venerdì 11 giugno 2021

Vite quasi parallele. Capitolo 139. Hyde Park e il romanticismo londinese


Non del tutto consapevoli delle trame che, da più parti, si ordivano ai loro danni, Aurora e Roberto continuavano a vivere il loro idillio romantico visitando i luoghi più caratteristici della capitale britannica, in quell'estate del 1992.
Era il 10 agosto, e i giorni erano volati con la rapidità del fulmine.
Roberto era felice, ma non poté fare a meno di recitare mentalmente, come fossero una preghiera, i versi del Pascoli, al quale era legato dal comune amore per la Romagna, dalla nostalgia per l'infanzia trascorsa in campagna, dall'ipersensibilità e infine dalla poetica del fanciullino.
San Lorenzo io lo so perché tanto di stelle nell'aria tranquilla arde e cade...
Non poté fare a meno di pensare, per un istante, alla sua famiglia, che si sarebbe riunita, come ogni anno, in occasione dei fuochi d'artificio di Cervia.
Ma quell'anno, per la prima volta, lui non era presente (e per alcuni si trattava di un'assenza non giustificata).
E tuttavia, il suo morale era alto e il suo amore per Aurora era immenso, assoluto e incondizionato. 
I due fidanzati avevano organizzato un'escursione la cui prima tappa era Hyde Park e le successive erano, nell'ordine, Kensington Gardens, Portobello Road, Notting Hill e per finire, con l'aiuto logistico di Battista, anche una puntatina a Little Venice.






Il parco formava un'unica, molto ampia area verde, insieme agli attigui Kensington Gardens, i giardini retrostanti a Kensington Palace, che nel 1992 era ancora residenza dei Principi di Galles, anche se, da alcuni mesi, il Principe dimorava per lo più nella residenza di campagna ad Highrove, oppure a Clarence House, ospite di di sua nonna, la Regina Madre, che lo nominò suo erede.
Questa area verde era compresa tra i quartieri di Mayfair, Belgravia, South Kensington, North Kensington, Bayswater e Paddington.
L'organizzazione della giornata si basava ormai sul solito schema: sveglia alle 7, colazione alle 8, partenza in auto col fedele Battista alle 8.30 e arrivo prefissato all'Hyde Park Corner, presso il Wellington Arch alle 9.00 in punto.
Traffico permettendo.





L'itinerario si basava, sostanzialmente, su una scelta "romantica", nel senso più "sentimentale" (e se vogliamo, anche banale) del termine, e ciò significava che non erano previste tappe di interesse culturale, come invece era avvenuto nelle giornate precedenti.
Roberto sentiva che Aurora ne aveva bisogno, ma anche una parte di sé, quella che si sentiva come un gentiluomo dell'Ottocento con a fianco la sua Dama, ritratto davanti a un lago.








E il lago c'era davvero, nel senso che la vera attrazione di Hyde Park era proprio il Serpentine Lake, così chiamato per la sua forma obliqua e sinuosa, percorsa da piccole barche a remi e pedalò a noleggio, per "navigare" circondati da un paesaggio teoricamente idillico e perfetto per una coppia di innamorati.
Concretamente era un po' meno idillico, come spesso accade alle mete del turismo di massa.
Va inoltre precisato che il nome "Serpentine", in senso stretto, si riferisce solo alla sezione orientale del lago, al est del Ponte di Serpentine, che lo traversa; la sezione occidentale, al nord-ovest, è chiamata "The Long Water".

Hyde Park
aveva molte entrate, ma quella del Corner era la più grande, con il suo imponente arco a tre porte, la Great Entrance.
I cancelli dell'arco centrale erano chiusi, ma si poteva accedere da quelli laterali.
(Secondo alcuni, passare dal cancello centrale portava sfortuna, per questo lo tenevano chiuso. Non sappiamo se fosse vero e non abbiamo idea se lo tengano chiuso anche adesso).
 Aurora e Roberto fecero il loro ingresso nel grande viale principale, la Serpentine Road.
Il viale era asfaltato, affollato e percorso dalle biciclette e persino da qualche automobile con permesso speciale, a bassa velocità e a senso unico, sulla sinistra.
L'affollamento, già alle 10 del mattino, e persino d'agosto, era notevole e francamente eccessivo.
Era tutto molto più chiassoso rispetto a ciò Roberto si era immaginato.
Le mappe e le immagini non rendono mai bene l'idea.
Questo iniziale disagio era accentuato dal fatto che la sua immaginazione era ferma ai tempi della regina Vittoria e dei pittori Preraffaelliti.
Aspettative troppo elevate: ne era consapevole.
Ma è pur sempre un adorabile mattino...
L'aria era ancora fresca, fragrante e ricca di ossigeno. I platani erano rigogliosi, alti e possenti, e certo dovevano essere lì da molto tempo e ci sarebbero rimasti per molto tempo ancora.
Le querce erano più basse, ma i loro rami si espandevano ovunque, e toccavano terra, formando un vero e proprio bosco.
Il contatto con la natura riuscì a rasserenarlo.
<<Questi alberi sono meravigliosi, e il prato è fresco, ben irrigato: il verde mi ritempra. In fondo, io resto un ragazzo di campagna>>
Aurora sorrise, perché quell'affermazione era, come sempre, soltanto una "mezza verità":
<<Tu stavi a Casemurate nei mesi estivi, e nei fine settimana, ma per il resto vivevi a Forlì con i tuoi genitori, vero? In un condominio. 
Però dici che sei cresciuto a Casemurate, non a Forlì.
E in generale parli moltissimo dei tuoi nonni e pochissimo dei tuoi genitori>>
Lui sorrise a sua volta, perché sapeva che a lei non poteva nasconderle niente:
<<A Casemurate sono felice, a Forlì no. Avrei preferito una casa con un giardino, mio nonno Ettore l'aveva proposto ai miei, ma loro hanno voluto un appartamento in un condominio, per "mantenere un profilo basso", "non dare nell'occhio", avere meno spese e meno responsabilità. 
Col risultato che la gente, ironizzando, chiama il condominio "Palazzo Monterovere", dove l'elite (ammesso e non concesso che questo termine possa essere usato in riferimento ad una città noiosa, amorfa e insignificante come la nostra) si raccoglie per i salotti intellettuali del Professore e della Signora (che è professoressa anche lei, ma preferisce l'altro titolo, perché sia chiaro a tutti chi è che comanda).
Ho dedicato molto tempo alla cura del cortile, specie per l'irrigazione delle ortensie, ma ai condomini non va mai bene niente, dicono che io "attiro i gatti" di tutto il quartiere perché lascio una ciotola con i croccantini e una con l'acqua, e consumo elettricità condominiale  perché irrigo le piante con l'acqua del pozzo estratta con una pompa elettrica.
Poi si mettono a farmi il terzo grado, specie da quando sanno che stiamo insieme, e mi fissano con diffidenza.
Se poi consideri che abbiamo pure la famiglia Braghiri nel nostro stesso pianerottolo...
Con Vittorio ero amico, ma lui diventava sempre più ostile e tagliente, proprio come suo padre.
Insomma, come metto un piede fuori dall'appartamento, mi ritrovo i vari condomini che si comportano come paparazzi. Non c'è un minimo di privacy...
Per forza che poi mi rintano in camera mia a leggere!
Ma quando sono nella mia Contea torno ad essere felice: l'atmosfera fiabesca del Maniero neogotico degli Orsini, immerso in un parco mi riconcilia col mondo, così come il verde, la natura, i fiumi, i boschetti, gli animali, a parte gli esseri umani s'intende! Quelli non li voglio tra i piedi, salvo rare eccezioni >>
Aurora rise:
<<Ah, me ne sono accorta. Ma vedo che hai evitato di commentare l'altra questione...>>
Roberto annuì:
<<La storia dei miei genitori è più comune di quella dei miei nonni, o almeno così mi sembrava, prima che mi sorgessero due dubbi sul ruolo di Lorenzo nel fare l'intermediario tra le due famiglie.
Comunque, mio padre e mia madre sono le colonne portanti della mia vita, insieme a te, s'intende.
Mi hanno dato e mi danno un affetto e un amore profondissimo. E' raro che l'amore di un coniuge possa superare quello di un genitore. 
So di poter contare su di loro e su tutti i parenti di mia madre.
Conoscono le mie debolezze e cercano di proteggermi. Sanno bene che sono una persona emotiva e vulnerabile, che nasconde le propria paure e ansie dietro un'apparente indifferenza. 
Mio padre pensa che mi fortificherò con l'andare del tempo, come ha fatto lui. 
Mia madre teme che io non sia in grado di difendermi da solo, e forse ha ragione>>
Lei scosse il capo:
<<Capisco le sue preoccupazioni, ma secondo me ti sottovaluta. Io conosco le tue fragilità e ti offro tutto il mio aiuto, ma sento che hai delle risorse interiori che ti rendono in grado non solo di difenderti, ma anche di aiutare gli altri.
Tu forse non te ne rendi conto, ma mi stai aiutando>>
Lui non capiva:
<<Sei tu che aiuti me, Auri. Mi infondi una sicurezza e un benessere che non avevo mai provato in vita mia>>
Lei sorrise:
<<E per me è la stessa cosa. Prima che ci mettessimo insieme, io ero sotto il ricatto morale di Felix. Lui mi diceva che nessuno avrebbe potuto amarmi sinceramente. 
Mi avrebbero desiderata fisicamente, avrebbero desiderato il mio corpo e i soldi della mia famiglia, ma come persona mi avrebbero bollata come una pazza, e magari avrebbero cercato di "curarmi", di cambiarmi, e non di amarmi per ciò che sono, nel bene e nel male>>
Roberto era sorpreso:
<<Davvero pensavi questo? Che tutti i tuoi corteggiatori, ed erano tanti, non ti avrebbero amata sinceramente? E' impossibile non amarti>>
Aurora era indecisa se commuoversi o dubitare:
<<Senza tentare di cambiarmi o di "curarmi"?>>
Era una domanda rilevante, e Roberto se l'era posta molte volte:
<<Io credo che le cose funzionino all'opposto: l'amore incondizionato è l'unica cura possibile. 
Una persona che si sente pienamente e incondizionatamente amata, col tempo può desiderare in maniera spontanea di non mettere a repentaglio la propria salute e la propria vita
Ma tutto deve avvenire, lo ripeto, spontaneamente, senza colpevolizzazioni>>
Lei percepì che era sincero, e lo abbracciò, sussurrandogli all'orecchio:
<<Sapevo che tu avresti capito. Leggevo i tuoi temi, e ogni volta sentivo che tu guardavi le cose da una prospettiva diversa dagli altri.
Ma da dove ti venivano tutte quelle idee originali?>>
Lui sorrise:
<<Non erano originali. C'era poca farina del mio sacco. Il mio unico merito è che io leggo sempre, di tutto, sono letterariamente onnivoro. 
E se trovo una bella parola, una frase che mi colpisce, un passaggio interessante, un verso evocativo, io me lo segno. Mi ronza per la testa per giorni interi. 
Del resto, nessuno di noi è immune da ciò che legge.
Ci sono romanzi o poesie o saggi che mi hanno cambiato la vita, li ho riletti fino a consumarne le pagine. E' da lì che viene gran parte di quelle idee che sembrano originali e invece sono solo citazioni. 
I nostri compagni pensavano... be', immagino che tu lo sappia, visto che tuo cugino ha sempre avuto il dente avvelenato contro di me>>
Lei sorrise a sua volta:
<<Ce l'aveva con te perché io fin dalle medie stavo dalla tua parte. 
Mi veniva spontaneo, perché erano accuse palesemente inventate:  dicevano che sicuramente la prof. ti faceva sapere i titoli il giorno prima, e che sicuramente, sempre il giorno prima, all'ultimo minuto, avevi imparato a memoria qualche frase intelligente sull'argomento. Come se la retorica, da sola, bastasse a sostenere una tesi!
Io invece percepivo la persona che c'era dietro quelle parole. Una persona che formulava ipotesi, proponeva idee, ragionamenti, a volte anche provocazioni, ironie o paradossi, ma tenendo sempre aperto uno spiraglio per l'ascolto, il dialogo, la possibilità che gli altri ti convincessero a cambiare idea, o per lo meno ti offrissero una nuova prospettiva non banale. 
E' stato anche per questo che già da allora avevo fiducia in te, come se ti conoscessi da sempre>>
Roberto era lusingato, ma sapeva di essere, concretamente, molto meno elastico di quanto i suoi temi potessero far pensare:
<<Hai un'opinione troppo alta di me. Ho sempre paura di deluderti>>
Aurora gli scompigliò i capelli:
<<Resta quello che sei, il ragazzo della campagna che cammina lungo il fiume e si chiede qual è la sorgente!
Lorenzo è stato crudele a disilluderti, dicendoti che il Bevano non aveva sorgente. 
In realtà nasce a Bertinoro, vicino a casa mia: è un piccolo fosso, certo, ma ha comunque un inizio: è lui che ha indicato agli altri la strada.
E la sua foce è l'ultima oasi naturale rimasta intatta, nella Riviera.
Non dimenticare le tue radici e non smettere mai di cercare le sorgenti>>
E da allora lui si attenne scrupolosamente a quel consiglio.
<<Te lo prometto. Nessuno è più legato di me a quella terra e a quel piccolo fiume.
Sono vincolato a loro da un giuramento. E i Monterovere mantengono sempre la parola data>>
Lei sembrava fiduciosa:
<<Ti aiuterò io, se me lo permetterai>>
Lui annuì:
<<Certo. Ci aiuteremo a vicenda, sempre>>
Anche quello era un giuramento, ma il tempo avrebbe dimostrato che persino la parola di un Monterovere poteva vacillare.




