venerdì 7 ottobre 2016

Mappa delle componenti etniche europee secondo l'antropologia fisica

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Il termine europoide[1] o caucasoide[2] indica una classificazione antropologica dell'Homo sapiens[3], definibile a partire dalla forma del cranio ed altre caratteristiche craniometriche ed antropometriche: tale termine infatti identifica non solo gli Europei ma anche quasi tutti gli Africani settentrionali. Con le recenti migrazioni che hanno seguito le scoperte geografiche il gruppo si è diffuso anche nelle Americhe e in Oceania.
Nonostante la sua validità come "razza" venga messa in dubbio da molti antropologi culturali e sociali, questo termine rimane in uso nelle branche biologiche e scientifiche dell'antropologia[4], particolarmente tra gli antropologi fisici e forensi[5][6][7][8], oltre che tra molti genetisti[9], a causa della possibilità di riconoscere un individuo caucasoide tramite analisi genetiche e misurazioni antropometriche del suo scheletro.
Il suffisso -oide è usato per riferirsi a classificazioni antropologiche come mongoloide o negroide, mentre è preferibile usare Caucasico per riferirsi alle popolazioni che abitano ilCaucaso, come i georgiani, gli armeni e gli azeri. I due termini sono però molto spesso usati erroneamente per indicare l'etnia europoide.

Caratteristiche[modifica | modifica wikitesto]

Si distingue per la pigmentazione cutanea limitata, l'occhio orizzontale, i capelli cimotrichi (ondulati a sezione ovale) e il naso leptorrino (lungo e sottile)[10]. Le orbite sono subrettangolari; la fossa nasale alta e stretta, a forma di goccia allungata. La spina dorsale è ben marcata.
La pelosità corporea appare più abbondante rispetto a quella degli altri gruppi fisici (eccetto quella degli australoidi) e si riscontra accentuata tendenza a canizie (imbianchimento dei capelli) e alopecia androgenetica. La pigmentazione e la statura media presentano notevoli differenze tra i vari tipi fisici. I capelli e gli occhi chiari sono più frequenti nell'Europa del nord rispetto al resto del continente, mentre risultano rari nelle aree extraeuropee.
Nella Preistoria europea, i primi Europoidi propriamente detti appaiono intorno al 35000 a.C., identificandosi secondo alcune teorie con Combe-Capelle (proto-mediterranei) eCro-Magnon.

Le tipologie europoidi nell'Antropologia fisica

Nell'antropologia fisica classica si distinguono questi tipi fisici principali all'interno del gruppo caucasoide:
  • mediterraneo: costituisce una componente cospicua dei popoli della Penisola Iberica, delle isole mediterranee, della Francia del sud, dell'Italia meridionale e della Grecia.
  • illirico (detto anche dinarico): dominante nei Balcani occidentali.
  • alpino: dominante nell'Europa centrale e nell'Italia settentrionale
  • nordico: dominante nella Scandinavia occidentale, sulle coste del Mare del Nord, del Mar Baltico occidentale, presente accanto ad altri tipi fisici in tutta Europa.
  • balto-slavo: dominante nell'Europa orientale e sulle coste del Mar Baltico orientale.
  • nordafricano: dal Marocco all'Egitto, esclusa la penisola del Sinai.

