giovedì 2 settembre 2021

Vite quasi parallele. Capitolo 157. Back to school






Al Liceo Scientifico Statale "Fulcieri Paulucci di Calboli", a Forlì, era consuetudine, almeno all'epoca della lunga presidenza del prof. Celso Zappi, sostenitore della linea "vivi e lascia vivere", che l'orario provvisorio dei primi quindici giorni, esposto sulla bacheca dell'avveniristico edificio (almeno nelle intenzioni), concepito dall'architetto Sacripanti, "il Fuksas de Noantri", prevedesse per il primo giorno soltanto tre ore, il che era cosa buona e giusta, almeno a seconda di quali prof. fossero stati scelti per quell'ouverture.

Nel caso della classe 4°A, quella di Roberto, era previsto che alla prima ora ci fosse la docente di lettere, grande latinista e persona integerrima, all'antica, legata al mos maiorum, tanto da essersi meritata il soprannome "la Donna Onesta", coniato dallo stesso Roberto. Era esigente, ma equilibrata e assolutamente imparziale.
Alla seconda ora c'era la prof. di scienze naturali, un'attempata vedova simile a Gloria Swanson in Viale del tramonto, spietatamente soprannominata "la Tardona", anche per i suoi vuoti memoria e l'imbarazzante tendenza a trascorrere l'orario di lezione confidandosi con gli alunni riguardo alla vita scapestrata del figlio e ai propri dolori articolari. Con lei si poteva stare tranquillissimi, era innocua, tranne quando si dimenticava di aver interrogato qualcuno e dopo un po' o lo reinterrogava o gli metteva un voto a casaccio, ma non scendeva mai sotto al sette, e con Roberto mai sotto all'otto, forse perché lui era l'unico che, a lezione, la stava ad ascoltare.

Fin qui tutto bene, ma, a conferma del detto "in cauda venenum", alla terza ora c'era Amelio Sarpenti, il Severus Piton della situazione, il che significava, per Roberto, un'interrogazione su tutti gli argomenti svolti l'anno precedente "per fare un ripasso, seppure con uno studente non brillante". Nel migliore dei casi, se proprio il nostro eroe fosse riuscito a rispondere a tutte le domande correttamente, avrebbe potuto sperare in un 5, forse persino in un 5 e 1/2.






Ma l'incognita di quel giorno non riguardava solo il grado di sadismo di Sarpenti, bensì, e forse soprattutto, il comportamento degli amici di Roberto e dei compagni di classe in generale, che erano rimasti scossi dall'Affaire du Savoy e diffidati dallo stesso Sarpenti a non frequentare "quello sciocco di Monterovere, se non volete fare la sua stessa fine".

Nei giorni precedenti, Roberto aveva provato a sondare il terreno, telefonando a Ludovico Corzani, il quale gli diede prova di amicizia e di lealtà, ma anche di sincerità, dicendogli:
<<Hai fatto bene a telefonare prima a me. Noi siamo amici da dieci anni, da quella famosa vacanza in Val d'Aosta, a Gressoney-La-Trinité, con la Libertas, e non dimenticherò mai che quando mi sono slogato una caviglia mentre tornavamo dall'escursione sul Monte Rosa, tu sei stato l'unico che mi ha aiutato, ti sei preso il mio zaino sulle spalle, e sei sempre stato lì a sorreggermi.





Quel giorno ho capito che sei persona generosa, anche se ti rovini con quella linguaccia tagliente, quelle tue battutine, quelle tue imitazioni, per non parlare degli scoppi d'ira: queste cose ti fanno sembrare peggiore di quello che sei.
Poi figurati adesso che sono tutti invidiosi perché ti sei messo con la ragazza più figa del pianeta Terra, che oltre tutto ti paga le vacanze al Savoy, capirai... siete diventati la "favola" di tutta la città! 
E non in senso buono: non hai idea del vespaio che avete sollevato! Dicono che il vostro fidanzamento è stato combinato dai vostri genitori, che è stata un'unione dinastica, che siete ricchi da far schifo, che piove sempre sul bagnato, che soldo chiama soldo e cose del genere.
Non aspettano altro che vederti alla gogna. 
Io ti ho difeso "a viso aperto" come Farinata degli Uberti! Ma Claudio Destri e Alex Panza sono stati zitti. Alex è succube di sua madre, che ha sputato veleno contro tutti i Monterovere come se l'intera stirpe le avesse fatto un torto personale. Ma quella donna ha dei problemi seri.
Claudio Destri ti avrebbe anche difeso, ma ha una paura tremenda di Sarpenti. In matematica è un disastro e non ha un protettore influente in famiglia, se capisci cosa voglio dire.
Io sono al sicuro perché mio padre è il Presidente del Rotary e conosce tutti quelli che contano, per cui non corro rischi, anche se il mio indice di gradimento subirà una certa flessione. 
Ma a me interessa solo cosa pensa Valentina, la compagna di banco di Aurora, per cui se io e te stiamo in banco assieme, e loro nel banco dietro, tu e Aurora potreste aiutarmi a intortare la Vale.
Ma non pensare che io ti aiuti per interesse!
Ti aiuto perché so chi sei, una persona onesta e leale, che aiuta gli altri, o almeno cerca di farlo per quanto gli altri glielo consentono. Io so chi sei, e sono dalla tua parte!>>
Roberto, commosso, accettò la proposta:
<<Ti ringrazio dal profondo del cuore. Saremo compagni di banco e io e Aurora ti aiuteremo con Valentina. Abbiamo creato un quadrato perfetto!>>
Dopodiché Roberto riferì tutto ad Aurora la quale aveva già un piano in mente:
<<E' andata come avevi previsto. Ludovico è con te, e quello è importante, perché non sono riusciti ad isolarti. Starete in banco assieme, ed io starò ancora in banco con Valentina, a cui Ludovico piace, e dunque la fortuna è dalla nostra parte.
Ci sistemeremo come al solito nei primi due banchi a destra, voi davanti e noi dietro, cercando di mantenere i contatti con Elena e Lucia, dietro di noi. 
Il padre di Elena è il Vicepreside e un pezzo grosso della Cgil, e quello di Lucia è il Segretario Provinciale della DC, per cui anche loro sono protette.
Saremo una forza compatta di sei persone in una classe di diciotto: un terzo! 