Poi, Aurora, per sdrammatizzare il clima troppo serio, entrò in "modalità canzone italiana":
<<Hai presente la canzone "Montagne verdi?" Mi sembra vicina alla tua storia. Così nostalgica, così consapevole dello scorrere del tempo e dello svanire di ciò che amiamo.
"...poi un giorno mi prese il treno / l'erba, il prato e quello ch'era mio / scomparivano piano piano..."// ...quante volte ho cercato il sole / quante volte ho mangiato sale / la città aveva mille sguardi / io sognavo montagne verdi... il mio destino, è di stare accanto a te..."
E Roberto concluse:
<<...con te vicino più paura non avrò...
Sì, la conosco questa canzone, ed è la mia storia, hai scelto bene: semplice, ma c'è tutto: con poche pennellate dipinge un quadro vero. Interamente vero. 
Quando è morto mio nonno Ettore, ho sentito che la mia campagna scompariva, mi scivolava tra le mani>>

Era passato più di un anno, ma sembravano secoli.
Gli tornarono in mente tante cose, ma una si fece largo.
Don Pino Ricci, il parroco di Casemurate, che era cugino di Ettore e in vita non gli aveva risparmiato severe ammonizioni, era stato assolutorio nell'omelia, ma dopo la sepoltura, vedendo che Roberto era così triste, aveva scambiato due parole con lui, ricordandosi di quanto era stato devoto il "bambino della campagna", che andava alla Messa del sabato, con la madre, si confessava, contrito, per aver detto una bugia o una parolaccia, e diceva le preghiere prima di addormentarsi.
Ma com'era diventato pieno di dubbi il ragazzo della città!
In ogni caso, il parroco sapeva benissimo che non era il giorno adatto, per discorsi troppo impegnativi, ma ritornò su una questione minore che, all'incirca un anno prima, lo aveva lasciato perplesso.
Roberto, sapendo che don Pino era una buona forchetta, gli aveva chiesto come mai, a questo mondo le cose buone da mangiare facevano male alla salute e viceversa. 
Il sacerdote inizialmente era arrossito, guardandosi il pancione e lisciandosi il doppio mento, ma poi aveva risposto: "E' per colpa del Peccato Originale".
Roberto, da "Bastian Contrario", come lo chiamava sua madre, aveva chiesto ulteriori spiegazioni.
Don Pino era un ottimo parroco, ma quando si abusava della sua pazienza sommergendolo di domande teologiche su questioni di lana caprina, entrava in ebollizione, e tagliava corto dicendo: "E' un Mistero e va accettato come tale!"
Era l'ultimo ammonimento, prima che un'esplosione d'ira tipicamente romagnolo-casemuratense, e per giunta condita dalla tipica virulenza dei Ricci, si abbattesse sul parrocchiano che si era spinto troppo in là lungo la via dello scetticismo.
In particolare non gradì una similitudine espressa da quel ragazzotto molesto che sembrava ripetere a pappagallo i discorsi della Contessa,"che Dio la perdoni!", la quale, pur sostenendo economicamente la parrocchia in maniera generosa e discreta, non si faceva mai vedere in chiesa, se non in occasione dei funerali dei suoi compaesani, tutta velata di nero che le mancava soltanto la falce in mano per apparire come l'Angelo della Morte. Non andava mai ai matrimoni, per principio, ritenendoli una delle massime calamità nella vita di una donna, e riteneva troppo sfiancanti le altre cerimonie. 
Insomma, per farla corta, Roberto aveva asserito (riportando in effetti una delle battute preferite di sua nonna) che il ricorso al Peccato Originale come argomento decisivo di ogni disputazione metafisica (parlava già così a quattordici anni) gli ricordava, tanto per cambiare, il fatto che la Regina Madre Lizzie Bowes-Lyon desse la colpa di ogni male all'Abdicazione, naturalmente con Wallis Simpson nell'improbabile parte di Eva.
Due anni dopo, però, terminate le esequie di Ettore, don Pino Ricci si avvicinò a Roberto : 
"Ho ripensato alla questione della dieta. Vedi, c'è in ballo una delle Virtù Cardinali, la Temperanza. Non ci è fatto divieto di mangiare le cose buone: dobbiamo solo evitare di mangiarne in quantità eccessiva rispetto alle esigenze del nostro corpo. E qui sono il primo a dover fare il mea culpa".
Quello senza dubbio, aveva pensato Roberto, pur ammettendo che la risposta fosse più convincente.
Alla fine, però, da degno nipote di Ettore, il ragazzo della campagna corrotto dalla città, rispose:
"Il problema, Padre, è che io posso riuscire a impormi l'astinenza, ma non riesco a mettere in pratica la moderazione".
Don Pino aveva sorriso: 
"Lo credo bene! Sei un Ricci, come me! Ma poi non venire a lamentarti quando ti crescerà il pancione"
 E ci sia concesso di concludere questo excursus su questioni che rientrano nella sfera del Mistero con uno scambio di parole che abbiamo avuto di recente proprio con Roberto. 
Gli abbiamo chiesto, da confidenti quali siamo, se gli Iniziati gli avessero fornito risposte riguardo ai Misteri. Lui ha annuito:
"Molte risposte, certo, ma la mente umana, persino quella di un Iniziato, ha i suoi limiti. Ci sono dunque risposte che ancora non comprendo"
Gli abbiamo chiesto se avesse delle ipotesi e se pensasse ad una più probabile delle altre.
Lui ha sorriso, (ed era un sorriso arcaico, che a stento celava il divertimento del ragazzo della campagna, il puer senex che discettava della metafisica della dieta col parroco in sovrappeso, prima che entrambi si recassero al Maniero Orsini, dove insieme alla Contessa eretica avrebbero condiviso una cena a base di piadina e prosciutto).
E dopo aver sorriso, il quarantacinquenne Roberto ha risposto:
"Amici miei, quando mi trovo circondato dal buio, in un luogo ignoto, io non penso niente, ma immagino tutto".

