Blog di letteratura, storia, arte e critica cinematografica e televisiva. I racconti e i romanzi contenuti in questo blog sono opere di fantasia o di fanfiction. Gli eventi narrati e i personaggi descritti, esclusi quelli di rilevanza storica, sono del tutto immaginari. Ogni riferimento o somiglianza a persone o cose esistenti o esistite, o a fatti realmente accaduti, è da considerarsi puramente casuale. Gli elementi di fanfiction riguardano narrazioni di autori molto noti e ampiamente citati.
mercoledì 2 aprile 2014
Dieci comportamenti che gli uomini apprezzano in una donna
1. Prendi una decisione in modo istintivo e non rimuginarci su. Che si tratti dell'acquisto di una gonna o di un'auto, o della scelta del tuo piatto preferito mentre scorri con gli occhi un affollato menu, se ti dimostri decisa e, almeno all'apparenza, incurante dei pro e contro della tua scelta, stai sicura che lui apprezzerà.
2. Mandagli un sms in orario d'ufficio in cui gli spieghi, il più dettagliatamente possibile, che cosa vorresti fargli in quel preciso momento. E, dopo aver preso in considerazione l'impossibilità dell'attuazione immediata dei tuoi propositi birichini, gli proponi un appuntamento piccante immediatamente dopo il lavoro.
3. Evita di metterti a confronto con ogni donna che incrociate per strada. Anche se vedi che lui le lancia un'occhiata di sfuggita, tu soprassiedi? Bene, prosegui così. Il suo ego ne uscirà ridimensionato, mentre la stima che ha della tua sicurezza in te stessa guadagnerà parecchi punti.
4. Mostrati realmente appassionata a qualcosa. Che sia il cinema, la moda o la chimica, se ti dimostri una fan accanita e tenace, si rafforzerà in lui la convinzione che tu sia disposta a combattere per quello in cui credi.
5. Chiedigli se c'è qualcosa che puoi fare per lui quando lo vedi in difficoltà. E insisti finché lui non te lo dice.
6. Continua a dare del lei ai suoi genitori anche se è da anni che te li ha presentati.
7. Lanciagli sfide senza senso, come per esempio "Vediamo chi arriva prima al portone!". E poi ti impegni al massimo per vincerle.
8. Cucina un piatto che piace solo a lui.
9. Lascia biglietti romantici in giro per la casa.
10. Non pretendere che trascorra con te ogni sera della settimana. Anzi, al suo rientro da una serata con gli amici, ti fai trovare con indosso il baby doll che ti ha regalato per il tuo compleanno.
martedì 1 aprile 2014
Le bassezze dell'Alta Società. Capitolo 18. La situazione si complica.
A pranzo, la contessa Virginia Ozzani di Fossalta si presentò truccata e agghindata in un modo che la faceva assomigliare a Wallis Simpson in tarda età.
<<Prego, accomodatevi entrambi davanti a me. Ho bisogno di vedervi di fronte tutti e due. Ho fatto preparare un po' di tutto, così potrete servirvi in base ai vostri gusti. Io purtroppo dovrò limitarmi ad assaggiare qualcosa in qua e in là, perché la mia malattia non mi consente di spingermi oltre>>
Si sedettero e il pranzo ebbe inizio. Ogni tanto la contessa agitava una piccola campanella e la governante accorreva per servire qualcosa che era stato apprezzato dai commensali.
<<Un tempo questo tavolo faticava a contenere la mia grande famiglia. Ora sono io che fatico a riempirlo, invitando lontani parenti ed amici. Nessuno dei parenti porta più il nobile cognome degli Ozzani. I miei cugini sono i figli nati dai matrimoni delle sorelle di mio padre. Giulia li ha conosciuti e sa che non valgono la corda per impiccarli. Dei vecchi è rimasta in vita solo la signorina De Toschi, ed è incredibile, se consideriamo il suo stile di vita. L'obesità e il fumo non le hanno impedito di arrivare a 85 anni con un aspetto molto simile a quello che aveva da giovane. Temo che finirà per seppellirci tutti>>
Giulia sorrise, ma con freddezza:
<<La Grande Mademoiselle! Non ho mai capito se il suo comportamento fosse genuinamente ridicolo o se fosse solo una copertura per nascondere la sua propensione a dirigere la vita degli altri da dietro le quinte>>
Virginia rispose guardando negli occhi Roberto, che mostrava di conoscere, almeno negli aspetti essenziali, la persona che era oggetto delle loro osservazioni:
<<Diciamo che la cugina Carlotta ha saputo sfruttare a proprio vantaggio la sua naturale tendenza al ridicolo. Quando una persona intelligente non riesce in alcun modo a porre un freno alla propria goffaggine fisica, spesso la utilizza come un'arma per far abbassare le difese agli altri, in modo da carpirne i segreti e le confidenze e da usarli per i suoi fini e ottenere, tramite l'inganno, ciò che la mancanza di fascino le aveva negato>>
Roberto fu colpito dalla capacità della contessa Virginia di esprimere con poche ed efficaci parole dei concetti complessi:
<<E continua ad esercitare ancora questo ruolo di eminenza grigia?>>
<<Sì, certamente. E se dovesse vederti, cosa che prima o poi, inevitabilmente avverrà, puoi stare certo che diventeresti il baricentro delle sue trame, non fosse altro che per il fatto che sei un giovane uomo molto bello, elegante e di grande fascino. Come se fossi stato educato qui, alla Villa. Tu sei una persona che ha la raffinatezza innata, proprio come tua madre>>
Roberto sorrise:
<<La ringrazio. Detto da lei è un complimento che vale almeno il doppio>>
Giulia era in imbarazzo:
<<Virginia, gli aspetti aristocratici di mio figlio non dipendono solo dalle mie presunte doti innate. Immagino che vedendolo di persona tu abbia notato una certa somiglianza con i tratti della famiglia Ozzani>>
Virginia annuì, scambiando con l'amica un'occhiata consapevole:
<<Ma certo, è evidente! Nel momento in cui l'ho visto, tutti i miei dubbi sono caduti. La cugina Carlotta aveva ragione. Dopo la morte di Alessio, mi ha confidato il suo ruolo nell'organizzare il tuo matrimonio di copertura con Sergio Bruni. Non poteva scegliere un finto padre meno adatto per questo giovane, e credo che la scelta sia stata deliberata. Non solo perché Sergio era un amante di Carlotta, e quindi un burattino nelle sue mani, ma anche perché sarebbe stato più credibile per tutti, un giorno, in caso di necessità, far accettare al nostro Roberto il fatto che suo padre era un Ozzani>>
Giulia aveva un'espressione assente, come se qualcosa la preoccupasse.
<<Non so cosa ti abbia riferito la Grande Mademoiselle, o cosa sia emerso da eventuali altre confidenze, ma ti consiglio di lasciare a me il compito di raccontare a mio figlio come sono andate esattamente le cose, perché fino ad ora ho ritenuto opportuno tenerlo lontano dal pericolo che tali rivelazioni portano con sé>>
Roberto apparve meravigliato:
<<Pericolo? Ma poi non eravamo d'accordo sul fatto che Virginia avrebbe potuto raccontare la sua versione dei fatti>>
La contessa, che aveva capito perfettamente a cosa Giulia stesse alludendo, decise di stare al gioco:
<<Immagino che Giulia ritenga che il pericolo derivi dai miei cugini, che già credevano di avere l'eredità in tasca. Ma intendo in ogni caso nominarti mio erede universale, senza bisogno di ricorrere a cose sgradevoli come i test del Dna. Quanto alla versione dei fatti, io posso eventualmente correggere ciò che Giulia può aver male interpretato riguardo al mio ruolo, ma per il resto... beh... è lei la protagonista, per cui credo che l'onere di raccontare questa storia spetti a lei. Tanto il tempo non ci manca>>
Roberto, che era avvocato, colse per la prima volta un elemento di ambiguità, che complicava la situazione:
<<Sono onorato del fatto che lei intenda nominarmi suo erede. Comunque non ho nulla in contrario a sottopormi al test del Dna. Sono più che certo del fatto che mio padre sia Alessio Ozzani. Del resto, basta guardare il suo ritratto: è praticamente la mia fotocopia>> e indicò un quadro davanti a lui.