Note

  1. ^ caucasoide, su Dizionari.Repubblica.itURL consultato il 2 settembre 2014.
  2. ^ Europoide: Definizione e significato di Europoide – Dizionario italiano – Corriere.it, su dizionari.corriere.itURL consultato il 7 luglio 2015.
  3. ^ Alberto Piazza, L'evoluzione umanatreccani.it.
  4. ^ Diana Smay and George Armelagos, Galileo Wept: A Critical Assessment of the Use of Race in Forensic Anthropology (PDF), Emory University.
  5. ^ Stephen Ousley, Richard Jantz e Donna Freid, Understanding race and human variation: why forensic anthropologists are good at identifying race, in American Journal of Physical Anthropology, vol. 139, nº 1, May 2009, pp. 68-76, DOI:10.1002/ajpa.21006URL consultato il 7 luglio 2015.
  6. ^ N. J. Sauer, Forensic anthropology and the concept of race: if races don't exist, why are forensic anthropologists so good at identifying them?, in Social Science & Medicine (1982), vol. 34, nº 2, Jan 1992, pp. 107-111. URL consultato il 7 luglio 2015.
  7. ^ (EN) Robert B. Pickering e David Bachman, The Use of Forensic Anthropology, CRC Press, 22 gennaio 2009, ISBN 978-1-4200-6878-8URL consultato il 7 luglio 2015.
  8. ^ Labanof - Laboratorio di Antropologia ed Odontologia Forense, La razza, Università degli Studi di Milano.
  9. ^ (EN) Lynn B. Jorde e Stephen P. Wooding, Genetic variation, classification and 'race', in Nature Genetics, vol. 36, 26 ottobre 2004, pp. S28-S33, DOI:10.1038/ng1435URL consultato il 7 luglio 2015.
  10. ^ Raffaello Parenti, pp. 54, Leptoprosopia.

Bibliografia

  • Raffaello Parenti. Introduzione all'Antropologia fisica. Libreria Scientifica Giordano Pellegrini. Pisa. 1974.
  • Raffaello Parenti. Lezioni di Antropologia fisica. Seconda ed. Libreria scientifica Giordano Pellegrini. Pisa. 1973.

Voci correlate


Razza alpina

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Alpine type, italiano del Piemonteda William Z. Ripley, The Races of Europe (1899)
La presunta razza alpina è una delle tre cosiddette "sub-razze" nelle quali venivano suddivisi i caucasici in generale, e gli Europei in particolare, tra la fine del XIX e la prima metà del XX secolo[1][2][3], secondo le regole dell'antropologia fisica. Erano classificati come facenti parte della razza alpina larga parte degli abitanti dell'Europa centrale e centro-meridionale.
Le caratteristiche fisiche degli alpini sono: brachicefalia, viso e fronte larga, statura media (tarchiata) e pigmentazione intermedia[4][5].

Storia degli studi

La distribuzione delle razze nordica, alpina e mediterranea in Europa dal libro di Madison Grant. Gli alpini sono indicati in verde.
L'antropologo americano William Z. Ripley nel suo celebre libro del 1899 "The Races of Europe" fu il primo a sostenere che la razza alpina si originò in Asia e che successivamente migrò nel continente europeo, importando la rivoluzione neolitica[6]. Sempre secondo Ripley attraverso la loro migrazione in Europa gli alpini causarono la separazione dei "tipi razziali" considerati indigeni ossia i nordici e imediterranei[6]. Questo modello venne ripreso in seguito da Madison Grant, altro antropologo americano, nel suo libro "The Passing of the Great race" (1916).
Nel 1939 il famoso antropologo ed archeologo Carleton S. Coon, nella sua riedizione di "The Races of Europe" di Ripley, teorizzò invece che gli alpini discendessero dall'uomo paleolitico europeo e che fossero pertanto indigeni dell'Europa[6].
A partire dal secondo dopoguerra il termine "razza alpina" venne progressivamente abbandonato anche se alcuni studiosi come losvedese Bertil Lundman, continuarono a utilizzarlo fino agli anni settanta. Ovviamente oggi non si parla di razza ma di fenotipiparticolarmente frequenti in gruppi di popolazioni anche geneticamente distanti.

