Blog di letteratura, storia, arte e critica cinematografica e televisiva. I racconti e i romanzi contenuti in questo blog sono opere di fantasia o di fanfiction. Gli eventi narrati e i personaggi descritti, esclusi quelli di rilevanza storica, sono del tutto immaginari. Ogni riferimento o somiglianza a persone o cose esistenti o esistite, o a fatti realmente accaduti, è da considerarsi puramente casuale. Gli elementi di fanfiction riguardano narrazioni di autori molto noti e ampiamente citati.
venerdì 6 aprile 2018
La Turchia invade anche il nord dell'Iraq, come sempre nel silenzio dei media
Si chiama Operazione "Tigris Shield", Scudo del Tigri, ed è la replica, in Iraq, delle analoghe invasioni militari della Turchia di Erdogan nel nord della Siria.
L'esercito turco, dopo settimane di bombardamenti nella regione curda del nord dell'Iraq, ha dato inizio all'operazione di terra: le truppe sono avanzate di 17 chilometri nel territorio iracheno, avendo come obiettivo quello di conquistare la regione abitata dai Curdi.
Da settimane Ankara sta aumentando la sua presenza in Iraq, costruendo basi militari nell’area montuosa di Balkaya, che si trova nel nord del Paese, vicino al confine con la Turchia. Secondo quanto riferito dal quotidiano Asharq Al-Awsat, le forze turche starebbero penetrando sempre più nella regione del Kurdistan, dove avrebbero costruito 3 basi permanenti.
Stando alle fonti della sicurezza turca, le basi sarebbero state stabilite nell’area montuosa di Balkaya, nel distretto turco di Semdinli, a un’altitudine di 2.400 metri, nel contesto delle operazioni contro i soldati del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) in Iraq. Da parte sua, il quotidiano curdo Rudaw ha dichiarato che le operazioni turche si sarebbero intensificate nell’area di Sidakan, nel nord dell’Iraq, che si trova vicino ai Monti Qandil, un’area molto importante nel Kurdistan iracheno.
Le autorità turche non hanno commentato la notizia, ma hanno ribadito che Ankara non esiterà a svolgere alcun lavoro che possa preservare la sicurezza dei suoi confini e del suo popolo. In questo contesto, il governo turco ha sottolineato che l’esercito sta adottando le misure necessarie nel sud-est del Paese, al confine con l’Iraq, al fine di impedire le operazioni terroristiche e l’infiltrazione di elementi del PKK, provenienti dai Monti Qandil, all’interno del Paese.
In questo contesto, lunedì 2 aprile, il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ha dichiarato che la Turchia è in grado di condurre operazioni contro i gruppi terroristici senza alcuna “approvazione” da parte dei Paesi stranieri. In tal senso, il capo di stato ha affermato: “In questi giorni la Turchia sta trovando le organizzazioni terroristiche fuori dai suoi confini e sta entrando nelle loro tane. Loro provano a scappare, ma noi li seguiamo” e ha aggiunto: “Sono scappati verso Afrin, in Siria, e verso Sinjar, in Iraq. Abbiamo detto a Baghdad che se non gestiranno la situazione, ce ne occuperemo noi. Non pensiamo di aspettare nessuna approvazione da parte di nessuno per questo tipo di azioni”.
Già il 26 marzo, il presidente turco aveva dichiarato che le forze irachene sarebbero “parzialmente intervenute” nel distretto di Sinjar, situato nel nord-ovest dell’Iraq, al confine con la Siria, e che la Turchia avrebbero fatto tutto il necessario, in caso in cui la campagna irachena non avesse raggiunto l’obiettivo desiderato. Lo stesso giorno, il primo ministro iracheno, Haider Al-Abadi, aveva ordinato alle forze irachene di rafforzare la propria presenza al confine con la Turchia, al fine di prendere il controllo del territorio e impedire ai combattenti curdi di lanciare attacchi nell’area di confine.