Il diciassettenne Roberto del 1992, invece, camminando lungo la Serpentine Road, condivise con Aurora un altro ricordo, meno avulso dal conteso di questa narrazione:
<<Il giorno dopo il funerale, io ero rimasto con mia nonna Diana.
Gli altri erano andati già tutti dal notaio. Il testamento era noto, ma era rimasto un mare di problemi da risolvere. Persino la governante e le sue figlie erano uscite per varie commissioni.
I creditori ne approfittarono e si presentarono davanti a Villa Orsini, per cogliere la Contessa impreparata, senza difese, in un momento di debolezza.
Mia nonna era così sdegnata per un tale sciacallaggio, che ha perso la testa. 
Ha preso un baule con dell'argenteria ed è andata sul balcone :
"Volete i soldi, eh... prendete questo anticipo, allora" e scagliò un grosso piatto in argento massiccio molto vicino a uno degli avvoltoi, "e anche questo, e questo, e questo, e questo...
E ogni volta che diceva "questo" partiva un piatto, volutamente non contro le parti vulnerabili, ma sufficientemente vicino per far prendere uno spavento.
Alla fine se ne sono andati.
E non hanno sporto denuncia... non è una bella pubblicità fare gli sciacalli con le vedove.>>
Aurora sorrise:
<<E' una grande donna. In lei scorre ancora il sangue dei cavalieri del passato. E vive ancora il loro spirito, il loro codice morale. Non ce ne sarà mai più un'altra come lei>>
Roberto annuì:
<<No. Ed è questo che mi fa paura. Fintanto che c'è lei, la Villa e il Feudo sono al sicuro: nessuno oserebbe farle un torto. 
Ma dopo...
La gente, compresi i nostri compagni di scuola, credono, erroneamente, che i miei genitori siano ricchi, ma non è vero! A tenere i cordoni della borsa sono i vari zii e prozii. 
Io e i miei non abbiamo niente e non contiamo niente.
Con gli stipendi dei miei facciamo fatica a coprire i costi di manutenzione delle case. Per la nostra quota di terra ci pagano un affitto ridicolo. 
E dal versante dei Monterovere è ancora peggio: mio nonno Romano detesta mio padre e detesta persino Lorenzo. Sta cercando il modo di estrometterci anche dalla quota di legittima, intestando tutto a quella megera di sua sorella, la prozia Anita, che ha promesso di non lasciarci neanche un centesimo.
E comunque incomincio a pensare che anche lui e i suoi fratelli non siano particolarmente ligi nei confronti della legge, e si avvalgano di Anita come prestanome.
Ma lei non è stupida, e prima o poi farà valere le sue quote, ma non parliamone più, oggi lasciamo fuori le preoccupazioni.
E comunque, non dir niente a tuo padre. Lasciamogli credere che io sia un principe ereditario!>>





Lei gli strinse la mano:
<<Quando diventerai mio marito, la situazione si ribalterà. Tua nonna è ancora relativamente giovane, compirà ottant'anni l'anno prossimo e se vive a lungo come sua madre potrà vederci laureati, sposati e con figli. 
Certo, so benissimo che ci sono tante altre "forze" in campo, alcune molto oscure, con intenzioni più o meno ostili, ma se saremo uniti, se resteremo insieme, li sconfiggeremo tutti, uno dietro l'altro>>
Lui le appoggiò un braccio sulle spalle e la strinse a sé come per proteggerla, poiché grande era la sua paura di perderla.
Ma quel giorno egli mise da parte, almeno per qualche ora, quel continuo dubbio che era nel contempo il suo tormento e la sua scialuppa di salvataggio.
Alcuni anni dopo, però, avrebbe riflettuto sul verso di una canzone del 1996.
"Amarsi è come arrampicarsi su uno specchio di illusioni e poi credere quell'edera realtà"
(ad essere sinceri, il Maestro Amedeo Minghi, usò la parola "schermo", ma Roberto preferiva "specchio", perché così, nella similitudine e nella metafora, si inseriva anche il "modo di dire", il proverbio. Era la mentalità del paroliere che diceva al cantautore: "tu pensa alla musica, che alle parole ci penso io").
E tutto questo non è solo retorica, ma sostanza, in quanto “le parole sono la nostra fonte di magia più inesauribile” come suggerì un personaggio uscito dalla penna di una scrittrice britannica, che con le parole ci sa fare, intrappolando come in una ragnatela milioni di lettori, che restano invischiati nel suo mondo e non ne escono mai più del tutto.
E tutta questa ridda di voci che si azzuffano per reclamare attenzione e dire la loro, non è il delirio di un folle, come si potrebbe legittimamente ipotizzare, ma, per quel poco che ne sappiamo, la prima manifestazione di ciò che gli Iniziati definiscono "propensione al risveglio delle memorie ancestrali".

Erano finalmente arrivati al lago: era grande, ma più sul lungo, tanto da poter quasi sembrare un fiume o un canale, e c'era una grande quantità di cigni, di anatre e di oche selvatiche.
All'inizio del lago c'era il Serpentine Bar Restaurant, che assomigliava a una pagoda di cristallo, ma a un solo piano, con tavoli all'aperto, in una specie di terrazza sul lago.
 Poco lontano c'era il primo molo vicino alla Boathouse, la casa di noleggio delle barche, e sull'altra riva il Lido, con una zona balneabile e una spiaggia.






Roberto tenne la sua consueta introduzione storiografica: la storia del Parco risaliva al cruciale anno 1536 (quello in cui morì Caterina d'Aragona e in cui pochi mesi dopo fu decapitata Anna Bolena, rimpiazzata da Jane Seymour) Enrico VIII, con l'abolizione dei monasteri, si impadronì del feudo e del castello di Hyde, proprietà dei canonici di Westminster Abbey sin dal periodo della conquista normanna dell'Inghilterra. 
Enrico VIII fece divenire il parco una grande riserva di caccia reale, introducendovi numerosi cervi.
La zona rimase riserva di caccia ad uso esclusivo del sovrano e della corte sino a quando Giacomo I non la aprì limitatamente al pubblico, ma essa rimase in ogni caso di appartenenza alto borghese ed aristocratica.
Fu invece Carlo I che, nel 1637 concesse l'entrata a tutti all'interno del parco.
Ma i londinesi, e gli Inglesi in generale, non gliene furono riconoscenti.
Nel 1665, anno della grande peste di Londra, una parte della popolazione si rifugiò in Hyde Park per cercare di sfuggire il contatto con l'epidemia.

Nel 1689 Guglielmo III d'Orange, marito di Maria II Stuart, trasferì la sua abitazione da Nottingham House presso Kensington Palace; fece così costruire la Route de Roi, poi cambiata in Rotten Row, una grande corsia per far passare le carrozze. E fu la Rotten Row la prima strada inglese illuminata di notte: erano stati infatti collocati, per ordine del re, trecento lampioni, data la costante presenza di duellanti e rapinatori.
Nel 1730 la regina Carolina, moglie di Giorgio II fece sbarrare il fiumiciattolo di Westbourne per costruire il Serpentine, un lago artificiale di 11,34 ettari che ospitò, nel 1814, una rappresentazione della battaglia di Trafalgar (e uno spettacolo pirotecnico).
Nella seconda metà del Ottocento, a seguito di scontri e questioni tra manifestanti e polizia (principalmente legati al Cartismo e a Edmond Beales), il Parks Regulamentation Act del 1872 stabilì la libertà di incontro e di espressione della propria opinione nei parchi, dando così origine alla tradizione dello Speakers' Corner.
Tra i maggiori eventi ospitati dal parco nel corso della sua storia va ricordato che nell'Ottocento ebbe luogo la Grande Esposizione del 1851, e che per l'occorrenza venne edificato, dietro sollecitazione del principe Alberto, il celebre Crystal Palace, prima spostato in un'altra zona della città e poi distrutto da un incendio il 30 novembre del 1936.









Ripensandoci, molto tempo dopo, e senza i paraocchi dell'innamoramento, Roberto avrebbe detto che in fondo non era poi così diverso dall'Idroscalo o dalla Darsena di Milano.
Ma il fascino di Londra sta nel fatto che ancor oggi conserva, nell'immaginario collettivo, gli echi della tarda età vittoriana, specie del periodo tra il 1886 (anno in cui Robert Louis Stevenson pubblicò Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hydee il 1897 (anno del Giubileo di Diamante, lo stesso anno in cui Bram Stoker pubblica Dracula, ultimo dei romanzi gotici e tra i primi fondatori del genere horror). 
In questo decennio, che costituisce una sorta di "periodo assiale" per la letteratura inglese, Londra è il cuore pulsante del mondo, ("sotto l'epidermide della Storia scorrono le vene di Londra") e nel contempo è un universo cupo, grigio, fumoso e sanguinario, perfettamente incarnato negli innumerevoli ritratti di una regina che non sorride mai, e che indossa perennemente il nero del lutto. 
Vittoria, questa sovrana eterna, fredda, impassibile, minacciosa, distante e nel contempo ubiqua e gravosa come una cappa di ferro, è l'emblema di questo periodo, è il volto che esprime nel contempo la potenza inattaccabile dell'Impero Britannico e l'atmosfera cupa e spietata della sua capitale.
Nel 1888 l'orrore diventa realtà: Jack lo Squartatore commette gli omicidi più atroci e truculenti a memoria d'uomo. Ma l'orrore si può celare anche dietro la perfetta bellezza, come ci insegna Oscar Wilde pubblicando nel 1890 il suo capolavoro, Il ritratto di Dorian Gray, che è nel contempo uno dei manifesti dell'estetismo e uno dei primi romanzi horror di tipo non gotico. 
Queste opere del decadentismo inglese hanno le loro radici in autori dell'Età Romantica: Mary Shelley ha ispirato Stevenson, John William Polidori (zio materno di Dante Gabriel Rossetti e sua sorella Christina, poetessa) ha ispirato Stoker, Lord Byron ha ispirato Wilde.
Ma è sempre nella Londra tardo vittoriana di quel periodo, e precisamente nell'anno 1887, che Arthur Conan Doyle pubblica Uno studio in rosso, il primo caso di Sherlock Holmes. L'ispirazione di Conan Doyle è romantica e anglosassone, ma americana e cioè, naturalmente, Edgar Allan Poe,
E allora ci domandiamo, perché il romanticismo anglosassone ha preso la piega che porta al Giallo e al Nero, al mistery e all'horror? E perché Londra ne è, anche fisicamente, materialmente, la perfetta rappresentazione, oltre che il naturale baricentro?
E ci sono anche altre specificità: lo stesso termine "romantic" è stato coniato nell'ambito della letteratura inglese riferendosi al romance, e che questa letteratura ha inventato generi nuovi, come il romanzo gotico, il romanzo "sentimentale a sfondo gotico" delle sorelle Bronte, e soprattutto il romanzo storico, con l'Ivanhoe di Walter Scott, il cui maniero di Abbotsford House servì da modello per lo stile dell'architettura neogotica, promossa poi dal principe Alberto.
Il principe consorte, della stirpe dei Sassonia-Coburgo, proveniente da un castello sperduto nella selva di Turingia, portò con sé, oltre alle atmosfere brumose della sua terra, lo spirito originario del romanticismo: quello tedesco, mirabilmente rappresentato nei quadri di Caspar David Friedrich. Tutto questo favorì in Inghilterra una rivalutazione del medioevo, delle radici sassoni, dell'arte in stile preraffaellita e del senso del Mistero.
Azzardiamo un'ipotesi, per poi applicarla a livello pratico.
Il mondo anglosassone è geograficamente nordico e linguisticamente germanico, e queste caratteristiche, insieme a fattori economici e militari (la competizione è con la Francia) si presta ad una sorta di rivolta anti-classicista, perché questo è il romanticismo, persino quando i suoi poeti hanno una venerazione per la civiltà classica.
Il classicismo è geograficamente mediterraneo e linguisticamente latino, neolatino e greco.
La Francia è a metà strada, i simbolisti sono formalmente classici e contenutisticamente romantici, la narrativa è dominata dal realismo e dal naturalismo, ma Huysmans da solo è così visionario e poliedrico da rappresentare il grande contributo francese sia all'estetismo, sia ad un approccio verso le tematiche dell'orrore e dell'occultismo partendo però da un punto di vista che si fonda sulle radici cattoliche e tradizionaliste del romanticismo "gallico".
Ma allora tra Londra e Parigi, qual è la città più vicina al romanticismo?
Nell'accezione sentimentale e amorosa del termine vince Parigi, ma nell'accezione letteraria vince Londra, anche grazie alla continuità dell'istituzione monarchica, che conferisce alla capitale britannica una sacralità che soltanto Roma può superare.

