Blog di letteratura, storia, arte e critica cinematografica e televisiva. I racconti e i romanzi contenuti in questo blog sono opere di fantasia o di fanfiction. Gli eventi narrati e i personaggi descritti, esclusi quelli di rilevanza storica, sono del tutto immaginari. Ogni riferimento o somiglianza a persone o cose esistenti o esistite, o a fatti realmente accaduti, è da considerarsi puramente casuale. Gli elementi di fanfiction riguardano narrazioni di autori molto noti e ampiamente citati.
venerdì 19 maggio 2017
Il sito archeologico dell'antica Mari in Mesopotamia
Mari è stata una città mesopotamica, contemporanea di Uruk, nata intorno alla fine del IV millennio a.C. (primi insediamenti intorno al V millennio a.C.) sul medio corso del fiume Eufrate.
Fu un importante centro sumerico nel III millennio a.C. e arrivò al massimo splendore agli inizi del II millennio a.C., finché non fu distrutta dal re Hammurabi di Babilonia nel 1759 a.C.[1].
Il sito archeologico (Tell Hariri), si trova oggi in Siria, a circa 11 km dalla cittadina di Abou Kemal[1] (o Al Bukamal[2]) e a circa 30 km dalla frontiera con l'Iraq; costituisce uno fra i più importanti siti archeologici mesopotamici.[3]
Situazione geografica
La città si apre nella valle dell'Eufrate, a valle di Deir el-Zor particolarmente ampia. La steppa arida (con una piovosità di circa 150 mm annui) venne resa coltivabile attraverso un'ampia rete di canali di irrigazione e di dighe, permettendo di sfruttare il fertile suolo alluvionale.
La rete di irrigazione, che favorisce inoltre le comunicazioni per via fluviale, si appoggia su un bacino di ritenuta che in inverno veniva alimentato dall'acqua piovana.
Alcune tavolette sembrano attestare che durante l'epoca amorrita le casse statali fossero alimentate dai forti dazi (circa il 20% del valore) imposti alle merci di passaggio. Mari fu tuttavia un centro commerciale principalmente terrestre, a causa della scarsa navigabilità dell'Eufrate poco più a valle.
Storia
Mari negli archivi di Ebla
Le prime menzioni storiche della città compaiono in testi del XXIV secolo a.C. rinvenuti nel sito di Ebla: in quest'epoca i sovrani eblaiti sono tributari di Mari, ma conquisteranno in seguito l'indipendenza.
Questo primo periodo di fioritura di Mari si concluse con la conquista da parte del primo sovrano di Akkad, Sargon il Grande, che la distrusse intorno al 2330 a.C.
Gli šakkanakku
Con la fine dell'impero accadico, nel XXIII secolo a.C. Mari ritorna all'indipendenza. Restano al potere i governatori militari insediati dai re accadici e conservano la titolatura sumera di šagin (in sumero) o šakkanakku (in accadico).
I re della terza dinastia di Ur, che dominano la Mesopotamia dalla fine del XXII secolo a.C., non intaccano l'indipendenza della città. In questo periodo abbiamo solo scarse fonti scritte, ma i resti archeologici ne testimoniano la prosperità.
Nel corso del XXI secolo a.C. la dinastia degli šakkanakku scomparve e il XX secolo a.C. sembra essere stato un periodo oscuro, nel corso del quale la città dovette vivere un momento difficile.
Epoca amorrea
Storia
Yakhdun-Lim (regno 1810 a.C./1793 a.C.) è il primo re di Mari del periodo successivo ad essere ben conosciuto, mentre del padre, Yaggid-Lim, non si sa nulla. Si dedicò ad estendere il suo regno verso ovest, sottomettendo Terqa (Tell Ashara) e Tuttul (Tell Bi'a), e verso il fiume Khabur a nord, vincendo il re amorreo di Ekallatum, Samsi-Addu.
Si alleò quindi con Eshnunna (Tell Asmar) e venne per questo in conflitto con il re di Aleppo che per rappresaglia fomentò contro di lui una rivolta dei nomadi Benjaminiti. Il suo regno terminò con un colpo di Stato che portò sul trono il figlio, Sumu-Yamam.
Samsi-Addu, che era stato sconfitto da Yakhdun-Lim, invase il regno di Mari e intorno al 1782 a.C. vi pose sul trono il proprio giovane figlio Yasmakh-Addu, mantenendo tuttavia il controllo.[3] Yasmakh-Addu aveva preso in sposa la figlia del re di Qatna (Tell Mishrife) e fu ancora in rapporti tesi con il re di Aleppo Sumu-epukh.
Alla morte di Samsi-Addu nel 1775 a.C., un discendente della famiglia reale di Mari, Zimri-Lim, riuscì a riprendersi il trono di Mari con l'appoggio del re di Aleppo, del quale rimase alleato o vassallo.
Fu quindi in conflitto con il re di Eshnunna, che fomentò una rivolta dei Benjaminiti, i quali vennero però sconfitti. Si alleò quindi con il re di Elam contro Eshnunna, ma quando questa città cadde, l'Elam minacciò le posizioni di Mari nella regione del Khabur a nord.
Zimri-Lim si alleò dunque con il re di Babilonia, Hammurabi, che anch'egli aveva sostenuto in precedenza l'Elam. La coalizione formatasi contro l'Elam ne impedì le mire espansionistiche. In seguito aiutò Hammurabi a prendere Larsa, ma con la caduta di questa città Hammurabi rivolse i suoi interessi verso nord, minacciando le posizioni di Mari. I successivi avvenimenti non sono ben conosciuti, ma Mari venne presa e distrutta dai Babilonesi nel 1759 a.C.[1].
Organizzazione del regno
Grazie agli archivi in tavolette di argilla rinvenuti negli archivi del palazzo reale, l'organizzazione del regno all'epoca di Zimri-Lim è ben conosciuta.
A capo del regno era il re (šarrum), coadiuvato da un visir che controllava l'economia del regno (šukkallum) e da un consiglio che lo assisteva nel prendere le decisioni (pirištum).
Il regno era suddiviso in quattro province, legate alle città di Mari, Terqa, Saggaratum e Qatturan, e al territorio di Suhum, con statuto particolare. A capo di ciascuna provincia era posto un governatore (šapitum), coadiuvato da un intendente (abu bītim), da un responsabile dei domini (ša sikkatim) e dal capo dei pascoli, che controllava le tribù nomadi (merhūm).
L'esercito riprendeva l'organizzazione del regno di Ur nel corso della terza dinastia di Ur. Era suddiviso in unità di dieci uomini (eširtum, comandata da un waklum) che potevano essere raggruppate per cinque (comandate da un laputtum) o per dieci (pirsum, comandata da un rab pirsim). Esistevano raggruppamenti di due o tre pirsum, con duecento o trecento soldati (comandati da un rabi amurrim) e infine un'armata di circa mille uomini (ummānum) era comandata da un generale (âlik pān ṣābim) che faceva parte dei grandi dignitari del regno. Esistevano inoltre diversi tipi di unità: guarnigioni cittadine (sāb birtim), guardia di palazzo (sāb bāb ekallim), un corpo di genieri (sāb tupšikkānim), e ancora corpi per spedizioni militari e corpi formati da etnie specifiche.
Sito archeologico
Gli scavi delle rovine di Mari sono stati intrapresi a partire dal 1933 dall'archeologo francese André Parrot che, nelle sue ricerche durate oltre vent'anni, trovò l'archivio reale con circa ventimila tavolette d'argilla contenenti iscrizioni la cui decifrazione permise, tra l'altro, di datare più esattamente il periodo di regno di Hammurabi. Gli scavi furono poi ripresi nel 1979 da Jean-Claude Margueron. Nel corso di circa 40 campagne di scavo è stato scavato circa un quindicesimo dell'estensione totale del sito, di circa 14 ettari. In una profondità di circa 14,5 metri si distinguono chiaramente tre livelli di occupazione, dei quali solo il più recente (Mari III) è stato largamente documentato, mentre i primi due non hanno ancora rivelato tutti i loro segreti[4]
Mari I
I primi livelli di occupazione del sito risalgono alla fine del IV millennio a.C. e la città acquisì poi importanza agli inizi del III millennio a.C.
A quest'epoca si deve la creazione della rete di irrigazione sulla riva destra dell'Eufrate, che permetteva la coltivazione della valle.
