giovedì 13 maggio 2021

Vite quasi parallele. Capitolo 133. Lady Jessica e la Famiglia Reale: tutto ciò che non è stato detto




Tra la prima immagine e la seconda, in epigrafe a questo capitolo, ci sono più di settant'anni di vita.
C'è una madre e c'è suo figlio.
Nella prima (in occasione dell'apertura del parlamento del Regno Unito, l'11 maggio 2021), dietro al figlio c'è sua moglie, e davanti a tutti loro, la Corona.
Mettiamo a confronto tre cose sacre: il rapporto tra madre e figlio, il rapporto tra marito e moglie e il rapporto tra l'istituzione della Corona, in rappresentanza dello Stato, e coloro che hanno consacrato la loro intera esistenza al servizio della Corona.

Questo capitolo vuole analizzare, in maniera narrativa, come questi tre legami sacri possono in alcuni casi entrare in conflitto tra loro, a volte in modo grave, persino tragico, ma che vede, almeno in questo caso esemplare, come alla fine l'amore abbia trionfato.
L'amore tra madre e figlio;  l'amore tra due persone innamorate che, pur amandosi da una vita, sono riuscite, solo dopo mille difficoltà, a diventare marito e moglie; e infine l'amore sacro tra la persona e ciò a cui questa persona ha consacrato la propria esistenza. 

Tutto questo per dire che è possibile, pur essendoci stato nel mezzo un arco di tempo lunghissimo, nel quale è successo di tutto, e ognuno ha compiuto errori gravissimi, alla fine è possibile, in virtù del pentimento e del perdono, mettere tra parentesi tutto il male, e ritrovarsi, ognuno fedele al proprio ruolo e ai propri sentimenti.

Vediamo dunque come il nostro racconto cerchi, pur con tutti i suoi limiti, di esprimere questo concetto all'interno di una conversazione tra persone che assistono, dall'esterno, a ciò che accade nel mezzo di quell'arco temporale, in uno dei momenti forse di maggiore reciproca distanza e personale sofferenza dei personaggi illustri di cui i nostri personaggi stanno per parlare.

E come sempre, dopo la premessa, riprendiamo la nostra narrazione da dove l'avevamo interrotta.

La disposizione dei posti a tavola, quando ci sono ospiti, è un grande problema e c'è sempre qualcuno che ne rimane offeso e qualcun altro che ne beneficia fin troppo.
Per tutto il pomeriggio il Duca di Ravensbourne e il suo cameriere Archibald avevano discusso sull'argomento, anche se gli ospiti erano solamente due, e alla fine avevano trovato un accordo proprio su due punti: 1) il tavolo della Sala da Pranzo era troppo lungo e andava sostituito con un altro più piccolo e quadrato che era in dotazione alla Suite; 2) ogni convitato doveva avere di fronte il partner dell'altro, per favorire al massimo la socializzazione.

Per questo, quando la cena vera e propria era finalmente incominciata, lady Jessica Burke-Roche si era trovata davanti a Roberto Monterovere, che si era rivelato molto più sospettoso del previsto e intenzionato a indagare, ma non sarebbe approdato a nulla, perché lei conosceva il suo punto debole.

Era stato lo zio di lui, Lorenzo Monterovere, a rivelarglielo al telefono, qualche ora prima della cena:
<<Roberto oggi ha chiamato i suoi e mio fratello ha chiamato me, chiedendomi espressamente se tu eri pericolosa. Io naturalmente ho detto che non ti ho mai conosciuta, ma ho sentito parlare molto bene di te da un mio studente Erasmus, Waldemar Richmond. 
Mio fratello è un uomo intelligente, ma su certe cose è ingenuo come un bambino, e quindi si è tranquillizzato subito, ma sua moglie, Silvia Ricci-Orsini, è di tutt'altra pasta, come ogni donna dal doppio cognome, e quando ha strappato il telefono dalle mani del marito, mi ha detto chiaramente di aver "capito il mio gioco".
Io ho fatto finta di cadere dalle nuvole, ma lei non l'ha bevuta, per cui, a prescindere da ciò che lei crede di sapere, avrà messo in guardia Roberto.
Io penso, però che farai colpo di lui, a partire dal tuo nome.  
C'è un romanzo che lui ama molto, Dune di Frank Herbert, e un personaggio che lo affascina è lady Jessica Atreides, Duchessa di Caladan. E' anche per questo che ti ho scelta per diventare la prossima Duchessa di Ravensbourne. Vedrai, Jessica: un giorno ti amerà anche solo per il nome che porti, compresi i cognomi e i titoli.
Cerca di evitare gli argomenti divisivi. 

Ho comunque un suggerimento per te: se te la vedi brutta, mettiti a parlare della Famiglia Reale, e di tutte le cose imbarazzanti che la baronessa Fermoy ha raccontato alla tua famiglia e mettici anche del tuo, insomma, una storia molto romanzata.

Lui diventerà più curioso e pettegolo di una comare di Windsor. 
La sua curiosità va in tutte le direzioni, ma ce ne sono alcune che lo ossessionano: i fiumi, i canali, le mappe, l'araldica, gli alberi genealogici e la Famiglia Reale Inglese.

Parla di tutto ciò che sai sui Windsor e diventerai, senza che lui nemmeno se ne accorga, la nuova regina del suo cuore>>






Jessica aveva esitato:
<<Lorenzo, lo sai che è troppo presto. Prima devo occuparmi del Duca>>
Lorenzo aveva ridacchiato:
<<Lo so, lo so. Ma i Monterovere hanno bisogno di tempo, per capire i loro stessi sentimenti. 
Noi siamo come le querce, viviamo molto, ma cresciamo lentamente. 
Lasciagli un bel ricordo di te: sarà come una ghianda destinata a diventare la più grande delle querce>>
Lei aveva obiettato:
<<Se sopravvivrà a tutto il dolore che lo attende quando tornerà a casa. 
Dovremmo intervenire e neutralizzare i suoi nemici. Lo massacreranno, o provocheranno una ferita permanente nella sua salute mentale>>
Il Professore aveva replicato seccamente:
<<Ogni futuro novizio, per accedere ai nostri insegnamenti propedeutici, deve superare la Prova del Dolore, nessuno può sottrarsi alla regola, meno che mai un Monterovere! 
Su che cosa baseremmo il nostro principio ereditario se crescessimo dei rammolliti che non sanno difendere se stessi. Gli concederò qualche aiuto, ogni tanto, ma per il resto dovrà dimostrare di valere qualcosa. 
Se sarà debole, avremo fallito tutti. Se sarà ferito dovrà imparare a convivere col dolore. 
E se ci riuscirà e sopravvivrà, allora tutto quel dolore gli sarà utile, quando verrà il momento dell'Iniziazione vera e propria e diventerà uno di noi. E forse anche migliore di noi>>

Jessica sapeva che almeno una parte di quel discorso poteva avere un senso, ma anche un limite:
<<E se lui non volesse diventare uno di noi?>>
Lorenzo tornò a ridacchiare, con la sua voce stridula:
<<Lo vorrà eccome, lo conosco fin troppo bene, i miei adepti lo tengono sempre d'occhio e hanno tutti riferito la stessa cosa: per lui il massimo onore è la sapienza, e in particolare il sapere perché esistiamo, perché siamo al mondo e non si accontenta di risposte preconfezionate, filosofiche o teologiche, che si fermano di fronte ai postulati o al Mistero. 
Lui si sente come Mosè e aspetta la Chiamata dal Sinai, quando finalmente potrà vedere la Divinità faccia a faccia. E' un mistico, nel senso più elevato del termine. E anche un eretico, naturalmente: tutti i mistici hanno sempre oscillato tra l'eresia e la Verità. Quando ci penso, mi viene in mente Ildegarda di Bingen: mio nipote potrebbe essere la versione maschile della venerata Madre Superiora.

Prima di partire per Londra mi ha telefonato e mi ha detto: "Leggi la poesia L'onore, di Montale, nel Quaderno dei quattro anni, la sua ultima raccolta. Montale parla dell' "onore che non ci è stato dato", e cioè di sapere perché siamo al mondo. Questo è anche il mio parere, "che si ferma ad un confine e non lo supera"

Il confine è il Mistero, e lui non lo accetta.  E' la nostra versione del Frutto Proibito. 
Ora capisci perché è essenziale che diventi uno dei nostri?
 Soltanto noi possiamo dargli la risposta.E in cambio lui diventerà un prezioso alleato.
Sai, credo che stia incominciando a capire, anche se ci vorrà molto tempo, prima che riesca a mettere in ordine i tasselli del mosaico. E solo dopo si renderà conto di cosa possiamo offrirgli.
Quando avrai finito con il Duca, dovrai concentrarti su Roberto. 
E ricordati, Jessica: questa volta non sono ammessi fallimenti>>

Lei aveva anche altre risorse, e non erano poche, ma doveva restare un segreto. 
Per questo alla fine, fece atto di sottomissione, con una risposta di due parole:
<<Sì, Maestro>>
Jessica era consapevole della rischiosità della propria missione, ma voleva agire in maniera più autonoma, perché in fondo persino Lorenzo Monterovere, con tutte le sue sottigliezze, non era riuscito a cogliere la versione integrale del Grande Disegno. 
Apparteneva alla confraternita sbagliata.

Lei invece nascondeva tanti segreti, e infiniti mezzi per far fare agli uomini quel che voleva.
Anche Roberto Monterovere ci sarebbe cascato.
Ma dovrò fare di meglio, con lui, per imprimere il mio marchio nella sua anima.

E allora perché di fronte a Roberto mi sento così disarmata? C'è qualcosa, in lui, che mi confonde, ma non riesco a capire cosa.
La responsabilità è di Albedo: ha suggerito lui l'esperimento a Lorenzo, e poi la situazione gli è sfuggita di mano. La combinazione genetica era troppo azzardata.