Nelle ultime settimane, dopo la conquista della città siriana di Afrin da parte di Ankara, avvenuta il 18 marzo nel contesto dell’operazione Ramo d’Olivo, la campagna militare turca lanciata contro il territorio siriano per liberarlo dai terroristi, le forze turche hanno intensificato le operazioni contro i soldati curdi nel nord dell’Iraq. Domenica 1 aprile, l’esercito iracheno aveva riferito d aver distrutto 8 rifugi dei combattenti del PKK nel nord dell’Iraq e di aver intrapreso operazioni contro il terrorismo nelle regioni di Hakurk e Qandil. Il giorno successivo, lunedì 2 aprile, il Ministero dell’Interno aveva annunciate di aver neutralizzato almeno 61 membri del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) nelle operazioni contro il terrorismo lanciate nel nord dell’Iraq nel periodo compreso tra il 26 marzo e il 2 aprile. Precedentemente, il 27 marzo, l’agenzia stampa nazionale turca Anadolu aveva rivelato che qualche giorno prima, giovedì 22 marzo, un raid aereo turco aveva neutralizzato 41 terroristi nella regione di Qandil, nel territorio settentrionale iracheno, i quali, stando alle informazioni riportate dallo Stato Maggiore turco, avrebbero organizzato un attacco contro l’esercito di Ankara. Tra il 10 e l’11 marzo, gli aerei da guerra della Turchia avevano distrutto almeno 18 obiettivi appartenenti al Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) nella parte settentrionale dell’Iraq.
Fonte: Sicurezza Internazionale quotidiano sulla politica internazionale.
http://sicurezzainternazionale.luiss.it/2018/04/03/turchia-basi-turche-nel-nord-delliraq/
Traduzione dall’inglese e redazione a cura di Laura Cianciarelli
giovedì 5 aprile 2018
Tratti di zona marina italiana ceduti alla Francia
Non si placa la polemica sul trattato di Caen e la cessione da parte dell'Italia di alcuni tratti del mar Ligure e di quello di Sardegna alla Francia.
Nei giorni scorsi la politica si era scontrata sul tema, con Giorgia Meloni in prima fila nel denunciare la cessione a riflettori spenti di "zone molto pescose" e del "diritto allo sfruttamento" di un giacimento di gas appena scoperto nel nostro mare. Ebbene, dopo le reazioni stizzite del Pd alla pubblicazione della notizia sugli organi di stampa, anche la Francia è stata costretta al dietrofront.
Facciamo un salto indietro. Il 25 marzo i francesi terranno una consultazione pubblica per elaborare un documento strategico sul Mediterraneo. Niente di strano. Peccato che ai documenti preparatori del dibattito allegarono delle cartine del mar di Sardegna che già comprendeva la piena operatività del trattato di Coen e - dunque - l'acquisizione da parte di Parigi dei nostri mari.
A sentire il sottosegretario agli Affari Europei, Sandro Gozi, il trattato non è operativo perché il Parlamento non l'ha ancora ratificato. Per Gozi "nessuno intende modificare i confini marittimi tra Italia e Francia". Resta il fatto che la Francia abbia già ridisegnato le sue cartine. Non solo. Perché nel gennaio del 2016 un peschereccio fu intercettato dalla gendarmeria d'Oltralpe, sequestrato nel porto di Nizza e liberato solo dietro cauzione. In realtà il peschereccio si trovava in acque italiane, ma i francesi si comportavano come se fossero state già loro. Parigi alla fine ammise l'errore. Ma se tre indizi fanno una prova...Per Mauro Pili, battagliero politico sardo, infatti, non si sarebbe trattato affatto di un errore. Ci avrebbero provato, insomma. "Sono stati beccati e sono stati costretti a cambiare il tutto a 4 giorni dalla scadenza", scrive Pili su facebook.
Lo stesso, infatti, è successo col la querelle delle cartine modificate. L' ambasciata francese a Roma ieri ha presentato le sue scuse e si è impegnata a far cambiare il carteggio. Lo stesso ha fatto il ministero della Transazione ecologica, spiegando che non c'è da parte loro il desiderio di "modificare le frontiere marittime nel Mediterraneo".