<<Oh, ma quello non era mio fratello Alessio>>
Roberto capì che il suo sospetto era fondato:
<<Ah sì? E chi era?>>
<<Mio zio. Da giovane. E' morto da tempo, ma credo che Giulia si ricordi di lui. Lo conobbe ad una mia festa di compleanno. Ti ricordi, Giulia, vero?>>
<<Ma certo che mi ricordo! Ci fece anche delle lezioni di equitazione, quell'anno. Un vero incubo!>>
Virginia sorrise:
<<Ah, la colpa fu mia! Tu non volevi, ma io ti obbligai>> e poi si rivolse a Roberto <<Mio zio era molto influente nella banca dove lavorava e... be', faceva pesare molto questo fatto, considerando che era lui che controllava il nostro credito. Per questo cercavamo di essere compiacenti con le sue assurde manie. Una di quelle era la sua fissa per l'equitazione. Ne era ossessionato>>
Roberto fissò intensamente il ritratto di Carlo Ozzani di Fossalta:
<<E questo prode cavaliere non ha avuto figli?>>
Virginia e Giulia si scambiarono un'altra occhiata, poi la contessa rispose:
<<No. Non si è mai sposato. Le sue uniche passioni erano il lavoro e i cavalli. Oltre, naturalmente, alla famiglia Ozzani...>>
<<Naturalmente>> concluse Roberto.
Le bassezze dell'Alta società. Capitolo 17. La festa continua.
Virginia Ozzani di Fossalta era davvero bella in quel giorno di maggio in cui, presso la Villa di famiglia dei Conti Ozzani, si stava festeggiando il suo compleanno.
Ma la sua migliore amica Giulia Federici non era da meno.
Dopo essersi abbracciate e scambiate gli auguri, Virginia presentò a Giulia suo fratello Alessio.
Era alto, biondo, con occhi azzurri, come Virginia, ed aveva la sua stessa aria aristocratica.
Giulia, che già lo aveva visto alcune volte, ma non aveva mai avuto l'occasione di conoscerlo di persona, ne fu affascinata.
Lui le prese la mano, con molta delicatezza, si chinò per baciarla, ma senza sfiorarla, come è d'obbligo nel codice di comportamento dei nobili, e le disse:
<<Enchantèe>>
Giulia gli rivolse un sorriso pieno, felice, che la rendeva ancora più radiosa, nel contrasto tra il rosso delle labbra e il bianco dei suoi denti perfetti.
Virginia sentì per la prima volta qualcosa che sarebbe diventato una costante, man mano che l'amicizia tra Giulia ed Alessio, nei mesi successivi, divenne sempre più stretta.
Lui penserà più a lei che a me, ed anche lei penserà più a lui che a me. Io perderò d'importanza agli occhi di entrambi. Glielo leggo in faccia. Si piacciono. E' un classico caso di colpo di fulmine.
Si sentiva gelosa e invidiosa di Giulia, nello stesso tempo. Il che però la rendeva ancora più possessiva nei suoi confronti.
<<Ho visto che hai conosciuto già due dei più stravaganti componenti della nostra famiglia. La signorina De Toschi, cugina di mio padre, e lo zio Carlo, il direttore di banca. Ti saranno sembrati dei pazzi, ma ti garantisco che sono molto influenti, sia in famiglia che in città, per cui è meglio andare d'accordo con loro>>
<<La signorina vorrebbe che io andassi a lezione privata di greco da lei e che poi studiassi medicina all'università>>
<<E' una sua fissazione, che però ti dice molto sul suo conto: incrementa i suoi redditi derivanti dalle ripetizioni private e il numero dei futuri medici che la visiteranno gratis e saranno a sua disposizione>>
<<Ma, non pensavo che una persona così ricca potesse essere così...>>
<<Così tirchia? Ah, Giulia, come sei ingenua>> intervenne Alessio <<la De Toschi è la prova vivente del fatto che la ricchezza è come l'acqua salata: non sazia la sete, ma la fa aumentare>>
Virginia riprese il controllo della conversazione:
<<In ogni caso, io vado già a ripetizione da lei e spero che anche tu Giulia, possa venire con me. In tal caso potremo dividere le spese>>
Giulia annuì:
<<E le lezioni di equitazione che mi ha promesso vostro zio Carlo, sono gratis o... cosa?>>
Virginia e Alessio si scambiarono uno sguardo allarmato.
<<Io non credo sia una buona idea...>> disse Alessio, ma fu subito interrotto da sua sorella.
<<Ma cosa dici, Ale! Vorresti forse che Giulia si inimicasse nostro zio, che è uno degli uomini più potenti della città? Anche in questo caso, io sarò sempre presente, perché insegna anche a me ad andare a cavallo>>
<<C'è qualcosa in lui che... non so come dire... che mi fa paura>>
Di nuovo i due fratelli si guardarono negli occhi e fu Virginia a rispondere per prima:
<<Come ti dicevo, è un uomo un po' strano, ma credimi se ti dico che è meglio averlo come alleato che come nemico. E lui non concepisce le vie di mezzo. O si è con lui o si è contro di lui. Del resto questa è una caratteristica che accomuna molti altri componenti della nostra famiglia. Gli Ozzani di Fossalta amano essere al centro dell'attenzione>>
Alessio intervenne:
<<Non siamo tutti così. Io non lo sono, per esempio>>
Giulia gli rivolse nuovamente il suo radioso sorriso, generando immediatamente la gelosia e l'invidia di Virginia.
lunedì 31 marzo 2014
Le bassezze dell'Alta società. Capitolo 16. Roberto e Giulia.
Rientrarono nell’appartamento degli ospiti.
Roberto pareva intenzionato a voler sapere tutta la verità, almeno per quel che riguardava la versione di sua madre.
Giulia ne era consapevole.
Tutta la vita di una donna…
Guardò il figlio negli occhi, mentre si sedevano intorno al tavolo della cucina.
Lui ha già capito... ma vuole sentirlo raccontare da me…vuole trovare le motivazioni,
le cause…le colpe…
Ma il viso del figlio non era severo: non sembrava quello di
un giudice, quanto piuttosto quello di uno psicologo.
«Forse» incominciò Giulia, e si schiarì la voce «…forse,
dopo che avrai saputo tutta la storia…tu potresti…come dire…avere motivo di
arrabbiarti…sì…perché io ho preso delle decisioni che hanno influito anche
sulla tua vita e…»
Il figlio le prese la mano:
«No, fermati…non devi avere paura. E' vero, io ho un'indole collerica, purtroppo, ma sai anche che dopo quei cinque minuti di rabbia, alla
fine mi calmo, e rifletto e cerco di capire, e se è possibile, persino di perdonare…»
Giulia annuì, con una sfumatura di sorriso, ma anche di
tristezza.
«Sì, ma questa volta è diverso…vedi questa volta non si
tratta di una delle nostre solite discussioni per una questione da
niente…no…questa volta è una cosa seria. Si tratta di una intera vita, la mia e
la tua»
«Lo so»
Giulia lo fissò: Sì, lo sa…sa già tutto…
«Ma tu avresti preferito una vita diversa»
Il figlio rimase in silenzio, come se non fosse convinto
della verità di quella frase.
Giulia colse quel dubbio e sentì che non tutto era perduto.
«Guardati attorno: la Villa, i campi, la servitù…chi non
vorrebbe nascere ricco e privilegiato?»
«Ma tu hai detto che gli Ozzani erano sull’orlo del
fallimento» obiettò Roberto, ma con il tono tranquillo di chi già pensava di
conoscere la risposta e le sue implicazioni.
«Sì…i soldi…eh…perché senza i soldi, la nobiltà, la Villa,
la servitù…senza i soldi…» c’era rabbia nella voce di Giulia, rabbia contro
quel maledetto primato dell’economico su tutto, anche sugli elementi basilari
della dignità umana, e della vita.
«E tu dei gran soldi non ne avevi. Mentre quell’altra,
quella che lui ha sposato…»
Giulia annuì.
Che squallore! Come posso far accettare a mio figlio che tutto è dipeso dal
denaro…
Non era vero del tutto. C’era stato qualcosa di più: a
distanza di tanti anni ella ancora sapeva che c’era stato amore vero, che
qualcosa di importante era successo, qualcosa che meritava più rispetto…
«Lui non era così venale. E nemmeno Virginia, lei mi voleva
bene, a modo suo. Credo che non sia stata solo una questione di soldi»
«Vuoi dire che Alessio Ozzani era veramente innamorato di
quella, come si chiamava sua moglie…»
«Esther Rubini. Certo suo padre era il direttore della banca e lei molto attraente, e
ci sapeva fare con gli uomini, ma queste cose contavano relativamente per
Alessio. Lui era molto legato alle tradizioni di famiglia e quelle, almeno inizialmente, giocavano a sfavore della famiglia Rubini. Il direttore Davide Rubini era ebreo. Apparteneva alla classica famiglia di religione ebrea che aveva influenza in ambito finanziario. Nel suo piccolo, era una specie di David Rockefeller, o uno dei vari esponenti della famiglia Rothschild.