Secondo Jean-Claude Margueron, direttore degli scavi dal 1979, apparterrebbe a quest'epoca anche lo scavo di un canale di circa 120 km di lunghezza che collegava il fiume Eufrate al fiume Khabur, a circa 10 km a valle di Mari. Secondo altri invece, poiché non viene citato in nessuna delle fonti antiche, sarebbe una realizzazione molto più tarda.
La città venne fondata ad una certa distanza dal fiume, per evitare il pericolo di inondazioni, e per lo stesso motivo era circondata da una diga di contenimento. Un canale permetteva l'approvvigionamento d'acqua e l'accesso al porto della città.
Le difese erano assicurate da una cinta di mura di 1.300 m di diametro, ma della città si sono rinvenute solo alcune case, in quanto gran parte di essa è ricoperta dai livelli successivi. Gli oggetti in bronzo rinvenuti testimoniano lo sviluppo della metallurgia.
Mari II
Per ragioni sconosciute la città perse di importanza per riacquistarla poi a metà del III millennio a.C.
A quest'epoca risale un tempio dedicato alla dea Ištar, rimesso in luce nella parte ovest del tell principale.
Altri templi sono stati rimessi in luce nella zona centrale, dedicati a divinità del pantheon sumero (Ninhursag, Šamaš, il re divinizzato Ninni-Zaza e ancora Ištar (Ishtarat) e forse Dagon), a cui si aggiunge il "Massiccio rosso", un'alta terrazza che doveva anch'essa sostenere un tempio. Non è stato invece identificato il tempio, noto dai documenti, dedicato a Itur-Mêr, divinità tutelare della città.
Accanto ai templi si collocava il "Recinto sacro", nel sito che in seguito sarebbe stato occupato dal palazzo reale del II millennio, costituito da numerosi piccoli ambienti che circondano uno spazio centrale. Nei pressi si trovava il primo palazzo ("palazzo presargonide"), anch'esso poi ricoperto dal palazzo reale successivo. Sono state rimesse in luce anche alcune abitazioni e statue e oggetti preziosi.
La distruzione della città fu probabilmente dovuta ad una ritorsione del re accadico Naram-Sin nel XXIII secolo a.C. contro la città che si era ribellata.
Mari III
All'epoca dei šakkanakku la città fu ampiamente rinnovata. Venne costruito una grande cinta in mattoni crudi e fu costruito un nuovo palazzo reale, che comprendeva all'interno il "Recinto sacro" dell'epoca precedente. Un secondo palazzo ospitava i membri della famiglia reale o la residenza del re stesso. Grandi ipogei sotterranei dovevano ospitare le tombe reali, saccheggiate in seguito. Vennero rinnovati alcuni dei templi e fu costruito su un'alta terrazza il "Tempio dei leoni".
Le ultime fasi
Dopo la distruzione babilonese, Mari diviene una piccola borgata priva di importanza, in seguito allo spostamento delle rotte commerciali, che incominciarono ad evitare il medio corso dell'Eufrate, la cui valle perse di importanza.[1]
Il sito venne definitivamente abbandonato in epoca seleucide.
Palazzo reale del II millennio a.C.
Considerato uno dei capolavori dell'architettura antica orientale[5] ed all'epoca una delle meraviglie del mondo,[1] il palazzo reale (noto anche come palazzo di Zimri-Lim)[5] costituisce il monumento più imponente della città. Fu costantemente rinnovato fino alla distruzione babilonese del 1759 a.C.[5] e i livelli meglio conosciuti sono quelli immediatamente precedenti alla rovina, legati al regno di Zimri-Lim.[senza fonte]
Il suo stato di conservazione era ottimo al momento della scoperta, ma l'esposizione agli agenti atmosferici ne ha accelerato il degrado, come per gli altri edifici di Mari.
Copre circa 3 ettari, con circa 300 ambienti o cortili al piano terra ((e in origine aveva anche un secondo piano, raggiungendo un numero di circa 550 ambienti di diversa ampiezza.)) Era un insieme perfettamente organizzato in unità funzionali, ben delimitate architettonicamente e servite da grandi cortili: scuderie, magazzini, uffici amministrativi, alloggi per il personale, cucine. Questo insieme permetteva di assicurare la sicurezza del re e lo svolgimento dei compiti di amministrazione del regno. Non vi erano invece ospitate officine artigianali.[1][5]
Il palazzo comprendeva spazi sacri e un luogo di culto della dea Ištar e, nella parte occidentale, sale di rappresentanza ufficiali, con il "Cortile del palmeto" e sul lato orientale una "Sala del trono" di 25 m x 11 m, alta almeno 12 m. Al di sopra di ambienti adibiti a magazzino erano gli appartamenti reali, mentre un edificio separato ("Casa delle donne") ospitava probabilmente le mogli e le concubine reali.[1]
I tetti potevano essere utilizzati come posti di sorveglianza in tempo di guerra, mentre in tempo di pace erano adoperati come luoghi dove prendere fresco.[1]
Una delle maggiori testimonianze del palazzo includono le pitture murali, ritrovate nella sala delle udienze e nel cortile interno dell'edificio.[5]
- Investitura di Zimri-Lim, Museo del Louvre
Dall'edificio sono state ritrovate all'incirca 25.000 tavolette cuneiformi e molte statue.[1]
Tempio di Ištar
Il tempio dedicato alla dea Ištar, nella zona occidentale del tell, fu continuamente ricostruito sullo stesso luogo, a partire dalle prime fasi della storia della città. La sovrapposizione degli strati archeologici relativi alle diverse fasi dell'edificio raggiunge uno spessore di 6 m. È possibile che i successivi templi siano rimasti in uso per circa sei secoli.
Un primo edificio sacro è quasi sconosciuto, essendo stato obliterato dalle costruzioni successive. Successivamente venne costruito un tempio monumentale (area di circa 26 m x 25 m) su fondamenta in blocchi di alabastro.
Nella fase successiva il complesso sacro comprendeva un sacello sul lato occidentale e una casa per i sacerdoti su quello orientale; un podio a forma di barca inglobava ceramiche votive. Il tempio vero e proprio fu quindi ospitato in una semplice cella rettangolare di 9 m x7 m, i cui muri erano spessi non meno di 3 m.
Per le fasi successive furono rinvenute negli scavi tracce di resti combusti di sacrifici e una statua dedicata alla dea dal re "Lamgi-Mari", che si definiva "grande governatore del dio Enlil". Nel cortile del tempio si rinvenne inoltre una statuetta dell'intendente Ebih-Il, in gesso, con inserti di lapislazzuli e conchiglia.
L'archivio di Mari
L'archivio del palazzo reale di Mari fu scoperto dagli archeologi francesi negli anni trenta ed oggi la maggior parte di esso è stata pubblicata [6] [7] [8] [9]. [10] Si tratta di più di 25.000 tavolette di argilla scritte in lingua accadica. Questa era la lingua ufficiale dello stato, tuttavia i nomi propri e qualche indizio sintattico ci mostrano che la lingua comunemente parlata a Mari era una lingua semitica occidentale. Quasi tutte le tavolette risalgono agli ultimi cinquant'anni di indipendenza di Mari (ca. 1800 – 1750 a.C.).
Esse costituiscono l'archivio di stato del regno di Mari e ci forniscono informazioni circa le istituzioni e le tradizioni del regno ed inoltre ci resituiscono i nomi delle persone che vissero in quel tempo. Più di ottomila tavolette sono rappresentate da lettere, le altre consistono in documenti amministrativi, giudiziari e contabili. La scoperta degli archivi ha portato ad una completa revisione della cronologia del Vicino Oriente antico nell'epoca che precede il primo impero babilonese, ed ha fornito più di cinquecento nomi di località tanto da ridisegnare la carta geografica della prima metà del secondo millennio a.C.[11].
Note
- ^ a b c d e f g h i André Parrot, I Sumeri, Feltrinelli, 1960, pp. 254-261, 282.
- ^ Vedi il nome riportato in Google maps
- ^ a b André Parrot, Gli Assiri, Feltrinelli, 1963, pp. 2, 327.
- ^ Scheda su Mari nel sito dell'Unesco: Mari & Europos-Dura sites of Euphrates Valley
- ^ a b c d e Seton Lloyd, Hans Wolfgang Müller, Architettura delle origini, Electa Editrice, 1980, pp. 23-25.