Il V4 ossia il Gruppo di Visegrad
Il Gruppo di Visegrád (polacco: Grupa wyszehradzka, ungherese: Visegrádi Együttműködés, ceco: Višegrádská skupina, slovacco: Vyšehradská skupina), noto anche come Visegrád 4 o V4, è un'alleanza di quattro paesi dell'Europa centrale:
Storia
Il Gruppo di Visegrád si è costituito a seguito di un vertice dei capi di Stato e di governo di Cecoslovacchia, Ungheria e Polonia tenutosi nella città ungherese di Visegrád il 15 febbraio 1991. L'incontro si era svolto per stabilire e rafforzare la cooperazione fra questi tre stati (divenuti quattro il 1º gennaio del 1993 con la divisione consensuale della Cecoslovacchia), allo scopo di promuovere l'integrazione unitaria del gruppo nell'Unione europea. Questo tipo di approccio fallì e si passò presto a rapporti diretti tra Bruxelles e i singoli stati candidati. Tutti i membri del Gruppo di Visegrád sono entrati nell'Unione europea il 1º maggio 2004, e l'unico paese tra questi ad aver adottato l'euro è la Slovacchia dal 2009.
La cooperazione e l'alleanza fra i quattro diversi stati proseguì comunque nei diversi campi della cultura, dell'educazione, della scienza, nonché in quello dell'economia. Nel 1999 è stato istituito il Fondo d'Investimento Internazionale di Visegrád, con sede a Bratislava, che, in accordo con la decisione dei capi di governo dei paesi membri, dal 2005 il fondo ha un budget annuale di 3 milioni di euro. Il gruppo di Visegrád riunisce quattro degli stati post-comunisti più prosperi (ad esclusione della Slovacchia), che presentano un'economia di mercato relativamente affermata e un tasso di crescita piuttosto alto rispetto alla media europea.
Ispirazione storica
La scelta di riunirsi, il 15 febbraio 1991, nella città ungherese di Visegrád è dovuta ad un incontro ivi avvenuto tra i sovrani Carlo I d'Ungheria, Casimiro III di Polonia e Giovanni I di Boemia nel 1335. Carlo I d'Ungheria e Giovanni I concordarono nella necessità di creare nuove vie commerciali che evitassero il centro di Vienna e di ottenere accessi più veloci ai diversi mercati europei. Un secondo incontro si svolse sempre a Visegrád nel 1339.
Dati
Tutti i paesi del Gruppo di Visegrad fanno parte dell'Unione europea dal 2004, ma per ora solo la Slovacchia ha anche adottato l'euro come moneta, a partire dal 2009, mentre le altre nazioni invece non hanno ancora deciso una data per l'eventuale adozione.
Nome | Superficie (km²) | Popolazione (abitanti) | UE | Euro | |
---|---|---|---|---|---|
Polonia | 312.685 | 38.073.745 | |||
Repubblica Ceca | 78.866 | 10.467.542 | |||
Slovacchia | 49.035 | 5.389.180 | |||
Ungheria | 93.030 | 10.076.581 | |||
Gruppo di Visegrad | 533.616 | 64.007.048 |
Presidenza del Gruppo
La presidenza del gruppo V4 cambia annualmente nel mese di giugno.
- 1999-2000 Presidenza ceca;
- 2000-2001 Presidenza polacca;
- 2001-2002 Presidenza ungherese;
- 2002-2003 Presidenza slovacca;
- 2003-2004 Presidenza ceca;
- 2004-2005 Presidenza polacca;
- 2005-2006 Presidenza ungherese;
- 2006-2007 Presidenza slovacca;
- 2007-2008 Presidenza ceca;
- 2008-2009 Presidenza polacca;
- 2009-2010 Presidenza ungherese;
- 2010-2011 Presidenza slovacca;
- 2011-2012 Presidenza ceca;
- 2012-2013 Presidenza polacca;
- 2013-2014 Presidenza ungherese;
- 2014-2015 Presidenza slovacca;
- 2015–2016 Presidenza ceca;
- 2016-2017 Presidenza polacca.