<<E gli Ozzani avevano dei pregiudizi contro gli ebrei?>>
Giulia scosse il capo:
<<Ufficialmente no, ma sai come vanno queste cose... gli Ozzani pensavano che se si poteva evitare di imparentarsi con loro, era meglio... e la loro esposizione debitoria non era al momento così allarmante da far pensare che la Bancaccia e i suoi dirigenti potessero influire sulle scelte matrimoniali dei Conti di Fossalta. No, ci sono state altre ragioni, che si sono aggiunte. Ragioni interne alla dinastia. Invidie, gelosie, rancori... tutte queste cose hanno fatto pendere il piatto della bilancia contro di me>>
Il figlio aggrottò le sopracciglia:
«Ma Virginia ti voleva bene!»
Giulia sgranò gli occhi e alzò la voce:
«Troppo bene… era possessiva, sia con me che con suo
fratello»
Il volto del figlio mostrò nel contempo sorpresa e stupore.
«Era gelosa di voi?»
«Sì... no... non lo so»
Giulia arrossì e abbassò lo sguardo:
«Virginia voleva essere al centro dell'attenzione…»
«Posso immaginare. Però ciò non spiega molto»
Giulia scrollò le spalle:
«Non c’è mai una sola causa nei
fenomeni. Soprattutto quando c’entrano cose come l’amicizia, la parentela, i
sentimenti… il sesso, e sì, anche i soldi»
«I soliti moventi»
Quel commento del figlio ferì profondamente la madre.
E’ così che vedi l’esito di questa vicenda?
Le speranze con cui aveva incominciato il discorso la
abbandonarono tutte in una volta.
«C'era qualcosa di più!» esclamò con enfasi
«Erano coinvolte altre famiglie, con motivazioni molto meno chiare e interessi che toccavano questioni oscure, che io stessa fatico a capire ancora oggi. Era un groviglio di mali, di stranezze… io invece volevo una vita normale, io
credevo…» esitò e abbassò la voce «credevo che fosse la cosa migliore per
tutti».
Il figlio la fissava con aria imperturbabile.
Lui vuole sentirlo dalla mia bocca…
Lui vuole sentirlo dalla mia bocca…
«Anche per te! Loro non sapevano che ero incinta. Lo dissi solo a mia
madre e a una loro parente, che è ancora in vita. Furono loro che mi proposero come soluzione il matrimonio con tuo padre, anzi
il tuo patrigno…» deglutì «Io potevo rifutare, e invece decisi di accettare, e lo feci perché volevo a tutti i costi dare a mio figlio una vita normale!»
Giulia temette un’esplosione d’ira del figlio, invece
Roberto si limitò a sospirare.
«Ho sempre sospettato che Sergio Bruni fosse solo il mio patrigno. Eravamo troppo diversi in tutto. L'essere figlio di Alessio Ozzani spiega molte cose del mio carattere. Però non capisco perché tu non abbia detto ad Alessio e a Virginia che eri incinta. Tu dici che non sapevano, ma io mi chiedo: forse facevano solo finta di non sapere?>>
<<Diciamo che almeno Virginia ne era quasi sicura. Alessio poteva sospettarlo. Entrambi potevano chiedere! Ma sarebbe stato uno scandalo…la fine del fidanzamento con Esther Rubini, la rivelazione di tutta la trama di rapporti finanziari e politici che teneva in piedi la ragnatela di potere di alcuni oscuri personaggi. Sarebbe stata la rovina definitiva della famiglia! Ero questo io per loro. E lo saresti stato anche tu…»
<<Diciamo che almeno Virginia ne era quasi sicura. Alessio poteva sospettarlo. Entrambi potevano chiedere! Ma sarebbe stato uno scandalo…la fine del fidanzamento con Esther Rubini, la rivelazione di tutta la trama di rapporti finanziari e politici che teneva in piedi la ragnatela di potere di alcuni oscuri personaggi. Sarebbe stata la rovina definitiva della famiglia! Ero questo io per loro. E lo saresti stato anche tu…»
Giulia non aveva il coraggio di guardarlo
in faccia.
Roberto aveva ben chiaro il concetto, ma se erano esistiti dei rischi, un tempo, si poteva dire o no che questi rischi erano estinti?
«Capisco che ora Virginia abbia bisogno di me perché sono l’unico erede maschio della linea primogenita…l’unico che può perpetuare il “glorioso” nome degli Ozzani di Fossalta. Ma immagino che gli altri possibili eredi costituiscano ancora un grande pericolo»
Giulia annuì:
<<Parte di quel pericolo potrebbe esistere ancora. Tutto dipende da cosa ci dirà Virginia. Sicuramente lei ha una visione più completa della situazione. Io posso solo cercare di indovinare quali siano stati i singoli ruoli dei vari personaggi che hanno influito su questa storia>>
«Capisco che ora Virginia abbia bisogno di me perché sono l’unico erede maschio della linea primogenita…l’unico che può perpetuare il “glorioso” nome degli Ozzani di Fossalta. Ma immagino che gli altri possibili eredi costituiscano ancora un grande pericolo»
Giulia annuì:
<<Parte di quel pericolo potrebbe esistere ancora. Tutto dipende da cosa ci dirà Virginia. Sicuramente lei ha una visione più completa della situazione. Io posso solo cercare di indovinare quali siano stati i singoli ruoli dei vari personaggi che hanno influito su questa storia>>
Una parte dei fatti, comunque, era stata rivelata.
Giulia e Roberto ci avevano girato attorno come a un fuoco pericoloso, per non
scottarsi.
Ma quel fuoco era lì, che ardeva come la rabbia in mezzo
alle tenebre della paura e della vergogna.
«Io credo…» incominciò il figlio con una voce che pareva
giungere da infinite lontananze «…credo di avere bisogno di tempo per
riflettere…per valutare…e…»
Lasciò il discorso in sospeso, si alzò e poi si abbandonò
sul divano.
Giulia a sua volta si diresse verso la camera da letto.
Mentre si stendeva, esausta, sentì la voce del figlio.
«Virginia ci deve molte spiegazioni. E solo dopo, quando
tutto ci sarà chiaro…io e te ne riparleremo»
Non c’era nessuna rabbia, nessuna animosità: solo un senso
di delusione, di stanchezza, quasi di umiliazione.
Rimasero così a lungo, entrambi, a riflettere, ed erano,
quelle, le meditazioni della vita offesa.
La fiamma di Atar. Capitolo 13. Il Serpente Rosso.
Sotto la firma del presunto autore della Flamma Ataris, c'era un simbolo molto particolare.
<<Un serpente rosso>> commentò Luca Bosco, sempre più sconcertato.
Per quanto fosse perplesso nei confronti di tutto ciò che la scienza ufficiale non considerava attendibile, non poté fare a meno di ripensare al significato esoterico di quel simbolo.
<<Secondo il pensiero esoterico, o almeno una parte di esso, questo simbolo indica una Dinastia o forse un insieme di Dinastie, destinate a dominare il mondo intero. Il rosso indica il Sangue Reale, che per alcuni, come ormai è noto, corrisponde al santo graal. Altri hanno usato un nuovo termine: i Fiumi di Porpora. Dietro a questi simboli esiste qualcosa di molto simile all'eugenetica. Quando conobbi Virginia Dracu, lei mi disse che anche io appartenevo a questa stirpe e che a tirare le fila di tutto ci fosse la confraternita della Fonte Sacra>>
Il direttore della biblioteca, Massimo Ferrante, annuì:
<<E' sulla buona strada, dottor Bosco. Ormai sono passati alcuni anni dalla morte di Virginia Dracu e credo che lei sia pronto per una conoscenza più approfondita dei Misteri, una sorta di nuova iniziazione, per conoscere meglio chi sono gli Iniziati agli Arcani Supremi. Continui ad esaminare il testo. Le prometto che questo non cambierà nulla riguardo al suo attuale livello di sicurezza. E' mia convenienza che lei sia in buona salute e operativo>>
Almeno per il momento. Pensò Luca, ma non lo disse.
Tornò all'analisi del testo che aveva davanti a sé.
<<Il testo è scritto in latino, ma il contenuto del primo paragrafo doveva essere stato scritto originariamente in una lingua ormai estinta da millenni: l'avestico. La citazione iniziale infatti è tratta dal primo Yasna dell'Avesta, il libro sacro del Mazdeismo.
"Nel nome di Dio:
Ashem Vohu. Mi professo adoratore di Mazda, seguace di Zarathustra, nemico dei daeva, e dichiaro di accettare la legge di Ahura. Per lo Havani.