Nel mezzo ci staranno quelli neutrali, come Claudio, e nella fila a sinistra i nemici, vedrai che Felix e Vittorio saranno compagni di banco, con Alex Panza a completare il trio...>>
Diciotto persone! E pensare che erano partiti in ventisette!
Roberto ebbe un'improvvisa premonizione:
<<Mi è venuta in mente una cosa. Immagino ti ricorderai che l'anno scorso, negli ultimi giorni, Sarpenti chiedeva se qualcuno si voleva offrire volontario per una bella interrogazione, faceva dei nomi, ma poi, qualunque fosse la risposta, cambiava idea e interrogava me.
Stavolta potrebbe agire in maniera ancora più subdola: potrebbe chiederlo a te, sia per ammonire gli altri mostrando cosa succede alle persone che mi sono più vicine, sia per capire quanto sarebbero disposte a rischiare immolandosi al mio posto. 
Non credo che oserebbe interrogarti a sorpresa, perché non vuole inimicarsi la tua famiglia, e quindi alla fine chiamerebbe me comunque, ma se dovesse chiederti se vuoi offrirti volontaria, non voglio che tu corra rischi per me: per cui, mi raccomando, se te lo chiedesse, di' di no!>>
Aurora lo interruppe:
<<Ma io sarei pronta a farmi interrogare al tuo posto! Farei di tutto per te! L'ho già dimostrato. Non c'è cosa che io non abbia fatto per te!>>

Una voce dalle memorie ancestrali di Roberto si risvegliò all'improvviso e reclamò in latino la sua attenzione: "Nihil enim non tua causa feci", ANTONIVS COS S. D. M. CICERONI , fonte Cicero Ad Atticum XIV ep. 13a , ossia l'allegato A della lettera 13, libro 14°, in cui Marco Antonio scrive a Cicerone, a cui quest'ultimo aveva fatto riferimento nella lettera 13 ad Attico, dicendo "M. Antonius ad me scripsit de restitutione Sex. Clodi", ossia Marco Antonio mi scrisse "riguardo al richiamo dall'esilio di Sesto Clodio". Antonio aveva scritto quella lettera nell'aprile del 44 a.C, poco dopo l'uccisione di Cesare, con cui quell'anno condivideva il consolato, per chiedere a Cicerone un favore, di poco conto, ma in realtà per ammonirlo a non schierarsi contro di lui.
E' interessante notare come Antonio, con quel nihil non tua causa feci , millanti di aver favorito Cicerone in tutti i modi, probabilmente durante la dittatura di Cesare, cosa che l'Arpinate nega, scrivendo ad Attico, e ricordandogli di aver sempre rifiutato di scendere a patti con Cesare. Cicerone accetta comunque la richiesta di Antonio, per temporeggiare in attesa dello sviluppo degli eventi, ma dichiara ad Attico che il tono minaccioso del nuovo capo dei Populares gli fa rimpiangere persino la morte di Cesare, che almeno aveva dimostrato clemenza nei confronti degli avversari. Gli eventi successivi, dalle Filippiche ciceroniane alla Battaglia di Modena dimostrarono che Antonio e Ottaviano non erano né clementi né leali quanto Cesare. (Chiusa la parentesi)

Roberto non ne volle sapere:
<<Ti ringrazio, ma non voglio assolutamente che se la prenda con te. 
Lasciamogli pure credere che non mi vuoi abbastanza bene, la cosa lo renderà meno velenoso, pur rimanendo una Serpe>>

Arrivò dunque il primo giorno.
La prima ora era dalle 9 alle 10. La Donna Onesta, come c'era da aspettarsi, partì con la sintassi latina, introducendo il fondamentale capitolo del Tantucci-Mariotti sulla consecutio temporum.
Roberto era tranquillo: sua madre gli aveva instillato tale concetto fin dai tempi delle medie.

Durante la seconda ora, dalle 10 alle 11, la Tardona di scienze naturali, dopo aver informato la classe che sua madre aveva compiuto cent'anni ed era più lucida di lei (nessuno ne dubitava), che suo figlio aveva cambiato facoltà universitaria per la centesima volta passando da Scienze alimentari a Scienze motorie e che lei aveva avuto un po' di tregua dall'artrosi, grazie al caldo estivo e alla piscina termale di Castrocaro, introdusse l'argomento delle Scienze della Terra con un discorso piuttosto involuto dal quale si poteva comunque evincere che la Terra era indiscutibilmente rotonda.