Finirà per impazzire: nella sua testa ci sono tutti e quattro i suoi nonni , diversissimi l'uno dall'altro, che si fanno la guerra in continuazione.
Per questo è così strano: dietro a quell'aria da intellettuale inoffensivo c'è una belva feroce, che non va risvegliata. Devo scriverlo nel mio rapporto al Consiglio.

Dirò che è schiavo dei suoi desideri e che la sua è una vita fatta di desiderio.
Per ora non vedo grande misticismo in lui: solo il desiderio della conoscenza, ma insieme a tutti gli altri desideri.
Si vede anche da come mangia: è vorace, ingordo, i suoi appetiti sono insaziabili.
Non si accontenta mai.
E' uno che affronta la vita prendendola a morsi.

Il suggerimento di Lorenzo, comunque, restava valido, e così, mentre nella sala da pranzo della Royal Suite i commensali consumavano la cena, a base di cacciagione di ogni tipo, patate al forno, salsa e spezie, (e naturalmente vini pregiati e, alla fine, frutta e raffinati dessert di vario genere) Jessica fece la sua mossa:
<<Non indovinereste mai chi è venuta a far visita ai miei nonni, ieri pomeriggio>>

E infatti nessuno ci provò, a indovinare, anzi, per dirla tutta, quel romagnolo gallico selvaggio non alzò nemmeno la testa da piatto, tanto gli piaceva divorare tutto quel ben di Dio.
Aveva consumato buona parte delle sue energie durante l'aperitivo, sostenendo tesi azzardate nel dibattito sul "bel paese là dove 'l sì suona".

E l'aveva vinto lui, quel dibattito, per cui bisognava colpirlo là dove era più vulnerabile:
<<Dopo tanti anni, è ricomparsa, senza neanche una telefonata di preavviso, lady Ruth Burke-Roche, baronessa Fermoy, la nonna materna della Principessa di Galles, quella che per molti anni le ha sussurrato all'orecchio, prima di capire che Diana avrebbe fatto sempre e comunque di testa sua>>





(N.d.A. Nell'albero genealogico sovrastante, Frances, la madre di Diana, è indicata erroneamente come "Shand Roche" invece che "Shand Kydd", il cognome del suo secondo marito, mente il nome da nubile era Frances Ruth Burke Roche. 
Nella fotografia sottostante, a partire da sinistra, possiamo vedere lady Frances, lady Diana e lady Ruth, baronessa Fermoy.




Improvvisamente, quella macchina divora-cibo che era Roberto Monterovere, si bloccò e rivolse immediatamente gli occhi verso Jessica, come se gli avesse annunciato che gli Alieni erano sbarcati sulla Terra.
Roberto deglutì in fretta e furia e poi chiese:
<<Lady Fermoy in persona? Pensavo fosse a Sandringham, o a Glamis, o a Balmoral, o al castello di Mey, con la Regina Madre. Cosa ci fa ancora a Londra?>>

Jessica sorrise, pensando a come i Monterovere riuscissero sempre a intrufolarsi negli affari degli affari degli altri.

<<E' molto debole. Penso che sia malata, o forse è solo la vergogna per quello che sta succedendo. Tutti noi Burke-Roche siamo nell'occhio del ciclone e abbiamo i reporter alle calcagna, sempre a causa di Diana>>

Roberto annuì con decisione, come se li conoscesse da una vita:
<<Ma certo, è ovvio. Mi dispiace per lady Fermoy e temo che questo dolore la porterà alla tomba
Ma, per essere onesti, Jessica, un po' se l'è cercata. 
Aveva dato la massima garanzia sulle sue nipoti, a Lizzie Bowes-Lyon, e lei si è fidata.
E' un fardello che entrambe si porteranno sulla coscienza per il resto dei loro giorni.
Lizzie è una donna gentile e simpatica, ma crede ancora di vivere negli Anni Trenta>>





Aurora alzò la mano:
<<Ma di chi state parlando? Chi è Lizzie Bowes-Lyon?>>
Jessica sorrise amorevolmente, come si farebbe con un bambino piccolo o con un cucciolo di cane:
<<Lizzie è la Regina Madre, e lady Fermoy era la sua prima dama di compagnia, la sua migliore amica, la sua confidente, la sua ombra e alla fine la sua più grande delusione.
La Regina Regnante, invece, è chiamata Lilibet dai suoi consanguinei più stretti e da suo marito. 
Ma forse l'avrà concesso anche al nostro Roberto, visto che lui parla di loro come se fossero parenti stretti>>
Tutti risero, Roberto compreso:
<<Ma certo, Lilibet mi ha conferito anche il cavalierato dell'Ordine della Giarrettiera!>>
Altre risate e poi, più serio: 
<<Non le ho mai viste di persona, e ovviamente non ho mai avuto il privilegio di parlare con loro, ma le conosco meglio di quanto loro conoscano se stesse. 
Se avessero avuto me, come consigliere, le cose non sarebbero andate a finire così>>

L'ilarità generale continuò, ma Roberto era fermamente convinto di ciò che diceva. Non era solo una battuta. 
A lui comunque importava soltanto avere le ultime notizie:
<<Allora, ci sono novità?>>
Jessica annuì:
<<Lui è andato prima ad Highrove e poi a Balmoral con i bambini, e lei si è impadronita di Kensington Palace e si dà alla pazza gioia. 
Dicono che i rumori dei festini sono talmente forti che persino la principessa Margaret, che abita nell'altra ala del palazzo, sia fuggita a Mustique per l'esasperazione, e dire che lei è abituata ai party rumorosi.
Insomma, tutti contro tutti. A questo siamo arrivati!>>

Per gentilezza, il Duca, rivolto ad Aurora, disse:
<<"Lui" è il Principe di Galles e "lei" è la Principessa. Ormai nel Regno Unito non c'è bisogno di specificarlo, da undici anni non si parla d'altro. Dai vertici della Corona fino all'ultimo dei postriboli, la storia è sempre quella.
E' stato un diversivo molto valido, mentre la signora Thatcher massacrava il Welfare State.
Che ci importa dei licenziamenti, quando abbiamo una soap-opera che ogni giorno ci riserva un colpo di scena?>>
Aurora scosse il capo:
<< Ma loro due, i Galles, come fanno a sopportare l'idea che il mondo sappia tutto di loro?>>

E poiché la vita della giovane Visconti era scandita dalle canzoni, più che dal calendario, nella sua mente si infiltrò con prepotenza il ricordo di una canzone di qualche anno prima.
"Treni, ombrelli, pure il giornale / leggeremo male, cara vedrai / ci chiederemo come mai  / il mondo sa tutto di noi... / Magari ti chiamerò...
E per almeno due giorni, senza pietà, le parole e la musica del maestro Amedeo Minghi rimbombarono nei gangli della mente della giovane Visconti.
"E piccoli incidenti, cara vedrai / la stellare guerra che ne verrà / e il nostro amore starà lì / tremante, brillante così / E ancora ti chiamerò...
Ah, pensava Aurora, "Vattene amore" è la loro canzone, quella dei Principi di Galles, il matrimonio più famoso e più fallimentare della storia, tale da oscurare persino le sei mogli di Enrico VIII, o il tradimento di Ginevra con Lancillotto.

Jessica scrollò le spalle:
<<Lei si è resa conto che la gente sta dalla sua parte, e ha incominciato a fare quel che le pare
Sua madre Frances è una donna gentile, generosa, ha aiutato molte persone, ma lo ha fatto in silenzio, con la massima discrezione. Ci diceva sempre: "Non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra"
Ma la madre di Frances, lady Ruth Fermoy, è sempre stata ambiziosa, e ha preso le redini di tutto il nostro clan dei Burke-Roche:
Del resto, suo marito era fratello gemello del mio bisnonno, per cui lei con mia nonna si è comportata come una suocera piuttosto rompipalle, come dite voi.

Oggi invece lady Fermoy era un'altra persona. Aveva bisogno di sfogarsi con qualcuno della famiglia, quei pochi che ancora le rivolgono la parola. 
I Fermoy sono caduti in disgrazia presso la Famiglia Reale, e gli altri rami dei Burke-Roche cercano di far dimenticare la loro parentela con la Principessa.
Lizzie si è sentita tradita dalla sua migliore amica, e Lilibet si è trovata a rivivere il peggiore dei suoi incubi, quando lei era solo l'insignificante figlia femmina del balbuziente Duca di York.

Tutte loro sono rimaste ferme agli Anni Trenta.
Lady Fermoy era distrutta e ci ha parlato per tutto il pomeriggio, a ruota libera, come se cercasse di lasciarci il suo testamento spirituale. 
Ha detto che un mese fa, circa, prima delle sue dimissioni da first bedchamber lady in wainting di Clarence House, ha ascoltato, ma sarebbe meglio dire origliato, una conversazione piuttosto concitata tra Lizzie e Lilibet, avente per argomento un colloquio della stessa Lilibet con il principe Carlo.
Io non so cosa ci sia di vero e cosa di inventato, ma è comunque la sua versione dei fatti>>

Ora, però, il narratore ritiene necessario un chiarimento. 
Ciò che segue, in questo capitolo, è strutturato secondo la cosiddetta "mise en abyme" e cioè un racconto nel racconto, fino a creare un abisso. 
Dalle nostre parti si faceva l'esempio, un po' angosciante, del <<C'era una volta un re, seduto sul sofà, che chiese alla sua serva: raccontami una favola, e la serva racconto: "C'era una volta un re, seduto sul sofà...">> e si andava avanti così all'infinito. 
Non intendiamo sottoporre il lettore a questa tortura psicologica, ma avvertirlo che la struttura che segue vedrà un racconto di Jessica, basato su un racconto di lady Fermoy, che quest'ultima aveva ascoltato di nascosto a Clarence House, durante un colloquio tra la Regina Madre e la Regina regnante, in cui Elisabetta riferiva alla madre un dialogo tra lei e il figlio Carlo.