Ad Atar, il Fuoco, figlio di Ahura Mazda. A te o Atar, figlio di Ahura Mazda, mi rivolgo allo scopo di propiziazione, culto, adorazione e lode">>
<<Dunque il culto di Atar viene correttamente inserito nel suo contesto, all'interno della religione zoroastriana, o mazdea. Questo è compatibile col fatto che Alessandro Magno, o chi per lui, abbia preso visione di una copia dell'Avesta conservata in una delle capitali dell'Impero Persiano. Mi chiedo però come mai Alessandro, che voleva ellenizzare il mondo, accettò come dato di fatto un elemento della religione del nemico>>
Il direttore Ferrante si accigliò:
<<Lei mi delude, Bosco. La credevo più agile nei collegamenti>>
Luca sorrise:
<<Le mie deduzioni non avvengono con leggerezza. Questo distingue un esperto da un dilettante>>
Il direttore ricambiò il sorriso ironico:
<<Ha la risposta pronta, vedo. Bene, allora mi dimostri di essere capace di deduzioni da esperto! Le ricordo comunque che Alessandro non voleva ellenizzare il mondo, ma creare un sincretismo tra il mondo ellenico e quello orientale. La grande sintesi ellenistica>>
Bosco annuì, per quanto gli sembrasse una frase tratta di peso da un manuale Bignami.
<<In questa prima pagina abbiamo visto che sono stati presentati due simboli, il Serpente Rosso e il Fuoco Sacro. Abbiamo stabilito la correlazione del primo col Sangue Reale. Credo inoltre sia possibile che quel simbolo fosse presente nei misteri di Samotracia, a cui la madre di Alessandro, Olimpiade, regina di Macedonia e principessa reale dell'Epiro fu iniziata in giovane età. Tenendo presente dunque il sangue e il fuoco e il simbolo del grande serpente, che al di fuori del mondo greco era conosciuto anche col nome di drago, noi abbiamo un riferimento dinastico ad una stirpe simboleggiata da un drago e dall'unione del fuoco col sangue. Le viene in mente un nome, direttore?>>
Ferrante lo fissò con occhi gravi:
<<Vorrebbe forse insinuare che un noto scrittore contemporaneo di romanzi fantasy ha tratto ispirazione da questo testo? Perché se non erro lei sta facendo riferimento alla dinastia Targaryen, frutto della fantasia di George Martin>>
<<Casa Targaryen, "Fuoco e sangue", la dinastia del drago rosso su sfondo nero. Non mi stupirei se George Martin avesse avuto accesso ad una delle tre copie de "La fiamma di Atar". Magari a quella conservata in America, ad Hollow Beach, presso la Collezione Burke-Roche>>
Il mistero di Hollow Beach l'aveva sempre affascinato e non c'era da meravigliarsi se avesse affascinato anche un genio come George Martin.
<<Ora è lei che si lascia andare a collegamenti troppo arditi>>
<<Segua il mio ragionamento, direttore. Io conosco gli scritti di Martin meglio dei miei e posso dire che l'ambientazione del continente di Westeros è stata ispirata dall'Inghilterra del Quattrocento, in particolare del periodo della Guerra delle Due Rose, in cui gli York e i Lancaster si contendono il trono che era stato usurpato alla legittima dinastia dei Plantageneti. Vedi caso, ne "Il gioco del trono" abbiamo una guerra tra gli Stark e i Lannister che si contendono un trono che era stato usurpato ai Targaryen. La correlazione tra i Plantageneti e i Targaryen è evidente. E' come se ci volesse indicare che sono i Plantageneti la stirpe del Serpente Rosso e quindi, in base a "La fiamma di Atar", ipotizza che vi sia un legame dinastico tra i Plantageneti e le dinastie ellenistiche. Non a caso i Targaryen nascono in Oriente, a Valyria, al centro di una penisola che assomiglia sotto molti aspetti a quella greca>>
Ferrante aveva ascoltato con interesse.
<<A prescindere da cosa abbia o meno pensato il suo scrittore, ritengo che l'ipotesi secondo cui ci sia un legame di discendenza tra le stirpi reali classiche e quelle medievali sia un interessante campo di ricerca, specie se ci può aiutare a stabilire un nesso tra i testi qui presenti e quelli che sono nella collezione Burke-Roche. Potrei farle avere una borsa di studio al riguardo: le si aprirebbero le porte per una carriera accademica, e forse, chissà, anche quelle della confraternita dei Custodi del Fuoco Segreto. Valuti questa opportunità che le sto offrendo. Difficilmente nella vita le si presenterà una seconda occasione così ghiotta>>
domenica 30 marzo 2014
Le bassezze dell'Alta società. Capitolo 15. Una festa a lungo attesa.
Il 15 maggio 1956, Giulia Federici, quindicenne, fece con ampio anticipo il suo debutto nell'Alta società, in occasione del compleanno della sua migliore amica, Virginia Ozzani di Fossalta.
Agli occhi dei genitori, che l'accompagnavano, Giulia era ancora una bambina. La più bella della scuola. Era una regina.
Per questo sua madre le aveva detto di non dare troppo nell'occhio, per non rubare la scena alla festeggiata.
Loro erano già stati alla Villa, perché il dottor Federici era uno dei medici di fiducia del conte Umberto.
Giulia gli aveva fatto molte domande, sia riguardo alla Villa, che riguardo alla famiglia Ozzani.
<<Sono persone molto gentili, di notevolissima cortesia>>
<<Anche i loro parenti?>>
Qui il dottor Federici si accigliò:
<<I rapporti con le famiglie del notaio Papisco e del professor Trombadore non sono buoni>>
<<Quindi le zie e i cugini di Virginia non ci saranno?>>
<<Oggi è un giorno speciale... potrebbero esserci anche loro. Tu ne hai già conosciuti alcuni?>>
I legami di parentela degli Ozzani di Fossalta con le altre famiglie di spicco della città erano difficili da tenere a mente, a meno che non si facesse riferimento ad un albero genealogico.
Ippolito Ozzani di Fossalta + Valeria Serbelloni
|
--------------------------------------------------------
| |
Vittorio Ozzani di Fossalta + Adelaide Aldrovandi Violetta + Gen. DeToschi
1892- 1948 | 1899-1994 1909-1929 1895-1978
| |
| Carlotta De Toschi
| 1929
-------------------------------------------------------------------------------------------------------
| | | | |
Umberto Carlo Grazia Laura Margherita
1915-1986 1917-1995 1919-1997 1921-1998 1923 -2000
+ + +
Claudia Adriano Trombadore Giuseppe Papisco
Protonotari 1912 – 1987 1916-1998
Bonaccorsi | divorzio 1975 | | risposatosi poi con
1919-2000 --------------------------------------------------
| | | |
---------------------------- Piergiuseppe Benedetta Goffredo +
| | 1944 1947 1949 Serena Sarpi
Alessio Virginia + 1937
1940-1999 1942 Massimo Piccioni |
+ 1940 | Bramante
Esther ---------------------------------------------- 1967
Rubini | |
1943-1999 Alberto Piccioni Cristina Piccioni
(+ Giulia 1970 1975
Federici
1942)
|
Roberto
1962
<<Ho conosciuto i figli di Margherita Ozzani Papisco. Sono un po' strani. Piergiuseppe, il più grande, è un tipo serio e taciturno. Benedetta, quella di mezzo, è una bambina dispettosa e pettegola e Goffredo, il più piccolo, ha paura anche della sua ombra>>
I genitori di Giulia risero e sua madre la ammonì:
<<Sarà meglio che tieni a bada la tua lingua tagliente, soprattutto se ci saranno anche i figli di Laura Ozzani e di quell'odioso poeta>>
Giulia non aveva mai conosciuto i figli di Adriano Trombadore.
Sapeva che il primogenito si chiamava Dante Gabriele, la secondogenita Angela Beatrice e il terzogenito Ludovico Torquato, tutti nomi letterari insomma, non certo facili da portare.
Dopo alcuni minuti di viaggio, videro finalmente i cancelli e gli alti muri di pietra che circondavano la magione degli Ozzani di Fossalta.
Per quanto avesse cercato di immaginare la grandiosità della Villa, Giulia ne rimase strabiliata.
Mentre parcheggiavano nel retro del cortile esterno, Giulia si rese subito conto dell'opulenza degli ospiti.
Bastava guardare le loro automobili, oppure il loro modo di vestire, i gioielli che indossavano le signore. Era uno sfarzo al quale lei non era minimamente abituata.
Poi vide avvicinarsi un uomo di mezz'età, magro, in tenuta da cavallerizzo.
Aveva occhi glaciali e un sorriso crudele.
<<Dottore, che ci fa lei qui? C'è qualcuno che si sente male?>>
<<No, cavalier Ozzani, sono qui perché mia figlia è stata invitata dalla signorina Virginia, che è sua compagna di classe>>
Giulia capì che si trattava dello zio di Virginia, quello che dirigeva l'ufficio crediti della Bancaccia.
La stava osservando con uno sguardo fisso, stranamente interessato.