Alle 11, la figura sinistra e iettatoria di Amelio Sarpenti comparve sogghignando e sfregandosi le mani.




Dopo un minuzioso appello e uno sguardo minacciosamente rivolto alla fila destra, dichiarò:
<<Dunque, vediamo, per prima cosa devo verificare che non ci siano registratori in classe: chiederei agli alunni Braghiri e Porcu di accertarsene in maniera scrupolosa.
Molto bene, oggi direi di fare un bel ripasso di alcuni argomenti dell'anno scorso. C'è qualcuno che si offre volontario? Nessuno. Nemmeno tu Visconti? No? Eh, a giudicare dall'abbronzatura non direi che sei stata molto sui libri di matematica, ma vedo che anche il nostro caro Monterovere è abbronzato e mi è giunta voce che quest'estate si è parecchio divertito. Me ne compiaccio, ma è mio dovere verificare che non abbia trascurato gli studi.
Vieni pure, Monterovere, porta il quaderno dei compiti, spero che sia diventato almeno un po' più ordinato. Sai, tuo padre tollera i pasticcioni, ma io e la professoressa Sanguineti non siamo d'accordo con lui, in questa e in molte altre cose>>







Roberto si alzò, con disciplina militare prussiana, e consegnò a Sarpenti un quaderno ordinatissimo.
La Serpe non gradì:
<<Uhm, questo ordine è sospetto. Non è per caso che questi compiti li abbia fatti qualcun altro? Sarebbe molto grave sai. Per ora mi limiterò a scrivere un appunto nel registro, poi vedremo.
Ma voglio darti credito, e quindi, ammesso in linea teorica che questi esercizi li abbia svolti tu, sarebbe inutile farteli rifare, per cui direi di esercitarci su qualcosa di diverso.
Allora, dunque, vediamo... disegnami due assi cartesiani perfettamente ortogonali, pensi di esserne capace?>>
Due terzi della classe rise, dalla fila di destra ci furono solo lievissimi sorrisi.
Roberto riuscì nell'impresa.
La Serpe lo osservò con aria schifata:
<<No, no, cancella... non vedi che sono storti?>>
Roberto li osservò e disse:
<<A me non sembra. Ho la squadra nello zaino e posso dimostrare che sono perpendicolari>>
Sarpenti si accigliò:
<<Aggiungo sul registro di classe un rapporto al Preside per sottolineare, se mai ce ne fosse ancora bisogno, la tua palese insolenza nei confronti dei docenti e di me in particolare>>
Anche quella mossa era ampiamente prevista e si era dimostrata un'arma inefficace.
Poi tornò a guardarlo:
<<Ora cancella e ridisegnali. E ti avverto, non tollererò alcun atto di insubordinazione>>
Roberto eseguì l'ordine.
Sarpenti scosse il cranio scheletrico:
<<Ma allora proprio non capisci quando ti parlo? Ho detto ortogonali, non diagonali. Hai per caso problemi di udito o proprio non afferri il significato delle parole?>>
Ci fu qualche risatina nella fila sinistra a cui il professore riservò un'ombra di sorriso.







 Dopo una pausa ad effetto, la serpe pronunciò una battuta che probabilmente aveva preparato per tutta l'estate:
<<Oh, mi dispiace di aver urtato la tua sensibilità quando ti ho dato dello stupido: pensavo ne fossi al corrente...>>
Due terzi della classe risero a crepapelle, il rimanente terzo rimase impietrito.
Roberto, che sapeva riconoscere le battute divertenti, accennò un sorriso, il che autorizzò anche la terza fila a sorridere.
Sarpenti si era aspettato una reazione ben diversa, conoscendo il carattere focoso dei Monterovere, per cui parve irritato:
<<Allora, dunque, vediamo... disegnami un'iperbole con assi di simmetria perpendicolari, ma non equivalenti con gli assi cartesiani, e stavolta falli per bene, quegli assi, e poi individua la funzione omografica che ne sta alla base>>
Roberto si limitò a constatare che:
<<In programma c'era solo il caso dell'iperbole equilatera con equazione x = 1 / y >>
La Serpe lo guardò con aria annoiata:
<<Tutte scuse per non far niente! Oppure mi stai forse accusando di non essere riuscito a terminare il programma? Ma no, tu non ci puoi arrivare, l'avrai sentito dire da tuo padre, che mi critica perché è invidioso di me, lo sanno tutti. Ma io sono superiore a queste miserie. Vedi come sono tollerante nei tuoi confronti. Allora disegnami questa iperbole equilatera e poi me la definisci e mi definisci anche il concetto di iperbole in generale>>
Lui la disegnò e rispose:
<<L'iperbole equilatera è un'iperbole avente come assi di simmetria gli assi cartesiani. 
In generale l'iperbole è il luogo geometrico dei punti del piano per i quali è costante la differenza delle distanze da due punti fissi detti fuochi. L'iperbole non è una curva chiusa ed è costituita da due rami distinti>> e li indicò sulla lavagna.
Sarpenti scosse il cranio:
<<Quella figura è tutta pasticciata. La definizione è troppo generica. Ti ricordi almeno che ho introdotto il concetto di assi di simmetria come asintoti dell'iperbole? Sì? Definiscimeli, allora!>>
Lui rispose:
<<Gli asintoti sono una coppia di rette che interseca l'iperbole in un punto all'infinito>>
La Serpe si sdegnò:
<<Una coppia! Che volgarità! A quanto pare non riesci a pensare proprio ad altro in questo periodo>>
A quel punto fece uno strano cenno col capo rivolto a Porcu e a Braghiri, i quali si misero a comunicare qualcosa agli altri, provocando una serie di risatine che si propagò per tutta la classe.




