Palmira fu in tempi antichi un'importante città della
Siria, posta in una
oasi 240 km a nord-est di
Damasco e 200 km a sud-ovest della città di Deir ez-Zor, che si trova sul fiume
Eufrate.
È stato per lungo tempo un vitale centro carovaniero, tanto da essere soprannominata la
Sposa del deserto, per i viaggiatori ed i mercanti che attraversavano il deserto siriaco per collegare l'Occidente (Roma e le principali città dell'impero) con l'Oriente (la Mesopotamia, la Persia, fino all'India e alla Cina), che ebbe un notevole sviluppo tra il I ed III secolo d.C.
Il nome
greco della città,
Palmyra (Παλμυρα), è la fedele traduzione dall'originale
aramaico,
Tadmor, che significa 'palma'.
Tadmor (anche
Tadmur; in
arabo تدمر) è l'attuale nome della cittadina sorta in prossimità delle rovine, che dipende molto dal
turismo.
Comunque, anche se la fonte sulfurea che alimentava l'oasi di Palmira sembra esaurita, oggi Tadmor,
con un sistema di irrigazione del terreno, riesce a mantenere viva una fiorente oasi che permette ai 45.000 abitanti di vivere non solo di turismo ma anche di agricoltura.

Storia
Origini
La città, nota col nome di Tadmor nel
II millennio a.C., è menzionata per la prima volta in documenti provenienti dagli archivi assiri di
Kanech, in
Cappadocia, nel XIX secolo a.C., e poi è citata più volte negli archivi di
Mari, nel XVIII secolo a.C.
Poi viene citata ancora negli archivi assiri, nell'XI secolo a.C., come Tadmor del deserto. A quel tempo era solo una città commerciale nella estesa rete commerciale che univa la Mesopotamia e la Siria settentrionale.
Tadmor è citata anche nella
Bibbia (
Secondo libro delle Cronache 8.4) come una città del deserto fortificata da
Salomone. La città di
Tamar[1] è menzionata nel
Primo libro dei Re (9.18), anch'essa fondata e fortificata da Salomone.
Dopo queste citazioni su Palmira cala il silenzio per circa un millennio, e solo nel I secolo a.C. la città viene citata col nuovo nome, che le è stato dato durante il regno dei
Seleucidi (IV - I secolo a.C.)
Periodo greco-romano
Seleucidi
Quando i
Seleucidi presero il controllo della
Siria nel
323 a.C. la città fu abbandonata a sé stessa e divenne indipendente. Palmira fiorì come città carovaniera durante il
I secolo a.C., come ci testimonia lo
storico giudeo Flavio Giuseppe, nel secolo successivo, sviluppando un proprio dialetto semitico e un proprio alfabeto.
Anche se la Siria era divenuta provincia romana nel
64 a.C., pare che Palmira abbia mantenuto una certa autonomia e la città era tanto ricca che, nel
41 a.C.,
Marco Antonio cercò di occuparla per saccheggiarla, ma fallì nel tentativo.
Romani
In seguito Palmira fu annessa ufficialmente alla
provincia romana di
Siria, verso il
19 d.C., durante il regno di
Tiberio (
14-
37), e con
Nerone (
54-
68) fu integrata nella provincia. In quegli anni lo scrittore
Plinio il Vecchio, nel suo
Naturalis Historia, descrive Palmira, mettendone in rilievo la ricchezza del suolo e la sua importanza per il ruolo che ricopriva come principale via di commercio tra
Persia,
India,
Cina e l'
impero romano. Sotto
Tiberio era già così ricca che costruì il
santuario di Baal, col tempio dedicato a Baal, a Yarhibol (il Sole) e Aglibol (la Luna) e con la cooperazione degli sceicchi nomadi l'autorità di Palmira fu riconosciuta dalle oasi del deserto, tanto di renderla un vero e proprio stato (nel 24, avevano fondato una colonia sull'Eufrate e avevano un fondaco a Vologasia, città del regno dei Parti, da dove raggiungevano le coste del
golfo persico, dove arrivavano la navi provenienti dall'India.