- ^ André Parrot, Les Fouilles de Mari. Deuxième campagne (hiver 1934-35), Syria, T. 17, Fasc. 1, pp. 1-31, 1936
- ^ André Parrot, Les fouilles de Mari. Première campagne (hiver 1933-34). Rapport préliminaire, Syria, T. 16, Fasc. 1, pp. 1-28, 1935
- ^ André Parrot, Les Fouilles de Mari. Septiéme Campagne (Hiver 1951–1952), Syria, T. 29, Fasc. 3/4, pp. 183-203, 1952
- ^ André Parrot, Les fouilles de Mari: Douzième campagne (Automne 1961), Syria, T. 39, Fasc. 3/4, pp. 151-179, 1962
- ^ Tutte le relazioni delle campagne pubblicate sul periodico "Syria. Archéologie, Art et histoire" negli anni dal 1920 al 2000 sono ora disponibili online, a questo indirizzo.
- ^ Jack M. Sasson, The King and I a Mari King in Changing Perceptions, in Journal of the American Oriental Society, vol. 118, nº 4, American Oriental Society, ottobre–dicembre 1998, pp. 453–470, DOI:10.2307/604782, JSTOR 604782.
Bibliografia
- André Parrot, Mission archéologique de Mari, 4 volumi, Geuthner, Parigi 1958-1968.
- Jean-Claude Margueron, Recherches sur les palais mésopotamiens de l'âge du bronze, Paris 1982.
- Jean-Marie Durand, Le document épistolaires du palais de Mari, 3 volumi, Le Cerf, LAPO, Paris 1997, 1998 e 2000.
- Nele Ziegler, Dominique Charpin, Mari et le Proche-Orient à l'époque amorrite. Essai d'histoire politique (Florilegium. Marianum V), Paris, 2003.
- Jean-Claude Margueron, Mari: métropole de l'Euphrate au IIe et au début du IIe millénaire av. J.-C., ERC, 2004.
- Collana Archives Royales de Mari. Transcription et traduction (ARMT): pubblicazione dei testi cuneiformi provenienti dall'archivio del palazzo reale di Mari.
- Rivista Mari. Annales des recherches interdisciplinaires (MARI), consacrata in primo luogo alle ricerche archeologiche sulla città.
- Collana Florilegium Marianum.
Storia del Vicino Oriente antico
La storia del Vicino Oriente antico muove dalla rivoluzione neolitica, fase protostorica in cui l'uomo, anche in altre parti del mondo, perfezionò progressivamente le più arcaiche tecnologie produttive. L'inizio della storia viene tradizionalmente associato all'invenzione della scrittura (seconda metà del IV millennio a.C.), ma già durante la cosiddetta protostoria del Vicino Oriente la progressiva affermazione dei modelli urbano, templare e palatino[1]rappresenta una marca che caratterizza tutto il periodo che va dal IV millennio a.C. fino alla metà del I millennio a.C. D'altra parte, il ruolo della scrittura rispetto al "sorgere" della storia è importante non tanto perché essa renda disponibili delle fonti di nuovo tipo, bensì perché, come scrive Mario Liverani, "per la prima volta si assiste all'interazione complessa di gruppi umani all'interno di singole comunità (stratificazione sociale, costituzione di una dirigenza politica, ruolo socio-politico dell'ideologia)"[2].
La storia condensatasi nel Vicino Oriente rappresenta la metà dell'intera storia umana documentata[3]. Convenzionalmente viene scandita, oltre che dalla rivoluzione neolitica, da un'età del bronzo (dal 3500 a.C.), solitamente divisa in un periodo antico (nel contesto del quale si verifica, con termine controverso, la "rivoluzione urbana"), un periodo medio (che inizia con il crollo dell'impero di Ibbi-Sin e la progressiva amorreizzazione del Vicino Oriente) e uno tardo (che inizia con una sorta di "età oscura", nel XVI secolo a.C.), per poi passare ad un'età del ferro, che coincide con l'arrivo dei Popoli del Mare (1200 a.C. ca.).
Periodizzazione
Manca una storiografia antica che abbia lasciato una traccia su cui innestare la ricostruzione storica moderna del Vicino Oriente. È una storia che poggia interamente sulle fonti primarie: documentazione amministrativa, commerciale, giuridica, in generale in funzione archivistica. Tale documentazione ha resistito al tempo perché raccolta su un supporto, le tavolette d'argilla, che hanno resistito a incendi, immersione nel suolo e altri agenti atmosferici assai meglio di altri supporti (il papiro, la pergamena, la carta) che verranno via via utilizzati, nella zona considerata o altrove[4].
Oltre che alla luce della ricostruzione greco-classica, il contesto storico antico-orientale è stato letto attraverso la Bibbia[5] e anzi la riscoperta di questa storia ha spesso avuto come motore il tentativo di ricostruire l'ambiente storico che sta dietro i racconti biblici[6].
La periodizzazione del Vicino Oriente antico risulta quindi essere solo un tentativo di categorizzarne o dividerne il tempo in blocchi, o periodi distinti, con un loro nome. Il risultato è un'astrazione descrittiva, che fornisce una chiave utile riguardo ai periodi di tempo del Vicino Oriente con caratteristiche relativamente stabili.
Approssimativamente, il limite alto del contesto storico in esame può essere individuato nel momento in cui vedono la luce le fonti scritte, in aggiunta a quelle puramente archeologiche, mentre il limite basso potrebbe coincidere con l'avvento delle fonti greco-romane[7].
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Problemi cronologici
Lo stesso argomento in dettaglio: Cronologia media, Cronologia bassa e Tavoletta di Venere di Ammi-Saduqa. |
Per il Vicino Oriente antico si seguono naturalmente datazioni archeologiche (collocazione di reperti sia degli uni rispetto agli altri, ma anche datazione assoluta, cioè in rapporto al presente) e datazioni culturali. Le prime si fondano in generale sulla stratigrafia verticale, le seconde sulla stratigrafia orizzontale (quella in uso per le necropoli, ad esempio) e sulla classificazione tipologica. Le seconde devono per forza di cose svolgere un ruolo solo secondario. La datazione assoluta può sostanziarsi con il rinvenimento di documenti testuali in uno strato o con uno dei vari metodi fisico-chimici con cui possono essere datati alcuni materiali, in particolare quelli organici.[9]
Le culture antico-orientali sentirono l'esigenza di fissare una propria cronologia degli eventi (ruolo svolto da scribi e sacerdoti), ma in modi spesso incompatibili con la storiografia modernamente intesa. Le ere in uso in Mesopotamia erano relativamente brevi e facevano riferimento per lo più alle intronizzazioni, in modo che ogni città-stato poteva averne una propria. Così, esiste ad esempio un documento datato "giorno 4, mese III, anno sesto di Nabucodonosor", che rischia, così com'è, di restare slegato dai sistemi di riferimento moderni.[10]
Testi come la Lista reale sumerica (ma anche la Lista dei re babilonesi e la Lista dei re assiri, di epoca posteriore) sono giunti frammentati e incompleti. Vi sono poi anche errori materiali, rinvenibili quando è possibile confrontare diverse riproduzioni della stessa lista. Più decisive ancora risultano le manomissioni, intenzionali in maggiore o minor misura, spesso di sapore politico-ideologico: alcuni re o intere dinastie vengono espunte, alcune dinastie che esercitarono il loro potere nello stesso periodo vengono messe acriticamente in sequenza. Più facilmente controllabile risulta l'inserimento di elementi mitico-leggendari, in particolare agli inizi di queste liste.[11]
La cronologia che si è riusciti a estrapolare dai dati a disposizione è sufficientemente precisa per il periodo 1500-500 a.C. e anzi, per il I millennio a.C. gli storici hanno a disposizione cronache babilonesi e annali assiri che risultano più precisi delle liste.[11]
La Lista reale assira è la sequenza dinastica meglio conservata e la più lunga. Eppure, verso la metà del II millennio a.C. si produce uno iato, provocato da diverse sovrapposizioni di dinastie babilonesi. Per il periodo 2500-1500 a.C. questo iato misura circa dieci anni, ma diventa più corposo man mano che si retrocede a tempi più antichi. Il tentativo di sistemare lo iato in relazione al periodo intorno alla metà del II millennio a.C., riferendosi ad allusioni a fenomeni astronomici contenuti in testi paleo-babilonesi (periodo di Ammi-Saduqa, re della prima dinastia babilonese: 1582-1562 a.C., secondo la cronologia corta; si tratta della cosiddetta "tavoletta di Venere di Ammi-Saduqa") non ha avuto successo, poiché gli astronomi non hanno trovato un accordo sull'interpretazione di queste allusioni. In base alle incerte indicazioni degli astronomi, sono state determinate tre cronologie diverse: una, cosiddetta "lunga", una "media" e una "corta". Quella "media" ha riscosso il maggior consenso. La cronologia più solida è quella relativa alla Mesopotamia: quelle delle aree circostanti si appoggiano a questa.[12]
Protostoria
Lo stesso argomento in dettaglio: Protostoria del Vicino Oriente. |
Epipaleolitico[modifica | modifica wikitesto]
Robert John Braidwood distingue due fasi:
- «periodo di caccia e raccolta intensificata» (ca. 15.000-10.000 a.C.)