<<Sai andare a cavallo, ragazzina?>>
<<Mi chiamo Giulia>>
La madre le fece gli occhiacci e poi si rivolse, zuccherosa, al cavalier Ozzani:
<<La perdoni, non è mai stata in società>>
<<Non ne dubito. Me ne sarei ricordato>> e poi aggiunse <<Immagino quindi che tu non sappia cavalcare, il che è molto grave per una ragazzina che frequenta mia nipote. Se vorrai frequentare questa casa, dovrai assolutamente imparare l'equitazione. Per tua fortuna hai davanti a te uno dei massimi esperti in questa gloriosa arte>>
Giulia si rese subito conto che quell'uomo era molto pericoloso.
Annuì velocemente e poi, nel voltarsi di scatto, finì addosso ad una donna corpulenta, pesantemente truccata, che odorava di talco e naftalina.
Era nientemeno che la signorina De Toschi, la Grande Mademoiselle!
<<Oh, che Dio sia benedetto! Dottor Federici, avevo proprio bisogno di lei! Questo cambio di stagione mi sta uccidendo. Sono sfinita, le allergie mi paralizzano>> e come per rendere ancora più realistica questa affermazione, si mise a sternutire, e poi a tossire in modo catarroso, e infine si soffiò il naso con un rumore osceno.
Quando vide passare un giovane valletto lo afferrò con la mano grassoccia:
<<Ragazzo, portami i sali... sto per svenire! Che Dio mi aiuti! Dottore, faccia qualcosa, sono gravemente malata!>>
Giulia sorresse la donna, credendo sinceramente che avesse un grave malore, ma vide che nessuno se ne faceva caso e che suo padre non si mostrava preoccupato, per quanto avesse preso il polso della Grande Mademoiselle.
<<Non si agiti, signorina De Toschi... il polso va bene, il battito è regolare... se vuole misuriamo anche la pressione, ma credo che sia più che altro un sintomo di bronchite asmatica, accentuato dall'allegia ai pollini>>
<<Bronchite asmatica? Io non ho l'asma!>>
<<Lei fuma troppo, signorina De Toschi. Le avevo caldamente consigliato di smettere>>
<<Ma non se ne parla nemmeno!>> sbottò la Grande Mademoiselle ritrovando improvvisamente le forze <<Ci vorrà ben altro che qualche sigaretta, a piegare l'animo indomito della figlia del generale De Toschi e della gloriosa Violetta Ozzani!>> poi, ripreso il contegno, si guardò attorno e notò che Giulia le teneva ancora l'altro braccio.
<<O cara bambina! Che dooolce! Si vede subito che hai preso dal babbo. Eh... ne facciamo una dottoressa, eh? Dimmi come vai in greco?>>
<<Abbastanza bene...>>
<<Abbastanza è troppo poco! Una futura dottoressa in medicina deve conoscere il greco alla perfezione, per capire la terminologia tecnica!>>
<<Ma io non penso che studierò medicina>>
A quelle parole la Grand Mademoiselle si ritrasse scandalizzata e si rivolse al padre di Giulia:
<<Ma l'ha sentita, dottore? Come sarebbe a dire "non penso che studierò medicina"? E cosa vorresti fare allora?>>
<<Be', lei ha studiato lettere classiche, professoressa De Toschi... >>
Gli occhi da rospo della Grande Mademoiselle uscirono quasi dalle orbite:
<<Ah, ma se io fossi stata figlia di un medico non avrei esitato un secondo! Purtroppo la mia condizione di nobili genere nata, mi ha impedito di dedicarmi a professioni troppo meccaniche e di piccolo affare. Mia madre, che Dio l'abbia in gloria, non mi avrebbe nemmeno permesso di lavorare come insegnante. Ma per fortuna il mio babbo, il Generale, ha capito che in me ardeva il sacro fuoco della letteratura. Ed ecco dunque, qualis artifex pereo!>>
E così, citando le ultime parole di Nerone, secondo Svetonio, la Grande Mademoiselle si riscosse e annusando un fazzoletto con i sali, appoggiò la sua mole ad alcuni valletti, accorsi per sorreggerla.
Il vociare della signorina, con l'inconfondibile accento toscano, aveva attirato l'attenzione e finalmente Giulia vide Virginia che si avvicinava e la trovò incantevole.
<<Ho conosciuto i figli di Margherita Ozzani Papisco. Sono un po' strani. Piergiuseppe, il più grande, è un tipo serio e taciturno. Benedetta, quella di mezzo, è una bambina dispettosa e pettegola e Goffredo, il più piccolo, ha paura anche della sua ombra>>
I genitori di Giulia risero e sua madre la ammonì:
<<Sarà meglio che tieni a bada la tua lingua tagliente, soprattutto se ci saranno anche i figli di Laura Ozzani e di quell'odioso poeta>>
Giulia non aveva mai conosciuto i figli di Adriano Trombadore.
Sapeva che il primogenito si chiamava Dante Gabriele, la secondogenita Angela Beatrice e il terzogenito Ludovico Torquato, tutti nomi letterari insomma, non certo facili da portare.
Dopo alcuni minuti di viaggio, videro finalmente i cancelli e gli alti muri di pietra che circondavano la magione degli Ozzani di Fossalta.
Per quanto avesse cercato di immaginare la grandiosità della Villa, Giulia ne rimase strabiliata.
Mentre parcheggiavano nel retro del cortile esterno, Giulia si rese subito conto dell'opulenza degli ospiti.
Bastava guardare le loro automobili, oppure il loro modo di vestire, i gioielli che indossavano le signore. Era uno sfarzo al quale lei non era minimamente abituata.
Poi vide avvicinarsi un uomo di mezz'età, magro, in tenuta da cavallerizzo.
Aveva occhi glaciali e un sorriso crudele.
<<Dottore, che ci fa lei qui? C'è qualcuno che si sente male?>>
<<No, cavalier Ozzani, sono qui perché mia figlia è stata invitata dalla signorina Virginia, che è sua compagna di classe>>
Giulia capì che si trattava dello zio di Virginia, quello che dirigeva l'ufficio crediti della Bancaccia.
La stava osservando con uno sguardo fisso, stranamente interessato.
<<Sai andare a cavallo, ragazzina?>>
<<Mi chiamo Giulia>>
La madre le fece gli occhiacci e poi si rivolse, zuccherosa, al cavalier Ozzani:
<<La perdoni, non è mai stata in società>>
<<Non ne dubito. Me ne sarei ricordato>> e poi aggiunse <<Immagino quindi che tu non sappia cavalcare, il che è molto grave per una ragazzina che frequenta mia nipote. Se vorrai frequentare questa casa, dovrai assolutamente imparare l'equitazione. Per tua fortuna hai davanti a te uno dei massimi esperti in questa gloriosa arte>>
Giulia si rese subito conto che quell'uomo era molto pericoloso.
Annuì velocemente e poi, nel voltarsi di scatto, finì addosso ad una donna corpulenta, pesantemente truccata, che odorava di talco e naftalina.
Era nientemeno che la signorina De Toschi, la Grande Mademoiselle!
<<Oh, che Dio sia benedetto! Dottor Federici, avevo proprio bisogno di lei! Questo cambio di stagione mi sta uccidendo. Sono sfinita, le allergie mi paralizzano>> e come per rendere ancora più realistica questa affermazione, si mise a sternutire, e poi a tossire in modo catarroso, e infine si soffiò il naso con un rumore osceno.
Quando vide passare un giovane valletto lo afferrò con la mano grassoccia:
<<Ragazzo, portami i sali... sto per svenire! Che Dio mi aiuti! Dottore, faccia qualcosa, sono gravemente malata!>>
Giulia sorresse la donna, credendo sinceramente che avesse un grave malore, ma vide che nessuno se ne faceva caso e che suo padre non si mostrava preoccupato, per quanto avesse preso il polso della Grande Mademoiselle.
<<Non si agiti, signorina De Toschi... il polso va bene, il battito è regolare... se vuole misuriamo anche la pressione, ma credo che sia più che altro un sintomo di bronchite asmatica, accentuato dall'allegia ai pollini>>
<<Bronchite asmatica? Io non ho l'asma!>>
<<Lei fuma troppo, signorina De Toschi. Le avevo caldamente consigliato di smettere>>
<<Ma non se ne parla nemmeno!>> sbottò la Grande Mademoiselle ritrovando improvvisamente le forze <<Ci vorrà ben altro che qualche sigaretta, a piegare l'animo indomito della figlia del generale De Toschi e della gloriosa Violetta Ozzani!>> poi, ripreso il contegno, si guardò attorno e notò che Giulia le teneva ancora l'altro braccio.