Voci correlate
mercoledì 4 aprile 2018
La nuova Via della Seta dalla Siria alla Cina
La Nuova via della seta è un'iniziativa strategica della Cina per il miglioramento dei collegamenti e della cooperazione tra paesi nell'Eurasia. Comprende le direttrici terrestri della "zona economica della via della seta" e la "via della seta marittima del XXI secolo" (in cinese: 丝绸之路经济带和21世纪海上丝绸之路S, Sīchóu zhī lù jīngjìdài hé èrshíyī shìjì hǎishàng sīchóu zhī lùP), ed è conosciuta anche come "iniziativa della zona e della via" (Belt and Road Initiative , BRI ) o "una zona, una via" e col corrispondente acronimo inglese OBOR (one belt, one road).
Partendo dallo sviluppo delle infrastrutture di trasporto e logistica, la strategia mira a promuovere il ruolo della Cina nelle relazioni globali, favorendo i flussi di investimenti internazionali e gli sbocchi commerciali per le produzioni cinesi. L'iniziativa di un piano organico per i collegamenti terrestri (la cintura) è stata annunciata pubblicamente dal presidente cinese Xi Jinping a settembre del 2013, e la via marittima ad ottobre dello stesso anno, contestualmente alla proposta di costituire la Banca asiatica d'investimento per le infrastrutture (AIIB), dotata di un capitale di 100 miliardi di dollari USA, di cui la Cina stessa sarebbe il principale socio, con un impegno pari a 29,8 miliardi e gli altri paesi asiatici (tra cui l'India e la Russia) e dell'Oceania avrebbero altri 45 miliardi (l'Italia si è impegnata a sottoscrivere una quota di 2,5 miliardi).
La Via della Seta Terrestre attraversa tutta l'Asia Centrale e arriva dalla Cina fino alla Spagna: con le infrastrutture esistenti sono già stati simbolicamente inaugurati i collegamenti merci diretti fino a Berlino e Madrid, ma è allo studio anche la possibilità di una linea passeggeri ad alta velocità. La Via Marittima costeggia tutta l'Asia Orientale e Meridionale, arrivando fino al Mar Mediterraneo attraverso il canale di Suez. L’Italia sarebbe direttamente coinvolta nel progetto, offrendo l’ultimo porto del Mediterraneo prima del transito delle merci verso il Nord Europa.
Le proposte avanzate dal Presidente del Consiglio dei Ministri Paolo Gentiloni durante l’OBOR Summit a Pechino sono Venezia, Trieste e Genova.
La AIIB è un veicolo per catalizzare gli investimenti necessari al miglioramento delle infrastrutture ferroviarie e portuali, complessivamente stimati in 1800 miliardi di dollari in dieci anni.[1] Nel quadro dell'iniziativa della Nuova via della seta la Cina sta promuovendo anche investimenti diretti, anche in ambiti anche non direttamente collegati alla logistica. A questo scopo, nel novembre 2014 ha creato anche un Fondo per la Via della Seta, dotandolo di 40 miliardi di dollari USA.[2]
Secondo alcuni studi OBOR coinvolgerebbe fino a 65 nazioni: più della metà della popolazione mondiale, tre quarti delle riserve energetiche e un terzo del prodotto interno lordo globale, rappresenterebbe il più grande progetto di investimento mai compiuto prima, superando, al netto dell’inflazione odierna, di almeno 12 volte l’European Recovery Program, il celebre Piano Marshall.[3][4]
Note
- ^ Paolo Borzatta, Ultima chiamata per l'Europa, 02 aprile 2015.
- ^ (EN) Jeremy Page, China to Contribute $40 Billion to Silk Road Fund New Trade-Development Push Gathers Momentum, in http://www.wsj.com/articles/china-to-contribute-40-billion-to-silk-road-fund-1415454995, 8 novembre 2014.
