venerdì 3 luglio 2015

Mulini e paesaggio agreste















Arcadia



The Arcadian or Pastoral State di Thomas Cole, 1834.



L'Arcadia (in grecoἈΑρκαδία) è una regione storica della Grecia, nella penisola del Peloponneso (cfr. l'attuale omonima unità periferica) che, nel corso della storia della letteratura, è stata elevata a topos letterario, in quanto percepita come un mondo idilliaco. Si presenta infatti come una regione montuosa, disabitata per via della sua topografia: prevalentemente occupata da pastori, ha assunto nella poesia e nella mitologia i connotati di sogno idilliaco, in cui non era necessario lavorare la terra per sostenersi, perché una natura generosa provvedeva già a donare all'uomo il necessario per vivere.
Ha una diversa connotazione dal concetto di utopia.

Arcadia nella letteratura

Secondo la mitologia greca, l'Arcadia del Peloponneso era un possedimento di Pan, la deserta e vergine casa del dio della foresta e la sua corte di driadininfe e spiriti della natura. Viene spesso identificata come una sorta diparadiso terrestre, abitato però solamente da entità sovrannaturali, non un luogo in cui le anime si rifugiassero dopo la morte.

Virgilio e lo stile bucolico

Exquisite-kfind.pngLo stesso argomento in dettaglio: Bucoliche.
L'Arcadia è rimasta un soggetto artistico sin dall'antichità, sia nelle arti visuali, sia in letteratura. Le immagini di bellissime ninfe che giocano e corrono in una rigogliosa foresta sono state frequenti fonti di ispirazione per pittori e scultori.
La stessa mitologia greca è fonte di ispirazione per il poeta romano Virgilio nello scrivere le sue Bucoliche, una serie di poemi la cui ambientazione è molto simile a quella dell'Arcadia.[1] Il risultato poi dell'influenza virgiliana nellaletteratura medioevale, come ad esempio lo è nella Divina Commedia, l'Arcadia è diventato il simbolo della semplicità dello stile di vita dei pastori, del loro attaccamento alla Natura.

Il Rinascimento: l'Arcadia in Europa


Thomas Eakins, "Arcadia"
Gli scrittori rinascimentali europei infatti rivisitarono spesso questo tema, che divenne ben presto simbolo di un luogo idilliaco. Importanti autori che si rifecero a questa tradizione furono per esempio Garcilaso de la Vega, in Spagna o Torquato Tasso, in Italia, nella sua favola pastorale Aminta.
Diversamente da come può sembrare in superficie, il termine "utopia", coniato da Tommaso Moro, non ha la stessa connotazione del termine Arcadia: non riprende una società ed una Natura idealizzata dall'uomo secondo le sue esigenze; l'Arcadia rappresenta il risultato spontaneo della vita vissuta naturalmente, lontano dalla corruzione della civiltà.
Nel 1502Jacopo Sannazaro pubblicò il suo poema Arcadia, che fissò la nuova concezione dell'Arcadia come un mondo perduto, di felicità perfetta e duratura, raccontato come un ricordo lontano e felice. Anche l'opera Sogno di una notte di mezza estate di William Shakespeare è ambientata entro i limiti di un regno con le stesse caratteristiche dell'Arcadia, governato da unre fatato e una regina. Nell'ultimo decennio del XVI secoloSir Philip Sidney fa circolare delle copie di un suo poema eroico The Countess of Pembroke's Arcadia, stabilendo l'Arcadia come un modello del Rinascimento.
Il tema dell'Arcadia fu in gran voga anche nel XVIII secolo: celebre è il villaggio costruito a Versailles, dove la regina Maria Antonietta, smessi i panni di sovrana, aveva l'occasione di essere una felice contadinella in un mondo fatato ed idilliaco.