- «periodo della produzione incipiente» (ca. 10.000-7.500 a.C.)
Nella prima fase, l'insediamento è ancora in caverne e le comunità, al seguito degli animali che sostentano la loro dieta, sono formate da 40-50 individui al più. Gli uomini non hanno ancora sviluppato nessuna tecnica di produzione o conservazione del cibo e la sussistenza resta una sfida quotidiana.[13] L'uomo tende a cacciare prede più minute (gazzelle, ovini, caprini), ma non lo fa più in modo indiscriminato: si tenta piuttosto di salvaguardare la consistenza del gregge, attraverso una forma che è di controllo, anche se non ancora diretto.[13] La raccolta di graminacee e leguminose produce un'involontaria diffusione e selezione dei semi.[13] L'industria litica si dirige verso il microlitismo. Appaiono i primi pestelli.[14]
Nella seconda fase, inizia l'addomesticamento delle greggi, con il conseguente utilizzo di latte e lana, e i primi esperimenti di coltivazione. L'uomo inizia ad abbandonare gradualmente il nomadismo, stabilendosi progressivamente in bassa montagna, accanto ad una forte varietà di unità ecologiche.[15]
Neolitico
Neolitico aceramico
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Il periodo del neolitico aceramico (ca. 7.500-6.000 a.C.) può essere inteso come un neolitico pressoché "pieno"[17]. La totale sedentarietà, in case di mattoni crudi o fango, si può dire raggiunta. Le abitazioni hanno ora forma quadrangolare, un formato intrinsecamente aperto a nuovi aggregati. Molto importante è in questa fase la cooperazione interfamiliare all'interno dei villaggi, composti ora da diverse centinaia di individui.[18]
I nuclei abitati sono del tutto autonomi, ma i contatti tra di essi si ampliano e arrivano a coprire anche distanze di discreta lunghezza per quanto riguarda la reperibilità di certi materiali (pietre dure, metalli, conchiglie): in particolare, si sviluppa un commercio dell'ossidiana (dall'Anatolia e dall'Armenia), mentre le conchiglie giungono dal Mediterraneo, dal Mar Rosso, dal Golfo Persico. Ci si scambia insomma materiali di pregio e di poco ingombro (non le cibarie, dunque)[18][19].
Il neolitico pieno e la crisi del VI millennio
Il periodo che va dal 6000 al 4500 a.C. è indicato generalmente come "neolitico pieno". L'affermarsi dei nuovi caratteri nell'economia di sussistenza (agricoltura e allevamento) è accompagnato da nuove tecniche di manifattura (tessitura, lavorazione della ceramica e del rame martellato) e dal perfezionamento di quelle già esistenti (punte di freccia, falcetti, strumenti per la lavorazione delle pelli, per la tosatura e la macellazione).
La ceramica, in particolare, usata per cuocere e per consumare i cibi (e più di rado i liquidi), svolge in questa fase un ruolo molto importante, soprattutto per quanto riguarda l'inizio delle coltivazioni estese.[20]
L'allevamento si concentra su cane (usato per la difesa e la caccia), caprovini, suini, bovini e asini.[21]
Gli abitati iniziano a diffondersi dalle zone pedemontane agli altopiani iranici e anatolici e, finalmente, giungono a popolare la piana mesopotamica[22].
Agricoltura irrigua, macinazione dei semi e tecniche di conservazione del cibo sono i momenti più importanti di un'economia ormai quasi esclusivamente a base agro-pastorale. Prosegue comunque l'attività di raccolta e continuano ad essere sempre praticate caccia, pesca e raccolta di molluschi e crostacei.[22]
Nella prima metà del VI millennio incontriamo una fase di arresto o di crisi, segnata dal diminuire sensibile dei dati archeologici (crisi forse imputabile ad un periodo di siccità, conseguente al cambiamento climatico avvenuto intorno al 10.000 e che portò un innalzamento della temperatura)[23].
Rapporti tra comunità: guerra e commercio
La "colonizzazione" neolitica lascia ampi spazi residuali, dedicati alla caccia e alla raccolta. Si ipotizza una bassa conflittualità tra le comunità, poiché le armi pervenuteci non denotano una differenziazione tipologica tra caccia e guerra.[24]
Del linguaggio nulla si sa, me si presume una certa differenziazione e corrispondenza areale alla fase storica. La corrispondenza tra cultura, lingua e ethnos può essere stata maggiore in questa fase seminale, mentre in epoca storica tende ad essere nulla o irrilevante e, al limite, fuorviante.[24]
Quanto al commercio, come detto, la tecnologia neolitica non è in grado di supportare trasporti di materiali ingombranti o di cibi. Vengono commerciati materiali preziosi (nelle proporzioni dell'epoca). È stato possibile ricostruire per grandi linee il commercio dell'ossidiana, a motivo della diversa composizione chimica che ha a seconda del luogo di provenienza (diverse quantità di bario e zirconio).[25]
Schema cronologico del neolitico del Vicino Oriente[26] | |||||||
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6000 | Khabur | Gebel Singiar Assiria | Medio Tigri | Bassa Mesopotamia | Khuzistan | Anatolia | Siria |
5600 | Umm Dabaghiya | Muhammad Giaffar | Çatalhöyük (6300-5500) | Amuq A | |||
5200 | Halaf antico | Hassuna | Samarra antico (5600-5400) Samarra medio (5400-5000) Samarra tardo (5000-4800) | Susiana A | Hagilar Mersin 24-22 | Amuq B | |
4800 | Halaf medio | Hassuna tardo Gawra 20 | Eridu (= Ubaid 1) Eridu 19-15 | Tepe Sabz | Hagilar Mersin 22-20 | Amuq C | |
4500 | Halaf tardo | Gawra 19-18 | Haggi Muhammad (= Ubaid 2) Eridu 14-12 | Khazineh Susiana B | Gian Hasan Mersin 19-17 | Amuq D |
Calcolitico
Lo stesso argomento in dettaglio: Protostoria del Vicino Oriente § Calcolitico e Cultura di Ubaid. |
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Le prime avvisaglie di un passaggio dalla fase protostorica a quella storica consistono nell'edificazione di edifici che sembrano dedicati al solo culto (ma non si tratta di veri e propri templi). Sotto questo aspetto, particolarmente significativa risulta la cultura di Ubaid (che prende il nome dal sito guida di Ubaid, nella Bassa Mesopotamia), una cultura cronologicamente assai consistente (dura infatti dal 4500 al 3500), al cui inizio si fa coincidere l'inizio del Calcolitico locale. È in questa fase che avviene una prima sistemazione infrastrutturale dell'alluvio. Nella fase tarda della cultura di Ubaid si collocano i livelli 7 e 6 del tempio di Eridu, in cui si forma quello che diverrà il modello standard dell'edificio templare mesopotamico per tremila anni. I corredi funerari fanno pensare ad una seminale stratificazione sociale.[28]
La rivoluzione urbana
Lo stesso argomento in dettaglio: Protostoria del Vicino Oriente § La rivoluzione urbana, Periodo di Uruk e Scrittura cuneiforme. |
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Il periodo di Uruk (dal 4000 a 3100 a.C. ca.) prende il nome dal sito guida di Uruk. È in questa fase che viene individuato un "salto" organizzativo: il passaggio dalla nicchia ecologica pedemontana, in cui si interfacciano ambienti assai diversi a distanza ravvicinata, ad una decisamente più vasta, quella dell'alluvio, sembra il motivo fondante che ha spinto le comunità umane ad organizzarsi a livelli congrui: Tigri ed Eufrate offrivano infatti un potenziale raccolto assai più ricco, ma d'altra parte si rendeva necessario un lavoro di canalizzazione fortemente coordinato per permettere il passaggio dall'agricoltura "secca" del pedemontano a quella irrigua dell'alluvio: la prima obbedisce alle precipitazioni, la seconda è in misura maggiore frutto del lavoro umano, perché convoglia le acque lì dove è necessario e drena le quantità in eccesso. L'alluvio, che nel periodo della prima neolitizzazione, era ancora lontano dai fulcri dello sviluppo tecnologico e insediamentale, durante il calcolitico e nel passaggio alla prima età del bronzo diventa il polo centrale e tale rimarrà per tutta l'antichità preclassica, pur in rapporto dialettico con le zone semiaride e con l'elemento nomadico che le abita. Il culmine della "rivoluzione urbana" della Bassa Mesopotamia è da collocare tra il 3500 e il 3200 a.C.[30]: in questa fase, corrispondente al tardo-Uruk, la sedentarizzazione dei produttori agricoli assume proporzioni di rilievo mai riscontrato prima; va notato che "Le grandi organizzazioni della prima urbanizzazione si costituiscono in assenza dello strumento della scrittura: sono proprio le loro esigenze a portare alla sua introduzione"[31].