Ma Londra ha un lato oscuro e questo si manifesta nei romanzi che produce così come nei crimini che vi sono commessi. 
E in particolar modo la Londra vittoriana, specialmente di notte. 
Mostri veri e mostri inventati, che sembrano altrettanto veri, se non di più.
La Londra della regina Vittoria, una donna che disprezza i suoi stessi figli, come può amare una città che per due terzi è fatta di straccioni, ladri e prostitute, anzi, no, chiediamo scusa, bisogna dire "povere sventurate", perché ufficialmente nella capitale dell'Impero Britannico non ci sono meretrici, solo povere sventurate.
Il politically correct l'hanno inventato i vittoriani.
Londra che di giorno è positivista e liberale e di notte diventa romantico-decadente e medievale, e questo è bello, a meno che non si incappi in qualche psicopatico.
Londra nel 1888: una città di Massoni, medici chirurghi e macellai.
La realtà si prende una rivincita sulla fantasia e ci ricorda che la vita è anche questo: trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Una città di fumerie d'oppio, perché la vita è insopportabile, e dunque lasciateci almeno sognare!
Che cosa è rimasto di quella Londra, nell'immaginario collettivo: la noiosa città del giorno o l'orribile mostruosità della notte? 
C'è una sola risposta: se si guarda un film ambientato nella Londra di quegli anni, la luce del sole non c'è mai, o raramente, perché di giorno anche le nubi la coprono e la pioggia la riempie di lacrime, e dunque è la Londra notturna che vince e sembra estendere le sue tenebre su tutto, persino sul giorno.
E gli Iniziati, da che parte stavano? Da entrambe le parti, ovviamente!

Nel 1901, finalmente, l'oscurantismo ha termine, così come la lunga attesa del Principe di Galles: la vedova di Windsor si spegne in un luogo improbabile, l'Isola di Wight. 
E Londra cambia faccia: l'età edoardiana è una breve, ma intensa ondata di luce.
Edoardo VII, uomo di mondo, sovrano illuminato e pacifico, muore dopo soli nove anni di regno, e gli succede il suo secondogenito, Giorgio V, un ruvido Nostromo, sposato a una regina dal viso lungo, serio, ed equino, e così, nel 1916, i Coburgo si scoprono troppo tedeschi e nasce la dinastia Windsor, battezzata dal bagno di sangue della Grande Guerra.
Londra si avvia verso la modernizzazione, ma non dimentica il suo lato oscuro, anzi, è proprio quel lato oscuro, così come l'aura di tragedia che grava sulla Famiglia Reale dai tempi della Guerra delle Due Rose, che affascina milioni di persone, dal poeta più raffinato all'analfabeta più rozzo.

E dunque cosa rende "speciale" la Serpentine londinese di Hyde Park? 
Il Roberto del 1992 non era ancora in grado di rispondere. Suo zio Lorenzo, invece, l'avrebbe saputo, anche da adolescente.
La risposta è: il suo passato, la sua storia, la sua vicinanza ai luoghi che, dall'età elisabettiana a quella vittoriana, hanno generato una letteratura feconda di nuovi capolavori e di nuovi generi, tutti più o meno gravitanti intorno ai temi o alle atmosfere del romanticismo.





Si avvicinava dunque il momento della tanto sospirata navigazione in barca a remi sul lago.
Notando che Aurora sembrava leggermente preoccupata non sapendo quale dimestichezza avesse lui con le barche, Roberto, che almeno lì sapeva fare qualcosa, la rassicurò:
<<Ho imparato ad andare in canoa nei canali di Cervia, fino alle saline. Per le barche a remi, c'erano i due laghi delle Ghiarine: quando mi iscrissi al corso, mi guardarono con aria strana e mi dissero: "Ma lei è davvero un Monterovere?". Io gli avevo già mostrato la carda di identità, per cui non capivo. Poi venni a sapere che i laghi erano di proprietà della prozia Anita, che faceva da prestanome a tutti gli altri fratelli, compreso mio nonno Romano.
Mi trattarono bene, per cui mi invogliarono a migliorare le tecniche, andando ad esercitarmi nel Bacino di Canottaggio della Standiana, ciò che rimaneva della Vallis Candiana dopo la bonifica.
E' di fianco al parco acquatico che hanno inaugurato in luglio, Mirabilandia.
Una volta lì era tutta palude, la Grande Palude, collegata alla Padusa.
Quando mi iscrissi al corso, scoprii che anche lì, una dei proprietari era Anita Monterovere.
C'è una faida tra Anita e mia nonna Diana, non si possono vedere.
Comunque, anche lì mi trovai abbastanza bene, per cui penso che potremmo azzardarci a noleggiare la barca a remi, sperando che ci sia il salvagente, però>>
Aurora era assolutamente d'accordo:
<<Ovvio che prendiamo la barca a remi! Non c'è romanticismo nel pedalò! Le giovani coppie vanno nella barca a remi. Vedremo se ti hanno insegnato bene. Io ho navigato nei fiumi veri, con il kayak. Prima o poi riuscirò a convincerti a provare>>
Su questo Roberto non aveva dubbi: lei poteva convincerlo a fare qualsiasi cosa, purché non fosse vietata dal Codice Penale.
E si ritrovarono davvero in una barca a remi sul Serpentine Lake di Hyde Park, con l'idea del tutto infondata che fosse una delle cento cose da fare almeno una volta nella vita.
La pensavano davvero così, in quel momento, erano euforici, si sentivano al centro dell'universo, con l'assoluta convinzione che il loro amore sarebbe stato eterno, e le loro anime si sarebbero rincorse e ritrovate per sempre, senza fine.
Quando Roberto ci parlò di questo, due o tre anni fa al massimo, disse che aveva ritrovato quel concetto nella stessa canzone di prima, quella del menestrello Amedeo, ("è un complimento", ci tenne a specificare) da cui aveva tratto la metafora, e recitò, come se si rivolgesse ad Aurora:
"Sarà che come me tu rivivrai / quando l'amore mio ti canterò / E quando tutti i giuramenti / fatti a te saranno inganni / alla vita che stupita sbanderà..."
C'era una nostalgia nella sua voce, e un rimpianto, per tutto ciò che sarebbe potuto essere e non era stato, che noi stessi ne fummo pervasi, perché avevamo davanti ai nostri occhi lo sbando della sua vita, lo sperpero di tutte le occasioni che la fortuna gli aveva servito su piatto d'argento e che lui aveva dilapidato in una vita dissipata, oziosa e volubile, come la fortuna stessa.
Gli chiedemmo dunque se l'amasse ancora e lui rispose con una parola che poteva essere autenticamente sua oppure una citazione, perché in fondo, alla fine, nell'immensità della letteratura, e nelle sceneggiature del cinema, forse tutto è già stato detto, e noi non lo sappiamo, o facciamo finta di non saperlo.
<<Sempre>> fu la sua risposta.
Non dubitammo e non dubitiamo del fatto che avesse continuato ad amare Aurora.
Ma era solo una mezza verità, e glielo dicemmo: l'altra mezza verità si chiamava Jessica.
E lui aveva le perse entrambe, anzi, le aveva allontanate da sé, di sua spontanea volontà, accollandosi tutte le colpe, comprese quelle che non aveva, perché solo così poteva salvarle da se stesso, da ciò che era diventato, nei decenni che seguirono gli eventi che stiamo narrando.




















domenica 6 giugno 2021

Vite quasi parallele. Capitolo 138. Forse gli automi hanno ragione

 

Lorenzo Monterovere aveva avvertito Jessica soltanto all'ultimo momento, ma lei non era rimasta sorpresa nell'apprendere che il Maestro stava per arrivare a Londra.
Le premonizioni l'avevano avvertita, con il consueto insieme di segnali che soltanto un Iniziato agli Arcani Supremi sapeva interpretare.
Non era particolarmente felice per quella visita: non amava le sorprese e meno che mai quelle del Maestro, che in genere si muoveva soltanto se c'erano motivi piuttosto gravi.
E di certo i motivi non mancavano, ma per una volta Jessica si era illusa di poter gestire la situazione da sola, senza che il Maestro si scomodasse di persona.
Le questioni in sospeso, tuttavia, erano troppe.
E così, si era ritrovata ad aspettarlo all'aeroporto, con una limousine in attesa.

Era facile riconoscere Lorenzo Monterovere persino in un luogo affollato come l'aeroporto di Heathrow, perché era l'unico che anche d'agosto vestiva interamente di viola. Era il suo marchio, la sua firma e la sua cifra, il suo modo di comunicare al mondo che non aveva paura di niente e di nessuno. Solo lui poteva permetterselo senza correre rischi e senza rovinarsi la reputazione.
Al Maestro nessuno osava opporsi: la sua mente era in grado di presentire i pericoli, di piegare le menti più deboli, di leggere le intenzioni delle menti più forti, di reagire con prontezza ad ogni evenienza, anche grazie al risveglio delle memorie ancestrali, che gli conferivano abilità e conoscenze come diretta eredità.
Tutto questo era difficile da capire, e non a caso faceva parte dei Misteri, anche se non di quelli supremi, a cui solo alcuni Maestri avevano accesso.