Sotto il regno di
Traiano la città fu annessa all'impero, ma nel
129 Adriano visitò Palmira e la proclamò città libera, dandole il nome di
Palmira Hadriana.
Tra la fine del II e l'inizio del III secolo,
Settimio Severo oppure il suo successore, il figlio
Caracalla, concessero a Palmira lo statuto di
città libera.
Benché fosse di fronte all'impero
partico, Palmira non era mai stata coinvolta nelle guerre che lo avevano opposto a Roma. Ma dopo che il fondatore della dinastia
sasanide,
Ardashir I, nel
224, era asceso al potere, a partire dal
230 il commercio palmireno diminuì a causa dell'occupazione
sasanide della
Cappadocia (Nisibis cadde nel
237) e della
Mesopotamia, il territorio tra il
Tigri e l'
Eufrate,
Carre cadde nel
238.
Negli anni seguenti, le incursioni dei
Sasanidi continuarono con continuità anche sotto il regno del successore di Ardashir,
Shapur I, che arrivò a minacciare Antiochia. In questo contesto si inserì la figura di
Odenato.
Odenato, discendente della famiglia gentilizia dei Settimi che ricevette la cittadinanza romana, quando, nel
193, aveva parteggiato per
Settimio Severo contro
Pescennio Nigro, era stato nominato governatore della
provincia di Siria da
Valeriano.
Nel
260, dopo che Valeriano, sconfitto a
Edessa, era stato catturato, Odenato intervenne e inseguì sino a
Ctesifonte l'esercito sasanide che, sconfitto dal generale
Callisto, si stava ritirando. Durante tale azione, Odenato riuscì a procurare notevoli perdite al nemico e l'impresa fu apprezzata dall'imperatore
Gallieno, che, dopo che Odenato, durante la ribellione dei
Macriani, aveva sconfitto ed ucciso, nel
261, il generale Callisto, gli conferì il titolo di
dux romanorum. In seguito, Odenato si proclamò
re dei re. Fu anche per merito di Odenato che i Persiani, negli anni successivi, non effettuarono altre incursioni.
Regno indipendente di Zenobia
Il regno di Palmira alla sua massima estensione, in verde
Zenobia raffigurata su di una moneta.
Nel
268, a seguito di un complotto politico
[2], Odenato ed il figlio maggiore,
Hairan, furono assassinati da
Maconio[3], cugino o nipote (a seconda delle fonti) di Odenato.
Poco dopo la morte del governatore (re dei re), sua moglie
Zenobia prese il potere, in nome del figlio minorenne,
Vaballato, col sogno e l'ambizione di creare un impero d'Oriente da affiancare all'impero di Roma.
Il disinteresse apparente degli imperatori romani e la morte, nel
269, dell'imperatore
Claudio II e del fratello Quintiliano, incoraggiarono la regina a ribellarsi all'autorità romana. Nel
270, infatti Zenobia attaccò l'Arabia, la Palestina e l'
Egitto, conquistandole. L'Egitto aveva una notevole importanza per il fatto che, dopo la chiusura delle vie carovaniere del nord, il commercio con l'India passava proprio da quella regione. Allora Zenobia si spinse a nord, conquistò la
Cappadocia e la
Bitinia arrivando sino alla città di
Ancira. Ma Zenobia non aveva l'approvazione del Senato di Roma; inoltre, non tutte le legioni di stanza in Oriente la seguirono. In quello stesso anno (
270), Aureliano viene acclamato imperatore dalle legioni del
limes danubiano.

All'inizio del
272,
Aureliano riconquistò l'
Egitto, poi la
Bitinia e la
Cappadocia, poi dopo aver
avuto ragione della cavalleria palmirense ad
Antiochia,
sconfisse l'esercito palmirense, comandato dal generale
Zabdas ad
Emesa. La regina si rifugiò a Palmira, ma prima della fine dell'anno Aureliano raggiunse l'oasi e iniziò delle trattative per la resa della città. Durante le trattative, Zenobia ed il figlio, Vaballato, fuggirono, ma furono catturati
[4].