Questa successione narrativa apparentemente astrusa,  riflette i meccanismi che anche nella realtà generano nuove informazioni da trasmettere. Quasi sempre noi parliamo per "sentito dire", di cose che altri ci hanno riferito, forse anche loro di seconda mano, senza ormai sapere più chi è la fonte e quanto questa fonte possa essere attendibile.

Anche qui esemplifichiamo il discorso, dicendo che, se i fatti narrati differiscono quasi sempre moltissimo dalla realtà, è perché c'è stato lo stesso effetto distorsivo che opera nel gioco del telefono senza fili che tutti noi abbiamo fatto da bambini. 

E dunque noi che narriamo, ci chiediamo quanto possa esserci di vero in ciò che Roberto ci ha raccontato in proposito, riportando a sua volta il racconto di Jessica, che era di seconda mano.

Non lo sapremo, mai, perché Roberto è sempre stato un narratore inaffidabile, con una fantasia fin troppo sbrigliata, e però nel contempo anche reticente, quando noi cercavamo di sondare nel dettaglio questioni sulle quali lui era intenzionato a tacere.

Quindi, cari lettori, prendete ciò che segue come una riproduzione di come forse sono andate le cose quando, quella sera al Savoy, l'argomento cadde, secondo la volontà di Jessica, su uno dei temi più sviscerati degli ultimi quarant'anni, ossia quale fu il modo in cui la Famiglia Reale gestì i rapporti del Principe di Galles con le due donne della sua vita, ossia lady Diana Spencer, la prima moglie, e Camilla Shand, già Parker Bowles, la seconda moglie, Duchessa di Cornovaglia.

Roberto pendeva letteralmente dalle labbra di Jessica e teneva gli occhi sgranati rivolti verso di lei:
<<E ci sono indiscrezioni? Saremo più silenziosi di una tomba>>
Jessica sorrise di nuovo, sentendo di averli tutti in pugno:
<<Ruth Fermoy ha detto che, dopo la pubblicazione del libro di Andrew Morton, si è scatenato l'inferno, in particolare perché il Principe è stato accusato di aver commesso adulterio con una donna sposata, l'ormai famosa Camilla Parker Bowles, sua antica fiamma.

La Regina sapeva tutto, ma fino a quel momento aveva fatto orecchie da mercante. 
In fondo Diana ha avuto una relazione col maggiore Lewitt, tra il 1986 e il 1991, per cui non era certo una vittima. 
Il libro di Morton, però, ha presentato Diana come parte lesa, e Carlo come se fosse Enrico VIII.
Elisabetta ha convocato il figlio, e hanno parlato per più di un'ora, una cosa mai accaduta prima.
Quello che si sono detti è segretissimo, e infatti adesso, a Palazzo, lo sanno tutti!>>

Ci fu un'altra risata generale. Quel genere di battute paradossali era tipico di Jessica. 
Chi non l'ha conosciuta di persona non può capire: persino noi che scriviamo ci rendemmo conto che la compagnia della giovane Burke-Roche era qualcosa che ci riconciliava col mondo.
L'argomento da lei proposto all'inizio della cena era interessante per tutti, e le battute che potevano venirne fuori erano innumerevoli.

Jessica, che amava essere al centro dell'attenzione, raccontò con dovizia di particolari:
<<Il fatto è che la Regina ne ha parlato con sua madre, la Regina Madre ne ha parlato con lady Fermoy, la quale lo ha riferito a sua figlia Frances, che ha tentato di far ragionare Diana, ma ormai era troppo tardi, considerato che lei aveva cornificato il Principe in molte più occasioni e la cosa era trapelata fino ad arrivare ai tabloid.

Sono stata a sentire tutti i farfugliamenti di zia Ruth per ore e alla fine, cercando di ricomporre il mosaico, sono in grado di riferire la sua versione dei fatti, che ora vi espongo.

Quando Carlo si è presentato, Elisabetta gli ha chiesto soltanto: 
"Perché proprio Camilla?"

E lui, testuali parole, ha risposto così: "Camilla è l'unica persona che mi ha sempre amato, sostenuto, compreso, apprezzato e reso felice. L'unica!".

E Lilibet ha capito bene che quelle parole mettevano anche lei sul banco degli imputati.
Come sappiamo è una persona di poche parole.
Si è tolta gli occhiali, li ha puliti scrupolosamente, e poi rivolgendosi di nuovo al figlio, ha detto: 

"Io ci ho provato. Sono stata la prima principessa reale di questo paese ad allattare i propri figli. 
E nei primi quattro anni della tua vita, forse non te lo ricordi, ma siamo stati felici.




Poi mio padre, il Re, è morto, troppo presto. La morte ci coglie sempre impreparati.
Ho dovuto imparare tutto da zero, per fortuna che c'era Winston, a insegnarmi.
Ti ho affidato alle cure di mia madre: e lei ti ha dato tanto affetto, e non puoi negarlo.
E anche quando si è opposta alla tua volontà di fidanzarti con Camilla, era in buona fede.
Lo eravamo tutti: Camilla... sembrava tutto tranne che una principessa.

Pensaci bene, Carlo: che figli sarebbero venuti fuori da un matrimonio tra te e Camilla? 

La nonna e zio Dickie sono venuti da me con la faccia delle grandi occasioni, tirandosi dietro anche Anna, secondo cui Camilla stava con te solo per interesse, ma era innamorata di Andrew Parker Bowles.
E io ero d'accordo, e sapevo che tu eri troppo ingenuo per riconoscere un'arrampicatrice sociale.
Ci siamo opposti per il tuo bene e per quello della Corona: io e il resto della famiglia eravamo in buona fede.

Mai avrei immaginato che, vent'anni dopo, mi sarei ritrovata in questa situazione.
E' peggio che ai tempi di Wallis Simpson.  E' un incubo.

E dire che tu eri un bambino obbediente. Ma adesso io non so più chi sei , cosa sei diventato? Io non ti conosco.

Pensavo che fosse normale, quando i figli crescono e le madri si chiedono che fine abbiano fatto i loro bambini, questi piccoli fantasmi che ci tolgono il sonno, perché noi li rivorremmo indietro, ma loro non esistono più.

Ma nel nostro caso non c'è niente di normale. Questo è un problema istituzionale.

Quando mio zio abdicò, mia nonna, la regina Mary, mi disse:
"La Corona deve avere la precedenza su tutto. 
I Re non hanno figli, hanno solo degli eredi"

E dunque mi rivolgo a te come mio erede e ti avverto: se non interromperai una volta per tutte la relazione con la signora Parker Bowles, io non ti difenderò più, e non ti riterrò più degno di stima o di fiducia. 

Purtroppo non è in mio potere diseredarti, ma se tu continuerai a vedere Camilla, farò di tutto per rendere il tuo regno il più breve possibile. 
Sarà Dio a decidere se e quando mi succederai, il che significa che io non abdicherò mai, dovessi campare cent'anni o anche più>>

Tutti erano ammutoliti. Il Duca era sconvolto:
<<Mai così tante parole tutte in una volta, tra madre e figlio!>>
Roberto intervenne:
<<Mi interessa la risposta di Carlo, perché credo che Elisabetta si sbagli sul suo conto>>

Jessica allora tornò al centro della scena:
<<Carlo ha ascoltato tutto quasi in silenzio, con qualche piccolo cenno di disapprovazione, e poi alla fine ha dato la sua versione dei fatti, molto più corposa, essendo lui un intellettuale, l'unico laureato di tutta la famiglia:

"So bene che i doveri di un Re verso la Corona vengono prima di ogni altra considerazione.
Ma un Re, per servire al meglio la Corona, ha bisogno di una Regina che lo ami, lo stimi, gli dia saggi consigli e gli trasmetta forza e fiducia. E invece Diana fa l'esatto contrario, da molto tempo prima che Camilla rientrasse nella mia vita.

So che mi hai voluto bene, e ricordo con molta precisione la mia infanzia.
Ho compreso fin da piccolo il motivi della tua assenza, e cioè che il dovere di servire lo Stato viene prima di ogni altro dovere, per noi.

Non ho nulla da rimproverarti, da questo punto di vista. Mio padre mi ha insegnato tante cose, e di questo gli sono grato, ma lui non era mai soddisfatto: voleva un figlio che fosse l'esatta copia di se stesso. E questo era impossibile. La nonna Lizzie è stata fantastica con me, come anche lo zio Dikie. Ma su Camilla hanno sbagliato, avete sbagliato tutti.

E la cosa più incredibile è che, a rovinare le mie intenzioni serie con Camilla, vent'anni fa, siete stati proprio voi che avete sposato le persone che amavate.

E il primo a spiegarmi l'importanza di questo fu mio nonno, il buon re Giorgio.





Ricordo bene quello che mi disse l'ultimo Natale, a Sandringham, mentre e tu e mio padre eravate in Kenya. 

Il Re era molto debole, sentiva di avere i giorni contati, e così, si sedette di fianco a me, che avevo solo quattro anni, ma ero già in grado di capire e di ricordare, e mi disse:

"Vorrei spiegarti alcune cose. Sei un bambino intelligente e credo che capirai, e che ti ricorderai di queste mie parole.

Tu assomigli molto a com'ero io alla tua età. Anch'io avevo una paura terribile di deludere mio padre e mia madre. Balbettavo e mio padre si infuriava. Mia madre era molto severa, e lo è anche adesso: mi guarda storto, persino ora, perché non approva questi discorsi, ma il Re sono ancora io e decido io cosa deve sapere mio nipote, il secondo nella linea di successione. E presto, temo, sarai il primo e tale resterai per molto tempo.