<<O cara bambina! Che dooolce! Si vede subito che hai preso dal babbo. Eh... ne facciamo una dottoressa, eh? Dimmi come vai in greco?>>
<<Abbastanza bene...>>
<<Abbastanza è troppo poco! Una futura dottoressa in medicina deve conoscere il greco alla perfezione, per capire la terminologia tecnica!>>
<<Ma io non penso che studierò medicina>>
A quelle parole la Grand Mademoiselle si ritrasse scandalizzata e si rivolse al padre di Giulia:
<<Ma l'ha sentita, dottore? Come sarebbe a dire "non penso che studierò medicina"? E cosa vorresti fare allora?>>
<<Be', lei ha studiato lettere classiche, professoressa De Toschi... >>
Gli occhi da rospo della Grande Mademoiselle uscirono quasi dalle orbite:
<<Ah, ma se io fossi stata figlia di un medico non avrei esitato un secondo! Purtroppo la mia condizione di nobili genere nata, mi ha impedito di dedicarmi a professioni troppo meccaniche e di piccolo affare. Mia madre, che Dio l'abbia in gloria, non mi avrebbe nemmeno permesso di lavorare come insegnante. Ma per fortuna il mio babbo, il Generale, ha capito che in me ardeva il sacro fuoco della letteratura. Ed ecco dunque, qualis artifex pereo!>>
E così, citando le ultime parole di Nerone, secondo Svetonio, la Grande Mademoiselle si riscosse e annusando un fazzoletto con i sali, appoggiò la sua mole ad alcuni valletti, accorsi per sorreggerla.
Il vociare della signorina, con l'inconfondibile accento toscano, aveva attirato l'attenzione e finalmente Giulia vide Virginia che si avvicinava e la trovò incantevole.
Le bassezze dell'Alta società. Capitolo 14. Incontrando Virginia.
Virginia Ozzani, Contessa di Fossalta, viveva nell'appartamento nobile, al piano terra, dove fino ad alcuni anni prima era vissuta sua madre, in compagnia dell'altro figlio, Alessio, che poi era morto in un tragico incidente assieme alla moglie Esther.
<<La Signora si è trasferita qui dopo la morte del conte Alessio, per far compagnia alla madre, la povera contessa Claudia, che è morta poco tempo dopo, anche per il dolore, dico io...>>
Stavano attraversando un ampio corridoio, le cui finestre davano sul cortile interno della Villa.
<<Ormai la contessa Virginia usa solo poche stanze. Il resto del piano nobile è abitato solo dai parenti in visita, i vari cugini di primo e secondo grado, che le girano intorno come degli avvoltoi, per avere un posto in prima nel testamento. Povera Signora, oltre al dolore della malattia e della mancanza del fratello, deve sopportare anche tutti questi sciacalli>>
Lo disse con un tono così sdegnato e con uno sguardo così feroce che pareva considerare anche Roberto e Giulia come facenti parte della categoria "avvoltoi e sciacalli".
Ci vede come concorrenti. Teme che Virginia possa lasciare qualcosa a mia madre per farsi perdonare le misteriose colpe di quando finì la loro amicizia.
Un mistero su cui era tempo di fare luce.
<<La Signora si è trasferita qui dopo la morte del conte Alessio, per far compagnia alla madre, la povera contessa Claudia, che è morta poco tempo dopo, anche per il dolore, dico io...>>
Stavano attraversando un ampio corridoio, le cui finestre davano sul cortile interno della Villa.
<<Ormai la contessa Virginia usa solo poche stanze. Il resto del piano nobile è abitato solo dai parenti in visita, i vari cugini di primo e secondo grado, che le girano intorno come degli avvoltoi, per avere un posto in prima nel testamento. Povera Signora, oltre al dolore della malattia e della mancanza del fratello, deve sopportare anche tutti questi sciacalli>>
Lo disse con un tono così sdegnato e con uno sguardo così feroce che pareva considerare anche Roberto e Giulia come facenti parte della categoria "avvoltoi e sciacalli".
Ci vede come concorrenti. Teme che Virginia possa lasciare qualcosa a mia madre per farsi perdonare le misteriose colpe di quando finì la loro amicizia.
Un mistero su cui era tempo di fare luce.
Roberto entrò per primo e la
stanza gli parve molto grande e fredda.
Ampi tendaggi di velluto blu coprivano in parte le finestre, creando un'atmosfera di penombra.
Le finestre semiaperte lasciavano però entrare l'aria fresca da fuori.
La parte più illuminata comprendeva un enorme tavolo in legno di ciliegio, con sedie abbinate, ad indicare che quella era la zona dove si consumavano i pranzi e le cene formali. C'erano alte credenze con servizi di porcellana, argenteria e cristalleria. E poi altri mobili: comò, cassapanche, angoliere.
L'altra parte della stanza era più in ombra, e proprio lì era stato ricavato un salotto, in stile floreale.
Lei era là.
Seduta su una poltrona, Virginia Ozzani di Fossalta osservava con una punta di perplessità i suoi visitatori.
La parte più illuminata comprendeva un enorme tavolo in legno di ciliegio, con sedie abbinate, ad indicare che quella era la zona dove si consumavano i pranzi e le cene formali. C'erano alte credenze con servizi di porcellana, argenteria e cristalleria. E poi altri mobili: comò, cassapanche, angoliere.
L'altra parte della stanza era più in ombra, e proprio lì era stato ricavato un salotto, in stile floreale.
Lei era là.
Seduta su una poltrona, Virginia Ozzani di Fossalta osservava con una punta di perplessità i suoi visitatori.
«Signora Contessa…» incominciò la
Governante a bassissima voce <<sono arrivati gli ospiti>>
Virginia li osservava con una fissità e una concentrazione tali da far credere che i suoi occhi vedessero qualcosa di indescrivibile.
Virginia li osservava con una fissità e una concentrazione tali da far credere che i suoi occhi vedessero qualcosa di indescrivibile.
«Perdonatemi se non vi vengo incontro, ma sono molto debole …».
La sua era una voce da contralto, arrochita dal fumo e resa incerta dalla malattia.
La sua era una voce da contralto, arrochita dal fumo e resa incerta dalla malattia.
La Governante fece cenno a Roberto e a Giulia di avvicinarsi alla Contessa.
Roberto studiò l'immagine di quella donna magra, che sembrava nel contempo fragile e altera.
Poi i contorni del viso si fecero più distinti: era strano come in quel volto i segni dell’età e della malattia convivessero con il permanere di una bellezza aristocratica.
Poi i contorni del viso si fecero più distinti: era strano come in quel volto i segni dell’età e della malattia convivessero con il permanere di una bellezza aristocratica.
Doveva essere uno sforzo per lei
persino tenerli aperti, o sopportare la luce della lampada, perché li teneva
semichiusi e pareva non vedere nulla.
I capelli erano di un castano chiaro opaco. Forse un tempo erano stati brillanti e dorati, ma ormai erano spenti e scarmigliati. Li teneva raccolti dietro la nuca, ma molti ciuffi ribelli le scendevano lungo il viso e il collo.
I capelli erano di un castano chiaro opaco. Forse un tempo erano stati brillanti e dorati, ma ormai erano spenti e scarmigliati. Li teneva raccolti dietro la nuca, ma molti ciuffi ribelli le scendevano lungo il viso e il collo.
Lei parve riuscire a leggergli nel pensiero:
<<Sono miei, i capelli. Non sto facendo alcuna terapia. Nelle mie condizioni potrebbe solo peggiorare la situazione. Le uniche medicine che prendo sono gli antidolorifici, che mi fanno dormire molto e mi rendono un po'... come dire... svagata... non dovete farci caso...>>
Parve divertita a quel pensiero e sorrise debolmente.
Roberto se l'era immaginata diversa.
E’ davvero lei la donna che ha rovinato la vita a mia madre? E' proprio questa donna dall'aria gentile la mia "Strega di Biancaneve", oppure ce n'è un'altra, molto più pericolosa, che ci sta osservando da dietro le quinte?
Notò rapidamente sul comodino alcune cornici
d’argento con fotografie in bianco e nero: Virginia da giovane, bellissima, un
viso da elfo, delicato e imbronciato;
; Virginia e un uomo molto simile a lei, certamente il suo defunto fratello, anch’egli di aristocratica bellezza; e poi…
; Virginia e un uomo molto simile a lei, certamente il suo defunto fratello, anch’egli di aristocratica bellezza; e poi…
Nella terza foto è con mia madre!
La terza foto ritraeva Virginia e Giulia
adolescenti…belle e sorridenti nel parco della Villa.
«Era il mio sedicesimo compleanno, quando scattammo
quella foto. Si può dire che tutto incominciò quel giorno…» sussurrò Virginia
guardando Roberto.
Quest’ultimo spontaneamente si rivolse a sua madre.