Palmira, che non ebbe a soffrire danni in occasione della resa, l'anno dopo (
273), a seguito di una ribellione, fu saccheggiata
[5], i suoi tesori furono portati via e le mura furono abbattute; la città, abbandonata, tornò a essere un piccolo villaggio e divenne una base militare per le
legioni romane.
Tardo impero romano, Bisanzio e conquista araba
Diocleziano, tra il
293 e
303 fortificò la città, per cercare di difendere Palmira dalle mire dei
Sasanidi e fece costruire, entro le mura difensive, ad occidente della città, un grande accampamento (il
campo di Diocleziano), con un pretorio ed un santuario per le insegne per la
Legio I Illirica.
A partire dal IV secolo le notizie su Palmira si diradano.
Durante il periodo della
dominazione bizantina furono costruite alcune chiese, anche se la città aveva perso importanza.
L'imperatore
Giustiniano, nel VI secolo, per l'importanza strategica della zona, fece rinforzare le mura e vi installò una guarnigione.
Nonostante ciò la città venne conquistata dagli Arabi di
Khalid ibn al-Walid nel
634.
Sotto il dominio degli Arabi la città andò in rovina.
Benché la storia di Palmira fosse nota, il sito e l'oasi vennero visitate, solo nel
1751, da una comitiva di disegnatori (tra cui l'italiano,
Giovanni Battista Borra), capeggiati da due inglesi,
Robert Wood e
James Dawkins, che nel
1753, pubblicarono in inglese e francese
Les Ruines de Palmyra, autrement dite Tadmor au dèsert, che crearono enorme interesse per il sito e l'oasi. Solo però verso la fine del XIX secolo vengono iniziate ricerche di carattere scientifico, copiando e decifrando le iscrizioni; ed infine, dopo l'instaurazione del mandato francese sulla
Siria, vengono iniziati gli scavi per potare alla luce i vari reperti. Scavi che continuano ancora oggi.

Il sito archeologico
Santuario di Bel o Baal
L'edificio religioso, dedicato a Bel o Baal, assimilato al greco
Zeus (in
latino, Jupiter, il nostro Giove), fu edificato sotto il dominio
partico con elementi sia di tipo greco-corinzio, sia babilonese nella incongrua merlatura superiore del tempio (I secolo d.C.).
[6] Il tempio fu consacrato tra il
32 e il
38, il
colonnato fu ultimato nel II secolo, verso il
120, mentre i
propilei furono innalzati alla fine del II secolo. Il recinto sacro è molto ampio di forma quadrangolare, 205x210 metri, contornato da un alto muro di cinta esterno, affiancato da un
portico sorretto da un doppio colonnato. Il santuario aveva un ingresso monumentale, che ha subito delle modifiche quando gli Arabi hanno trasformato il santuario in una fortezza. L'ampio cortile interno era completamente lastricato. la cella del tempio misura 10 metri x 30. Il tempio ha due nicchie, una rivolta a nord, che conteneva la triade di divinità palmirene, Baal, Yarhibol (il Sole) e Aglibol (la Luna). In epoca araba la cella del tempio fu trasformata in moschea, come dimostra il
mihrab presente sul muro meridionale della cella.
L'ampio cortile interno col duplice colonnato e il muro di cinta che contornava il Tempio
L'ingresso principale del Santuario
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Soffitto della nicchia nord del tempio
La nicchia verso nord del tempio
La nicchia verso sud del tempio
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Bassorilievo della processione in onore di Bel (il cui simulacro è in groppa al dromedario) su un frontone del tempio
I propilei del tempio che hanno resistito a distruzioni e terremoti (non sono mai caduti)
Parete esterna del tempio
Mura di cinta e colonnato del santuario.La casa fu costruita per la missione francese negli anni 20 del secolo scorso
La via colonnata
Inizia di fronte all'ingresso del santuario di Bel o Baal ed il primo tratto si conclude con l'arco severiano, a tre
fornici, congegnato per mascherare un cambio di direzione di 30 gradi del secondo tratto dalla via. La via colonnata, le cui colonne presentano delle mensole che erano sormontate da statue, aveva una carreggiata larga 11 metri, affiancata da due portici di 7 metri.