Ed è molto difficile essere i primi. E' estenuante. Io ho cinquantasei anni, ma è come se ne avessi il doppio. 

Eppure io non ero il primogenito, e quindi le mie debolezze furono tollerate, e mi fu permesso di sposare la donna che amavo.
E' stata la mia salvezza, la mia benedizione: tua nonna Lizzie è come un raggio di sole che si è fatto strada a portare la luce in un buio e umido cortile, perché è questo che era la nostra famiglia, prima di lei non sorrideva nessuno.




Persino mia madre, la tua bisnonna Mary, che ti fa tanta paura, ha appreso quest'arte, non è vero, mamma?






Be', forse deve esercitarsi ancora un po', ma mi rendo conto che è difficile, ora che sono malato. 

Ma posso dire che "la vita e io siamo pari", è un modo per dire che le fortune hanno compensato le disgrazie. 
Io sono riuscito ad essere un buon Re, un buon marito e un buon padre, ma è tutto merito di Lizzie.

Lei mi ha donato due figlie, Lilibet e Margaret, simili nell'aspetto, ma diverse nel carattere.
Sono entrambe figlie devote, ma con una differenza:
tua madre è il mio orgoglio, ma tua zia Margaret è la mia gioia.

Quando tua madre si innamorò di tuo padre, io avevo delle riserve, perché sono cugini, e nella nostra famiglia c'è una malattia del sangue, specie se ci si sposa tra parenti. E poi tuo padre non era del tutto inglese: è nato in Grecia, è cresciuto in parte in Germania, dove le sue sorelle hanno sposato gerarchi nazisti, e poi è venuto in Inghilterra, grazie a suo zio Dickie, ed è diventato ufficiale di marina, come tutti i Battenberg, o Mountbatten, signori del mare, ma "principi di nessun luogo".
Filippo è uno spirito selvaggio, una forza della natura, ma temo che si sentirà come un leone in gabbia, quando sarà relegato al ruolo di principe consorte. Dovrai perdonarlo se sarà severo con te, come io ho perdonato mio padre.
Alla fine, però, io ho dato il mio assenso alle nozze dei tuoi genitori, perché Lilibet aveva bisogno di una roccia come Filippo, e lui la sosterrà nel grave compito che la attende.

E sappi che un giorno, quando incontrerai la tua anima gemella, tutte le tue paure se ne andranno, e lei ti farà sentire felice, come Lizzie ha fatto con me.

Il tempo dei matrimoni combinati è finito.
Quando incontrerai la donna giusta per te, la riconoscerai subito.
Non sarà una donna sposata, perché andrebbe contro un comandamento del Signore, e niente di buono può nascere violando i Suoi comandamenti.

In tutti gli altri casi, sarà il tuo cuore a farti capire chi vorrai al tuo fianco per il resto della vita.
Non voltarle le spalle, perché se lo farai volterai le spalle alla fortuna.

Ricorda per sempre queste parole: non voltarle le spalle"


Morì pochi giorni dopo, e lasciò un grande vuoto in tutti noi, perché era un uomo buono, un grande Re e un ottimo padre, e nonno.
Non ho dimenticato le sue parole, e avrei dovuto riferirtele molto prima, ma non volevo darti un dolore, perché tu eri il suo orgoglio, e lo sapevi,  ma Margaret era la sua gioia.

Però tuo padre ti ha permesso di sposare l'uomo che amavi.

Ma a me non è stato consentito di sposare Camilla, nel '72. E per cosa? 

Voi dicevate che lei amava Andrew Parker Bowles più di me, è quello che mi avete fatto credere, dopo aver minacciato Camilla, costringendola a dire e fare cose non voleva dire e non voleva fare.

E io non me n'ero accorto: avete agito nell'ombra, tutti, ora lo so, Camilla mi ha raccontato come andarono le cose: avete convocato i suoi genitori a Clarence House e li avete convinti che se avesse sposato Andrew, voi avreste benedetto quell'unione, mentre se non lo faceva, voi vi sareste opposti con tutte le vostre forze, "e non sono poche", dicesti tu.

Io, che ero ancora ciò che tu definisci "un bambino ubbidiente", ho dato ascolto a voi, e non al mio cuore e nemmeno alle sante parole di mio nonno, il Re.

 Dicevate che bisognava trovare una che fosse nobile, vergine, giovane e bella, per entusiasmare le folle. Ed ecco cosa ci si guadagna, nell'entusiasmare le folle!
Dolore, critiche, insulti, denigrazioni, umiliazioni, liti, sofferenza, e dolore, e ancora dolore.

Tu mi chiedi come sarebbero stati i figli miei e di Camilla? Più brutti dei figli che ho avuto da Diana, senza dubbio, ma di sicuro sarebbero stati più felici.

Sono consapevole che i doveri del Principe di Galles sono sostanzialmente tre: sposarsi, generare figli e non dare scandalo.
E non ci sarebbero stati scandali, se tu e gli altri non vi foste intromessi.

Lei sposò Andrew Parker Bowles perché le avete fatto credere che non era degna di me e avrebbe danneggiato la mia reputazione agli occhi del popolo.
Ci avete messi uno contro l'altra, parlandoci separatamente, ed elargendo in egual parte minacce e promesse.

E io le ho voltato le spalle, e ho continuato a cercare per anni la donna giusta, ma non l'ho più trovata. 
Avevo però il dovere di sposarmi e generare degli eredi e per questo, quando lady Fermoy ci presentò le sue nipoti garantendone la virtù, tutti noi rimanemmo incantati dal fascino di Diana.

All'inizio me n'ero innamorato anch'io, perché non sono insensibile alla bellezza, ma la verità è che dietro a questa bellezza c'era una persona che non conoscevo, e lei non conosceva me.
Dopo esserci sposati, abbiamo fatto il nostro dovere, e pur avendo capito che non eravamo anime gemelle, ci siamo impegnati per far funzionare le cose.

In quel periodo io le fui sempre fedele, fui rispettoso e premuroso, anche se nessuno mi crede, e lo sai perché non mi credono? Perché non conoscono com'è lei nella vita privata.

Il personaggio pubblico che lei interpreta, con grande successo, è molto diverso da ciò che realmente lei è come persona nella vita di tutti i giorni.

E' molto fragile, soffre di sbalzi di umore, è divorata dall'ansia e dalla paura, e aveva bisogno di un marito forte, e io non lo ero, io ero malinconico, e anche se comprendevo il suo dolore, non riuscivo a trovare il modo di aiutarla, e questo mi faceva stare ancora peggio: ci siamo rovinati la vita a vicenda, questa è la verità. Io e lei siamo egualmente colpevoli ed egualmente innocenti.

Io le chiedevo almeno di salvare le apparenze, anche per dare una base di stabilità ai nostri figli, e lei era d'accordo, perché da bambina aveva sofferto quando i suoi divorziarono.

Per qualche anno la recita è andata bene.
Ma quanto le costava quella recita! Tornava a casa e piangeva, e rimetteva, e mi dava la colpa di tutto, e cercava conforto familiarizzando fin troppo col maestro di equitazione e le guardie del corpo.

Alla fine anche i miei nervi hanno ceduto: mi sentivo così disprezzato da lei, da te. da mio padre, e dall'opinione pubblica, che, per ritrovare un po' di fiducia in me stesso, un po' di serenità, un po' di forza, ho riallacciato i legami con Camilla e ho fatto finta di non vedere i tradimenti di Diana.

Speravo ancora di salvare il matrimonio, perché credevo che così, rilassandoci ognuno a modo suo, saremmo riusciti ad essere tutti più felici e più forti.

E invece è saltato fuori questo pseudo-libro di tale Andrew Morton, ed io sono diventato il "cattivo" che l'ha tradita, e lei, che mi era infedele già da prima, adesso recita il ruolo della "martire", come se fosse Caterina d'Aragona.

La cosa più paradossale è che coloro che dicono che sono io l'adultero, sono le stesse persone che mi danno del cornuto e pensano che Harry sia figlio del maggiore Lewitt, senza sapere che Harry è nato nel 1984, mentre la relazione di Diana con Lewitt è iniziata nel 1986, e questo lo dice persino quel maledetto Morton.

Quanto al mio matrimonio, ora mi rendo conto che non c'è mai stata molta speranza, e d'ora in avanti ce ne sarà sempre meno. Qualunque cosa io faccia, non sarò creduto. 
I tabloid hanno già assegnato i ruoli e i copioni: tutto il resto non servirà a niente, perché Diana vuole il divorzio e vuole risposarsi, me l'ha detto molto chiaramente, e questo avverrà a prescindere di cosa farò io con Camilla.

Io non so se ve ne siate resi conto, ma lei cercherà di esasperarci a tal punto che tu stessa mi costringerai a divorziare.
Basterà poco: un paio di altri libri come quello di Morton, una trasposizione cinematografica sempre del libro di Morton, e a quel punto tutti, sulla faccia della Terra, crederanno a Morton e non a noi.

E quando l'opinione pubblica sarà cotta a puntino, lei se ne uscirà con qualche intervista così infamante da non lasciarci altra scelta che il divorzio, e lei potrà negoziarlo da una posizione di forza, com'è nei suoi piani da quando ha capito che tutti i giornali, tutti i sondaggi, tutta l'opinione pubblica stanno con lei.

Ha incantato tutti come è riuscita a incantare noi quando era ancora una timida diciottenne apparentemente perfetta.

Madre, ho capito da tempo che mi ritieni indegno di portare la corona.
La regina Vittoria pensava la stessa cosa di suo figlio, eppure i nove anni di regno di Edoardo VII sono stati così felici da meritarsi il nome di "età edoardiana", ritenuta l'apogeo dell'Impero Britannico.