Giulia era rimasta indietro, immobile come una statua.
Giulia era rimasta indietro, immobile come una statua.
Appariva tesa e turbata, come se attendesse un suo giudizio su qualcosa di molto importante, che appariva sottinteso e di cui nessuno voleva parlare.
Cosa mi stanno nascondendo?
La Contessa, con grande lentezza, si rivolse alla Governante:
«Puoi andare, Concetta»
Era un ordine, ma la Governante
esitò e lanciò a Giulia una occhiata ammonitrice, come se le intimasse di comportarsi bene,
Notò che Virginia ora lo fissava
con una intensità strana.
Perché guarda me e non mia
madre?
Forse c'era una risposta, ma era difficile da mandare giù.
Forse c'era una risposta, ma era difficile da mandare giù.
«Roberto…vero?»
Lui annuì.
Virginia gli sorrise, in un modo
che gli diede l’impressione di una sincerità venata di affetto.
Poi, finalmente, si volse verso
Giulia e le due ex-amiche si scrutarono a lungo in silenzio.
«Grazie per essere venuta»
«Non so se ho fatto bene…»
Virginia le porse per prima la
mano, Giulia esitò, poi si avvicinò e la prese con leggerezza tra le sue.
Con l'altra mano, Virginia le accarezzò lievemente il volto, con un gesto intimo che riuscì a dissolvere in un istante i quattro decenni di oblio che avevano sepolto la loro antica amicizia.
Con l'altra mano, Virginia le accarezzò lievemente il volto, con un gesto intimo che riuscì a dissolvere in un istante i quattro decenni di oblio che avevano sepolto la loro antica amicizia.
Giulia non riusciva a distogliere gli occhi da lei.
Roberto percepì un’emozione forte. Aveva la pelle d'oca.
Quando quel breve momento
d’affetto terminò, ci fu imbarazzo.
Virginia chiuse gli occhi e si
asciugò le lacrime.
Giulia distolse di nuovo lo
sguardo e fissò le fotografie sul comodino, con una lieve nota di tristezza nel
viso.
Virginia, riaprì gli occhi.
«Ricordo tutto di quel giorno.
Eravamo così felici, così ingenue…».
Le ultime parole furono pronunciate con un
senso infinito di rimpianto.
Giulia annuì:
«Eravamo ancora in tempo per fare le scelte giuste»
«Eravamo ancora in tempo per fare le scelte giuste»
Il sospiro di Virginia divenne
quasi un rantolo.
Assunse un'aria malinconica e
scosse la testa:
«Non c’è nessun rancore nella tua voce…»
«Non c’è nessun rancore nella tua voce…»
«La cosa ti stupisce? »
Virginia era perplessa:
«La mia famiglia non si è comportata bene con te. Ed io ho agito peggio di tutti gli altri, per la qual cosa, ora, di fronte a tuo figlio, imploro il tuo perdono»
«La mia famiglia non si è comportata bene con te. Ed io ho agito peggio di tutti gli altri, per la qual cosa, ora, di fronte a tuo figlio, imploro il tuo perdono»
Giulia era altrettanto perplessa:
«Ti ho già perdonata da molto tempo. Ho perdonato, ma non ho dimenticato. Il vostro segreto, che in parte è anche il mio, è ancora custodito nella mia mente. Nessuno conosce la verità»
«Ti ho già perdonata da molto tempo. Ho perdonato, ma non ho dimenticato. Il vostro segreto, che in parte è anche il mio, è ancora custodito nella mia mente. Nessuno conosce la verità»
Roberto, imbarazzato, notò il
disagio della madre.
Sempre questa reticenza!
Virginia disse con voce neutra:
«Con Roberto dobbiamo parlare... è un adulto... e ora che l'ho visto, sento di potermi fidare di lui»
«Con Roberto dobbiamo parlare... è un adulto... e ora che l'ho visto, sento di potermi fidare di lui»
Robert si sentiva in preda ad una speranzosa curiosità:
«Certo che voglio sapere! E’ una
vita che mia madre mi tiene nascosta la storia della sua giovinezza e chissà quali segreti: voglio capire perché mia madre ce l'abbia col mondo intero, perché il suo matrimonio sia fallito, e io non abbia mai avuto un padre presente e dei nonni, come in una famiglia normale. Tutte queste domande ruotano intorno alla famiglia Ozzani, perché tutto ciò che è accaduto, ha avuto qui le sue cause e la sua origine»
Virginia aveva ascoltato, prima
sorpresa e infine turbata.
Dopo avergli rivolto un'occhiata
significativa e aver assunto uno sguardo grave, si rivolse a Giulia:
«E’ vero quello che ha detto tuo figlio riguardo al tuo matrimonio?»
«E’ vero quello che ha detto tuo figlio riguardo al tuo matrimonio?»
«E se anche fosse?»
«Io pensavo…»
«Oh, per favore, Virginia!»
C'era una tristezza sincera nelle sue parole.
Giulia sospirò.
«C’è mai veramente qualcuno che ottiene dalla vita ciò che
sperava? Noi facciamo dei grandi progetti per il nostro futuro. Se siamo in un punto A della nostra vita e decidiamo che, dopo un tempo determinato, vorremmo essere in un altro punto B, allora si può avere l'assoluta sicurezza che non ci arriveremo mai. Nella vita esiste una specie di "deriva" che ci porta più o meno lontano da B, ma mai nello stesso punto. Allora sarebbe stato meglio non desiderare mai di trovarsi nel punto B, perché almeno avremmo avuto l'occasione di raggiungerlo per caso. Non so se mi sono spiegata»
Virginia annuì:
Virginia annuì:
«Ciò che hai detto è giusto. Ma almeno hai ancora tempo e modo per avvicinarti al tuo obiettivo. Io no, io ho pochi mesi di vita e l'unica cosa giusta da fare è quella di migliorare la vita tua e di tuo figlio, perché tu e lui, per fortuna, avete ancora molto tempo davanti!»
la voce di Virginia si fece rauca.
«Giulia! Guardami: se una persona nelle mie condizioni ti invita a non disperare, tu devi ascoltare! Rispondimi: non ti piacerebbe cambiare da adesso la tua vita? Quella di tuo figlio?»
Giulia rimaneva
in silenzio, e continuava a fissare le fotografie del comodino.
Virginia si rivolse a Roberto
«Tu almeno
saresti disposto ad ascoltarmi? Ho atteso molto a lungo questo momento» fece
una pausa per riprendere fiato «Anzi, credo che questa sia stata una delle mie principali
ragioni di vita, negli ultimi anni…dopo l’incidente in cui sono morti Alessio
ed Esther… dopo la morte di mia madre…e la scoperta di avere il cancro…» si
dovette fermare.
Giulia
intervenne:
«Senti Virginia non vorremmo affaticarti…»
«Senti Virginia non vorremmo affaticarti…»
«Non dirlo! La
speranza che tu tornassi è l’unica cosa che ha dato senso a questi ultimi mesi.
Ma ora ascoltami, ti prego…»
Giulia guardò fuori dalla finestra, fissando il cielo nuvoloso.
Giulia guardò fuori dalla finestra, fissando il cielo nuvoloso.
«Tu pensi che un lieto fine, possa cambiare il senso di un’intera vita di errori?»
Virginia fissò il pavimento e rispose con voce distante, ma ferma.
«Non ti sto chiedendo di dimenticare gli errori o di dare un senso a ciò che questi errori hanno comportato, sia nel bene che nel male. Forse per te il lieto fine non è così rilevante, ma per tuo figlio, che ancora davanti a sé gli anni migliori, la speranza che io posso offrirgli è di grandissima importante, e tu lo sai bene, altrimenti non saresti qui»
Giulia rimase seria:
«Sì, sono qui per mio figlio. L'ho tenuto alla larga da questa storia perché sapevo che, fintanto che era vivo il resto della famiglia, gli aveste fatto del male. Ora invece credo nelle tue buone intenzioni. Ma se fosse stato per me, non sarei tornata. Io sono uno spirito libero» e tornò a guardare la fotografia.
«Sì, sono qui per mio figlio. L'ho tenuto alla larga da questa storia perché sapevo che, fintanto che era vivo il resto della famiglia, gli aveste fatto del male. Ora invece credo nelle tue buone intenzioni. Ma se fosse stato per me, non sarei tornata. Io sono uno spirito libero» e tornò a guardare la fotografia.
Virginia annuì, con un lieve sorriso, osservando anche lei quella foto di quarant'anni prima:
«E' vero. Tu sei sempre stata uno spirito libero. Io invece sono rimasta prigioniera di una serie di convenzioni sociali. E' tempo che
tuo figlio sappia come sono andate esattamente le cose, nei minimi particolari...»