La prima urbanizzazione
Il nord viene in qualche modo "colonizzato" dal modello Uruk, con la creazione di insediamenti finalizzati a supportare, a quanto sembra, il commercio meridionale (un commercio sostanzialmente fluviale). Pure, è già presente e rimane in vita una cultura autonoma del nord, che si rifletteva (e si rifletterà) in un diverso modello politico, sostanziato da un diverso rapporto con il territorio.[32] In particolare, tra il sud (Sumer) e il nord (Akkad)[33]:
- il territorio del sud è più soggetto a paludizzazione; viene organizzato a livello centrale ("colonizzazione templare")
- a nord i flussi idrici sono controllati con più facilità (a detrimento dei territori a valle); il ruolo dei "liberi" è maggiormente incisivo, data la natura "gentilizia" del comando
In sostanza, insediamenti come Susa o Habuba Kebira sembrano essere vere e proprie "colonie" di Uruk, mentre in diversi centri coevi, nel nord, il rapporto con l'elemento nomadico-pastorale definisce un panorama politico diverso[34]. Si tratta dei centri di Subartu (la futura Assiria) e del triangolo del Khabur: il sito-guida di Tepe Gawra rappresenta per il nord quello che Uruk ha rappresentato per il sud. Quando vi giunge la "colonizzazione", questa si impianta su una importante cultura, mentre, sempre al nord, vi sono anche casi di vera e propria fondazione dal nulla (la stessa Habuba Kebira e Gebel 'Aruda[34]). Un altro importante centro del nord è Ninive.[34] Tell Brak è invece il sito più rilevante del triangolo del Khabur (rilevante il suo "tempio dell'occhio")[35].
Antica età del bronzo
Il Bronzo Antico del Vicino Oriente va dal 3000 al 2000 a.C.[8]
La crisi della prima urbanizzazione[modifica | modifica wikitesto]
Lo stesso argomento in dettaglio: Gemdet Nasr. |
Nella sua fase più tarda (fine del IV millennio a.C.), la cultura di Uruk patisce una forte contrazione, che vede la sparizione di alcuni centri che ad essa fanno riferimento. Le ragioni di questa crisi non sono del tutto chiare: Liverani ipotizza una questione di rendimento dei raccolti, più contratto fuori dell'alluvio.[37] La portata di questa crisi, in assenza di documentazione scritta, può essere valutata solo in rapporto alla cultura materiale (specialmente la produzione ceramica): ad essa succede comunque una regionalizzazione (a fronte della forte omogeneità rappresentata dagli insediamenti tipo-Ubaid). Alla fase di Uruk segue un periodo che prende il nome dal sito guida di Gemdet Nasr (corrispondente a Uruk 3): questa fase è detta "proto-letterata". Ad essa segue il periodo detto "protodinastico", con una prima fase recessiva (Proto-Dinastico I, 2900-2750 ca.).[38]
La fase protodinastica
Lo stesso argomento in dettaglio: Proto-Dinastico (Mesopotamia). |
Con questa fase si entra nel III millennio a.C. Le fasi protodinastiche II e III, dopo la prima fase recessiva, sono di espansione, sia demografica che tecnologica. La regionalizzazione prodotta dalla crisi della prima urbanizzazione si sviluppa adesso in un sistema di città-stato: tra queste, la stessa Uruk, Ur ed Eridu nel sud, Lagash e Umma sul Tigri, Adab, Shuruppak e Nippur nella zona centrale, Kish a nord ed Eshnunna nell'estremo nord.[39]
Periodo Proto-Dinastico in Mesopotamia[40] | ||
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Proto-Dinastico I | 2900-2750 ca. | |
Proto-Dinastico II | 2750-2600 ca. | |
Proto-Dinastico III | a | 2600-2450 ca. |
b | 2450-2350 ca. |
La seconda urbanizzazione
La seconda urbanizzazione in Siria e Alta Mesopotamia
Lo stesso argomento in dettaglio: Ebla, Assur (città), Mari (città) e Giazira. |
Il panorama valido per la prima urbanizzazione (una cultura meridionale che si impianta su un sostrato settentrionale a carattere gentilizio e pastorale) si ripete in occasione della seconda urbanizzazione[32]. Va però detto che questa seconda urbanizzazione ha maggiore diffusione rispetto alla prima e si impianta in modo più stabile e significativo: i due insediamenti fondamentali (vere "teste di ponte" del sud al nord) sono Mari sull'Eufrate e Assur sul Tigri: intorno a questi insediamenti, diretta emanazione sumerica, c'è tutta una costellazione di insediamenti (città o villaggi) che sono invece emanazione della cultura settentrionale: tali insediamenti pedemontani si fondano sull'agricoltura "secca" (che si basa sulle precipitazioni) e sull'allevamento di caprovini (al sud assai meno significativo). L'influenza del sud si avverte sul piano amministrativo, ma la cultura materiale è diversa e si basa su un retroterra ambientale diverso. Si può ipotizzare una certa unità culturale del pedemontano: si va dal pedemonte dell'Anti-Tauro a quello degli Zagros settentrionali. Con l'apparire di una documentazione scritta, in queste zone emergeranno le popolazioni hurrite e semite (i primi nella fascia più nordica).[41]
Sul lungo periodo, questa fascia insediamentale settentrionale fiorirà nel Proto-Dinastico II (2750-2600) e III (2600-2350) e poi fino all'impero di Akkad (2350-2200), l'invasione gutea (2200-2120), la terza dinastia di Ur (2120-2000), mentre si registra una fase declinante nel Bronzo medio e un'ulteriore contrazione nel Bronzo tardo.[42]
La seconda urbanizzazione comporta una solida diffusione del modello "città", e con esso delle istituzioni e caratteristiche che ad essa si accompagnano: un uso sistematico della scrittura (ovviamente circoscritto ad una élite specializzata, quella degli scribi), centralizzazione del comando, gerarchia degli insediamenti e una forte stratificazione sociale (come mostra il commercio diffuso di oggetti di pregio, illuminato dalle scoperte del centro commerciale di Ebla, in Siria).[43] È possibile che all'improvviso picco insediamentale del III millennio a.C. corrisponda una fase climatica più ricca di precipitazioni, perché successivamente, quando le condizioni climatiche peggioreranno, la fascia del pedemontano (il "paese alto") dimostrerà di non poter sostentare un'urbanizzazione troppo fitta.[42] Non vi sono evidenze archeologiche della comparsa della scrittura in Alta Mesopotamia in questa fase presargonica, ma la ricchezza degli archivi di Ebla ha fatto supporre che anche nel "paese alto" la scrittura fosse utilizzata in modo significativo.[44]Del resto, l'archivio di Ebla fa riferimento ad una a-BAR-SÌLA, probabilmente Assur, per cui si parla di un "trattato tra Ebla e Assur". Se di Assur si tratta, si configurerebbe un sistema commerciale internazionale, con due vie principali, quella di Ebla (alto Eufrate, Siria) e quella di Assur (alto Tigri, Anatolia), le cui reciproche interferenze sarebbero all'origine della decisione di regolamentarne l'uso attraverso un trattato (in particolare, il trattato permette ai mercanti assiri di servirsi dei kāru eblaiti). La via di Assur così ipotizzata è peraltro la stessa che si manifesterà nella fase del commercio paleo-assiro.[45]
Importante è anche la documentazione giuntaci da Mari (città ben presente nelle tavolette degli archivi di Ebla) e dal suo cosiddetto "palazzo presargonide" (forse già del Proto-Dinastico IIIa), i vari templi, tra cui quello di Ishtar. Mari appare una diretta emanazione sumerica, ma la documentazione rivela un'onomastica in gran parte semita e la lingua è la stessa che a Ebla, una lingua semitica "pre-amorrea".[46] Un documento fondamentale per discernere i rapporti tra Ebla e Mari è la cosiddetta "lettera di Enna-Dagan" (non è però chiaro se Enna-Dagan fosse un re di Ebla o, come è più probabile, un re di Mari). Nel complesso, il ruolo commerciale di Mari, passaggio sull'Eufrate tra la Mesopotamia e la Siria come è Assur per il Tigri, è nella sostanza dipendente da quello di Ebla. Per quanto assai oscuro il quadro complessivo di questa fase storica, è possibile ipotizzare una certa competizione tra le due città, che può aver avuto risvolti militari.[47]