Ma non importa, ormai me ne sono fatto una ragione: in fin dei conti, chi porta la corona troppo a lungo, finisce per pagarne un prezzo molto alto. 
Come Shakespeare faceva dire a Riccardo II, "entro la vuota corona che cinge le tempie mortali di un re, ha reggia la morte, e là s'insedia, beffarda, irridendo il potere di lui".  
O come diceva Federico II di Prussia, la corona non è nient'altro che un cappello nel quale ci piove dentro. 

Ai tempi della prima Elisabetta, in Inghilterra avevamo Shakespeare, per mettere in scena i drammi dei re, mentre ai tempi della seconda Elisabetta, a raccontare le tragedie dei reali abbiamo Andrew Morton. Ogni età ha i cantori che si merita.

Ma Dio sa come sono andate le cose, e per questo mi rimetto anch'io al suo giudizio.
Sarà Lui a decidere se e quando ti succederò, o se sarai tu a guardare con occhi di ghiaccio, la bara di tuo figlio sfilare fino alla cripta di San Giorgio.
Sia fatta la tua volontà, che sembra coincidere con quella di Dio"




E detto questo ha chinato il capo in segno di saluto e se n'è andato.

Dicono che Lilibet sia rimasta immobile per un po' sul divanetto, come una statua di sale, e poi la prima cosa che ha fatto è stata andare a Clarence House per chiedere a sua madre se era vero che re Giorgio preferisse Margaret.
E la Regina Madre, sapete com'è, era già al quarto gin tonic della giornata e ha confermato tutto molto allegramente, con quel suo sorriso luminoso, che innumerevoli anni prima aveva colpito gli occhi e il cuore del futuro Giorgio VI. 
E mentre dietro la porta lady Fermoy ascoltava in segreto, Lilibet ha riferito a sua madre lo "scambio di vedute" con Carlo, e ha chiesto se era vero che il Re avesse parlato con Carlo quella sera. E Lizzie, sempre alticcia: "Ma certo che gli ha parlato! Credevo che lo sapessi. Avresti dovuto sentire tuo padre: disse tante belle cose su di me, e sul nostro matrimonio. Ero commossa. Il mio caro Bertie era ancora innamorato come il primo giorno" .
Lilibet ha scosso la testa: "E nessuno ha sentito l'esigenza di dirmi che mio padre, prima di morire, ha parlato a mio figlio su una questione così importante?" E Lizzie: "Ma, cara, eravamo tutti in lutto, tutti sconvolti, e poi per riuscire a parlare con te bisognava prendere un appuntamento con il segretario. Ricordo che erano i primi di febbraio e lui mi voleva dare un appuntamento ad aprile! Ti vedevo solo nei ritagli di tempo e non c'era mai un'occasione adatta per parlare di cose private. E dopo, è passato tanto tempo... non era più il caso di rivangare..."
Lilibet ha scosso la testa: "Ma Carlo l'ha fatto, mi voleva ferire, ma non ci è riuscito. Il Re ha semplicemente parlato della sua famiglia. E' ridicolo pensare che preferisse Margaret. Sono tutte sciocchezze, e non voglio sentirne più parlare. E comunque ti avevo vietato di bere prima delle 6 di sera. Dovrò vigilare meglio. Lady Fermoy non ha più la mia fiducia. Ha già combinato fin troppi guai! Manderò qualcuno altro, molto più fedele e molto più competente: ho guardato i conti di Clarence House, sono un disastro, bisogna tagliare le spese.
Buona serata, mamma. Non mi farò certo guastare l'umore da Carlo e delle sue lagne.
Aveva ragione la nonna Mary, un re non ha figli, ha solo degli eredi ">>




Il primo a complimentarsi per l'accurata ricostruzione fu il Duca:
<<Davvero molto interessante! Brava Jessica>>

Roberto era nel contempo divertito e perplesso:
<<Hai davvero una straordinaria memoria.
Io credo che alla fine Elisabetta e Carlo faranno pace. Lei finge di essere invulnerabile, ma non credo che sia così. Anzi, penso proprio che stia soffrendo molto per questa separazione che le fa rivivere i tempi di quando era bambina, e l'abdicazione di suo zio sconvolse la vita dei Duchi di York. 
Ma non siamo più negli Anni Trenta, e anche se per lei determinate cose restano sbagliate, sa che la società sta cambiando. E che un divorzio reale, oggi, non sarebbe in sé più così catastrofico come ai tempi di Edoardo VIII. 
Non mi stupirei se un giorno Elisabetta decidesse di accettare un matrimonio tra Carlo e Camilla.
E riguardo ad una sua abdicazione, nessuno ci ha pensato, non lo farebbe comunque, a prescindere. 
Ha detto quella frase di sua nonna Mary solo perché vuole esprimere la sua disapprovazione, ma lei sa meglio di tutti che alla fine, quando la regina Mary si ammalò, fece richiamare il suo figlio ribelle, il Duca di Windsor, e si riconciliò con lui, e volle che lui la vegliasse e le tenesse la mano.
Voleva suo figlio, anche se lui non era più il suo erede, lei lo ha voluto al suo fianco, nel momento del trapasso.
Qualcosa mi dice che succederà così anche tra Elisabetta e Carlo, anche se adesso sono arrabbiati, un giorno, quando saranno entrambi anziani, lei molto, lui un po' meno, troveranno il modo di ricreare un dialogo e ritrovare lo spirito dei primi tempi.
Lei non ha dimenticato, io credo che una madre non possa dimenticare la creatura che ha portato in grembo. Si può litigare, possono volare parole grosse, si può stare a lungo lontani, ma prima o poi l'istinto materno ritorna, così come il rapporto viscerale del figlio con sua madre.
Nessuno ci amerà mai nel modo in cui ci hanno amato i nostri genitori.
A un certo punto ne diventiamo coscienti, e sentiamo il bisogno di tornare da loro, prima che sia troppo tardi.
E quando un genitore invecchia e diventa fragile, noi sentiamo la necessità proteggerlo. 
Lo facciamo perché abbiamo bisogno di vivere insieme anche quest'ultima fase, di tenerli per mano fino alla fine. 
Tutto è reciprocamente perdonato, perché è la tenerezza ciò che prevale: e se lui un giorno vedrà il volto affaticato di sua madre, ad un'età in cui ciò che resta del nostro corpo mortale è un fragile involucro, ripenserà al volto giovane e sorridente di lei poco più che ventenne, che lo teneva in braccio, e deciderà di mettere tra parentesi tutto quello che c'è stato nel mezzo, allora soltanto la tenerezza resterà.




E' questo momento di tenerezza che rivela ciò che siamo: se non proviamo questo sento sentimento, allora non siamo esseri umani, ma macchine.
La tenerezza è un istinto spontaneo, ci lega ai nostri cari, e a coloro che hanno bisogno di aiuto, è questo che ci rende umani, è questo che fa sopravvivere l'umanità, nonostante tutto>>

Quel discorso gli valse un applauso e un brindisi.

Jessica memorizzò le sue parole e pensò.
Il soggetto R.M. esprime una modalità singolare di unire passato e futuro, scavalcando l'abisso del presente in nome di un valore superiore. Si proietta sia indietro che in avanti, per valutare le cose e le persone nel loro divenire, in prospettiva, suggerendo l'esistenza di istinti positivi in grado di tenere testa a una moltitudine di istinti negativi.
Forse Lorenzo ha ragione, alla fine l'esperimento voluto da Albedo potrebbe essere riuscito.

Aurora si rivolse a Jessica:
<<Potresti fare concorrenza ad Andrew Morton, Jessica! E se anche tu non ci avessi ricamato sopra, come facciamo a sapere se lady Fermoy ha detto la verità? 
Mi sembra così strano che abbia riferito colloqui che mettono lei stessa in cattiva luce>>

Jessica aveva già la risposta pronta (come sempre):
<<E' proprio per questo che il discorso è credibile, e lei lo sapeva. Era il prezzo da pagare per essere creduta. Ormai non ha più niente da perdere: le è rimasta solo la vendetta, contro tutti.
Contro Diana perché non è stata all'altezza della situazione. Contro la Regina perché è intervenuta quando ormai era troppo tardi. Contro Filippo perché le sue sfuriate hanno ottenuto solo l'esasperazione di Carlo, che è andato a consolarsi da Camilla. Contro la Regina Madre perché non l'ha difesa quando Lilibet l'ha licenziata. E lady Fermoy ci è andata giù pesante, sottolineando i conti in rosso di Clarence House. Ha detto che il castello di Mey da solo è una voragine, per i costi di manutenzione. Non so se Lizzie reggerà fino alle sei senza gin tonic. 
Ruth ha salvato Giorgio VI e Carlo per mostrare che comunque lei è fedele ai Windsor e alla Monarchia, e ha ripudiato Diana pubblicamente.