Sarpenti, che di solito pretendeva il silenzio assoluto, quella volta sorrise e poi disse:
<<Definiscimi i concetti di fuochi e di vertici nell'iperbole>>
Roberto si sentiva come una recluta dei Marines davanti al Sergente Istruttore.
Non tediamo oltre il lettore scendendo nei particolari delle "meraviglie" della geometria analitica.
Diciamo solo che ogni risposta era sostanzialmente corretta, ma fu accolta da Sarpenti in modo da farla sembrare imprecisa, incompleta, errata o addirittura offensiva nei suoi confronti.
Alla fine, la Serpe fece una domanda sorprendente e quasi filosofica:
<<Dimmi, Monterovere, secondo te qual è il numero perfetto? Ti limito l'insieme a quello dei numeri interi positivi>>
Roberto rimase interdetto:
<<Ma è una domanda di aritmetica?>>
Sarpenti sospirò:
<<Io so che tuo padre fa questo genere di domande, perché crede di poter insegnare la filosofia di Pitagora e dei pitagorici al posto della docente di ruolo. Pensavo che ne avesse parlato anche con te e speravo che tu potessi condividere con noi questa sapienza>>
Era chiaramente una trappola e qualsiasi risposta avesse dato sarebbe stata giudicata male:
<<Non me ne ha parlato. Il mio docente è lei ed io studio quello che lei dice che devo studiare>>
La Serpe si finse delusa e prese persino le difese dell'odiato collega:
<<Ah, aveva ragione Shakespeare : "quanto è più crudele del morso del serpente l'ingratitudine di un figlio"! >>




Roberto scosse la testa, ma non replicò.
Sarpenti allora continuò il suo monologo:
<<Volevo solo metterti a tuo agio con una domanda elementare, visto che con le altre hai fatto una gran confusione. Comunque ti dirò una cosa: per me il numero perfetto è tre, e questo non solo perché il concetto di Trinità è fondamentale nella teologia cristiana, ma anche perché lo è in quella induista, che io professo. Nell'induismo c'è la Trimurti, la forma triplice dell'Essere supremo, che si manifesta nelle tre divinità di Brahmā (il creatore), Vishnu (il preservatore) e Shiva (il distruttore), ed esercita il suo potere salvifico per mezzo degli avatar.
Io credo che tre possa essere anche il tuo numero perfetto, e per una ragione ben precisa: è il voto che meriti in questa interrogazione e temo anche nelle prossime, se non migliorerai>>
Roberto, quasi divertito dall'idea che tutta la domanda fosse una premessa ad un voto che non stava né in cielo, né in terra, non poté fare a meno di ironizzare:
<<Forse tre è troppo. Io credo che il numero perfetto sia due, che sta ad indicare Dio e il Diavolo, le due equipotenti Fonti dell'Universo secondo il mio credo diteista>>

La Serpe fu colta alla sprovvista e non seppe replicare nel modo che sarebbe stato più appropriato, ovvero l'ironia. La sua sorpresa era tale da farlo reagire emotivamente nella maniera più strana, ossia la paura
<<Tu non sai di cosa parli... certi argomenti non dovrebbero essere trattati con leggerezza>>
Roberto scosse il capo solennemente:
<< Le garantisco che ho parlato con la massima serietà e convinzione. Lei mi ha posto una domanda e mi ha fatto un esempio tratto dalla sua fede religiosa, di cui ho il massimo rispetto. Io ho risposto alla sua domanda allo stesso modo, ossia facendo riferimento alla mia convinzione religiosa>>







Ci fu un silenzio di tomba.
Roberto teneva gli occhi fissi sul docente, con aria molto minacciosa, senza muovere in muscolo.
Sarpenti era impallidito e a voce bassa disse:
<<Tu non ti rendi conto di...>> e poi si fermò e riprese a parlare ad alta voce <<...oggi non sei lucido, è chiaro che non ti senti bene... facciamo finta che non sia successo niente... non ti metto tre, era solo un semplice ripasso, tutto qui... non voglio infierire su un animo turbato...>>
Quell'improvvisa retromarcia della Serpe deluse molto i nemici di Roberto, che non capirono come fosse possibile che le assurdità pronunciate dal giovane Monterovere fossero riuscite ad ammansirlo in quel modo.
Ma Amelio Sarpenti aveva capito benissimo ed era terrorizzato.




Aveva compreso di essere stato ingannato da gente molto pericolosa.
Ma il ragazzo lo inquietava ancora di più.
Conosce i Misteri. E con quale assoluta certezza ha parlato! E io che credevo che fosse soltanto una pedina di suo padre o al massimo di suo zio, e invece è andato oltre!
Non è più una pedina di nessuno: tra tutti i Monterovere è il più pericoloso, perché è imprevedibile.
La situazione ci è sfuggita di mano.