- ^ (IT) L'asse si sposta ad Oriente: la nuova Via della Seta | Prosperous Network, in Prosperous Network, 23 giugno 2017. URL consultato il 12 luglio 2017.
- ^ (EN) Inside China’s Global Spending Spree, in Fortune. URL consultato il 12 luglio 2017.
Simbolo e genealogia del clan Dulo, dinastia dei primi re di Bulgaria
Il Clann Dulo fu la prima Dinastia bulgara, il cui capostipite fu Kurt (o Kovrat). Suo figlio, Asparuch, passò il Danubio al tempo di Costantino IV Pogonato (668-685). Contro di essa si schierò Kormisos, della tribù degli Ukil, aprendo la strada alla guerra civile.
Kubrat (anche Kurt, Kovrat, Kobrat, Kuvrat, Korbat, Qobrat, Khudbard, Kuvarog, Krovat, Kurbat e anche Bashtu) (... – ...) è stato uno dei khan dei Bulgari che visse nel VII secolo.
Appartenente alla tribù dei Dulo (Dub o Duba) egli è avaro per discendenza paterna, figlio del balto-avaro Alburi, e bulgaro per discendenza materna.
Kubrat viene confermato dal khan Sibir come primo sovrano degli Onogur (Scythi populi), la seconda dinastia degli Avari. Durante il regno di suo figlio Bajan le terre degli Avari si estenderanno dal Danubio fino al Volga.
Kubrat giunge a Costantinopoli nel 619 come ostaggio e qui viene battezzato. Il suo zio materno Organa (Organ o Ornag) regna, come reggente, sulla sua tribù, gli Onogundur, finché egli non è abbastanza adulto per assumerne il comando. Uno dei primi atti di governo di Kubrat è la pace con l'Impero Bizantino, di cui ammira la cultura.
Alla sua morte viene sepolto a Poltava (che in balto-avaro significa Capo degli Avari). Il suo kurgan è stato scavato nel 1912.
Dopo la morte di Kubrat, il figlio Batbajan (anche detto Bezmer o Bezmes Bayan) eredita il regno ma presto altri "figli" si pongono alla guida di fazioni ribelli provocando la secessione dall'impero di Kubrat. Il primo, conosciuto come Kotrag, dopo aver sollevato alcune tribù, muove verso il Volga, dove fonda lo Stato della Bulgaria del Volga.
In seguito Utzindur (Balkor) muove la tribù ribelle dei Kuber in Pannonia per poi dirigersi verso sud. Atilkese muovendo la sua orda dall'Ucraina verso sud-ovest si unisce ai Bulgari a sud del Danubio fondando lo Stato di Bulgaria. Emnetzur, che inizialmente si rifugia in Pannonia si unisce poi ai Longobardi in marcia verso ovest.
In seguito Utzindur (Balkor) muove la tribù ribelle dei Kuber in Pannonia per poi dirigersi verso sud. Atilkese muovendo la sua orda dall'Ucraina verso sud-ovest si unisce ai Bulgari a sud del Danubio fondando lo Stato di Bulgaria. Emnetzur, che inizialmente si rifugia in Pannonia si unisce poi ai Longobardi in marcia verso ovest.