L'arco di Settimio Severo
Colonne con mensola portastatua
Colonne con mensola portastatua
Particolare dell'arco di Settimio Severo
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Linea idraulica a fianco della via
Il castello di Qalaat Fakhr ad-Din ibn Maan. Sulla destra il santuario di Bel
Santuario di Nabu
Poco dopo aver oltrepassato l'arco severiano, sulla sinistra, vi è il santuario di Nabu, una divinità mesopotamica, assimilata ad Apollo. il santuario fu edificato tra la fine del i secolo e la metà del secondo secolo d.C. All'interno del recinto tre lati hanno un portico sorretto da colonne, mentre il quarto è chiuso da un muro.
Rovine del colonnato del santuario
Colonnato del santuario e tempio
Rovine del tempio, il blocco quadrangolare è stato supposto fosse un altare
Le terme di Diocleziano
Sulla destra della via colonnata, di fronte al tempio di Nabu, sorgevano le terme di Diocleziano, edificate nel II secolo d.C. L'edificio, di non grandi dimensioni, 85 metri x 51, ha un ingresso di quattro colonne monolitiche di granito egiziano.
Rovine delle terme, le quattro colonne monolitiche dell'ingresso.
-
Il teatro
Il teatro è un tipico teatro romano edificato nella seconda metà del II secolo, ancora in buone condizioni di conservazione.
Agorà e Senato
L'agorà, il foro delle città romane, dell'inizio del II secolo, presenta una pianta quadrangolare (84x71 metri), con portici sui quattro lati. Le colonne presentano delle mensole che erano sormontate da statue. Presso l'angolo sud-ovest dell'agorà sorgeva una basilica rettangolare 815 metri x 12) che si suppone potesse servire per i banchetti
Il Senato, piuttosto piccolo, aveva un vestibolo ed una corte interna ed era contornato da alcune botteghe.
-
Ruderi della curia (senato) e locale per negozio e mercato accanto all'agorà
Basilica accanto all'agorà. Sullo sfondo l'oasi e, sulla destra una necropoli
Il santuario di Baalshamin (il
signore del cielo), consacrato, nel
130, era dedicato ad una divinità una divinità paragonabile a
Mercurio (il greco Ermes) era gestito da una tribù nomade.
Area del santuario e tempio
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La cinta muraria
il circuito delle mura racchiudeva tutto il sito monumentale e fu costruita nel III secolo d.C. racchiudeva un'area ci circa 140 ettari.
Resti della cinta muraria
Resti della cinta muraria e sullo sfondo una necropoli
Il campo di Diocleziano era entro le mura. Sulla sinistra il castello di Qalaat Fakhr ad-Din ibn Maan
La necropoli
La necropoli in effetti sono più di una, ma diverse.
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Bassorilievi dei membri della famiglia, all'interno della tomba di Elahbel
Soffitto del piano terra della tomba di Elahbel
Un portale al primo piano della tomba di Elahbel
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Una femmina di dromedario col suo cucciolo
L'oasi
A sud del centro carovaniero si trovava la fonte Efqa, che per millenni ha alimentato l'oasi. Da circa vent'anni il corso dell'acqua è stato deviato più a est.
-
Sullo sfondo l'oasi di Tadmor e la via colonnata
Il sito archeologico con sullo sfondo l'oasi di Tadmor
Il museo archeologico
Il museo inaugurato, nel
1961, contiene opere recuperate dagli scavi archeologici, sia nel giardino che nelle varie sale, che presentano:
- la sala 1, una raccolta di epigrafi in lingua palmirena
- la sala 2, il modello del santuario di Bel e alcuni elementi architettonici e decorativi del santuario stesso
- la sala 3, oltre a mostrare alcuni aspetti della vita di Palmira, dromedari, cammellieri, imbarcazioni, modi di vestire e stoffe del periodo antico, vi è un rilievo dell'architrave del tempio di Baalshamin che un'aquila, vi sono due mosaici provenienti da case vicine al tempio di Bel, e inoltre monete, oggetti di metallo, ceramiche, gettoni invito per i banchetti, sempre provenienti dagli scavi.