Abbiamo sottovalutato l'apporto dell'altra stirpe. Sua nonna gli ha impartito l'insegnamento profondo senza che nessuno se ne accorgesse. L'ha fatto per renderlo in grado di difendersi e c'è riuscita.
I quattro talenti si stanno risvegliando prima del tempo, prima della Prova, prima dell'Iniziazione.
E adesso può succedere di tutto. 
I piani vanno rivisti. E forse non basterà, perché ad ogni nostra mossa, lui risponderà sempre in modo inaspettato.
Proprio adesso che incominciavo a divertirmi, mi ha messo sotto scacco con una frase buttata là in maniera istintiva, ma consapevole! 
La vita è davvero ingiusta!>>
































domenica 29 agosto 2021

Vite quasi parallele. Capitolo 156. L'uragano Aurora

 


Agosto era finito. La "settimana di tregua" che Roberto aveva chiesto ad Aurora al ritorno da Londra era stata prorogata di altri sette giorni per motivi di studio, anche se il giovane Monterovere li aveva trascorsi quasi interamente dormendo, salvo poi trovare infine la forza per affrontare gli odiosi compiti della delle vacanze. Per essere certi che tali studi fossero svolti seriamente, i genitori di Roberto, da bravi insegnanti, gli ordinarono di lasciare la quiete di Villa Orsini per raggiungerli al "Ricci Compound" di Cervia, dove sua madre intendeva verificare la sua preparazione in latino e in grammatica italiana (di cui c'era, in effetti, molto bisogno), e suo padre doveva impartirgli, nell'insonorizzato studio in mansarda, col condizionatore a meno venti, severissime lezioni di matematica e fisica in previsione dell'offensiva che il perfido prof. Amelio Sarpenti avrebbe sferrato fin dal primo giorno di scuola, come era nel suo stile.

Aurora invece era stata per tutto il tempo nella megavilla "acquatica" dei Visconti-Ordelaffi a Milano Marittima, e in quelle due settimane si era immersa nell'edonismo narcisistico più sfrenato, tra le sue mille piscine di ogni tipo, colore e temperatura, le sue spa, gli idromassaggi, il beauty center privato di sua madre con un esercito di estetiste, massaggiatrici e parrucchieri, la palestra, la sauna, l'hammam, il solarium, il mare e la spiaggia di lusso al Bagno Imperiale ora tristemente noto come Papeete Beach (ebbene sì, è proprio quello) e ovviamente lo shopping compulsivo.

Dopo due settimane di "centro benessere", la Principessa si era trasformata in una specie di Barbie con capelli di un biondo chiarissimo e lucente, (più lunghi e setosi di quelli di Rapunzel), pelle ambrata, tonica e perfettamente levigata, e una silhouette da silfide o sirena o ninfa Calipso "chiara tra le dee".
Sembrava una norvegese che avesse trascorso un mese alle Maldive.
All'epoca il modello di bellezza femminile bionda era Claudia Schiffer, ma Aurora Visconti-Ordelaffi era ancora più bella di lei, oltre che decisamente più giovane.

Il volto di Aurora rispettava alla perfezione i parametri geometrici del canone della bellezza ideale, basati sulla Sezione Aurea che comprende alcune caratteristiche ben precise:
il viso femminile deve essere perfettamente ovale, senza mascella prominente, e deve avere, oltre che una ben precisa distanza tra gli occhi, anche una distanza tra le sopracciglia e la fronte, più o meno uguale a quella tra le sopracciglia e la punta del naso(il quale deve essere diritto e non sporgente) e tra quest'ultima e il mento. Inoltre la distanza tra il mento e la bocca deve essere al massimo 1,618 volte quella tra bocca e naso. La bocca deve avere labbra piene, ma non troppo, a forma di cuore allargato, e deve misurare, in larghezza, più o meno la stessa distanza tra le pupille degli occhi o i punti più altri delle sopracciglia. Fondamentale, nel viso della donna, è la dolcezza, e quindi i tratti non devono essere marcati, bensì smussati, e soprattutto l'insieme non deve presentare tratti aggressivi, prerogativa del volto maschile.







Di tutto questo Roberto, all'epoca, non sapeva nulla, né era tenuto a saperlo.
Lo apprese molti anni dopo, mentre preparava l'esame di Storia dell'arte, nella sua seconda laurea, e si era ritrovato tra i testi in programma, oltre agli "imprescindibili" manuali di Estetica e Fenomenologia degli Stili di Renato Barilli, illustre allievo di Luciano Anceschi, nonché ultimo sopravvissuto tra i fondatori del Gruppo '63, anche quello di Psicologia della Bellezza di Marco Costa e Leonardo Corazza.




Ma nel 1992 il Costa-Corazza non era stato ancora scritto, e Roberto riconosceva semplicemente in Aurora una bellezza ideale, che lo ammaliava e gli faceva perdere la testa.
E' comprensibile che sia così, specie in un adolescente, ma va detto, tuttavia, che questo canone può non piacere a tutti, per esempio si ritiene che il volto l'attrice Amber Heard, (nota più che altro per aver sedotto, sposato, spennato, lasciato, denunciato e rovinato Johnny Depp, con accuse palesemente false, ma convalidate da un tribunale perfettamente allineato al movimento #metoo), rispetti alla perfezione i canoni della Sezione Aurea, eppure la sua presunta bellezza è ancor meno convincente della sua recitazione, che è già di per sé insignificante.

