera sprezzante verso i nostri alleati?
La Principessa Reale ha assunto, negli anni della Reggenza, un atteggiamento sprezzante che non aiuta quel principio di unità a cui tu, mio signore, hai giustamente esortato noi tutti a rispettare.
Spero che d'ora in avanti il Re di Arnor e Gondor non le consenta di inasprire ulteriormente i toni, affinché non si dica, nella Contea o nel Mark: "Ecco come Gondor ringrazia i salvatori della patria!">>

Se fosse scoppiato un incendio o un terremoto, l'effetto sarebbe stato meno dirompente.
Un cupo presagio opprimeva il cuore di Eldarion.
Il Male si è nuovamente insinuato tra noi senza che ce ne accorgessimo. 
Legolas aveva ragione, ma lui stesso si era spinto troppo oltre.
Se fosse stato vivo mio padre, non avrebbe osato attaccare Ancalime pubblicamente.
Aragorn aveva sempre agito in perfetta buona fede. Eppure, alla fine, si è lasciato ingannare anche lui.
Qualcuno ha reso ciechi i nostri occhi. Come è potuto accadere? Come siamo giunti a tanto? Chi c'è dietro a tutto questo?

Ricordò lo sguardo d'intesa che c'era stato tra Ancalime e Pallando e si chiese per l'ennesima volta che cosa avessero fatto gli Stregoni Blu durante la Terza Era, quando si trovavano in mezzo agli alleati di Sauron, che ora minacciavano i confini della Terra di Mezzo.

<<Mio caro Legolas, la tua opinione è sempre la benvenuta. D'ora in avanti esigo da tutti, compresi i membri della Famiglia Reale, e quindi entrambe le mie sorelle, un comportamento prudente e un linguaggio equilibrato. 

La Principessa Reale ha un carattere forte e diretto, ma spero che comprenda il ruolo importante che ricopre e soppesi le parole e i toni, prima di esprime la sua legittima opinione.

Mi auguro anche che ci sia comprensione del fatto che Ancalime, avendo servito per anni questo regno al fianco di mio padre, ha particolarmente a cuore determinate questioni che tale peso suscita nel suo animo preoccupazione ed angoscia, da cui deriva una maggiore suscettibilità.

Se questo dovesse diventare un problema, alcune questioni potranno essere affidate a nostra sorella minore, la principessa Silmarien, la cui dolcezza di carattere è più indicata per la diplomazia.

Tenete conto, però, che Silmarien, proprio in virtù della sua giovinezza, ha minore esperienza della Principessa Reale, cioè della più anziana tra tutte le principesse figlie di un re. Il ruolo di Principessa Reale è gravoso e maggiormente lo è stato quando si è aggiunta la funzione di Reggente, da cui ora è esonerata, essendo io nelle piene capacità di regnare.

Forse le mie parole hanno scontentato tutti, e questa è la prova che sono stato equo e senza alcun favoritismo. 

Essere un Re significa anche dover scontentare molte persone in nome dell'equità e delle necessità del regno. Me lo insegnò mio padre. Io non ho il suo carisma né la sua gloria, per questo è doppiamente gravoso il mio dovere. 

Sono un uomo mite e paziente, ma nessuno osi approfittare di queste mie caratteristiche, poiché l'equità e il rispetto della legge esigono che il Re sia anche severo. Spero che nessuno di voi presenti debba mai sperimentare la mia severità.

E lo ripeto per la terza volta: solo se saremo uniti saremo forti e solo se saremo forti saremo liberi!>>