La seconda urbanizzazione in Libano e Palestina
Alla fine del calcolitico (fine del IV millennio a.C.), la Siria-Palestina sperimenta una fragile esperienza protourbana con il sito di Giawa, nell'odierna Giordania[36][48]. È solo nel corso del III millennio a.C. (soprattutto alle metà del millennio, in coincidenza con l'apogeo di Ebla) che il modello urbano emerge con forza in queste zone, muovendo da nord a sud, attestandosi prima sulla costa e sulle valli ad agricoltura secca, successivamente sulle colline. In questo periodo (corrispondente al Bronzo Antico III), la Palestina tocca un picco demografico e vasta è anche l'estensione dell'area di penetrazione umana.[36] In passato è stata avanzata l'ipotesi di un fitto fenomeno migratorio da nord. Di fatto sono riconoscibili dei tipi ceramici di ispirazione est-anatolica (in particolare nel tipo di Khirbet Kerak, sul Lago di Tiberiade), ma si tratta di modelli rielaborati da popolazioni locali, nel contesto di uno sviluppo non improvviso.[36]
La cellula di questo sviluppo insediamentale è la tribù pastorale, con un'agricoltura stentata e dipendente da precipitazioni capricciose. Le risorse più importanti sono rappresentate dai cedri del Libano, dal rame dell'ʻAraba, dal turchese e dalla cornalina del Sinai[36].
In questa fase è già attestato il centro urbano di Biblo (con evidenze di importazioni dall'Egitto) e forse è di quest'epoca anche la fondazione di Ugarit[36]. Altri centri importanti sono la già nominata Khirbet Kerak (Bet Yerah) e Megiddo, situati nelle valli, Gerico, posto accanto a un'oasi, ʻAi e Tell Farʻah sulle colline. Successivi sono gli insediamenti di Tell ʻAreyni e Tell ʻArad (nel Negev).[49]
Si tratta di centri di dimensioni mediamente inferiori rispetto a quelli siriani e altomesopotamici. Le fortificazioni di tutti questi centri testimoniano di una alta conflittualità tra di essi. Ospitavano edifici pubblici, come è il caso di un palazzo a Megiddo, di un silo a Khirbet Kerak o del cosiddetto tempio di Reshef a Biblo. Nel complesso, i templi della zona sono minuti e ad ambiente unico, molto diversi da quelli dell'alluvio mesopotamico, con cui evidentemente non condividevano la spiccata propensione per l'attività politica e commerciale.[49]
I centri palestinesi sono documentati anche da testi provenienti da Ebla e dall'Egitto dell'Antico Regno. Non abbiamo però un quadro dei rapporti di dominio. Peraltro l'archivio di Ebla, che disvela una serie di fitti rapporti commerciali intorno all'antica città siriana, non abbraccia, con i suoi riferimenti, la rete commerciale esistente a sud di Biblo e Hama: sembra che i centri palestinesi gravitino più sull'Egitto, ma va detto che vasi con cartigli egiziani (della IV e VI dinastia) sono stati ritrovati anche ad Ebla (oltre che a Biblo stessa) ed è possibile che Biblo abbia esercitato un ruolo in questo commercio. Diversi sono i beni di prestigio che sono stati trovati in Egitto o ad Ebla e che sono il frutto di questi commerci (intesi come doni regi): lapislazzuli in Egitto e oro ad Ebla, di origine egiziana o forse anche dell'Africa orientale.[49]
Oltre alle risorse già citate (cedri, rame, turchese, cornalina), l'attenzione dell'Egitto verso Palestina e costa libanese è suscitato dall'olio d'oliva e dal vino (commerciati nelle giare di tipica fattura palestinese poi ritrovate nelle necropoli dell'epoca dell'Antico Regno), nonché dalle essenze resinose che i locali ricavano dalle conifere. L'atteggiamento egiziano non è impostato su una parità commerciale: i rapporti con le élites locali erano probabilmente fondati su uno "scambio ineguale", per cui queste, in cambio dell'accesso ai beni, ottenevano oggetti di prestigio (come gli scarabei apotropaici). Ed è probabile che l'Egitto usasse anche la forza per accedere alle risorse palestinesi.[50] L'intervento armato egizio era spesso indirizzato alla repressione dei nomadi (chiamati Shasu, ʻAmu o, con termini più generici, "i selvaggi", "quelli della sabbia"), visti come elemento di disturbo delle pratiche commerciali che l'Egitto intratteneva con le popolazioni stanziali[51], ma non mancano sortite anche nelle zone urbanizzate, come attestano le iscrizioni tombali di Uni o una rappresentazione parietale a Deshasha, dov'è raffigurato l'assedio di una città palestinese fortificata. Ma non si tratta ancora di un interesse alla gestione diretta del territorio, quanto di protezione alle vie di accesso alle risorse.[52]
La seconda urbanizzazione in Palestina e Libano entra a un certo punto in crisi, ma non è né la pressione dell'impero di Akkad né quella assai più tenue degli Egizi a determinare questo tracollo. Si tratta di una crisi interna, probabilmente determinata dall'insostenibilità di una pressione demografica non adeguatamente supportata dalle risorse del territorio e dalle possibilità tecnologiche del Bronzo Antico. Sarà poi l'elemento nomadico che, nel Medio Bronzo, riuscirà a riportare in Palestina e nelle zone limitrofe una più stabile urbanizzazione.[53]
L'impero di Akkad
Lo stesso argomento in dettaglio: Accadi e Impero di Akkad. |
Gli Accadi, una popolazione semita[54] presente in Mesopotamia fin dal Proto-Dinastico II e III (2750-2350 a.C., secondo la cronologia media), erano una popolazione nomade, proveniente, secondo la tradizione, dal deserto siro-arabico[55]. Rappresentano la vistosa manifestazione storica di un fenomeno di lungo periodo, cioè la "coabitazione", in ambito mesopotamico, di popolazioni semite con la civiltà sumera, coabitazione che risale almeno al IV millennio a.C.[56] L'impero da essi costituito (detto "accadico" o "di Akkad"), fondato dall'homo novus Sargon, rappresenta la più importante iniziativa unificatrice fino a quel momento sperimentata in Mesopotamia.
Oltre a Sargon (2335-2279 a.C.), l'altra grande figura di rilievo nel circa 150 anni di vita dell'impero accadico è Naram-Sin, che regnò dal 2254 al 2218 a.C.[57] Entrambi i grandi re rimasero impressi nella memoria delle genti mesopotamiche molto a lungo, ma Sargon come esempio positivo e Naram-Sin (immeritatamente) come esempio negativo[58].
La causa del crollo della dinastia di Akkad è generalmente attribuita all'invasione dei Gutei, una popolazione montanara originaria del Luristan. È probabile che il loro dominio si estendesse in prossimità della loro regione di provenienza: ciò significò una certa autonomia per il meridione (Sumer) e tale condizione sarà il preludio alla riconquista del potere politico, con la cosiddetta rinascita sumerica.[59]
L'età neo-sumerica
Lo stesso argomento in dettaglio: Età neo-sumerica e Terza dinastia di Ur. |
Media età del bronzo
Il Medio Bronzo del Vicino Oriente va dal 2000 al 1500 a.C.[8] Dopo la distruzione della città di Ur a causa degli Elamiti e degli Amorrei, questi daranno il via ai cosiddetti regni amorrei, ovvero stati governati da dinastie di origine amorrea.