Al contrario ci sono volti femminili che, pur non rispettandolo, risultano piacenti agli occhi di molti e si parla allora, più che di bellezza, di fascino e di carisma, tanto che gli stilisti, proprio a partire dagli anni '90, incominciarono a preferire i volti "interessanti" a quelli belli, anche se è noto che molti di loro non sono attratti fisicamente dalle donne e dunque hanno una tendenza a vederle come semplici attaccapanni. 
O almeno questa fu l'impressione di Roberto quando, insieme ad Aurora, nei loro anni trascorsi a Milano, tra il 1994 e il 1999, ebbe modo di frequentare anche quell'ambiente.
Ma già durante la vacanza a Londra del '92, Roberto si era accorto che gli piacevano anche le donne che non rispettavano nessuno dei parametri della Sezione Aurea: donne come Jessica, dalla cui bocca non canonica, non sarebbero però mai uscite delle banalità. Ed ogni tanto si trovava a ripensare a lei, pur avendola incontrata una sola volta.
Non sapeva che si sarebbero rivisti ancora, proprio a Milano, in occasione delle settimane della moda, e non immaginava neppure lontanamente che, anni dopo, a Bologna, sarebbero diventati amanti, dopo il divorzio di lei da Waldemar Richmond, che era rimasto comunque, e incredibilmente, amico di entrambi.

Ma ora basta con le anticipazioni: torniamo al primo weekend di settembre del 1992, quando Aurora era un sole allo zenit, e sarebbe rimasto tale per un bel po'. Ma quante sciocchezze si scrivono sul sole, dimenticando che chi guarda il sole rischia di diventare cieco!





Ma Roberto non era stato avvisato che Aurora fosse diventata ancora più bella, nei quindici giorni circa in cui non si erano visti, e questo perché le loro comunicazioni erano state esclusivamente telefoniche e nel 1992 non c'erano ancora gli smartphone, e neppure Internet (ma come abbiamo fatto a vivere senza la connessione?) ed era necessario incontrarsi di persona per poter constatare com'era l'aspetto dei nostri cari.

Alcuni giorni prima Aurora gli aveva fatto recapitare un telegramma con una specie di ultimatum in codice, citando De Gregori:
"Il granturco nei campi è maturo, ed ho tanto bisogno di te"





Roberto capì subito l'antifona e la invitò a trascorrere un weekend con lui a Cervia, ai primi di settembre, per recuperare il tempo perduto, prima della fine della villeggiatura e della necessità di fare ritorno in quella città "sorda e grigia" che i Romani avevano fondato nel 188 a.C. sotto il consolato di Marco Valerio Messalla e Gaio Livio Salinatore, in omaggio al quale fu chiamata Forum Livii.

Fu così che, quando Aurora raggiunse in taxi la residenza cervese dei Monterovere, dove Roberto era rimasto "a presidiare il fortino", mentre i suoi erano finalmente a tornati a Forlì per il famigerato Consiglio d'Istituto del primo settembre, incubo di ogni insegnante, ci fu una scena memorabile.

Quando lei scese dal taxi, mentre il tassista depositava la valigia di lei davanti al cancello, Roberto rimase senza parole, abbagliato da quella luce, da quella flessuosità fatata e da quella dolcezza angelica, la cui assoluta perfezione era esaltata dall'abbronzatura.
Non poté fare a meno di sentirsi in colpa per averla tenuta lontana, posticipando persino i termini, e recitando l'improbabile parte dell' "uomo che non deve chiedere mai" nello spot del Denim Musk after shave (sì, perché la nostra generazione, all'epoca, si faceva la barba, a differenza degli hipster di adesso che sembrano talebani col cappellino da baseball).
Lei aveva negli occhi celesti uno sguardo di assoluta serenità, e il suo viso giovane, armonioso, delicato e dolcissimo rasentava la perfezione e trasmetteva una gioia sublime al fortunato mortale che si sentiva come Anchise tra le braccia di Venere.
E nonostante tutti questi pensieri esaltanti, Roberto, come se avesse perso la facoltà di parola, riuscì soltanto a bofonchiare un timidissimo: <<Ti trovo bene>>.

Lei allora rise, scuotendo la testa, come per dire che il suo ragazzo non aveva proprio speranza, e proprio per questo era suo, completamente suo.
E poi, flessuosa come un'odalisca, gli si insinuò tra le braccia, lasciando scivolare le mani sul corpo ancora magro, ossuto e tremante di lui, quell'adolescente acerbo, impacciato e tormentato, trasformando in lui la tensione in desiderio.
E poi, sotto gli sguardi esterrefatti di tutto il vicinato, Aurora, ormai avvinghiata a lui come un'edera sull'esile tronco di un alberello nato da poco, gli regalò uno dei baci più lunghi della storia, di quelli che partono dolci e diventano appassionati a tal punto che, se non subentrasse la mancanza di ossigeno, potrebbero andare avanti per l'eternità.
Roberto, accecato d'amore e travolto dalla lussuria, mise temporaneamente da parte tutti i dubbi che le parole dei suoi cugini, qualche giorno prima, avevano risvegliato nella sua mente ansiosa ed incerta.
Alla fine, Aurora, dopo aver preso atto con soddisfazione che la virilità di lui si era rinvigorita in maniera fin troppo evidente, allentò la presa, almeno quel tanto che le consentisse di dirgli scherzosamente e trionfalmente:
<<Spero di esserti mancata>>.