Tra gli Iniziati, Lorenzo era considerato il più potente, persino più dell'onorevole e venerabile lord Francis George Burke-Roche, Duca di Albany, Grande Maestro dell'Ordine dal 1958.
Il Venerabile aveva 107 anni e le sue forze ormai erano in declino.
Da alcuni mesi, la Reggenza dell'Ordine degli Iniziati era stata affidata al Maestro Consigliere don Fernando Maria Albedo Jerez de Mendoza y Salamanca, Duca di Alcazar de las Altas Torres, Vicepresidente Vicario del Consiglio Ristretto.

Albedo era stato Maestro dello stesso Lorenzo Monterovere, ed insieme a lui guidava la fazione del Serpente Rosso, che gestiva il Programma Genetico, punto cardine del Grande Disegno degli Iniziati.
Il Grande Maestro Burke-Roche capeggiava invece la fazione dell'Aristocrazia Nera, che partecipava al Programma come supervisore e contributore per la Seconda Classe, quella dei nobili senza sangue reale.
Era il bisnonno di lady Jessica, ma non aveva mai mostrato interesse e tantomeno stima nei suoi confronti, tanto da indurre i genitori di lei ad un volontario esilio in Italia.
Jessica si era sentita esclusa e svalutata, ma incominciava a pensare che il suo bisnonno avesse soltanto fatto finta, per motivi di sicurezza, di non appoggiare i propri discendenti.
Forse lo ha fatto per proteggerci. E non ci è riuscito.
Tante volte si era chiesta se l'incidente stradale dove i suoi genitori avevano perso la vita, a Firenze, quando lei aveva solo 11 anni, fosse stato davvero un incidente.

I genitori di Jessica, entrambi Iniziati di alto rango, avevano lavorato al Programma Genetico, seppure con incarichi diversi.
Sua madre, la biologa Marie Gabrielle Tessier-Ashpool (sempre due cognomi, se si voleva lavorare al Programma), di madre francese aristocratica e padre australiano, proprietario di un conglomerato di aziende farmaceutiche, si occupava in particolare di clonazione umana.

Il padre di Jessica, sir James Burke-Roche, era stato un allievo del professor Luigi Luca Cavalli-Sforza, (sempre i due cognomi!) il fondatore della moderna Genetica delle Popolazioni.
Mentre i genitori erano spesso in viaggio per lavoro, Jessica era stata educata da istitutori privati inglesi, francesi e italiani, risiedendo soprattutto a Roma, a Firenze e a Bologna.

Dopo l'incidente, i nonni paterni di Jessica, entrambi Iniziati, ma di rango minore, l'avevano affidata, dietro sollecitazione del Consigliere Albedo, al Maestro Monterovere, il mentore più brillante che un allievo dotato potesse avere.
Lui, colpito dalle notevoli doti intellettive di Jessica, ne aveva ottenuto l'affidamento, e, insieme agli Istitutori, l'aveva scelta come Allieva principale.
Era un grande onore, perché il Maestro Monterovere, oltre ad essere il migliore, l'aveva ammessa ai corsi avanzati, quelli in cui si impartiva agli Allievi più dotati, il cosiddetto "Insegnamento Profondo", teso ad estendere le Virtù Cardinali nella direzione dei Quattro Talenti Superiori: premonizione (per la prudenza), memorie ancestrali (per la giustizia), equilibrio psico-fisico (per la temperanza) e mentalismo (per la forza).
Si trattava di corsi molto duri ed era molto difficile ottenere un risultato sofficiente in tutti e quattro i talenti, anche dopo averli affinati e persino dopo la Prova e dopo l'Iniziazione.

Jessica lo sapeva bene: aveva diciannove anni, aveva superato la Prova a sedici e l'Iniziazione a diciotto. Aveva i talenti, ma ancora non riusciva a dominarli e in alcuni casi persino a risvegliarli.
Ci vuole tempo per queste cose.
I risultati dipendevano molto dalla linea genetica di appartenenza: nel suo caso il mentalismo era molto forte, e proveniva dalla misteriosa Bessie Montague, un'Iniziata di Rango Segreto che era stata allieva e poi compagna di Francis George Burke-Roche, quando erano entrambi molto giovani.
Di lei Jessica non sapeva niente, se non che era la madre di suo nonno, il quale però non aveva ricordi di lei ed era stato educato da Istitutori scelti dal padre. 
C'erano troppi segreti nella sua famiglia, ma forse un giorno le memorie ancestrali si sarebbero risvegliate.

Le lezioni del Maestro Monterovere erano state sempre illuminanti. Solo i profani non si rendevano conto dell'importanza dei suoi insegnamenti. Una volta, un collega universitario, ovviamente profano, si era opposto ad un suo corso monografico che, a proprio avviso, era "del tutto inutile".
La direttrice del Dipartimento, Iniziata di rango intermedio, aveva subito preso le difese del Maestro, sentenziando che: "Mai inutile è stata una sua parola o una sua azione nella vita".
Jessica era d'accordo, almeno per la parte di vita in cui lei l'aveva conosciuto.
Una volta, quando aveva all'incirca quindici anni, aveva detto al Maestro che, secondo lei, la maggior parte delle persone era mediocre, e i giovani erano volgari, ignoranti e prepotenti.
E il Maestro le aveva impartito una lezione importante:
"Bisogna stare attenti alle generalizzazioni e alle parole che si usano: "mediocre" è un dispregiativo che interpreta i limiti delle capacità umane soltanto in maniera negativa.
Si enfatizzano i limiti dell' "essere umano medio", che è un concetto astratto, e poi si usa quell'etichetta per incasellare le persone.
E' un procedimento pericoloso. Ogni persona è diversa dalle altre, per questo è sempre meglio non generalizzare"
Ed era certo un principio molto giusto, ma all'epoca lei non conosceva la verità riguardo alla sperimentazione della clonazione umana nei laboratori della Tessier-Ashpool Corporation, l'azienda dei genitori di sua madre.
I nonni materni di Jessica non erano Iniziati, ma "alleati esterni" dell'Ordine, che avevano stretto un patto di reciproco vantaggio, grazie al quale ottenevano suggerimenti importanti nel versante farmaceutico in cambio di favori all'interno dei laboratori riservati.
Quando Jessica aveva capito cosa era accaduto in quei laboratori era rimasta sconvolta.
Io ero l'embrione originario. I duplicati furono tenuti in ghiaccio fino al momento opportuno.
I miei genitori non erano d'accordo, e sono morti. E gli embrioni clonati sono stati impiantati nell'utero di Iniziate volontarie. 
Persino il Grande Maestro, suo bisnonno, era rimasto sconvolto quando aveva appreso ciò che Albedo gli stava nascondendo.
E guarda caso, dopo la lite con Albedo, il Grande Maestro Burke-Roche era stato colpito da un'emorragia cerebrale, che lo aveva messo fuori gioco.
Ora l'Aristocrazia Nera cercava un nuovo Principe.
Sta accadendo tutto troppo in fretta. I presagi sono infausti. Devo mantenere l'equidistanza e soprattutto l'equilibrio interiore.
Facile a dirsi, ma quasi impossibile da realizzare.
Le rimbombavano nella mente le parole del suo Maestro, sempre in cattedra ad insegnare:
"Se proprio vogliamo trarre conclusioni dalle statistiche, dobbiamo almeno prendere atto che ciò che noi vediamo come limiti a volte possono essere considerati dei vantaggi dal punto di vista degli obiettivi di sopravvivenza e riproduzione della specie.
Il "giovane medio" ha le caratteristiche che tu gli attribuisci, ma possiamo dire che quello è proprio il modo in cui ci si aspetta che lui agisca, prima di mettere la testa a posto.
Il "giovane medio" diventerà un "essere umano medio" e secondo gli Iniziati  l' "essere umano medio" è funzionale al contesto, in maniera spontanea e quasi automatica. L'uomo medio si comporta come ci si aspetta da lui"
Jessica avrebbe voluto zittire quella voce insinuante, ma il ricordo non intendeva retrocedere nell'oblio.
La lezione del Maestro si faceva strada nella mente confusa di Jessica:
"Tutto questo è un bene o un male?
Se lo consideriamo un bene, possiamo dire che l'essere umano medio è una persona normale.
Se ne vediamo gli aspetti negativi allora l'uniformazione alla "media" può farci pensare che l'uomo medio si comporti come un automa. Anche questo è un dispregiativo, ma almeno ci fa riflettere su come i limiti possano essere funzionali alle esigenze primarie della società. 
Gli uomini medi sembrano automi  perché, almeno in base alle statistiche su campioni rappresentativi, tendono ad agire meccanicamente, hanno una sensibilità limitata, una intelligenza settoriale e pragmatica, una conoscenza esperienziale più che sufficiente, una conoscenza teorica bassa o specializzata in ambiti ristretti. Tutte queste caratteristiche garantiscono gli obiettivi primari per la sopravvivenza della specie e la sua riproduzione, ma non sono sufficienti per garantirne l'evoluzione. 
L'evoluzione infatti non si basa solo sulla selezione naturale, ma anche, e direi quasi soprattutto sulla variabilità genetica: gli "inventori", gli "innovatori", possono essere persone disfunzionali rispetto al contesto, ma vanno oltre l' "orizzonte di attesa".
Noi li chiamiamo: i Profeti"
Ecco, quello era stato il punto chiave della lezione.
Era stato così che Jessica aveva conosciuto, per la prima volta, le finalità di base del Programma Genetico.
"Rispetto agli Automi, i Profeti si collocano apparentemente ai margini della società, anche se a volte possono raggiungere il vertice, e questo è uno degli obiettivi del nostro Ordine degli Iniziati.
Senza il nostro intervento, purtroppo, i Profeti morirebbero senza riconoscimenti sociali, in particolare gli artisti o i poeti di talento, e questo ci deve far riflettere su quanto la società abbia bisogno di noi. Il nostro contributo va nella direzione evolutiva, nella costante ricerca del miglioramento"
Naturalmente le rivelazioni andavano centellinate, anche nei corsi avanzati, per cui il Maestro aveva scelto di consolidare i concetti introdotti, prima di andare oltre:
"Gli Automi non leggono, se non manuali, riviste o testi facilmente fruibili, ma sempre e solo nei ritagli di tempo,  non si pongono domande esistenziali, e se anche se le ponessero, si accontenterebbero di risposte preconfezionate, non si "curano della loro ombra", direbbe Eugenio Montale, non percepiscono cose che, in effetti, sarebbe meglio non percepire, e quindi si sentono più tranquilli: non possono preoccuparsi per cose di cui ignorano l'esistenza.
Montale stesso li aveva chiamati automi, e aveva il sospetto che fossero felici proprio grazie a questa visione limitata. 
Ma c'è un rischio.
Ogni epoca ha la sua elite: i nostri padri, e intendo la generazione precedente alla mia, sono stati i Pionieri, quelli che hanno conquistato il mondo. La mia generazione è quella dei Maestri.
La tua generazione, Jessica, è quella dei Profeti.
Voi sognate in grande, ma il pericolo si nasconde dietro al microscopio.
I cambiamenti saranno radicali, ma potrebbero non vedersi ad occhio nudo.
Abbandonate i sogni delle città fantascientifiche: quel futuro, se mai verrà, sarà soltanto dopo che il nemico sarà stato sconfitto"