L'Arcadia nel panorama della letteratura italiana

L'Accademia dell'Arcadia rappresenta, oltre ad un circolo letterario, un vero e proprio movimento letterario, fondato a Roma il 5 ottobre 1690. I suoi fondatori sono 14 letterati e intellettuali, tutti appartenenti al circolo della reginaCristina di Svezia, che risiedette nello stato Pontificio dopo aver abdicato al trono, dal 1655 alla morte (1689). Il nome, oltre a ricollegarsi idealmente alla classicità e al poema di Sannazzaro, rievoca il carattere evasivo dell'attività poetica svolta all'interno dell'Arcadia. Era ancora viva, infatti, all'interno dell'accademia l'abitudine di matrice seicentesca, al "travestimento": ogni accademico si sceglieva un nome tra quelli dei pastori protagonisti delle opere di carattere bucolico greco-latine (ad esempio Opico Erimanteo era il soprannome di Gian Vincenzo Gravina e Artino Corasio quello di Pietro Metastasio), la sala riunione venne rinominata Bosco Parrasio, l'archivio "Serbatoio", l'insegna "sampogna di Pan" (il dio Pan era il protettore dei pastori e delle greggi) e a capo dell'organismo vi era un custode che svolgeva attività analoghe a quelle dell'odierno presidente di un circolo culturale. Tra icustodi che si sono succeduti durante la vita dell'Arcadia è necessario ricordare Gian Vincenzo Gravina (Cosenza 1664, Roma 1718).
In tale accademia entrarono a far parte filosofi, storici, scienziati appartenenti alla scuola galileiana.
Tappa finale dell'Arcadia, era teorizzare una via alternativa al "cattivo gusto" barocco. La sua volontà era di impedire alla poesia di divenire mero artificio retorico. Per questo suo fine ultimo, l'accademia è stata spesso definita come una coscienza di decadenza, ovvero come la consapevolezza, oggi ritenuta oggettivamente errata, che la letteratura avesse raggiunto il suo apice nel periodo classico greco-latino e nel Petrarca (Arezzo 1304- Arquà1374).
Si svilupparono in tale prospettiva due filoni interni all'Arcadia: quello "petrarcheggiante", i cui massimi esponenti furono Giambattista Felice Zappi (Imola 1667 - Roma 1719) e Paolo Rolli (Roma 1687- Todi 1765) e quello "classicheggiante", il cui massimo esponente fu Pietro Metastasio, pseudonimo grecizzato di Pietro Trapassi (Roma 1698- Vienna 1782).
Nonostante le copiose teorizzazioni estetiche ad opera dell'accademia, essa ebbe un carattere non-rivoluzionario, e la sua influenza rimase circoscritta al territorio "italiano": L'accademia soffrì infatti di tre gravi limiti:
  • 1) La mancanza di ideali nuovi, più freschi e meno anacronistici;
  • 2) La mancanza di concretezza, l'accademia aveva assunto, infatti, i caratteri di una realtà alternativa e fittizia, poco attenta alle strade letterarie intraprese nel resto d'Europa,
  • 3) La mancanza di "verità": la produzione Arcadica era sì caratterizzata da una grande raffinatezza formale, ma era frutto di una concessione manieristica della poesia, alla rielaborazione di già ben noti topoi letterari.
Tali limiti appena citati hanno aggiunto al termine Arcadia un significato figurato è quello di una riunione di persone o una corrente culturale che tratti futilmente di cose senza importanza.

Letteratura contemporanea

Vi è un riferimento ad Arcadia anche nella serie di romanzi di Ulysses Moore, scritta da Pierdomenico Baccalario. Essa è infatti uno dei paesi immaginari raggiungibili dalle Porte del Tempo o dal Labirinto d'Ombra, che la collega agli altri porti dei sogni. Parte dell'ottavo, del nono e del dodicesimo libro della serie è ambientata ad Arcadia.

Note

  1. ^ Il riferimento è all'ambientazione della campagna montuosa di Siracusa (rimando a Teocrito) e di Mantova (presso cui è nato).