Per lasciar raffreddare, almeno per qualche ora, i bollenti spiriti, si sedettero per un po' sotto il pergolato di glicine.
<<Allora, i tuoi hanno finito di riempirti la testa di latino e matematica o ti metteranno di nuovo sotto tortura?>>
Roberto scosse il capo:
<<Finito? Questo è solo l'inizio! E poi la gente si chiede perché ce l'ho sempre col mondo intero: che provino loro ad essere il figlio unico di due insegnanti che non danno mai più di sette, anche se la verifica è perfetta, perché "otto lo darebbero solo a loro stessi, nove a Leonardo da Vinci e dieci a Dio".
Lei scosse la testa:
<<Ci sarebbe da chiamare il telefono azzurro. Io per fortuna non ho di questi problemi: mio padre passa tutte le vacanze a giocare a golf e non sa nemmeno che classe faccio. Mia madre, be', la conosci, passa il tempo a farsi bella e ad assicurarsi che lo faccia anch'io>>
Roberto sorrise:
<<Be', vedo che i risultati sono eccellenti. Ma tu parti già da "ottimo", per cui si tratta di un passo breve, tutto sommato. I tuoi tratti sono perfetti dalla nascita>>
Lei sorrise a sua volta:
<<Ti ringrazio, ma devi sapere che anche quando si parte avvantaggiati bisogna fare sacrifici e rinunce non indifferenti per mantenersi in forma>>
Lui ironizzò:
<<Ah, la dura vita di una bella ragazza!>>
Aurora sbuffò:
<<Non ricominciare con le tue prediche sul narcisismo edonistico, di cui sai molto più me, essendone il campione indiscusso>>
Roberto ne fu meravigliato:
<<Tu credi? Io sono un insicuro! Tutto il contrario di un narcisista. Nessuno con un naso come il mio può rischiare di essere narcisista! Quanto all'edonismo, anche se volessi, non me lo potrei permettere>>
Lei mostrò la massima disapprovazione:
<<A Londra passavi ore davanti allo specchio e non mi sembrava che il tuo naso, peraltro normalissimo in un maschio, ti desse alcun fastidio. 
L'insicurezza deriva da una certa inesperienza di vita concreta a cui io porrò rimedio.
Quanto ai soldi puoi fare a meno di preoccuparti: finché non erediterai, te li farà avere mia madre, e quando erediterai potrai sguazzare nell'oro come zio Paperone>>
Lui drizzò le antenne, perché gli erano tornate in mente le parole dei suoi cugini.
E se Alessio e Fabrizio avessero ragione? Se lei stesse con me in attesa che io erediti? Se volesse incastrarmi e poi spennarmi?
Naturalmente non lasciò trapelare nulla di quei dubbi e si mantenne su discorsi di carattere più generale:
<<A sentir te sembra tutto facile, e invece io penso il contrario: niente è facile e niente è indistruttibile>>
Aurora lo fissò con aria di rimprovero:
<<Senti, io mi rendo conto che è un momento difficile per te, ma ci sono io al tuo fianco, e ti amo>>
Roberto la osservò con aria enigmatica.
E' possibile pronunciare la parola "amore" senza sprecarla?
Quasi mai, fu la risposta che si diede, eppure lui si sentì in dovere di pronunciarla:
<<Ti amo anch'io, e ti ringrazio perché riesci a sopportarmi! Mi chiedo come fai>>
Ma la vera domanda, implicita, era: perché lo fai?
Lei rise:
<<Sono masochista, te lo sei già dimenticato? Abbiamo una fortissima intesa sessuale, e credimi, se c'è quella, tutto il resto si aggiusta. Per una donna, un uomo che sa stimolarle un orgasmo multiplo, qualunque sia il mezzo con cui lo fa, è ai suoi occhi come un dio. 
E poi in realtà il tuo cinismo mi diverte: le tue battute al vetriolo, le tue satire... ho sempre desiderato un uomo che mi facesse ridere fino al parossismo, e tu ci riesci>>
Lui accennò un vago sorriso:
<<Anche quando ironizzo sul tuo "think positive"?>>
Aurora scrollò le spalle:
<<Io cerco soltanto di vedere il bicchiere mezzo pieno>>
Roberto non mollava l'osso:
<<Anche quando è vuoto?>>
Lei rise:
<<Te lo riempio io, sta' tranquillo! Anzi, direi che è proprio il momento adatto: ti prometto che questo sarà un weekend indimenticabile!>>
Lui divenne subito preoccupatissimo:
<<Che intenzioni hai?>>
Aurora aveva l'aria di chi pregustava quel momento da molto tempo:
<<Prima di tutto, visto che non ci sono i tuoi, ho intenzione di ravvivare e rallegrare l'atmosfera di questa casa, che di vita e di allegria sembra averne conosciuta ben poca >>

E come un ciclone, anzi, come un uragano, Aurora si abbatté sulla "Rocca Monterovere" e ne fece "un bivacco di manipoli".
Prima di tutto, con la scusa che è meglio accendere una piccola fiamma che maledire l'oscurità, accese tutte le luci di tutte le singole stanze, e tutti i televisori di tutti e tre gli appartamenti, più anche quello della mansarda, sintonizzandoli sulla rete che all'epoca si chiamava Videomusic e che poi divenne Mtv.
E alla fine di questa follia, disse:
<<Ok, perfetto! Adesso gli interni di questa casa non sembrano più quelli di una cripta!>>
Era una frecciata palese contro Silvia Ricci-Orsini Monterovere, la "suocera", che aveva scelto un arredamento piuttosto all'antica.
Poi aprì tutte le finestre tranne quelle delle camere da letto, chissà perché...
A quel punto, soddisfatta, si mise a guardare Roberto e disse:
<<Bene, oggi ti farò prendere un bel po' di sole: ho qui la crema abbronzante che è anche protettiva, per cui non corri rischi né di farti venire le rughe, e nemmeno i melanomi.
Ci sistemiamo vicino alla vostra piscinetta e lì io, mentre ti spalmerò la crema, ti farò un ottimo massaggio e spero che tu ricambierai il favore>>