La crisi della seconda urbanizzazione
Lo stesso argomento in dettaglio: Amorrei. |
Il periodo di Isin e Larsa
Lo stesso argomento in dettaglio: Isin e Larsa. |
Origine dello Stato assiro
Lo stesso argomento in dettaglio: Assiria e Kaneŝ. |
I palazzi del medio Eufrate ai tempi di Mari
Lo stesso argomento in dettaglio: Mari (città). |
Mari era un'antica città sumera e amorrita, situata a 11 chilometri a nord-ovest della moderna città di Abu Kamal, sulla riva occidentale dell'Eufrate, quasi 120 km a sud-est di Deir el-Zor, Siria. Si pensa che sia stata abitata fin dal V millennio a.C., sebbene essa prosperò dal 2900 a.C. fino al 1759 a.C., quando venne messa a sacco da Hammurabi.
Yamhad
Yamhad era un antico regno amorrita, dove si stanziò anche una cospicua popolazione hurrita, influenzando l'area con la sua cultura. Il regno era potente durante la media età del bronzo (1800-1600 a.C. ca.). Il suo più grande rivale era Qatna più a sud. Yamhad venne infine distrutta dagli Ittiti nel XVI secolo a.C.
Hammurabi
Lo stesso argomento in dettaglio: Hammurabi. |
Intervento dello Stato ittita
Lo stesso argomento in dettaglio: Ittiti. |
Nell'arco di un cinquantennio (ca. 1650-1600) gli Ittiti, guidati dai due re Hattušili I e Muršili I, divennero protagonisti della storia del vicino oriente antico. Essi dilagarono sui bassopiani siro-mesopotamici e fecero finire gli stati di Yamkhad e Babilonia. Durante il suo secondo anno di regno Kattushili sferra il suo primo attacco contro Alalakh, vassallo di Aleppo, distruggendola. Durante il sesto anno e seguenti il re ittita scese di nuovo a sud del Tauro distruggendo diverse città ma si dovette fermare ad Urshum. Alla morte di Kattushili l'opera venne continuata dal figlio adottivo di quest'ultimo, Murshili I che discese in Siria sconfiggendo Yamkhad ed i suoi alleati. Forte della sua vittoria, si spinse fino a Babilonia saccheggiandola e facendo così terminare la dinastia regnante. I disegni di Mushili però non erano così ambiziosi, quindi lasciò Babilonia per concentrarsi sulla Siria[60].
Tarda età del bronzo
Il Tardo Bronzo del Vicino Oriente va dal 1500 al 1200 a.C.[8] Chiamata anche "l'epoca dei grandi regni" questo periodo vede appunto lo sviluppo di superpotenze che decideranno le sorti della storia: L'Egitto, Hatti (ittiti), Mitanni, Babilonia (cassiti) e L'Assiria.
Questi stati si vennero a creare non per movimenti migratori, bensì a causa dei vuoti di potere che avevano lasciato i vecchi dominatori (es. Yamhad; Mitanni o Babilonia; Cassiti) oppure con l'aggregazione di città indipendenti in un unico stato (es. Hatti).
Gli Hurriti vivevano nella Mesopotamia settentrionale e nelle immediate vicinanze a est e a ovest, approssimativamente intorno al 2500 a.C. Essi probabilmente erano originari del Caucaso e scesero da nord, ma ciò non è dato con certezza. Loro patria era Subartu, la valle del fiume Khabur. Successivamente si stabilirono come dominatori di piccoli regni in Mesopotamia settentrionale e Siria. La più grande e influente nazione hurrita fu il regno di Mitanni. Gli Hurriti giocarono un ruolo sostanziale nella storia degli Ittiti.
Ishuwa (o Išuwa) era un antico regno in Anatolia. Il nome viene attestato per la prima volta nel secondo millennio a.C. Nel periodo classico il suo territorio corrispondeva più o meno all'attuale Armenia. La prima rivoluzione agricola ebbe in Ishuwa uno dei luoghi di sviluppo. I centri urbani si concentravano lungo la valle dell'Eufrate intorno al 3500 a.C., mentre i primi stati seguirono nel III millennio a.C. Il nome "Ishuwa" non è conosciuto se non a partire da documentazione del II millennio a.C. Poche fonti letterarie sono state scoperte al suo riguardo e le fonti primarie sono estratti da testi ittiti. A ovest di Ishuwa si estendeva il vicino regno degli Ittiti, popolo montanaro e combattivo. Si racconta che il re ittita Hattušili I (1600 a.C. ca.) avesse marciato con la sua armata attraverso l'Eufrate, distruggendo le città del luogo. Dall'archeologia arriva la conferma, ovvero dagli strati bruciati scoperti nei siti di città nell'Ishuwa, datati pressappoco allo stesso periodo. Dopo la fine dell'impero ittita all'inizio del XII secolo a.C. un nuovo stato emergeva nel regno di Ishuwa. La città di Malatya divenne il centro di uno dei cosiddetti regni neo-ittiti. Il movimento del popolo nomade potrebbe avere indebolito il regno di Malatya prima dell'invasione finale assira. Il declino degli insediamenti e della cultura nell'Ishuwa dal VII secolo a.C. fino al periodo romano venne probabilmente causato dal questo spostamento di popolo. Gli Armeni successivamente si stabilirono nell'area, essendo essi nativi dell'altopiano armeno, relazionandosi ai più antichi abitanti di Ishuwa.
Kizzuwatna è il nome di un antico regno del II millennio a.C. Situato sugli altopiani dell'Anatolia sud-orientale, vicino al Golfo di İskenderun, attualmente in Turchia, circondava la catena montuosa del Tauro e il fiume Ceyhan[61]. Il centro del regno era la città di Kummanni, situata negli altopiani. In un successivo periodo, la stessa regione venne conosciuta come Cilicia.
Il luvio è una lingua antica estinta del ramo anatolico della famiglia linguistica dell'indoeuropeo. I parlanti luvi gradualmente si espansero attraverso l'Anatolia, contribuendo alla caduta, dopo il 1180 a.C. circa, dell'impero ittita, dove già tale lingua si parlava. Il luvio era anche la lingua parlata negli stati neo-ittiti di Siria, come Melid e Karkemiš, come pure nel regno centrale di Tabal che fiorì intorno al 900 a.C. Il luvio si è preservato in due forme, definite secondo il sistema di scrittura usati per rappresentarli: luvio cuneiforme e luvio geroglifico.
Mitanni fu un regno hurrita situato nella Mesopotamia settentrionale (1500 a.C. ca.). Il culmine della sua potenza si ebbe durante il XIV secolo a.C.: abbracciava allora ciò che oggi è la Turchia sud-orientale, la Siria settentrionale e l'Iraq settentrionale (corrispondente pressappoco alla regione del Kurdistan), ed era incentrato intorno alla capitale Washukanni, la cui precisa località non è ancora stata determinata dagli archeologi. Si pensa che Mitanni fosse uno stato "feudale", guidato dalla nobiltà guerriera di discendenza indo-ariana, che invase a una certo punto la regione del Levante durante il XVII secolo a.C. La diffusione nella Siria di una tipo di ceramica caratteristica associata alla cultura di Kura-Araxes è stata collegata con questo movimento, sebbene la sua datazione risulti forse troppo arcaica.[62]
Gli Aramei erano un popolo semitico (gruppo linguistico semitico occidentale), semi-nomade e pastorale che visse nella Mesopotamia superiore e Aram. Gli Aramei non hanno mai avuto un impero unificato: erano divisi in regni indipendenti, tutti situati nel Vicino Oriente. Anche per gli Aramei si realizza il privilegio di imporre la loro lingua e cultura all'intero Vicino Oriente e oltre, favorite in parte dai trasferimenti di massa decretati dagli imperi successivi, inclusi quelli degli Assiri e dei Babilonesi. Anche gli studiosi hanno utilizzato il termine "aramaicizzazione" per le lingue e culture dei popoli assiro-babilonesi, che finirono per adottare l'aramaico come lingua franca.