Bibliografia

Voci correlate

Animali







































































giovedì 2 luglio 2015

Estgot. Capitolo 97. I Quattro Immortali si incontrano presso il Castello di Gothian



<<Io vengo da Nord e porto il Ghiaccio>> disse Gothar.

<<Io vengo da Ovest e porto la Tenebra>> disse Eclion.

<<Io vengo da Est e porto la Luce>> disse Belenos.

<<Io vengo da Sud e porto il Fuoco>> disse Atar.

I quattro Dominatori dell'Universo assunto tutti forma vagamente umana, per meglio adeguarsi al contesto.
Gothar aveva lunghi capelli bianchi, occhi chiarissimi e la sua pelle era di un pallore spettrale.



I capelli di Eclion invece erano neri com'ebano e la pelle olivastra. I suoi occhi avevano un colore cangiante, che variava a seconda del suo umore.



Belenos era biondo, e bello, e di gentile aspetto. I suoi occhi erano celesti e luminosi, come era giusto che fosse, per il Signore della Luce.



I capelli di Atar erano rossi, come i suoi occhi e le sue vesti. Persino la pelle era rossastra.
Si trattava di un rosso vivo, a metà strada tra quello del fuoco e quello del sangue.



Fu così che i Quattro Immortali, ossia i più potenti tra i Signori degli Elementi, si salutarono in prossimità del Castello di Gothian, che i Goblin e gli Ogres avevano costruito all'estremo nord della Nuova Terra.








A dare loro il benvenuto fu lady Herbertha Dracu von Steinberg, Contessa di Gothian, sposa di Gothar, che aveva attraversato il Varco di Estgot durante gli anni della guerra civile, quando era incustodito, e vi aveva condotto con sé anche il figlio Fenrik e la figlia Christabel.



All'epoca del loro passaggio il Varco era ancora una torbiera abbandonata. 



Poi, dopo che l'Ucraina era stata riconquistata dall'Unione Occidentale e che Roman Waldemar era stato nominato Governatore di Estgot, il Varco era stato sigillato e ricoperto d'acqua.
Questo aveva impedito agli altri membri della famiglia Dracu di trasferirsi.

Non si poteva dire comunque che Herbertha Dracu Von Steinberg, Contessa di Gothian, fosse stata la prima umana a mettere piede sulla Nuova Terra, in quanto la sua trasformazione in Vampira era già avvenuta sulla Vecchia Terra, con l'approvazione della Fonte Sacra, la setta che costituiva l'opposizione interna all'Ordine degli Iniziati.

<<Illustri Signori degli Elementi: io e i miei figli siamo onorati di avervi ospiti qui, nel Castello di Gothian, che è stato definito, non a torto, "un luogo dove persino gli Dei temono di mettere piede">>

Gli Immortali sorrisero, riconoscendo l'allusione ad un antico motto.
Where angels fear to tread.
Percorsero poi le scalinate e le i ponti che li condussero all'interno di quella tetra fortezza.



Esordì Belenos:

<<I Goblin e gli Ogres hanno lavorato bene. Questo luogo ti somiglia, Gothar. E potrebbe essere ancora più imponente, se tu accettassi di venire a patti con noi>>

Gothar
rimase impassibile:
<<Con voi potrei venire a patti, ma mai con gli umani!>>

Atar colse la palla al balzo:

<<E' appunto per questo che siamo qui. Un accordo tra noi. Siamo disposti a venirti incontro, purché tu ci prometta che tu e i tuoi parenti e alleati non torcerete un solo capello agli umani.
Abbiamo scelto per loro un pianeta così bello, uno dei migliori, un vero test per le loro capacità: non ti permetteremo di rovinare tutto!>>

Il Signore del Ghiaccio fissò gli altri tre Immortali:
<<Potrei anche dimenticarmi della loro esistenza, ma in cambio voi cosa mi offrite, cari fratelli Immortali?>>

Fu Eclion a rispondere:

<<Tutti i territori al di sopra del 60° Parallelo saranno tuoi, della tua famiglia e dei popoli a te alleati: Goblin e Ogres. Costituiranno la Contea di Gothian e lì la famiglia Dracu Von Steinberg avrà potere assoluto. Ma al di sotto del 60° Parallelo, il potere apparterrà agli umani, e nessuno di voi potrà sconfinare. Ogni tuo tentativo di ingerenza sarà bloccato sul nascere!>>

Camminavano lungo le meravigliose architetture gotiche del Castello in mezzo ai ghiacci.