Ecco allora che il Maestro aveva introdotto l'ultimo passaggio:
"Verrà un giorno in cui la tecnologia si rivelerà concretamente superiore all'umanità degli "esseri umani medi", e allora ai nostri nemici basterà un supporto tecnologico per rendere gli uomini medi dei cyborg.
Capisci cosa intendo dire? Quelli che ora sembrano Automi lo diventeranno sul serio, e molto presto, anche!
Non è necessario neppure che tale supporto sia impiantato: basterà averlo in tasca.
L'abbiamo previsto da tempo e ormai manca poco. 
A quel punto avrà inizio l'età post-umanail regno della Bestia, e ciò che resta dell'umanesimo dovrà essere pronto a difendersi.
Angeli e Demoni guideranno i loro eserciti , ma la cosa più difficile sarà capire quali sono gli uni e quali sono gli altri.
I Profeti dovranno essere in grado di distinguere e porre gli altri di fronte alla scelta.
Gli Automi potrebbero però scegliere la schiavitù, perché la libertà costa molti sacrifici.
Loro scelgono sempre la via più comoda, la via più facile, quella dove puoi avere tutto tranne la libertà>>

Da allora il termine automi era diventato parte del loro linguaggio in codice, così come le parole di Montale, tratte da "Le Occasioni", che il Maestro citava sempre, riferendosi alla poesia con il termine il "Mottetto":

Addii, fischi nel buio, cenni, tosse
e sportelli abbassati. E' l'ora. 
Forse gli automi hanno ragione. 
Come appaiono, dai corridoi, murati!
- Presti anche tu alla fioca
litania del tuo rapido quest'orrida
e fedele cadenza di carioca? -





In seguito, quando lei aveva appena incominciato l'università, e preparava l'esame di letteratura italiana, il Maestro le spiegò il significato di quella poesia e disse:
<<Alle volte mi pongo la stessa domanda di Montale, e mi chiedo se abbiano ragione loro>>
Lei non era sicura di aver capito bene:
<<Gli automi? Hanno già avuto la loro ricompensa, ed è ben poca cosa>>
Lorenzo divenne improvvisamente serio:
<<Forse sbagliamo a chiamarli così: sono esseri umani, condividono con noi la Condizione Umana e la spaventosa sorte del vivere, un'espressione coniata dal cattolico tradizionalista Tolkien, che riteneva la morte "un dono di Dio", non la vita terrena. Questa terra, specie dopo la rivoluzione industriale, era diventata "un inferno di metallo e carbone": quella era Mordor e gli orchi erano gli automi veri, senza niente di umano. Ma gli altri avevano ancora un luce interiore, una scintilla, il Fuoco Segreto che alberga in ciascuno di noi. C'è ancora del buono da salvare, il più è saperlo riconoscere. In fondo, Tolkien era uno Gnostico senza saperlo, uno dei nostri, un Iniziato "selvatico", e la sua Iniziazione fu lunga: dalla morte dei genitori quando era ancora bambino alla Battaglia della Somme, a cui scampò perché aveva contratto la Spagnola, e fu portato in infermeria prima della parte più devastante del massacro.
Tutto questo per dire che, anche se spesso ci fanno rabbia, per la loro visione semplicistica delle cose, dobbiamo rispettare i cosiddetti automi, perché sono persone, hanno un'anima, qualunque cosa ciò possa significare a seconda dei vari punti di vista, e ognuno di loro, anche il più piccolo, può cambiare il corso della storia.
Spesso io sono insofferente verso l' "opaca trafila delle cose" della quotidianità: per me quel tempo non passa mai, e la noia mi assale, eppure, come Maestro, ho il dovere di ricordare che sono i piccoli gesti quotidiani quelli che mandano avanti il mondo.
Senza di essi, noi intellettuali moriremmo di fame.
In un certo senso noi dipendiamo da quelli che ci sembrano automi, ma non lo sono, fintanto che la tecnologia non li avrà schiavizzati del tutto.
Noi ci crediamo superiori, ma per quale motivo?>>
Jessica allora aveva risposto:
<<Perché "Maria ha scelto la parte migliore, quella che non le sarà tolta", Luca, 10, 38-42. La vita contemplativa è più importante>>
Il Maestro aveva annuito, compiaciuto:
<<Così è scritto, Cristo però donava il Regno dei Cieli ai "poveri in spirito" e qui i filologi, i traduttori e gli esegeti hanno incontrato qualche difficoltà. 
L'ablativo spiritu, che la Vulgata del vangelo secondo Matteo (ma non secondo Luca, 6,20 che riporta solo «μακάριοι οἱ πτωχοί», beati pauperes) aggiunge a questa prima beatitudine, ha il valore d'un complemento di limitazione: Gesù dichiara beati quelli che son poveri "in spirito, nello spirito" (nell'originale greco, τῷ πνεύματι, to(i) pnèumati). Si discute sull'interpretazione di questa limitazione: forse essa intende riferire il concetto di povertà a una disposizione interiore, dell'animo di quanti riconoscono che nulla appartiene a loro stessi, ma tutto a Dio. Secondo altri esegeti l'apparente restrizione esprimerebbe invece, all'opposto, un rafforzamento del concetto: i "poveri in spirito" sono, secondo questa tesi, quelli che son così derelitti da sentire fin nell'animo il disagio e la vergogna della loro miseria.
Nel momento della Prova, ogni aspirante all'Iniziazione diventa consapevole di entrambe le concezioni.
Noi Iniziati, in ogni caso, riteniamo la conoscenza intellettiva come "vita autentica", nel senso in cui la intendeva Heidegger, ma se ci sbagliassimo? 
Se fossimo noi la zavorra del mondo, il ramo secco da potare, la variante destinata all'estinzione?
Abbiamo dato per scontata la nostra superiorità morale, culturale, intellettuale, ma a volte mi sembra che questo sia un inaccettabile eccesso di supponenza, da parte nostra, nei confronti di coloro che chiamiamo sprezzantemente "automi".
Li disprezziamo, e non va bene. Il disgusto è un'emozione meschina ci può indebolire.
Ci impedisce di capire il punto di vista altrui, di essere oggettivi ed equanimi nei nostri giudizi. 
Certo, a volte sono davvero stupidi ed esasperanti, però è proprio in quei momenti che io mi chiedo: e se fosse quello il modo corretto di vivere? Se i paraocchi servissero davvero per salvarsi dalla pazzia?
Allora saremmo noi i malati, noi i pazzi, noi gli inferiori.
Ti invito a meditare su questo, Jessica
Sei la mia allieva più brillante e questo tipo di riflessioni sono riservate all' "insegnamento profondo". 
Un giorno tutte queste riflessioni ti saranno utili, quando i tempi saranno maturi>>

Il Maestro era così, parlava per enigmi, formulava paradossi, insinuava dubbi.
Il dubbio ci serve per allenare la mente e renderla pronta all'inaspettato.
Jessica se lo ripeteva spesso.
Forse è la mia unica difesa contro le stilettate del mostro bicefalo: non dare mai nulla per scontato, nemmeno le ovvietà. Problematizzare l'ovvio. 
Abolire l'idolatria del fatto compiuto.  Non dobbiamo necessariamente trarre conclusioni dal modo in cui è finita una vicenda. A volte non ci sono ragioni, è andata così per puro caso.
L'Invincibile Armata è stata sconfitta dal mare in tempesta, non dalla flotta inglese.
Se il mare fosse stato calmo, forse oggi parleremmo spagnolo.
Certo, se il caso si ripete troppe volte, abbiamo diritto a un legittimo sospetto.

Jessica ormai era un'Iniziata di Rango Segreto, con delicati incarichi "in partibus infidelium", una delle più giovani della storia, insieme alla sua bisnonna Bessie Montague, con diritto di tribuna, ma non di voto in seno al Consiglio, come delegata delle Quattro Fazioni che avevano la maggioranza dei voti nell'Assemblea Generale (il Serpente Rosso, l'Aristocrazia Nera, la Fraternitas Draconis e gli Hyperborei Solis Invicti).
Il Duca di Ravensbourne apparteneva alla fazione degli Iperborei.
Jessica, sposandolo, doveva spiare i progetti di questa fratellanza un tempo così potente.
Ma quello non sarà il mio compito più difficile.
Waldemar Richmond era buono come il pane, ed era trasparente come cristallo attraversato da un raggio di sole.
Ma il nipote del Maestro, a quale fazione sceglierà di appartenere?
I Monterovere appoggiavano il Serpente Rosso, i Ricci-Orsini facevano parte dell'Aristocrazia Nera, ma i Lanni, la famiglia della madre di Lorenzo, erano Iperborei, come gli Ordelaffi.







Roberto non sa ancora nulla. 
Quanto dolore lo attendeva, prima di poter conseguire la Sapienza.
E lei, un giorno, avrebbe dovuto fagli da guida.
Il suo Maestro l'aveva preparata e il Consiglio le aveva spiegato cosa l'Ordine si aspettava da lei.
Ma non era tutto l'Ordine: le fazioni all'Opposizione avrebbero dato battaglia.
Con chi si schiererà Roberto?
Nemmeno il Maestro era stato in grado di dirglielo, o forse non l'aveva ritenuto opportuno.