The Dulo clan was the ruling dynasty of the Bulgars. The origins of the Bulgars and Dulo clan are not known precisely, there are many theories about their origin.[1] It is generally considered that the origin of the Dulo clan and Bulgars, or at least of the elite caste,[2] is intimately related to the origin and activity of the Huns and Western Turks.[3]
The royal family and rulers of the Old Great Bulgaria (632–668) and first half of the First Bulgarian Empire (681–1018), in their prince list (Nominalia of the Bulgarian khans) claimed through Irnik, which was probably related or the Attila's son Ernak itself, Attilid descent.[1][4]
Research history
The most what is known about the clan is written in the Nominalia of the Bulgarian khans. The Nominalia lists as the first ruler mythical Avitohol, who lived 300 years and descended from the Dulo clan.[5] Josef Marquart and many other historians identified Avitohol with Attila the Hun.[6][7] Steven Runciman considered the connection possible, but suspicious and unimportant if the link between Irnik-Ernak is confirmed.[8] Runciman considered the name Avitohol meaningless and its biblical origin more convincing.[9] He considered that the missionaries were spreading Old Testament stories around the Eurasian Steppes, as well the story of Japheth, the ancestor of Eurasian people, which easily modifies into the Latin name Avitus (ancestral; grandfather) and Turkish Awit (ancestor) it derives from.[10]Runciman considered Avitohol to be a distant mythological ancestor.[11] Ivan Biliarsky considers that both Avitohol and Irnik were only mythic figures of the historical personalities.[7] According to him the Nominalia shows that the clan memory and genealogy important to Central Asian peoples was likewise significant to the Bulgars, as well the cosmological understanding of the history, as the Avitohol and Irnik were mentioned in the category of the creator and founder, the mythological divine ancestor-creator represented in the reincarnation of the cultural hero within time cycles.[7][12] Jean W Sedlar considered the Attila connection justly doubtful, and argued the possibility of a steppe dynasty which produced Hunnic rulers like Attila may have also produced rulers for the Bulgars.[13]
The second listed ruler is Irnik, who lived 150 years and also descended from the Dulo clan.[14] It is generally considered that in the Nominalia under Irnik was considered the third son of Attila, Ernak.[15][7] Vasil Zlatarski thought the identification between Irnik and Ernak pointless, and they were two different persons and families.[16] Zlatarski pointed out, which points Runciman considered to be indisputable;[17] if Irnik was Ernak, then both Ernak and Atilla belonged to the Dulo clan, whereas, actually, no source mentions Dulo clan in connection with them;[16] according to the Nominalia Irnik ruled from 437, i.e. several years before the death of Attila in 453, which is impossible.[18] Due to be assigned a reign of 150 years, Runciman considered the inaccuracy of the date of accession as venial mistake.[8]
Kurt (Kubrat; c. 632–665), a member of the clan, revolted against the Pannonian Avars and founded the Old Great Bulgaria on the territory of modern Ukraine.[1] During the second half of the 7th century his sons split up the Bulgar royal family and spread over Europe, from the Volga river to the shadow of Matese mountains: Bezmer (Ukraine), Kotrag (Volga Bulgaria), Kuber (Balkan Macedonia), Asparukh (Danube Bulgaria) and Alcek (Sepino, Bojano, Isernia).[19] In the Nominalia the Bezmer (c. 665–668) was the last Dulo ruler on the Northern side of Danube river (of the Old Great Bulgaria), while the Asparukh (c. 681–701) was the first from the Southern side of the river (First Bulgarian Empire). He was followed by Tervel (c. 700–721), and the last ruler of Bulgaria from the Dulo clan, Sevar (c. 721–737). According to Theophanes, in 761 or 762 the Bulgars "rose up, killed their hereditary lords and set up as their king an evil-minded man called Teletzes, who was 30 years old".[20] Historians usually interpreted the testimony as evidence of a massacre of the previous dynasty (the Dulo clan), and the rise of a new leader with no connection to the previous regime.[20][21]
Origin