Note

  1. ^ Anne Maxwell Picture Imperfect: Photography and Eugenics, 1870–1940 Brighton, Publication Date: April 1, 2010, ISBN 1845194152
  2. ^ Race and Racism: An Introduction (see also) by Carolyn Fluehr-Lobban, Pages 127-133, Publication Date: December 8, 2005, ISBN 0759107955
  3. ^ The Races of Europe by Carleton S. Coon
  4. ^ Ripley (1899), The Races of Europe, p. 121; Synonyms column shortened
  5. ^ Popular Science aprile 1897, p.772
  6. ^ a b c Carleton S. Coon, The Races of Europe, Chapter VIII, section 6

Voci correlate

Mappa delle lingue romanze nella tarda latinità

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Le lingue romanzelingue latine o lingue neolatine sono le lingue derivate dal latino. Sono parlate nel mondo come primo idioma da oltre un miliardo di persone, numero che arriva al miliardo e mezzo di individui (oltre un sesto dell'umanità) considerando anche i loro parlanti come seconda o altra lingua. Esse sono l'evoluzione diretta non del latino classico ma dellatino volgare a seguito dell'espansione dell'impero romano.
Tali varietà linguistiche vennero inizialmente definite come volgare, ossia popolare nel senso etimologico del termine (da vulgus, "popolo" in latino). La parola volgare non va dunque intesa come dispregiativa, ma semplicemente come riferimento alla linguavernacolare, quella cioè impiegata - nella sua forma prevalentemente orale - nella vita quotidiana, in distinzione rispetto a quella della tradizione letteraria e ufficiale dello stato romano.
Il termine “romanzo” deriva dall'avverbio latino Romanice riferito al parlare vernacolo (romanice loqui) rispetto al parlare in latino(latine loqui). Da Romanice deriva la forma francese romanz, da cui l'italiano romanzo. Tali parlate formano quello che in dialettologia viene chiamato continuum romanzo.
L'area in cui si sono sviluppate - e sono ancora parlate nelle loro versioni contemporanee - viene chiamata Romània e corrisponde alla parte europea occidentale dell'impero romano, esclusa la Britannia, con l'aggiunta di altre isole linguistiche neolatine minori diffuse nei Balcani (lingue romanze balcaniche).
Nel Nordafrica l'invasione araba (VIII secolo) ha cancellato ogni volgare latino che vi si era sviluppato, mentre la persistenza dell'impero nella sua porzione orientale, con l'impiego prevalente della lingua greca a livello ufficiale, ha impedito la diffusione popolare del latino, prevenendo sviluppi linguistici analoghi a quelli occorsi nella porzione occidentale.
I latini volgari, come del resto il latino classico e le lingue romanze, vengono classificati nelle ramificazioni delle lingue italiche, nell'albero delle lingue indoeuropee.

Il Lazio in Età Augustea

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Ricostruzione della Regio I divisa fra Latium e Campania.

La Regio I Latium et Campania, o semplicemente Regio I Campania, perché non è attestato nell'uso amministrativo il termine Latium[1], era una delle undici regioni dell'Italia augustea. Confinava a sud-est con la Regio III Lucania et Bruttii, ad est ed a nord con la Regio IV Samnium, a nord-ovest con la Regio VII Etruria. Geograficamente era limitata a nord dall'Aniene e poi dal Tevere (tranne che per un breve tratto alle foci di quest'ultimo ove si estendeva anche su parte della sponda destra); a sud era divisa dalla regio IIIdalla foce del fiume Silarus, l'attuale Sele. Ad est il confine correva lungo la catena degli Appennini; ad ovest si affacciava sul mar Tirreno.



Territorio

Exquisite-kfind.pngLo stesso argomento in dettaglio: Latium vetusLatium adiectum e Campania antica.
Le descrizioni di Plinio e Strabone hanno indicato agli storici contemporanei una divisione in subregioni, i cui confini sono però abbastanza incerti.