Ogni volta che incontrava Lorenzo, Jessica si sentiva in agitazione.
Era una lotta tra cervelli e quello del Maestro era infinitamente più forte.
Aveva ricevuto anche lui l' "insegnamento profondo" da parte dei suoi due Maestri.
Il primo era stato il defunto professor Erich von Tomaten (senza l'intermediazione di Franz Kranz, che era stato solo un collega, non un Iniziato), autore del fondamentale tomo "Das tausendjaehrige Reich", scritto senza la Umlaut, per non confonderlo con altre opere considerate minori.
Il secondo Maestro era fin troppo vivo, e molto più vecchio di quanto il suo aspetto mostrasse: il consigliere Albedo.
Dal primo aveva ricevuto l'insegnamento teorico, mentre dal secondo aveva appreso quello pratico, il più pericoloso: il mentalismo. Sapeva dare la giusta interpretazione ad ogni minimo movimento del proprio interlocutore e riusciva a leggergli il pensiero e a persuaderlo a stare dalla propria parte.
In teoria tutti gli Iniziati ne erano in grado, ma concretamente nessuno era mai riuscito a sconfiggere Lorenzo Monterovere, nemmeno il Consigliere Albedo.
Quando c'è uno che vince sempre, ci possono essere soltanto due possibilità, per gli altri: o si accetta la sua supremazia, o ci si coalizza tutti contro di lui.
Jessica non riusciva a decidere cosa fosse meglio, perché, pur temendo Lorenzo e il programma che intendeva realizzare insieme ad Albedo, sentiva che soltanto loro la valorizzavano adeguatamente, al contrario degli altri membri della propria famiglia e della propria fazione.
Lorenzo lo sa, e fa leva su questo. Ma il suo programma è troppo azzardato. O forse mi nasconde qualcosa? Lo conosco da una vita, ma la sua mente rimarrà per me sempre un mistero.
Lo vide avvicinarsi col solito sguardo sorridente, leggermente ironico, e il suo aspetto bizzarro, con i capelli argentati e un po' crespi, gli occhi grigi perspicaci, ma insondabili, e la pelle arrossata del fototipo 2, resa quasi viola dalla fluidità del sangue venoso dei capillari.

<<Jessica, ti trovo in forma smagliante, come sempre>> e quello era il suo modo di salutare, anche se avesse avuto davanti a sé un moribondo.
<<"Non c'è mestier lusinghe", Lorenzo. Le belle parole non costano niente, ma si inflazionano, specie in momenti come questo>>
Forse la citazione dantesca se la poteva risparmiare, ma era sempre uno scudo per distrarre l'attenzione dal vero problema.
<<Rilassati, è tutto sotto controllo, come sempre>>
Risposta prevedibile, stava prendendo tempo.
<<E allora perché hai sentito l'esigenza di venire qui, a controllare di persona?>>
Lui fece uno sguardo meravigliato:
<<Ma io sono qui dietro invito del mio caro allievo e pupillo, il giovane Duca di Ravensbourne, tuo fidanzato. Festeggeremo insieme il Ferragosto, ci sarai anche tu, e altri ospiti importanti.
Waldemar è molto felice, per come stanno andando le cose.
Da tempo gli avevo promesso una mia visita a Ravensbourne Mansion e ora ben volentieri...>>
Jessica non era in vena di giochetti:
<<Faresti meglio ad andare direttamente là, allora. Qui a Londra possiamo sopportare soltanto un Monterovere alla volta, e tuo nipote ci ha già...>>
Lorenzo rise, avendo intuito il resto della frase:
<<E' un tipo impegnativo, vero?>>
Lei sorrise, suo malgrado:
<<Mi hai tolto le parole di bocca. E' un ossimoro viventeE' ossessivo, ma imprevedibile. E' puntiglioso e caotico nello stesso tempo. E' logorroico, salta di palo in frasca, mescola verità e menzogna in modo così inestricabile da confondere anche i più esperti. E' un istrione che indossa infinite maschere. Non si sa mai se reciti o faccia sul serio. 
Quando credi di aver capito il suo schema, ecco che lui confonde le carte, con qualche asso nella manica. Il suo schema è il non avere schemi, o cambiarli in continuazione.
Ecco perché sarà difficile incastrarlo, nonostante la sua plateale sbadataggine.

Stanno emergendo il lui anche i talenti tipici della sua linea genetica: l'intuizione, la premonizione il mentalismo e le memorie ancestrali.
Queste ultime stanno già facendo pressione sulla sua mente, ma per fortuna non sono in grado di prendere il controllo: si sono dovute ritagliare i loro piccoli spazi. 
Dopo la Prova riuscirà a usarle a suo vantaggio, e si spera anche a nostro vantaggio.






 Riguardo alle premonizioni, non sa ancora discernerle dal resto e tanto meno interpretarle, ed è un bene, altrimenti ci avrebbe già neutralizzati.
E' estremamente ricettivo, ma finge di non aver capito e rimanda la reazione.
Bisogna sempre stare sulla difensiva, perché gli viene spontaneo sferrare l'attacco nel momento più inaspettato
Si tratta solo di stilettate verbali, ma lasciano il segno. 
Non si dimenticano. 
Forse gli viene spontaneo, ma l'effetto pratico è come un avvertimento: so chi sei, conosco i tuoi punti deboli e, se non mi rispetti, troverò la parola adatta per demolirti dicendo semplicemente e con linguaggio politicamente corretto la verità che ti fa più male e che cerchi di nascondere persino a te stesso.
Si potrà dimenticare lui, ma non si dimenticheranno mai delle sue parole, sono come un tatuaggio sull'anima.
Tutto corrisponde al profilo che speravi di ottenere>>
Il Professore sprizzava gioia da tutti i pori:
<<E tu che hai dubitato di me! Ma ora, naturalmente, questo purosangue va protetto. Credi che Aurora ne sia capace?>>
Era già arrivato al cuore del problema, in meno di un minuto.
Jessica faticava ancora a star dietro al suo ritmo:
<<Sì, ne sono certa. E' molto determinata e direi anche possessiva nei suoi confronti. Ho percepito una complessità, nella sua mente, che è in linea con le proiezioni del Programma Genetico.
Intuisce il nostro gioco. E' molto più furba di quel che sembra, e alla lunga questo potrebbe crearci dei problemi>>
Mentre camminavano diretti verso la limousine che li avrebbe condotti all'Hotel Ritz di Londra,
Lorenzo assunse l'espressione placidamente serena di un monaco zen:
<<Non ne avrà il tempo e le energie. Dovrà sostenere Roberto nei momenti più duri. E' l'unica concessione che faccio a mio nipote>>
L'Allieva però non era del tutto convinta:
<<Ma la Prova potrebbe protrarsi, se lui, come è prevedibile, commetterà errori gravi nelle scelte future. Aurora potrebbe servirci ancora per molti anni. Se gli starà accanto per tutto quel tempo, non avremo né la forza, né il diritto di separarla da lui>>
Il Maestro annuì:
<<Vero, ma se lui supererà la Prova, vedrà le cose in maniera diversa. Diventerà una persona diversa, e avrà bisogno di una diversa anima gemella, il cui profilo, secondo le nostre proiezioni, corrisponde al tuo, Jessica.
Ma per il momento, dobbiamo pensare al fatto che sono solo due adolescenti senza una identità definita, che stanno facendo esperimenti anche di tipo sessuale>>
Jessica non ne era affatto felice, ma non aveva una mentalità proibizionista:
<<Quello che fanno nel loro privato non mi riguarda. Ma in base alle mie percezioni, sento che non dev'essere qualcosa di convenzionale>>
Lorenzo rise:
<<Le proiezioni del Programma ipotizzavano anche questo. Aurora è una brava ragazza, ma non è pura come acqua di fonte.
Credo che Roberto l'abbia capito subito. Sa distinguere una sorgente da un fosso.
E' cresciuto di fianco ad un fiumiciattolo, ma un giorno ha scoperto che quel presunto fiume non aveva una sorgente, era soltanto un fosso di scolo più grande degli altri.
Ah, quanto è rimasto deluso quando glielo feci sapere! 
Un'altra volta, ero con lui e i suoi in montagna, e lì vedemmo le sorgenti della Drava, tra Dobbiaco e San Candido, quasi al confine con l'Austria.
Speravo che almeno quella gli sarebbe andata bene, ma sospettavo che avrebbe avuto qualcosa da ridire e infatti dichiarò ad alta voce:
"Sarebbe bella se non l'avessero manomessa gli uomini. Fanno sempre così. Rovinano tutto. Trasformano una sorgente naturale in una banale fontana"







Bisogna ammettere che su certe cose è molto intuitivo.
Fu allora che gli parlai dell'ingegner Francesco Lanni, suo bisnonno, il padre di mia madre, detto "Il Profeta delle Acque":  gli spiegai che aveva trovato un modo per preservare le sorgenti originarie del Bidente di Ridracoli e creare, con una diga, un lago purissimo e nel contempo l'acquedotto più grande della Romagna. E nello stesso momento progettava il Cer per irrigare i campi.
Lanni era un Profeta e un uomo puro. Credo che sia stato il primo a risvegliarsi, nelle memorie ancestrali di Roberto, insieme a mia madre Giulia, la nonna che lui non ha mai conosciuto, e forse è grazie a loro che tutti gli altri ricordi sono tenuti a bada.
Roberto dovrà seguire i loro suggerimenti, perché i Lanni non presero mai decisioni meschine, al contrario di tutti i Monterovere, i Ricci e gli Orsini. 
Se non dovesse farlo, cadrà nell'oblio, insieme a quel che resta della mia stirpe>>