Deve esserci sotto qualche trappola… nessuno fa niente per niente: se lei ci offre aiuto, vorrà qualcosa in cambio.
<<Io sono pronto a conoscere la verità>>
Virginia accennò un sorriso, più
rilassata:
«Ne sono felice. Ora ho bisogno di riposare un po', vi prego di tornare qui per l'ora di pranzo e così parleremo... sì… parleremo…»
«Ne sono felice. Ora ho bisogno di riposare un po', vi prego di tornare qui per l'ora di pranzo e così parleremo... sì… parleremo…»
Chiuse gli occhi e parve morta.
Roberto guardò sua madre,
anch’ella pallida come un cencio.
Uscirono dalla stanza quasi in
punta di piedi e, chiusa lentamente la porta scura, percorsero il più
rapidamente possibile i corridoi tetri e freddi del piano nobile della Villa.
Giulia sbottò:
«Vuoi conoscere la verità? Cos'è la verità? Io ho una mia verità, e Virginia ne ha una sua, ma forse nessuna delle due coincide con ciò che è accaduto realmente»
«Vuoi conoscere la verità? Cos'è la verità? Io ho una mia verità, e Virginia ne ha una sua, ma forse nessuna delle due coincide con ciò che è accaduto realmente»
«Mamma, io voglio ascoltare la
versione dei fatti di entrambe»
Giulia rimase perlessa:
«Lei ti mentirà! E' sempre stata una manipolatrice! Mi ha usata e ora temo che voglia farlo con te»
«Sì, ma io sento che tu hai altri
motivi per volere che Virginia non parli. Cosa mi nascondi, mamma? Dimmelo ora!
So che hai sofferto e so che non menti. Ma so anche che non mi hai detto tutto. Non te la puoi cavare trincerandoti nel ruolo di Cenerentola o Biancaneve!»
Giulia si ritrasse come se
l’avessero schiaffeggiata:
«Cosa vorresti dire?»
«Cosa vorresti dire?»
«Vorrei sapere c’è stato esattamente tra te e Alessio
Ozzani. Fino a che punto…»
«Non sono cose che ti…»
«Ne sei sicura?»
Giulia tacque.
Roberto la fissò.
La verità non detta era lì: non c’era bisogno di aggiungere altre parole.
<<Immagino che avrai avuto le tue buone ragioni per tenermi lontano da qui per tanto tempo, ma adesso è giusto che io sappia tutto, compresa l'identità del mio vero padre. E' tempo che io abbia ciò che l'accordo tra te e la famiglia Ozzani mi ha negato e che, credo, mi spetti di diritto, a questo punto>>
La verità non detta era lì: non c’era bisogno di aggiungere altre parole.
<<Immagino che avrai avuto le tue buone ragioni per tenermi lontano da qui per tanto tempo, ma adesso è giusto che io sappia tutto, compresa l'identità del mio vero padre. E' tempo che io abbia ciò che l'accordo tra te e la famiglia Ozzani mi ha negato e che, credo, mi spetti di diritto, a questo punto>>
"Tradisco e non me ne pento". Il 75% degli italiani ragiona così. E il filosofo spiega...
Secondo l'Istituto di ricerca IFOP, 2 italiani su 3 non provano alcun rimorso per le proprie scappatelle extraconiugali*. Lo studio, commissionato dal sito di incontri extraconiugali Gleeden.com e condotto a livello europeo su un campione di 4.879 persone di varie nazioni, si è interrogato sulla percezione e sui comportamenti degli Europei in materia di avventure extraconiugali. Alla domanda: "Si pente del suo tradimento?" , gli italiani, uomini e donne, si rivelano tra i meno toccati dal senso di colpa. Difatti, gli uomini nostrani sono i più convinti della propria infedeltà. Sicuramente colpiscono in questo studio le risposte femminili alla domanda a proposito del pentimento sulla propria infedeltà e ancora di più colpisce la percentuale di donne italiane che non prova nessun senso di colpa a tal proposito. Infatti, solo il 27% delle italiane è pentita del proprio tradimento. In questa speciale classifica europea, le italiane sono precedute soltanto dalle francesi e dalle belghe: ben il 79% delle cugine d'Oltralpe risponde "No" alla domanda "Si pente del suo tradimento?" contro il 76% delle signore del Belgio.Il 74% degli uomini italiani risponde "NO" alla domanda dell'istituto di ricerca IFOP "Si pente del suo tradimento?", non mostrando né rimpianti né rimorsi per le proprie scelte in materia di relazioni di coppia e infedeltà. Quella degli uomini del Bel Paese è la percentuale più alta in Europa rispetto ai francesi, belgi, spagnoli, tedeschi e britannici.
Gli italiani sono seguiti in questa speciale classifica del "non-pentimento" della propria infedeltà dai tedeschi (72% di risposte negative), francesi (68%), belgi (66%), spagnoli (59%) e britannici (51%). I sudditi di Sua Maestà si rivelano i più "pentiti" delle proprie scappatelle extraconiugali.
Ancora secondo lo studio IFOP, più di 1 italiano su 2 ammette di aver tradito (55% di risposte positive alla domanda "Nel corso della sua vita le è capitato di aver tradito, cioè di aver avuto un rapporto sessuale con una persona che non fosse il suo partner?") e il 63% degli intervistati pensa che si possa amare una persona pur essendole infedele: siamo dunque arrivati ad una nuova concezione della coppia, dell'amore e della fedeltà? Il "ti sarò fedele sempre" riguarda la sfera dell'amore che si dissocia dalla sfera sessuale? A ben guardare questi risultati sembrerebbe proprio di si!
Ancora secondo lo studio IFOP, più di 1 italiano su 2 ammette di aver tradito (55% di risposte positive alla domanda "Nel corso della sua vita le è capitato di aver tradito, cioè di aver avuto un rapporto sessuale con una persona che non fosse il suo partner?") e il 63% degli intervistati pensa che si possa amare una persona pur essendole infedele: siamo dunque arrivati ad una nuova concezione della coppia, dell'amore e della fedeltà? Il "ti sarò fedele sempre" riguarda la sfera dell'amore che si dissocia dalla sfera sessuale? A ben guardare questi risultati sembrerebbe proprio di si!
*Sondaggio IFOP per Gleeden.com, primo sito di incontri extraconiugali in Italia, condotto su un campione di 4.879 persone, rappresentanti la popolazione italiana, francese, tedesca, britannica, belga e spagnola.
I VIP E IL TRADIMENTO - "ll perdono nella vita amorosa è un modo per ridare vita a qualcosa che il trauma del tradimento e dell'abbandono ha reso morto. Non a caso la cultura cristiana e anche Francesco I fanno del perdono la virtù più grande e specifica di Dio e dell'amore". Mentre in Europa si parla di poliamore (relazioni multiple accettate da un accordo di coppia) e la coppia aperta sembra diventare l'unica risposta possibile alla società frenetica in cui tutto, anche i rapporti, si disfano di continuo, lo psicoanalista Massimo Recalcati pubblica un elogio all'amore dal titolo Non è più come prima. Elogio del perdono nella vita amorosa (Raffaello Cortina editore, 160 pagine, 13 euro). E in un'intervista ad Affaritaliani.it spiega perché credere nella passione per sempre.
Le argomentazioni di Recalcati ci permettono di ricollegarci a quanto dichiarato dalla diva Cameron Diaz che, in occasione dell'uscita del suo nuovo film, The Other Woman di Nick Cassavetes ( una commedia romantica su due donne che si alleano per vendicarsi di loro partner), ha parlato della sua idea della coppia e, soprattutto, di fedeltà: per l'attrice, infatti, "nessuno è fedele".
La 41enne ex fidanzata di ex fidanzata di Justin Timberlake e Jared Leto, nel film è l’amante di un uomo infedele, sposato con Leslie Mann e che ha anche un'altra amante: Kate Upton. "Siamo esseri umani, siamo complessi, non possiamo vivere senza graffi, è impossibile. I tradimenti possono accadere, bisogna esserne consapevoli e andare avanti", ha spiegato la bionda attrice.
DEMI MOORE E MILA KUNIS - Demi Moore ha pensato bene di avvisare la Kunis sulle "brutte abitudini" del futuro marito: Ashton Kutcher. La 51enne attrice ha sposato l'ex modello nel 2005, ma i due hanno poi divorziato a causa dell'infedeltà di lui. In seguito il 36enne si è fidanzato con Mila; e ora, si dice, i due potrebbero anche sposarsi. Demi Moore avrebbe dunque pensato bene di avvertire Mila Kunis sulle "brutte abitudini" del suo futuro marito. "Le ha detto di essere prudente ogni volta che Ashton passa una notte fuori casa", ha infatti rivelato un'amicizia comune al magazine Now.
(da Affarittaliani,it)
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