Città


Le regioni dell'Italia al tempo di Augusto (7 d.C.).
Dopo Roma, la principale città del Latium dell'età imperiale era Ostia, progressivamente sostituita da Porto (civitas Flavia Constatiniana Portuensis) sotto Costantino. Meno importanti erano le tante città latine che pure avevano giocato un ruolo fondamentale nella prima fase della storia romana: Tusculum (presso l'odierna Frascati), Aricia(Ariccia), LaviniumArdea e Praeneste (Palestrina) dove l'aristocrazia romana aveva sontuose residenze di campagna.
La Campania oltre alle famose Pompeii e Capua (oggi Santa Maria Capua Vetere), poteva vantarsi di città come Nuceria Alfaterna (tra Nocera Superiore e Nocera Inferiore, una delle più estese e importanti della Campania[2]NolaTeanum (Teano), Abella (Avella), Suessa(Sessa Aurunca) (Ausoni), Cales (Calvi Risorta), Misenum (odiernaMiseno), Puteoli (Pozzuoli), CumaNeapolis (Napoli). Più a sud c'era Salernum (Salerno).
Numerose sono le città menzionate da Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia al tempo dell'Imperatore romano Vespasiano. Qui di seguito un elenco dettagliato:

Vie di comunicazione

L'impero romano era attraversato da una fitta rete stradale che collegavano la capitale con tutte le province, anche le più lontane. Per questo la Regio I era dotata di una fitta rete stradale.
Tra le strade, le principali erano:
  • la via Salaria che risaliva la valle del Tevere;
  • la via Valeria che attraversava la valle dell'Aniene collegava Roma a Tibur, oggi Tivoli (e per questo motivo il suo primo tratto prendeva il nome di via Tiburtina).
  • la via Appia, che usciva da Roma dall'omonima porta (oggi porta San Sebastiano), scavalcava i colli Albani, attraversava le paludi Pontine, raggiungeva il mare a Terracina, toccava poi FondiFormiaSessa Aurunca (Ponte Aurunco, detto "Ponte Ronaco" univa Sessa all`Appia Antica, I e II secolo d.C.), Sinuessa e poi girava verso l'interno per raggiungere Capua; la via poi si inoltrava nelle montagne del Sannio per finire a Brindisi.
  • la via Latina, che scavalcava i colli Albani a nord, attraverso il passo dell'Algido e poi percorreva la valle del fiume Trerus (Sacco) per giungere a FregellaeCasinum (Cassino), TeanumCales e Capua per poi ricongiungersi alla via Appia.
  • la via Severiana da Ostia a Terracina.
  • la via Domitiana che si staccava dalla Appia a Sinuessa per raggiungere Miseno e Puteoli.
  • la Via Popilia che collegava Capua con l'estremo meridione d'Italia attraversando tutta la Regio III Lucania et Bruttii toccando NolaNuceria Alfaterna (Nocera Superiore/ Nocera Inferiore) e Salernum, giungendo fino aRhegium.
La Regio I poteva vantare anche numerosi porti che, per ragioni di orografia, si trovano per la gran parte in Campania.
  • Misenumporto militare che dal 12 a.C. ospitò la flotta imperiale del Tirreno (la Classis Misenensis);
  • Puteoli (Pozzuoli), il principale porto fino all'avvento di Ostia, dal quale partivano carichi con gli apprezzati prodotti della terra campana quali il vino ed il prodotto delle industrie vetrarie e ceramiche;
  • il porto fluviale di Roma dove giungevano le merci dal porto di Ostia risalendo il corso del Tevere (le barche erano trainate da animali) o dall'entroterra discendendolo;
  • Ostia, porto artificiale di Roma sul Tirreno
  • Il porto fluviale di Nuceria Alfaterna dove navigando il Sarno partivano tutte le merci della valle discendendo fino a Pompei.
  • Pompeii (Pompei), porto importantissimo usato da Abella(Acerra) Nola e Nuceria Alfaterna (Nocera) partivano carichi come il tufo nocerino, calcare, legno, noci e nocciole formaggi latticini e vari prodotti manufatturieri