Gothar parve stranamente docile:
<<Molto bene! Accetto queste condizioni e giuro di rispettarle! 
Come vedete, ho avuto la mia parte senza bisogno di stringere patti con esseri inferiori.
Per me questo è già un successo>>

Belenos replicò con voce atona:
<<Sappiamo fin troppo bene che non è nella tua natura accontentarti. E conosciamo i tuoi metodi: seminare zizzania, mettere i nemici l'uno contro l'altro, dividerli per poi comandarli.
Per questo ti mettiamo in guardia: se ci accorgeremo che stai adottando questa strategia, ti fermeremo e ti puniremo!

Ricorda: ti teniamo d'occhio! Terremo d'occhio questo luogo. E in modo particolare terremo d'occhio tuo figlio, il nobile lord Fenrik, affinché non gli venga in mente di saziare la sua sete di sangue su vittime umane>>



<<E lo stesso discorso vale per la glaciale Christabel. Così bella e così pericolosa. A lei ricordo, come a tutta la stirpe di Gothar, che soltanto una linea molto sottile separa il rigore più ortodosso dall'eresia. Pregate di non attraversare mai quella linea, altrimenti dovrete vedervela con me>> dichiarò Eclion.



Atar approvò:
<<Se oserete disobbedire ai nostri ordini, dovrete affrontare la furia dei miei sacerdoti, con la spada di fuoco, pronta a incenerirvi>>



Belenos aggiunse:
<<Persino il Supremo Ahura Mazda ha accordato la sua protezione alla specie umana. Tienilo bene a mente>>



Gothar non si lasciò impressionare da quelle minacce e chiese in tono sarcastico:
<<E che mi dite del vostro Prescelto? E' ancora così smarrito e ramingo, come un'anima del Purgatorio?>>

Atar
aveva già la risposta da molto tempo:
<<Non tutti coloro che vagano si sono persi>>

Gothar inarcò le sopracciglia:
<<Ma si perderà, se metterà piede su questo pianeta. O forse tua figlia Edwina gli farà da guida?>>

Atar
scosse il capo:
<<Mia figlia ha altre ambizioni, così come i figli tuoi. Prega affinché le loro strade non si debbano mai incontrare, perché Fuoco e Ghiaccio non possono andare d'accordo>>

Gothar
accennò, per la prima volta, un vaghissimo sorriso:
<<Ti lascio tutte le tue certezze, Atar, e mi tengo tutti i miei dubbi. 

L'evoluzione premia chi è versatile. 
La vittoria arride a chi comprende i paradossi, gli ossimori come il ghiaccio bollente.

Gli umani non hanno mai capito del tutto questa lezione. Scelgono sempre la via più breve. 
E' per questo che la loro Terra sta morendo. Ed è per questo che rovineranno anche la Nuova Terra.

Il Male non viene da me o dalle lande di Gothian. Il Male è inscindibilmente connesso alla condizione umana.
Avete scommesso ancora una volta sul cavallo sbagliato, e il tempo mi darà ragione.

Che inizi dunque questa partita e vinca, nel rispetto delle regole, chi sarà più abile!>>

Eclion, punto sul vivo nel suo orgoglio di malvagio, seppure amante dell'umanità, annuì:
<<Così sia! L'accordo è sottoscritto!>>

Belenos allora concluse esprimendo il suo punto di vista:
<<O fratelli Immortali, un dì sapremo se, su questo remoto angolo dell'universo, a vincere sarà la Vita o sarà il Nulla!>>