- le sale 4, 5, e 6, l'arte funeraria palmirena, con ritratti di defunti (molto interessanti quelli femminili abbelliti da numerosi gioielli); nella sala 4, si distingue un sarcofago della famiglia di Malku che raffigura un banchetto funebre; nella sala 5, un sarcofago con letto funebre di Bolbarak e della sua famiglia; nella sala 6, rilievi funebri della famiglia di Salamallat, figlio di Malku.
-
Reperti del periodo romano nel giardino del museo
Leone con
orice del I secolo a.C., proveniente dal tempio della dea Allat, nel giardino del museo
Il sito archeologico oggi
Non è stato risparmiato dalla guerra civile che si sta combattendo in Siria, ed ha subito parecchie distruzioni
[7].
Note
- ^ Questa località che qualcuno pensa che si possa trattare di Tadmor, in realtà è una località vicina al Mar Morto.
- ^ Maconio forse era stato sobillato dall'imperatore Gallieno, con la promessa di metterlo al posto di Odenato, ma molto più probabilmente da Zenobia, che voleva che ad Odenato succedesse uno dei suoi figli e non Hairan che era figlio della prima moglie del marito.
- ^ Maconio non riuscì a succedere allo zio (o cugino) perché fu assassinato subito dopo.
- ^ Zenobia e Vaballato dopo la cattura furono inviati a Roma, ma, secondo quanto testimoniato dallo storico bizantino Zosimo, il figlio morì durante il viaggio. Zenobia venne esibita come trofeo durante le celebrazioni per il trionfo di Aureliano, del 274.
- ^ Il tempio di Baal fu saccheggiato per vendetta dalla Legio III Cyrenaica che, in questo modo, vendicò il saccheggio del proprio tempio aBosra da parte dell'esercito di Palmira, nel 270.
- ^ Federico Arborio Mella, L'impero persiano. Da Ciro il grande alla conquista araba, Milano 1980, p.338.
- ^ tratto dall'articolo de La Stampa di Torino, dell' 08/11/2013, a cura della giornalista, Carla Reschia - Siria, in macerie i gioielli dell’Unesco:
Nemmeno Palmyra, la leggendaria città del deserto, dimora della regina Zenobia che si oppose, secondo la tradizione, tanto all’impero romano come a quello persiano, è stata risparmiata. I carri armati e le batterie di missili hanno ripetutamente straziato tutti gli edifici monumentali che ne facevano una meta d’obbligo, il tempio di Baal, i colonnati del Decumano, il teatro e anche i Propilei che avevano retto a più di un terremoto.
Bibliografia
- Alfonso Anania - Antonella Carri - Lilia Palmieri - Gioia Zenoni, Siria: viaggio nel cuore del Medio Oriente, Polaris 2009, pp. 521–558
- Franz Cumont, Le province confinarie d'Oriente, in Cambridge University - Storia del mondo antico, vol. IX, Garzanti, Milano, ult. ediz. 1988, pp. 231–259
- Arthur Christensen, La Persia sasanide, in Cambridge University - Storia del mondo antico, vol. IX, Garzanti, Milano, ult. ediz. 1988, pp. 429–449
- Andreas Alföldi, Le invasioni delle popolazioni stanziali, dal Reno al Mar Nero, in Cambridge University - Storia del mondo antico, vol. IX, Garzanti, Milano, ult. ediz. 1988, pp. 450–477
- Andreas Alföldi, La crisi dell'impero (249-270 d.C.), in Cambridge University - Storia del mondo antico, vol. IX, Garzanti, Milano, ult. ediz. 1988, pp. 478–550
- Harold Mattingly, La ripresa dell'impero, in Cambridge University - Storia del mondo antico, vol. IX, Garzanti, Milano, ult. ediz. 1988, pp. 599–655
Voci correlate