Jessica aveva ascoltato, prendendo nota di molte questioni. Una però rimaneva aperta:
<<Tu mi hai detto che Roberto non può avere rapporti completi a causa di una fimosi non serrata, e questo annulla il rischio di una gravidanza di Aurora, che darebbe vita a qualcosa che il nostro Programma Genetico ha definito: "abominevole". Ma se lui decidesse di sottoporsi alla circoncisione, allora, in un momento di passione, quei due sarebbero capaci anche di...>>
Lorenzo sollevò una mano, come per dire che aveva capito e sapeva la risposta:
<<Roberto è terrorizzato dagli interventi chirurgici. E' la conseguenza di quella assurdità, decisa da un medico inesperto, di eseguire il distacco della parte serrata senza alcuna anestesia, quando lui aveva solo nove o dieci anni. No, non si farà circoncidere, non prima di aver concluso la Prova.
Solo allora troverà la forza e il coraggio per vincere le sue fobie>>
Jessica non poteva evitare di prendere nota di tutte quelle debolezze di Roberto:
<<Questo complica le cose in altro verso. Una ragazza bellissima come Aurora non potrà certo aspettare anni per avere un rapporto completo col suo presunto fidanzato!
Immagino che ne avrai tenuto conto, quando hai dato il tuo benestare, accordando protezione e favori al visconte Ordelaffi di Bertinoro>>
Il Maestro parve annoiato da tutti quei dettagli materiali:
<<E' ovvio, e quando conoscerai tutte le simulazioni che il nostro Programma Genetico è in grado di fare anche a livello di interazione parziale, te ne renderai conto anche tu.
 Come ti ho già detto, a volte le ossessioni o le perversioni condivise sono un collante eccezionale, nei rapporti di coppia. Quel che conta non è l'atto in sé, ma il livello di piacere raggiunto e condiviso. A noi può sembrare strano o addirittura ripugnante, ma per molti altri potrebbe persino essere la norma.
Ho dato il mio benestare ad Aurora anche in considerazione di questo. 
Anzi, è stata una fortuna che lei si sia fatta avanti in maniera così esplicita: quando esistono delle anomalie, è meglio mettere subito le carte in tavola.
Come dicono le "massaggiatrici" negli annunci: solo distinti, no perditempo.
Ma anche questo finirà, tra pochi anni.
Nel frattempo Aurora è la soluzione migliore: la manifestazione della sua ossessione idraulica, pur mostrandosi in modo impuro e insano, non è stata arbitraria.
Inconsciamente ha operato come fattore di attrazione in entrambi.
Ma dopo la Prova, Roberto andrà oltre tutto questo, non avrà paura di fare ciò che va fatto e a quel punto tu dovrai fare la tua mossa, e pensare che questo non è un favore che fai a me, ma a te stessa>>
L'Allieva provava una certa preoccupazione, quando vedeva il Maestro disporre delle vite altrui come se fossero pedoni in un'immensa scacchiera.
<<Che ne sarà di Aurora? Non illuderti di potertene sbarazzare facilmente. Lei sa combattere>>
Lorenzo tornò al suo consueto sorriso da monaco zen:
<<Può darsi, anche se io la vedrei meglio come Grande Sacerdotessa delle Paludi. Si tratterebbe di una forma di giustizia poetica, non trovi?>>
Jessica scosse il capo:
<<Tu ridi, ma sai meglio di me i rischi che stiamo correndo>>
Erano arrivati alla Limousine.
Lorenzo appariva soddisfatto:
<<Ed è per questo che ti sto addestrando, come Albedo fece con me. 
Spetterà a te il compito neutralizzare Aurora, nel modo che ritieni più giusto, quando i tempi saranno maturi.
Adesso sei ancora troppo emotiva e vulnerabile, ma quando il tuo addestramento sarà completo, potrai tenere testa all'intero Consiglio RistrettoE il tuo parere peserà molto, nella decisione finale.
La tua famiglia e la tua fazione hanno opinioni un po' diverse dalle mie, ma solo su ciò che è opinabile. E in questi casi si è sempre trovato un accordo>>

Entrarono e l'automobile partì.
Jessica mise subito in chiaro una cosa:
<<Non sarò l'automa di nessuno, Lorenzo>>
Lui annuì con decisione:
<<Nessun Iniziato lo è. E tu meno che mai>>

Lei sapeva, naturalmente, che Roberto, in un modo o nell'altro, sarebbe caduto ai suoi piedi, ma non le piaceva barare, specialmente in questo caso.
Ho già avuto una premonizione su ciò che potrebbe accadere, se Aurora dovesse accorgersi di ciò che io sono incaricata di fare.
L'aveva previsto, in un sogno, perché i sogni premonitori esistono davvero, anche se sono difficili da ricordare.
Ma Jessica ricordava bene quel sogno e spesso ne riascoltava la registrazione, effettuata immediatamente dopo il risveglio, prima che la memoria lo cancellasse:

Aurora appoggia la schiena a quella di Roberto, e mi dice:  "Osservaci bene, Jessica. Questo è il modo in cui io e lui staremo sempre, perché lui è il mio gemello in spirito, e dovremo difenderci a vicenda da persone come te.
Guardaci bene: siamo schiena contro schiena, ciascuno con gli occhi puntati dietro le spalle dall'altro. Se agirai contro di me lui ti vedrà e se cercherai di ingannare o di tradire lui, io ti vedrò e ti punirò in un modo che non puoi nemmeno immaginare. 
Si allontana senza dire altro. 
Roberto la fissa mentre scompare nel buio e poi, finalmente, si volta e si rivolge a me:
"Jessica, non sottovalutare quello che ha detto. Si è sottoposta anche lei alla Prova, e ha mostrato di possedere grandi talenti. Ha capito molte cose e ha deciso in autonomia. 
La Prova ci ha cambiati entrambi, rivelando due diverse attitudini: io sono il Veggente, lei è la Combattente. 
Siamo stati felici insieme, ma la Prova ha diviso le nostre strade. Io ho scelto la contemplazione e la pace, lei ha scelto l'azione e la guerra. 
Uno di noi due doveva dimostrare di saper sopportare il dolore, e lei è sempre stata la più forte" 




C'è qualcosa di sbagliato in quel sogno. Aurora non deve sottoporsi alla Prova. Chi  glielo potrebbe consentire?
Jessica decise di non parlarne, per il momento. C'erano già fin troppi motivi di preoccupazione e ad ogni giorno bastava la sua pena:
<<Siamo così vicini all'obiettivo che ci eravamo prefissati, eppure così lontani! 
Sto parlando in generale, naturalmente. 
I presupposti da cui muoviamo non sono arbitrari.  Me l'hai insegnato tu. L'unica cosa che conta è il cambiamento reale che abolisce lo stato di cose del presente. 
Sta accadendo troppo in fretta, e temo che non saremo mai preparati del tutto.>>
Lorenzo sapeva che Jessica esprimeva i dubbi di molti Iniziati:
<<La prossima era sarà l'Età dei Profeti. Sarete voi a contrapporvi agli Automi, ed è necessario ampliare i vostri poteri mentali.
Certo, risvegliare troppi Talenti è pericoloso, e capisco la perplessità delle altre fazioni.
Il Consiglio è al corrente dei rischi, ma non si oppone, perché ne conosce la necessità.
Ci stiamo lavorando da millenni. Sarebbe assurdo fermarsi proprio adesso, quando siamo in dirittura di arrivo.
Ogni membro del Consiglio interpreta il Grande Disegno a modo suo, ma non siamo apprendisti stregoni. 
Su questo tutte le fazioni sono d'accordo>>
Era vero, e Jessica lo sapeva, ma sentiva che, come sempre, era solo una mezza verità.
Le rimaneva soltanto una domanda:
<<Le ultime generazioni, secondo il Programma Genetico, sono state classificate come l'età dei Pionieri, l'età dei Maestri e l'età dei Profeti.
Ma la prossima generazione, quelli che nasceranno dopo il Duemila, i nostri figli: che nome avete assegnato a loro?>>

Lorenzo vedeva troppa preoccupazione negli occhi di Jessica e questo non andava bene.
Dovrò rinforzare le sue capacità di riequilibrio. E questo non è compatibile, almeno per il momento, con le mezza verità su cui fino ad ora io e Albedo abbiamo mantenuto il silenzio.
Il suo volto si rasserenò e il suo sorriso Zen ricomparve:
<<Ancora non l'abbiamo scelto. Ci penseremo solo quando tutti i Profeti avranno superato la Prova e saranno Iniziati>>
Il vero motivo era un altro, ma lo tenne per sé.
Le mie premonizioni non sono chiare e quelle degli altri Maestri ancor meno.
La prossima generazione, per quel che ne sappiamo, potrebbe essere l'ultima. 
Sì, gli Ultimi, questo rischierà di essere il nome, se dovessimo fallire.
E allora sapremo che l'Inca morente aveva ragione.
C'erano alcuni testi, di cui solo il consigliere Albedo aveva una copia, e tra questi anche l'ultimo esemplare dei Mirabilia Providentiae di padre Saverio Gomez, della Compagnia di Gesù.
Lorenzo ne aveva letto un passaggio inquietante;
"Prima di essere giustiziato mediante la garrota, l'ultimo Imperatore Inca, Atahualpa  (Cusco, 20 marzo 1497 – Cajamarca, 26 agosto 1533) aveva vaticinato:
 «I cristiani domineranno il mondo per altri quattro secoli, poi il mondo si ribellerà e le colpe dei padri ricadranno sui figli». 
Sgomento, Padre Gomez aveva chiesto: 
«Non c'è dunque speranza per i figli?». 
E nelle sue ultime parole, l'Inca morituro aveva predetto: 
«Per i figli, niente!» "




E di nuovo il dubbio lo sfiorò.
Forse gli automi hanno ragione... meglio non sapere, non sentire, non accorgersi, non ricordare
 non finire nella trappola delle profezie che si autorealizzano.

Ma poi tutte le memorie ancestrali gli ricordavano le sue responsabilità.
No! Mai! L'ho giurato al mio Maestro, prima che la Nuova Camelot fosse distrutta. 






E allora anche lui, Lorenzo Monterovere, l'uomo che non si faceva mai turbare dalle emozioni minori, fu preda della nostalgia e del rimpianto.
La nuova Tavola Rotonda non esiste più. Io sono l'ultimo dei Cavalieri. 
Quel pensiero lo opprimeva, lo schiacciava.
Persino respirare era uno sforzo.
Cercò di dissimulare il turbamento, fingendo di appisolarsi.
Lentamente riprese il controllo della sua psiche e si ricordò chi era e cosa rappresentava per i suoi seguaci.
La mia lealtà non verrà meno. I Monterovere mantengono sempre la parola data.
La parola dei Monterovere è una sola, da sempre e per sempre.
Quando il momento verrà, io e i miei seguaci saremo pronti.
Tra quindici anni esatti, la Bestia dell'Apocalisse sarà tra noi, anche se pochissimi lo capiranno.
E quando tutto sembrerà perduto, allora noi usciremo allo scoperto, e il Grande Disegno si compirà.




Non poteva dirlo apertamente: le sue parole sarebbero sembrate peggio dei guaiti di un cane che abbaia alla luna!
Ma il paragone era un altro: la sua era la "voce di uno che grida nel deserto".
E il deserto risponderà.
Bisognava solo avere pazienza, e lui ne aveva avuta tanta, come gli ricordavano le Memorie Ancestrali.
L'attesa dura da sempre.
Io ho aspettato più di chiunque altro.
La mia pazienza sarà ricompensata.
Io vedrò l'inizio dell'Impero Millenario.