"Popoli del mare" è una definizione utilizzata per una confederazione di predoni del mare del II millennio a.C., i quali, veleggiando lungo le coste orientali del Mediterraneo, causarono non poche inquietudini politiche: tentarono di controllare il territorio egizio durante il tardo periodo della XIX dinastia, specialmente durante otto anni del regno di Ramesse III della XX dinastia.[63] Il faraone egiziano Merenptah si riferisce esplicitamente a loro con il termine "le nazioni (o popoli) straniere[64] del mare"[65][66] nella sua Grande iscrizione di Karnak.[67] Alcuni studiosi credono che essi "invasero" Cipro, Hatti e il Levante, ma questa ipotesi viene ancora discussa.[68]
Collasso dell'età del bronzo
Il "collasso dell'età del bronzo" è la definizione data da quegli storici che vedono la transizione dalla tarda età del bronzo alla prima fase dell'età del ferro come violenta, improvvisa e culturalmente distruttiva, espressa dal collasso delle Società palaziali dell'Egeo e dell'Anatolia, rimpiazzate dopo un'interruzione dalle culture di villaggi isolati delle età buie. Il collasso dell'età del bronzo può essere visto nel contesto di una storia tecnologica che vide la lenta, relativamente continua espansione della tecnologia della siderurgia nella regione, iniziata precocemente nei secoli XIII e XII in quella che è attualmente la Romania.[69] Il collasso culturale dei regni micenei, dell'impero ittita in Anatolia e Siria, e dell'impero egizio in Siria e Palestina, la scissione dei contatti commerciali a lunga distanza e l'eclissarsi improvviso dell'alfabetizzazione, accaddero tra il 1206 e il 1150 a.C. Nella prima fase di questo periodo, quasi ogni città fra Troia e Gaza venne violentemente distrutta, e spesso lasciata vuota (per esempio, Ḫattuša, Micene, Ugarit). La graduale fine dell'"età buia" che segue vide l'ascesa dei stabili regni aramei neo-ittiti nella metà del X secolo a.C., e l'avvento dell'impero neo-assiro.
Età del ferro
L'età del ferro del Vicino Oriente va dal 1200 al 500 a.C.[8]
Durante la prima fase dell'età del ferro, l'Assiria assunse una posizione di grande potenza regionale (benché soltanto dopo le riforme di Tiglatpileser III, nell'VIII secolo a.C.), entrando in competizione con Babilonia e altre potenze minori per il dominio della regione[70]. Nel periodo Medio Assiro della tarda età del bronzo, l'Assiria era un regno minore della Mesopotamia settentrionale (attuale Iraq settentrionale), competendo per il predominio con la rivale Babilonia della Mesopotamia meridionale. Iniziando con la campagna di Adad-nirari II, essa divenne una grande potenza regionale, crescendo in modo tale da diventare una seria minaccia per la XXV dinastia d'Egitto. L'impero neo-assiro successe a quello del Medio Assiro (XIV-X secolo a.C.). Alcuni studiosi, come Richard Nelson Frye, considerano l'impero neo-assiro come il primo vero impero nella storia dell'umanità.[71] Durante questo periodo, l'aramaico venne istituito come lingua ufficiale dell'impero, a fianco della lingua accadica.[71]
Gli stati del regno neo-ittita erano entità politiche che parlavano il luvio, aramaico e fenicio della Siria settentrionale e Anatolia meridionale nell'età del ferro, che sorsero in seguito al collasso dell'impero ittita intorno al 1180 a.C., e durarono pressappoco fino al 700 a.C. Il termine "neo-ittita" è talvolta riservato specificamente ai principati che parlavano il luvio come Melid (Malatya) e Karkemiš, sebbene in un senso più ampio il termine culturale più esteso sia "siro-ittita" per tutte le entità che sorsero nell'Anatolia centro-meridionale in seguito al collasso ittita - come Tabal e Quwê - o quelle della Siria settentrionale e costiera[72][73].
Urartu era un antico regno di Armenia e Mesopotamia settentrionale[74], esistito più o meno dall'860 a.C., emergente dalla tarda età del bronzo, fino al 585 a.C. Il regno di Urartu era situato nell'altopiano montuoso tra l'Asia Minore, la Mesopotamia e la Catena del Caucaso, successivamente conosciuto come Altopiano Armeno, incentrandosi attorno al lago di Van (attualmente facente parte della Turchia orientale). Il nome corrisponde alla biblica Ararat.
Il termine impero neo-babilonese si riferisce a Babilonia sotto il governo della XI dinastia ("caldea"), dalla ribellione di Nabopolassar nel 626 a.C. fino all'invasione di Ciro II di Persia nel 539 a.C., in modo particolare includendo il regno di Nabucodonosor II. Attraverso secoli di dominazione assira, Babilonia godette di un notevole status sociale, tentando più volte di ribellarsi contro il giogo dei dominatori. Tuttavia, gli Assiri riuscirono sempre in un modo o nell'altro a ripristinare la fedeltà di Babilonia all'impero, attraverso concessioni di crescenti privilegi, o militarmente. Infine nel 627 a.C. con la morte dell'ultimo regnante assiro potente, Sardanapalo, Babilonia si ribellò sotto Nabopolassar il caldeo l'anno successivo. Con l'aiuto dei Medi, Ninive venne saccheggiata nel 612 a.C., e la sede del potere dell'impero venne di nuovo trasferita a Babilonia.
L'Impero achemenide fu il primo degli imperi persiani a governare su significative aree del Grande Iran, e il secondo grande impero iranico (dopo l'Impero dei Medi). All'apice della sua potenza, con una vasta estensione approssimativamente di 7,5 milioni km², l'Impero achemenide era territorialmente il più vasto dell'antichità classica. Esso si estendeva su tre continenti, inclusi i territori dell'attuale Afghanistan, parte del Pakistan, Asia Centrale, Asia Minore, Tracia, molte regione costiere del Mar Nero, Iraq, Arabia Saudita settentrionale, Giordania, Israele, Libano, Siria e tutti i centri abitati dell'antico Egitto fino alla Libia. L'impero viene menzionato nella storia come il nemico degli città stato greche nelle guerre greco-persiane, come liberatore degli Israeliti dalla loro cattività babilonese, e per avere istituito l'aramaico come lingua ufficiale dell'impero.
Note
- ^ Liverani 2009, p. 15.
- ^ Liverani 2009, p. 108.
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- ^ Liverani 2009, p. 92. Le date indicate si appoggiano alla cronologia media.
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- ^ Liverani 2009, pp. 157, 159.
- ^ Liverani 2009, p. 164.
- ^ Secondo la cronologia media (cfr. Liverani 2009, p. 164). Il periodo è indicato anche come "Dinastico Antico", in sigla "DA": ne discendono le sigle DA I, DA II, DA IIIa, DA IIIb (cfr. Orsi 2011, p. 22).
- ^ Liverani 2009, pp. 201-202.
- ^ a b Liverani 2009, p. 202.
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- ^ Conosciuto tradizionalmente anche come Pyramos o Pyramus (dal greco Πύραμος) o Leucosyrus.
- ^ Mallory e Adams 1997.
- ^ Un'opportuna tavola di popoli del mare in geroglifici, traslitterazione e traduzione in inglese viene offerta dalla dissertazione di Woodhuizen, 2006, il quale la sviluppò dai lavori di Kitchen là citati.
- ^ Come notato da Gardiner (Gardiner 1947, p. 196), altri testi hanno
- ^ Gardiner 1947, p. 196.
- ^ Manassa 2003, p. 55.
- ^ Verso 52. L'iscrizione viene mostrata in Manassa 2003, p. 55, tav. 12.
- ^ Molti articoli in Oren.
- ^ Vedi A. Stoia e altri saggi in Sørensen 1989 e Wertime e Muhly 1980.
- ^ Tadmor 1994, p. 29.
- ^ a b Frye 1992
« E l'impero assiro, fu il primo vero impero nella storia. Ciò che voglio significare, è che esso ebbe molte genti diverse incluse nell'impero, tutte parlanti l'aramaico, diventando quelli che potrebbero essere chiamati, "cittadini assiri". Fu il primo periodo della storia in cui questo avviene. Per esempio, i musici elamiti, vennero portati a Ninive, e 'fatti assiri'; ciò significa che l'Assiria era più che una piccola regione: era un impero, l'intera mezzaluna fertile. » - ^ Hawkins 1982, pp. 372-441.
- ^ Hawkins 1995, pp. 87-101.
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Voci correlate
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