Nel frattempo, dalle quattro tv sintonizzate su Videomusic ad alto volume, partì la canzone "Reality" di Richard Sanderson, celeberrima colonna sonora de "Il tempo delle mele".
Era decisamente in tema: chissà, forse Aurora era riuscita a imporre la scaletta ai dj dietro lauta ricompensa.
Contrariamente a ciò che potrebbe far pensare il suo titolo, "Reality" parla di sogni: "Dreams are my reality / The only kind of real fantasy / Illuisons are a common thing / I try to live in dreams / It seems as if it's meant to be".
Che strano! Una canzone d'amore che parla di sogni, di fantasia, di illusioni... oppure no, non è affatto strano, perché l'innamoramento è fatto principalmente di illusioni.
Illusioni che hanno conseguenze macroscopiche, come un vero e proprio uragano, visto che abbiamo scelto questa similitudine.




Molti anni dopo, riascoltando quella canzone, Roberto si sarebbe reso conto che essere innamorati è una cosa che può allontanarci non solo dal buon senso, ma anche dalla dignità.
Almeno, per Roberto era stato così.
Certo, Aurora lo rendeva felice, eppure negli ultimi anni del loro rapporto, a Milano, lui aveva incominciato a rendersi conto che lei lo aveva trasformato in un povero piccolo patetico cagnolino ammaestrato, pronto a scattare agli ordini della sua padrona.
Era ancora così giovane, e quello era stato il suo primo amore e lo aveva condotto lontano dalla retta via. Certo, si potrebbe ribattere dicendo che Roberto si era innamorato delle persona sbagliata, perché se la persona è giusta ed è innamorata di noi allo stesso modo in cui noi siamo innamorati di lei, non ci renderà mai prigionieri e tantomeno schiavi o, per dirla con Alessio Zanetti, "polli da spennare". La persona giusta non lo farà mai!
Forse.

In ogni caso l'innamoramento egualmente ricambiato, quando c'è, è foriero di grande felicità, finché dura l'incanto, che in genere permane quasi invariato fino alle nozze o addirittura fino nascita del primo figlio, dopodiché, lasciatevelo dire dal narratore di un romanzo fatto di amori tormentati, incomincia a trasformarsi in qualcosa d'altro, che può essere affetto, anche profondo, oppure saturazione, a volte persino disgusto, a seconda dei casi.
(Consigliamo al riguardo la visione dello spassoso film "Pensavo fosse amore... invece era un calesse").

A tutto questo va aggiunta la considerazione che questi sono tempi volubili, effimeri e imprevedibili.
Su che fragili basi poggia la nostra felicità!
A tal proposito Lucio Dalla aveva scritto, composto e interpretato una canzone dal refrain musicalmente indimenticabile:

Ah, felicità,
su quale treno della notte viaggerai?
Lo so 
che passerai,
ma come sempre in fretta,
non ti fermi mai...

Era questa la canzone che serviva per aprirgli gli occhi, ma Roberto all'epoca non la conosceva, ed era comunque troppo giovane e inesperto per capire le sottigliezze dell'educazione sentimentale, molto più difficile e complessa di quella sessuale.





E così, nel preciso istante in cui Roberto si mise a cavalcioni sulla schiena di Aurora (tranquilli, all'epoca pesava 58 chili a dir molto e il baricentro di tal peso era tutto sulle ginocchia, poggiate terra) e incominciò a spalmarle la crema, accompagnandola con un massaggio molto sensuale, Videomusic fece partire la versione di Phoebe Cates di "Paradise", colonna sonora dell'omonimo film dell'82, che era poi una specie di remake di "Laguna blu", altra pietra miliare dell'erotismo soft degli sfrenati Anni Ottanta, con una giovanissima Brooke Shields, un fiore in boccio di cui tutto il mondo si innamorò, e adesso è una carampana di cui nessuno si ricorda più, se non qualche sentimentale «À la recherche du temps perdu».







Roberto, ascoltando le note di quella canzone, e trovandosi in quella situazione, si esaltò come non era mai successo nemmeno a Londra.
Si parla, con un certo eufemismo, di stagioni del cuore, e per Roberto, ad ogni stagione era associata una città: Forlì, Londra e Cervia erano state la Falsa Primavera, Milano sarebbe diventata la Folle Estate e Bologna una sorta di periodo collocabile tra Ferragosto e l'Equinozio d'Autunno.
E poi ci sarebbe stato il ritorno a Forlì, a gestire finalmente quell'eredità su cui tanta gente aveva messo gli occhi, e che il bocconiano/storico/letterato dovette amministrare in tempi difficili, perché la morte dei nonni era avvenuta a così tarda età, che i genitori stessi erano già troppo avanti negli anni e malandati nella salute per farsene carico, e gli avevano delegato ogni cosa. E fu "l'inverno del nostro scontento". 
Poi però la ruota continuò a girare e ricominciò tutto da capo, anche se nulla potrà mai tornare come prima, e forse è meglio così.