Certo, nella versione di lady Fermoy, la Famiglia Reale appare come una gabbia di matti, ma non dimentichiamo Shakespeare: è follia, ma "c'è del metodo in questa follia!">>

 Aurora annuì, aveva imparato più cose su Shakespeare quella sera che in tutte le lezioni scolastiche. Alla fine commentò:
<<Io faccio ancora fatica a distinguere Lizzie da Lilibet. Ma la questione di Margaret che era la preferita di suo padre l'ho capita anch'io. Per me Elisabetta si sta ancora rodendo il fegato:
dev'essere stata la cosa che le è pesata di più, in quel colloquio, visto che ormai considera Carlo una causa persa>>

Il Duca era d'accordo:
<<Ci sarebbe da ridere se non ci fosse da piangere. E ci vorrebbe un altro Shakespeare per scrivere capolavori del tipo: l'Edoardo VIII, il Giorgio VI, l'Elisabetta II e il Carlo III, se mai ci arriverà, e se manterrà quel nome infausto dell'unico re inglese decapitato.
Sarà Jessica la nuova Shakespeare, perché ha raccontato questa storia con quello che ritengo una frizzante miscela di storia e di poesia.
Se anche non si sono detti tutto questo a viso aperto, certamente lo hanno pensato, e hanno capito ciò che pensava l'altro.>>

Jessica ringraziò, poi tornò a rivolgersi a Roberto, e volle ancora sondare il terreno:
<<Mi ha meravigliato il tuo discorso buonista, Roberto. 
Voglio dire, tu conosci la Storia e sai che spesso succede, nelle famiglie reali, che ci siano rivalità estreme tra genitori e figli, che possono sfociare nella crudeltà e nella morte.
Senza contare che queste cose succedono anche nelle famiglie comuni.
E siccome basta un controesempio per sconfessare una teoria, la tua previsione fa acqua da tutte le parti>>

Roberto non sapeva esattamente perché, prima, si fosse schierato a favore della tesi secondo cui i buoni sentimenti prevalgono:
<<Può essere che tu abbia ragione, Jessica, ma io sento, dentro di me, un senso di profonda nostalgia per la mia infanzia. Io sono stato molto amato, forse è per questo che confido tanto nel valore della famiglia. 
Però è vero il discorso dei controesempi storici.
Il punto della tua ricostruzione in cui Elisabetta dice a Carlo che "ci siamo opposti a Camilla per il tuo benemi ricorda le ultime parole che si scambiarono Ferdinando d'Aragona e sua figlia Giovanna, regina di Castiglia, quando lui la fece rinchiudere nella fortezza di Tordesillas, dichiarandola malata di mente.
Fu un atto di grande crudeltà, perché Giovanna fu trattata male dai suoi carcerieri, specie quando sul trono ci fu suo figlio, un altro Carlo, ma nella posizione inversa del Carlo attuale.
Rimase rinchiusa per cinquant'anni... come ha potuto, Carlo V, fare questo a sua madre?
E come fu possibile che Ferdinando, prima, abbia fatto questo a sua figlia?
Mentre la faceva catturare e rinchiudere, le disse: "Figlia mia, lo faccio per il vostro bene, e anche per il bene della Castiglia. Vi prometto che consegnerò a vostro figlio Carlo un regno potente e prospero".
E Giovanna rispose, con parole con parole così sagge che dimostravano senza dubbio l'infondatezza dell'accusa di pazzia:
"So che consegnerete a mio figlio un regno potente, perché si può essere un buon re, pur essendo un cattivo padre".>>







sabato 8 maggio 2021

Vite quasi parallele. Capitolo 132. Perché l'Italia?







Si accomodarono nei divani del soggiorno, mentre dalla grande vetrata il crepuscolo sfumava nella notte.
Non appena ogni convitato ebbe ricevuto il suo aperitivo, Roberto, decise che era il momento per cominciare a far luce sulla "casuale" presenza, al Savoy, di due nobili inglesi conoscitori dell'italiano e delle opere di suo zio Lorenzo, proprio nel periodo in cui c'erano lui e Aurora.
 Iniziò da uno dei particolari che considerava più strani:
<<Jessica, da dove deriva il tuo grande amore per l'Italia e soprattutto per l'italiano, che in fondo, purtroppo, è ormai una lingua marginale?>> 
Lei gli lanciò uno sguardo severo e rispose con un tono di rimprovero:
<< La lingua fondata da Dante Alighieri non sarà mai marginale. Mai.>>
Roberto si sentì punto sul vivo:
<<D'accordo, ho usato un termine sbagliato. Intendevo dire che la parlano in pochi, se la confrontiamo allo spagnolo, o al cinese, o all'arabo, al russo...>>
Jessica annuì:
<<Sì, capisco cosa intendi. Sarebbe più utile imparare una lingua parlata da più persone. 
Il giudizio di utilità è importante specialmente in base al tipo di lavoro che si intende fare.
Io ho sempre avuto un'unica ambizione professionale, e cioè fare la ricercatrice universitaria di una materia che fosse collegata alla filologia classica o a quella tardo-antica, e questo l'ho deciso proprio sulla base di ciò che ho visto, sentito e conosciuto durante i miei soggiorni in Italia.
Ed è in Italia che farò i miei studi universitari>>
Roberto non era molto convinto da questa risposta.
<<Ah, bene. Ma gli studi classici  sono di grande qualità anche in Inghilterra, e forse persino migliori. Io, da italiano, mi chiedo come qualcuno che ha la fortuna di essere nato inglese, possa desiderare di diventare italiano.
Parliamoci chiaro: l'Italia è bella per farci una vacanza, non per viverci e men che meno per lavorarci. E dunque torno a chiedere: perché l'Italia?>>
Jessica sospirò:
<<E' c'è bisogno di chiederlo? E' una vita che gli Italiani che conosco mi fanno questa domanda.
E tutte le volte ho cercato di dare risposte ampie, argomentate, profonde, ma voi Italiani continuate a dire quello che dici tu.
E ogni volta io replicavo portando esempi concreti: arte, architettura, storia, cultura, letteratura, paesaggio, natura.
Ogni esempio che portavo veniva accolto con aria dubbiosa. 
E allora portavo esempi un po' più terra terra, come la buona cucina italiana, e loro rispondevano che ormai le pizzerie ci sono dappertutto, e con quello liquidavano la questione.
Alla fine mi rimaneva in mano una sola carta da giocare per esemplificare senza ombra di dubbio la superiorità della civiltà italiana rispetto a quella inglese>>
Si fermò: era chiaro che stava per pronunciare una delle sue famose battute.
Roberto capì che per estorcerle una risposta sincera bisognava prima superare gli ostacoli che il suo sense of humor frapponeva tra la sua mente e quella degli interlocutori.
Appariva abbastanza chiaro, infatti, che la giovane Burke-Roche fosse piuttosto reticente nell'affrontare alcuni argomenti e il suo ricorso alle battute fosse anche un modo per cercare di deviare il discorso.
Insomma, lady Jessica stava menando il can per l'aia, e lo faceva con un certo compiaciuto divertimento.
Lei era fatta così.
Roberto, spazientito, sbottò:
<<Bene, allora gioca la tua carta!>>
E qui, ancora una volta, Jessica si avvalse del consueto sarcasmo e della solita paradossale e provocatoria ironia tranchant :
<<Perché l'Italia? Per il bidet, naturalmente! Ma vi rendete conto che qui, a Londra, al Savoy, persino nella Royal Suite, manca il bidet! Noi anglosassoni siamo rimasti dei selvaggi!
Sì, sì. ridete pure, ma il bidet è un grande segno di civiltà, e gli Italiani sono i degni eredi degli antichi Romani, che avevano acquedotti, terme, fognature...
Dovreste metterlo nella bandiera, il bidet, perché è la prova inequivocabile che voi siete una civiltà superiore!>>
Tutti ridevano, ma Roberto, pur sorridendo anche lui, rimaneva concentrato sull'obiettivo di ottenere l'informazione che gli stava a cuore, e su questo non era disposto a cedere:
<<Ammetto che è una carta importante, ma mi piacerebbe conoscere anche le altre>>
Jessica lo fissò con sguardo severo, come a dire: "Venderò cara la pelle":
<<Le altre. E a che scopo? Per ottenere come risposta un misto tra sorpresa, incredulità, dubbio e un'espressione nel viso che parla da sola, e dice quello che pensi anche tu: "Lascia perdere l'Italia! La speranza ha abbandonato quella terra. E lascia perdere l'italiano! E' tempo perso! Tra due, massimo tre generazioni non lo parlerà più nessuno"
Dimmi, Roberto, da quanto tempo voi Italiani avete smesso di credere in voi stessi?>>

Ci fu un momento di silenzio,
Roberto allora propose un patto:
<<Facciamo così: se tu rispondi seriamente alla mia domanda, io rispondo seriamente alla tua, d'accordo?>>
Lady Jessica annuì, ma la sua espressione continuava ad essere severa.
A posteriori, possiamo dire che sarebbe stato meglio per tutti, compresa lei, se avesse detto la verità in maniera completa, ma non poteva, neanche se l'avesse voluto.

Era vincolata al più solenne dei giuramenti: era un'Iniziata di Rango Segreto, solo i membri del Consiglio Superiore sapevano che lei era stata ammessa nel Consiglio stesso per occupare il seggio che era stato di suo padre, di suo nonno e del suo bisnonno.
Ma era ancora nel periodo di prova.
Il suo compito era quello di tenere d'occhio Roberto e Aurora, ed esprimere una valutazione su di loro, per poi riferirla al Consiglio.
Tendenzialmente Jessica non amava mentire: preferiva essere reticente, ma non dire bugie.
E tuttavia il suo bisnonno, l'onorevole Francis George Burke-Roche, nato nel 1885 e ufficialmente morto nel 1958, ma segretamente vivo e in salute all'età di 107 anni, nel 1992, le aveva insegnato l'arte della menzogna, parlandole a lungo, giorno dopo giorno, di tutta la propria esperienza come Iniziato di Rango Segreto.
"Ricorda sempre, Jessica: il vero mentitore non dice bugie, ma solo mezze verità"
E le aveva spiegato il motivo: le bugie complete possono essere smascherate, ma le mezze verità no, perché in esse, il confine tra verità e menzogna è molto labile e chi sa usare bene le parole, può attribuire a quella mezza verità un'interpretazione estensiva. In tal modo, la mezza verità finisce per diventare una verità autonoma, persino per chi l'ha pronunciata, e continua a ricamarci sopra fintanto che non ne ha ricavato una versione talmente convincente da arrivare a crederci in tutta onestà, senza mentire nemmeno a se stesso, perché non bisogna mai lasciare tracce.
E lui, di tracce, non ne aveva certo lasciate, dal 1958 in avanti.