The exact origin is obscure.[1] Some researchers consider that the origin of the clan probably was Turkic.[21][22][23] This proposition was suggested by Mikhail Artamonov,[24] and was prompted by Lev Gumilev (1967), impling there may be made an association of the Dulo clan with the five Duolu or Tu-lu tribes of the Western Turks.[24] The First Turkic Khaganate (552–581) was during the Göktürk civil war (581–593) divided into Western and Eastern Khaganate. The Western was led by Onoq (ten arrows), the five Duolu and five Nushibitribes.[24] Many modern historians consider that the first historical Bulgar ruler Kubrat belonged to the Dulo clan of the Western Turks - the so-called alliance Onogurs Bulgars.[25][26][27][28]
Some historians have even identified the Western qaghan Mohotu (Külüg Sibir) with Organa, the nephew of Kubrat.[21][29] Accurately or not, it still points to the rivalty between the Bulgars, led by Kubrat from the Dulo clan, and the Khazars, led by the Ashina clan.[20][29]
Omeljan Pritsak further considered the connection of the name of Dulo clan with the name of the old Xiongnu ruling house T'u-ko (in Early Middle Chinese D'uo'klo).[28][23] This association could further prove the link between Xiongnu and Huns (as well Huns and Bulgars).[28][30] Peter B. Golden considers the Turkic association as speculative.[24]
Mercia MacDermott claimed that the Dulo clan had the dog as its sacred animal.[31] MacDermott considered that the Bulgarian expression preserved to this day "he kills the dog", in the meaning "he gives the orders", is a relic of the time when the Dulo Khan sacrificed a dog to the deity Tangra in the name of the whole community.[31]
Some modern Bulgarian scholars, the most prominent of them, namely Peter Dobrev, argued that the Turkic names of the animals in the Bulgar calendar (also found in the Nominalia) show that the Turkic peoples had borrowed these words from the Iranian language (Bulgars). However, according to Raymond Detrez, this theory is rooted in the periods of anti-Turkish sentiment in Bulgaria, and is ideologically motivated.[32] As such the proto-Bulgar language (of the group which established the state of Bulgaria), was claimed to be of Iranian language although it is generally accepted it was Turkic of Oghuric branch and related to modern Chuvash.[32]
Aleksandar Burmov noted that the medieval writers under various names mentioned Huns and Bulgars, and some authors mentioned them as separate ethnic categories.[33] The cases of mixing information for Bulgars and Huns in some authors, as well as possible rapprochement of the names Avitohol - Attila and Irnik - Ernak, do not give reason to draw a line of equality between the two ethnic groups.[33] According to Burmov there is no historical evidence that the Bulgars and Huns lived in the same territory.[33] Burmov, Peter B. Golden, Gyula Németh and Panos Sophoulis concluded that claiming of Attilid descent shows the intermingling of European Huns elements with newly arrived Oğuric Turkic groups, as the number of evidence of linguistic, ethnographic and socio-political nature show that Bulgars belonged to the group of Turkic peoples.[33][21][23][27]
Etymology
B. Zhivkov emphasized that Dulo and Nushibi were tribal confederations, and not ruling dynasties.[29] B. Simeonov derived Dulu from Turkic dul/tul (big, powerful, giant; war horse), and saw Dulo as partly Slavicized form.[24] The *Dullu Simeonov derived from Old Hunnic dul + lu (mounted, horseman).[24] According to P. B. Golden no such Hunnic word is attested.[24] According to G. Clauson, Old Turkic tul denotes "widow, widower".[24] All theories P. B. Golden considers for now as speculative.[24]
Legacy
Dulo Hill on Livingston Island, near Antarctica, is named after the Bulgarian ruling dynasty Dulo.[34]
References
Notes
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- ^ Jump up to:a b c d Zlatarski (Burmov) 1948, p. 83.
- Jump up^ Composite Gazetteer of Antarctica: Dulo Hill.
Sources
- Zlatarski, Vasil N. (1918). Medieval History of the Bulgarian State, Vol I: History of the First Bulgarian Empire, Part I: Age of Hun-Bulgar Domination (679-852) (in Bulgarian). Sofia: Science and Arts Publishers, 2nd Edition (Petar Petrov, Ed.), Zahari Stoyanov Publishers, 4th Edition, 2006. ISBN 954-739-928-4.
- Pohl, Walter (1998), "Conceptions of Ethnicity in Early Medieval Studies", in Lester K. Little; Barbara H. Rosenwein, Debating the Middle Ages: Issues and Readings, Blackwell Publishers, pp. 13–24
- Runciman, Steven (1930). A History of the First Bulgarian Empire. G. Bell & Sons, London.
- Hyun Jin Kim (2013). The Huns, Rome and the Birth of Europe. Cambridge University Press. ISBN 9781107009066.
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