Economia

Come sempre nell'antichità, la risorsa principale era costituita dall'agricoltura e dall'allevamento. Da questo punto di vista la Regio I era privilegiata rispetto ad altre per le grandi aree pianeggianti e, quindi coltivabili, sia nel Lazio che in Campania.
Proprio nel Latium facevano però eccezione la sezione montuosa nord-orientale ed il massiccio del Circeo, come pure ampi tratti pianeggianti per le famose paludi pontine, bonificate solo nel XX secolo.
Per il Latium, un'altra importante risorsa economica era costituita dalle saline alla foce del Tevere, a lungo contese fra Roma e la città etrusca di Veio. Il sale del Tevere veniva avviato verso l'interno lungo il percorso che più tardi prenderà il nome di via Salaria.
Per quanto riguarda la Campania, e alla (Pianura Aurunca) e ai depositi di sostanze minerali dovuti alle eruzioni del Vesuvio che aiutano la crescita della vegetazione, era (ed è ancora) così fertile che i romani l'avevano denominata felix. Durante l'ascesa di Roma ne fu anche uno dei principali granai.
Quando nel periodo tardo repubblicano e nella prima età imperiale il fabbisogno di cereali della capitale era coperto dalla produzione delle province d'Africa e d'Egitto, nella regione ci si orientò verso coltivazioni più redditizie, in primo luogo quella della vite e del vino: il Falerno, lo Statano, il Caleno e il Sorrentino, il Massicum. Di importanza quasi paragonabile alla viticultura doveva essere la coltivazione dell'olivo, soprattutto nel territorio di Venafrum (Venafro).
Negli ultimi decenni dell'Impero romano, quando ormai il grano egiziano era dirottato verso la capitale d'Oriente e quello africano era nelle mani dello Stato ostile dei Vandali, il grano tornerà ad essere il principale prodotto della Campania.

La Campania antica e Pompeii
La Campania esprimeva anche uno dei principali distretti manifatturieri dell'Italia: i giacimenti di argilla di Cales erano utilizzati già dal V-IV secolo a.C. per la produzione di una raffinata e celebre ceramica; a Capua e Puteoli, a partire dall'età augustea, si iniziò a sfruttare le sabbie delle foci del Volturno per la lavorazione del vetro.
Sempre a Capua, inoltre, era nata già nel suo periodo etrusco un'importante industria di lavorazione dei metalli, proseguita in età imperiale. La materia prima vi giungeva dalle zone di estrazione dell'isola d'Elba. Molto importante, inoltre, erano la produzione di terrecotte architettoniche e cosmetici.
Nuceria Alfaterna si produceva ed esportavano i materiali di costruzione come la Nocerite (tufo grigio), tufo giallo, calcare, legna, noci e nocciole importantissime per il sostentamento degli eserciti, latticini e formaggi e (i Monti Lattari ricordano l'importante produzione che vi era), la produzione di cibo erano abbondanti e assicurate grazie al fiume Sarno il Nilo della Campania e la già citata fertilità del terreno
Pompei era rinomata per la produzione di garum (salsa di pesce), che veniva esportato grazie al piccolo porto alle foci del fiume Sarno.
Come testimoniano le tante residenze (anche imperiali) rinvenute nel golfo di Napoli, le coste della Campania avevano anche un'altra risorsa economica: il turismo. Infatti, agli anziani e ai malati che vi avevano trasferito definitivamente la loro residenza, nel periodo estivo si aggiungeva una folla di villeggianti in cerca di refrigerio dalla calura di Roma. Tra i più noti si ricordano gli imperatori Tiberio, che si trasferì per molti anni a Capri, e Claudio, che preferiva Baia.

Note

  1. ^ CIL, XIV, 2922
  2. ^ CiceroneDe Lege Agraria II, 96
  3. ^ Plinio il VecchioNaturalis Historia, III, 57.
  4. ^ a b c Plinio il VecchioNaturalis Historia, III, 56.
  5. ^ a b c d e f Plinio il VecchioNaturalis Historia, III, 59.

Bibliografia

Fonti antiche
Fonti storiografiche moderne
  • AA. VV., Atlante storico-politico del Lazio, Laterza ed. 1996.
  • Alessandro Giuliani, "La viabilità antica nei Campi Flegrei", Napoli, 2011 - ISBN 978-88-6618-346-4

Voci correlate