Francis George Burke-Roche era nato da un parto gemellare: non sappiamo come funzioni l'eredità dei titoli nobiliari quando nascono due gemelli maschi primogeniti. Roberto l'avrebbe saputo, ma non è più così facile riuscire a contattarlo. Quindi noi possiamo solo immaginare che il titolo lo erediti il primo ad uscire dal grembo materno.
Fu così che, mentre il primo gemello a venire al mondo, Maurice Burke-Roche, divenne il quarto Barone Fermoy, nonno materno della Principessa di Galles, il secondo gemello Francis George rimase senza titoli, tranne l'appellativo di "onorevole", che nel Regno Unito si attribuiva al figlio di un nobile titolato.

E forse era stara quell'ingiustizia a spingerlo a dedicare la sua vita ad un complesso, ma lucidissimo piano di rivincita
Jessica ne era certa: si trattava di far parte del Grande Disegno degli Iniziati, ma con un progetto ancor più segreto e alternativo a quello delle quattro fazioni dominanti. 
C'era voluta molta pazienza, ma ormai tutto era pronto: le cose procedevano esattamente come lui aveva previsto.
Rimaneva aperta solo la questione delle alleanze italiane, perché in Italia, e specialmente a Roma, non si poteva mai essere sicuri di niente.

Per questo Jessica doveva capire le intenzioni di Lorenzo Monterovere, e nel contempo apparire una semplice studentessa appassionata dell'Italia.
Decise quindi di partire dalle ovvietà, per poi lasciare le sottigliezze ad un secondo tempo, se ce ne fosse stato bisogno:
<<La mia risposta è piuttosto scontata: è il luogo comune su cui molti scrittori del nord hanno indugiato. La storia di questi nordici che provengono da tristezze artiche, o emergono da banchi di nebbia, come nelle atmosfere neogotiche dei quadri di Caspar David Friedrich e approdano in una terra dove il cielo è azzurro, limpido, terso, dove splende il sole, dove il mare è caldo e cristallino oppure blu o verde, e dove le città sono incredibilmente belle e straordinariamente piene di opere d'arte, e i piccoli paesini continuino a mantenere l'aspetto che avevano nel Medioevo, perché in Italia c'è tutto, dall'Età Arcaica in avanti: c'è tutto.

Io e i miei genitori trascorrevamo sempre l'estate in Italia, ogni anno in una città diversa e in una regione diversa. 
Sembrava di vivere in uno dei romanzi di Henry James o di Edward Morgan Forster, in particolare "Camera con vista". Il regista James Ivory ne ha colto pienamente lo spirito, nel film: Maggie Smith è la quintessenza della dama inglese di alto lignaggio, mentre Helena Bonham Carter, è una forza della natura e farà molta strada: io l'ho conosciuta, perché a Londra quelli che hanno almeno due cognomi si conoscono tutti tra loro.

Per gli inglesi dell'aristocrazia tradizionale, il viaggio in Italia è ancora visto come un'esperienza formativa, simile, in parte al Grand Tour dei secoli passati: adesso è nato il programma Erasmus, ma lo spirito è sempre quello.
Io mi sono innamorata dell'Italia, e anche di qualche giovane italiano, che però non l'ha mai saputo. E amo davvero la vostra cucina!
Voi avete una delle gastronomie più famose e apprezzate dal mondo intero, e tanti piatti tipici per ogni regione. La vostra agricoltura ha una tradizione di eccellenza: i vigneti e gli oliveti italiani sono un modello per il mondo intero.

Quando ero in Italia mi sembrava di vivere in un sogno, e voi dovreste sapere che nei sogni c'è tutto: il passato, il futuro, la verità...

Fu allora che incominciai a pensare all'Italia come alla mia seconda patria.
Voi vivete circondati dalla bellezza: da voi la bellezza e l'esistenza sono quasi la stessa cosa. 
Dal mio soggiorno a Roma imparai ad amare la civiltà classica e il latino, ma anche l'architettura, la pittura e la scultura, il Vaticano da solo è una delle meraviglie del mondo! 
E dal mio soggiorno a Firenze imparai ad amare il Rinascimento.
Ma soprattutto scoprii Dante, e incominciai a rendermi conto che la Divina Commedia è ai vertici della letteratura mondiale di tutti i tempi.
Ma per conoscere davvero questo capolavoro bisogna leggerlo in lingua originale
Certo, so bene che la lingua di Dante non è come l'italiano contemporaneo, ma voi almeno partite avvantaggiati. 
Ah, quanto vi ho invidiati per tutto questo!
Siete benedetti dalla sorte e non ve ne rendete conto. 
Voi potete leggere la Divina Commedia in lingua originale! 
Io non potevo e però lo desideravo. E del resto, non è sempre così che succede? 
Ciò che desideriamo di più è ciò che non possiamo avere, o che non possiamo essere: il frutto proibito. Io credo che sia anche questo il senso del Peccato Originale: il non sapersi accontentare mai di ciò che si è e di ciò che si ha>>

Roberto non poté fare a meno di notare il fascino di Jessica, ogni volta che parlava.
In quel corpo esile albergava un'anima dalle capacità straordinarie e dalla volontà di ferro: i suoi occhi sembravano poter leggere nel pensiero e piegare le anime altrui al proprio volere.
Ora, dopo averla sentita parlare, capiva bene perché lord Waldemar si era innamorato di lei, e quanto doveva sentirsi orgoglioso per il fatto che lei lo avesse scelto come futuro sposo.
Ma già allora il giovane Monterovere capiva che lei poteva essere pericolosa.
Dietro a quegli occhi malinconici e quel sorriso enigmatico, poteva esserci di tutto.
E chi avrebbe mai potuto sapere che quel corpo apparentemente fragile conoscesse le mosse più pericolose delle arti marziali?




E come si poteva immaginare che dietro a quell'aria da vergine dimessa e pura come acqua di sorgente, ci fosse una donna che conosceva, molto meglio di tutte le altre, i metodi con cui, attraverso le posizioni dell'amplesso, era possibile sottomettere la volontà del più inflessibile tra gli uomini?

Roberto non poteva di certo averne il minino sospetto, eppure qualcosa dentro di lui fece scattare una specie di campanello d'allarme, che gli diceva: "Attento, lei è centomila volte più potente di ciò che Wallis Simpson fu ai suoi tempi".
Il sesto senso di Roberto era nel giusto, e tante volte gli fu d'aiuto, nello sfuggire a trappole che sarebbero state infinitamente peggiori della sorte che infine gli toccò.
E quando commentò il suo discorso, c'era nella sua voce la consapevolezza di star parlando con una persona superiore a lui in tutto:
<<E tu quel frutto alla fine sei riuscita a coglierlo. Parli l'italiano meglio di noi italiani, e certamente ami l'Italia più di quanto l'amiamo noi, e forse persino più del tuo futuro marito>>

Waldemar annuì e confermò:
<<E' quello che dice anche mia madre, la quale non rimpiange l'Italia, e io glielo rimprovero, perché avrei voluto un'infanzia come quella di Jessica e le sue estati italiane>>

Jessica sorrise:
<<Lui si è innamorato non di me in quanto tale, ma delle mie estati italiane
E' l'unica spiegazione che riesco a darmi.
Ma tu, Roberto, devi rispondere alla mia domanda, ricordi?>>

<<Oh, sì. E la mia risposta non sarà facile, e nemmeno piacevole, perché sono tanti e oscuri i motivi che hanno reso quasi tutti noi Italiani così indifferenti rispetto alla bellezza che ci circonda.

Il primo motivo è l'abitudine. 
Quando fin da bambini si vedono continuamente certe cose bellissime, si finisce per darle per scontate.

Il secondo motivo è che il popolo italiano è una creazione recente, che ha poco a che vedere con il patriottismo.
Pensare all'Italia come a una Patria poteva anche essere bello quando era soltanto un sogno letterario.
Anche qui fu Dante a porsi per primo il problema di cos'era l'Italia, ai suoi tempi.
La definì "nave sanza nocchiero in gran tempesta" usò altre parole ancora più esplicite, tra cui "seva" e "bordello", eppure anche lui la considerava "il giardin de lo imperio" e biasimava apertamente Alberto d'Asburgo, per il fatto che trascurasse uno dei due regni fondatori del Sacro Romano Impero, che per il Sommo era la naturale continuazione cristiana dell'Impero di Costantino e Giustiniano, tramite la Chiesa Cattolica Romana e la Corona Imperiale che solo il Pontefice romano poteva concedere ai re di Germania e d'Italia.

Gli autori successivi, invece, sancirono una separazione tra l'Antichità e la Modernità, e crearono il concetto di Medioevo, con accezione negativa.
Già Petrarca, una sola generazione dopo Dante, percepiva questa cesura e si poneva l'obiettivo di restaurare la Res Publica Romana, guardando a Cola di Rienzo e alle tesi di Marsilio da Padova.
Quasi tutti i letterati italiani, da allora in poi, fino ai primi del Novecento, sono stati "patrioti" di questa immaginaria repubblica romana rediviva nella loro mente imbevuta di classicismo.

Ma la realtà era ben diversa, c'era sì una lingua scritta letteraria e una religione cattolica condivisa, ma non c'era un popolo, non c'era una Nazione e tanto meno una Patria.
L'Italia esisteva solo nella testa dei letterati, di alcuni massoni o carbonari e di intellettuali presi dal loro Grande Disegno>>

E qui Roberto notò che Jessica, finalmente, lo guardò con rispetto e considerazione.
In fondo, ciò che lei doveva valutare, era se il nipote di Lorenzo Monterovere avesse anche solo vagamente intuito l'esistenza del Grande Disegno, o almeno della parte che riguardava l'Italia.
E a quel punto, Roberto calò il suo asso nella manica:

<<Lo sbarco dei garibaldini a Marsala fu possibile solo perché due navi della flotta britannica del Mediterraneo erano lì, e non certo per caso. Senza l'ausilio degli Inglesi i garibaldini non sarebbero riusciti a sbarcare, e tanto meno a prendere la Sicilia.
Il Regno Unito voleva sottrarre una volta per tutte ai Borbone e agli Asburgo la penisola italiana, per rafforzare la propria presenza nelle acque mediterranee e nei porti. Tutto in previsione della futura rotta di Suez.
Miei cari amici inglesi: l'Italia come entità politica l'avete creata voi!>>

Calò il silenzio. Aurora e Waldemar apparivano confusi ed era normale, dal momento che la tesi enunciata da Roberto era molto ardita, ma destinata in seguito ad essere suffragata persino da Umberto Eco in uno dei suoi ultimi romanzi, Il cimitero di Praga.

Jessica invece sorrideva, con gli occhi fissi su quelli di Roberto e il bicchiere dell'aperitivo in mano.
Le luci della stanza facevano sembrare quasi neri quegli occhi che invece, alla luce del sole, erano blu scuri, screziati di verde. 
Per un solo istante sembrò che nella sala ci fossero solo lei e Roberto, che si guardavano e si "riconoscevano", come due anime che in una vita precedente si erano amate, e da tempo immemorabile si rincorrevano, nei secoli dei secoli, per potersi riunire ancora.




Jessica provava la stessa sensazione, ma a differenza di Roberto, lei sapeva esattamente qual era il legame tra loro, e tuttavia era troppo presto per potergliene anche solo fare il minimo cenno.
Ognuno di loro doveva percorrere, prima, un lungo cammino, e soltanto molto tempo dopo, quando finalmente tutti i tasselli sarebbero stati al loro posto, lei gli avrebbe potuto dire ciò che in quel momento pensava.

Gli disse invece:
<<E' una tesi interessante. Ma tu avevi detto che c'era una terza ragione per cui gli Italiani non sono fieri di essere tali, eccettuate le partite di calcio, naturalmente!>>

Tutti risero: era una battuta di Churchill. E forniva a Roberto la giusta introduzione per concludere il discorso:
<<La terza ragione è che, quando finalmente lo Stato Italiano creò il Popolo Italiano, 
l'ubriacatura nazionalista, incominciò a vacillare, fino al momento in cui, l'8 settembre 1943, la Patria morì e lo Stato Italiano si spezzò in due e il Popolo Italiano tornò a dipendere dagli stranieri.  Certo, è stato molto meglio essere diventati colonia militare degli Stati Uniti piuttosto che vassalli di Hitler o di Stalin. Ma adesso sta succedendo qualcosa di cui solo in futuro potremo constatare gli effetti. 

Quest'anno, nel giorno 7 febbraio 1992, è stato firmato il Trattato di Maastricht ed è nata l'Unione Europea, che ha fissato dei parametri molto restrittivi per le nostre finanze. 
Certo, il risanamento è necessario, purché non ci renda una colonia economica di Francia e Germania.
Lo dico perché è successo un altro fatto, di cui un giorno si tornerà a parlare, e cioè che ancora una volta il Regno Unito ci ha messo lo zampino, ufficialmente come arbitro super partes ed "onesto sensale". 
Il governo di Sua Maestà ha invitato tutti gli Italiani che contano sullo yacht Britannia, ufficialmente ancora "panfilo della Famiglia Reale", anche se gli ultimi ad usarlo furono i Principi di Galles durante il loro viaggio di nozze, con Carlo che leggeva libri di filosofia, teologia e giardinaggio sotto l'ombrellone e lady Diana che prendeva il sole a prua  in costumi succinti per la gioia dell'equipaggio. 




Ebbene, non è sfuggita alla mia attenzione la notizia che il Britannia, ancorato al porto di Civitavecchia, in data 3 giugno 1992, è stato lo scenario dell'inizio della privatizzazione dell'Iri, la holding pubblica che per più di mezzo secolo ha controllato l'industria italiana.
Noi siamo un'economia mista tra pubblico e privato, e a livello di grande industria, siamo stati quasi un paese socialista, e questo a partire da quando Mussolini, che nel suo cuore era rimasto un socialista nazionale, fondò l'Istituto per la Ricostruzione Industriale, affidandone la guida ad Alberto Beneduce, socialista e massone, suocero di Enrico Cuccia, il leader della finanza laica italiana.
E adesso la storia dell'Iri si sta concludendo. Romano Prodi l'ha guidata bene, ma dal momento che gli investitori privati, in Italia, non hanno denaro sufficiente per comprarsi la loro fetta di torta, ecco che gli investitori britannici, francesi e tedeschi sono giunti "in nostro aiuto", acquistando tali fette di torta a un prezzo molto conveniente, per loro, facendo quindi entrare qualche obolo nelle casse della Repubblica Italiana, che non aveva altra scelta.
Il Ministro degli Esteri, Beniamino Andreatta, il Governatore della Banca d'Italia Ciampi e il direttore del Ministero del Tesoro, Mario Braghi, hanno preso atto della realtà e hanno fatto l'unica cosa che si poteva fare, per evitare la bancarotta e la fuga dei capitali.
Il nostro debito pubblico è talmente grande che ci siamo dovuti arrendere senza condizioni.

Ecco la terza ragione per cui non siamo patriottici, ed è molto semplice. 
Non siamo più padroni in casa nostra, per nostra stessa colpaperché siamo stati sconfitti inesorabilmente sia dal punto di vista militare che da quello economico.
Mia cara Jessica, noi Italiani non contiamo più niente : questa è la verità ed è sotto gli occhi di tutti>>

Nella stanza calò il gelo. Ma nessuno poteva smentire ciò che avevano capito anche i muri.

Jessica allora intervenne per riportare la conversazione su un tono più allegro:
<<E tu e i tuoi soci, Wald, vi siete comprati anche voi qualche fetta di torta, sul Britannia?>>

Lord Ravensbourne, un po' imbarazzato, sorrise e dovette ammettere:
<< Be', in effetti i miei soci, nella riunione di ieri, mi hanno spiegato come stanno le cose... sì, alcuni di loro erano sul Britannia, perché mio padre, prima di morire, aveva dato ordine di prenotare delle quote azionarie della Comit, la Banca Commerciale Italiana.
Ma io non sapevo tutti questi retroscena.
Mio padre, che Dio lo abbia in gloria, mi diceva solo che quel ferrovecchio del Britannia ci costa troppo, e presto sarà mandato in pensione, e sarà un dolore enorme per la Regina: potrebbe persino versare una lacrima, quando verrà il giorno in cui il Britannia troverà il suo ormeggio definitivo.






I miei insiders mi hanno riferito che l'ultimo viaggio del Britannia avverrà tra cinque anni, quando il Principe di Galles si recherà ad Hong Kong per formalizzare la fine dell'Impero Britannico, con il ritorno di quel nostro gioiello alla Cina.
Vedi, Roberto, la verità è le cose per il Regno Unito non vanno molto meglio rispetto all'Italia: vincemmo la guerra, sì, ma perdemmo l'Impero. 
La sterlina si è svalutata e continua a svalutarsi.
La flotta degli USA domina i mari, laddove una volta noi cantavamo con orgoglio: "Rule Britannia, Britannia rules the waves", e mi commuovo solo a pensarci.
Ma la cosa che adesso preoccupa di più Sua Maestà, stando almeno a quel che dicono i miei parenti più vicini alla Famiglia Reale, è la dissoluzione del Regno Unito.
Gli Scozzesi e gli Irlandesi vogliono la secessione, e i Laburisti, quando prima o poi torneranno al governo, potrebbero concedergli persino un referendum.
Alla fine diventeremo il Regno Unito di Inghilterra e Galles, nel migliore dei casi>>

Jessica rise, per stemperare la malinconia del Duca:
<<E nel peggiore ci rimarranno solo Londra, Windsor e l'Isola di Wight perché non la vuole nessuno!
Ma lo sapevate che dopo l'invasione anglosassone Londra rimase disabitata per due secoli?

Gli anglosassoni erano completamente analfabeti e se qualcosa dell'Età Sassone è rimasto, questo è merito della Chiesa! Il latino è rimasto la lingua scritta ufficiale per tutto il Medioevo e oltre.
Le lingue romanze assomigliavano sufficientemente al latino, e quindi si affermarono presto, mentre gli idiomi germanici erano ancora considerati come qualcosa di completamente barbaro, perché non c'era stato prima il latino, a fornire le fondamenta.>>

Aurora sorrise rivolta all'altra ragazza:
<<Sei molto colta, Jessica, immagino che i tuoi genitori siano fieri di te>>
Jessica sospirò, pur rimanendo cordiale:
<<Purtroppo i miei genitori sono morti in un incidente stradale alcuni anni fa. 
Da allora i miei nonni paterni mi ospitano nel maniero di famiglia e sostengono tutte le spese per la mia istruzione.
Quando io dissi che volevo un'istitutrice di madrelingua italiana, loro mi accontentarono.
Con la signorina Ferri parlavamo della mitologia classica ed ellenistica: da lì è nato il mio interesse per le religioni misteriche, che mi ha portata a leggere i libri di Lorenzo Monterovere>>

E quella era appunto la mezza verità che nascondeva la mezza menzogna, e cioè che lei conosceva Lorenzo fin da quando era bambina, ed aveva appreso molti segreti, ascoltando ciò che lui e i suoi genitori dicevano, credendo che lei fosse troppo piccola per capire.

Allora Lord Ravensbourne si alzò in piedi e disse: 
<<Propongo dunque un brindisi alla salute del caro professor Monterovere e di tutti i suoi parenti, in particolare i nostri ospiti!>>

E' un vero signore, pensò Roberto, così come lo è lo zio Lorenzo.

E si unì, con sincera amicizia, al brindisi proposto dal Duca.
Il clima conviviale ritornò giocoso: erano le 21.15 e il cameriere Archibald li invitò ad accomodarsi in Sala per la Cena vera e propria.