Blog di letteratura, storia, arte e critica cinematografica e televisiva. I racconti e i romanzi contenuti in questo blog sono opere di fantasia o di fanfiction. Gli eventi narrati e i personaggi descritti, esclusi quelli di rilevanza storica, sono del tutto immaginari. Ogni riferimento o somiglianza a persone o cose esistenti o esistite, o a fatti realmente accaduti, è da considerarsi puramente casuale. Gli elementi di fanfiction riguardano narrazioni di autori molto noti e ampiamente citati.
giovedì 20 marzo 2014
Renzi e Grillo ci porteranno alla rovina. Rimpiangeremo Berlusconi.
Credo sia evidente a tutti che i regali che Renzi sta facendo alla sua base elettorale (i lavoratori dipendenti) manderanno allo sfascio i conti pubblici.
Per aumentare di 80 euro lo stipendio dei lavoratori dipendenti che già prendono 1500 euro, servono 10 miliardi di euro all'anno. Si tratta di una cifra enorme per un paese col nostro deficit e il nostro debito pubblico.
Una cifra enorme, difficilmente reperibile senza tagliare le pensioni, la sanità, le ferrovie, il trasporto pubblico urbano e la sicurezza (si parla di ridurre ulteriormente i corpi di polizia, che sono già insufficienti per mantenere l'ordine pubblico).
Oltre tutto questa manovra non servirà a niente, perché dà soldi a chi ha già un lavoro, ma non si creano nuovi posti di lavoro.
Inoltre il Partito Democratico, con la sua dissennata politica a favore dell'immigrazione, sta creando le premesse per una disoccupazione ancora più alta, per una crescita della criminalità, per una perdita di identità culturale del nostro paese e come se non bastasse per un ulteriore aggravio della spesa pubblica, poiché agli immigrati, compresi i clandestini e i rom, vengono offerti gratuitamente tutti i servizi pubblici (pagati da noi), vengono regalate case, vengono pagate le bollette e vengono dati 30 euro al giorno per "favorire l'inserimento sociale". Ricordo che 30 euro al giorno sono 900 euro al mese, cioè quasi il doppio di quanto prende un pensionato.
Qual è l'alternativa a questo disastro.
Non è certo Grillo, il quale ha un programma così assurdo (andate a leggerlo alla voce "energia", "ambiente", "economia") che porterebbe alla fuga immediata di capitali dall'Italia.
Se il futuro dell'Italia dovesse dipendere da Grillo o da Renzi, allora prepariamoci al peggio.
In questo momento così drammatico, sta avvenendo, sotto l'occhio compiaciuto del sadismo della sinistra e dei grillini, il massacro di Berlusconi, divenuto capro espiatorio di tutti i nostri guai.
Ma tenete a mente quel che vi dico: verrà presto il giorno in cui rimpiangeremo Berlusconi.
I paesi con il debito pubblico più alto
Il vero problema relativo al debito pubblico, secondo una lettura filo-keynesiana, non è tanto il suo accumularsi, quanto l’incapacità delle banche centrali di creare e supportare canali per il pagamento dei tassi d’interesse. In merito ai 18 paesi dell’area Euro, inoltre, le Banche Centrali Nazionali, avendo delegato le loro prerogative alla BCE (ai sensi dell’art 282 TFUE) e al SEBC, hanno perso la possibilità di utilizzare il “canale monetario” e, dato che l’obiettivo principale della BCE è “mantenere la stabilità dei prezzi”, si vedono preclusi gli effetti “positivi” sul debito di eventuali processi di inflazione. Logicamente, infatti, l’inflazione “aiuta” il paese debitore diminuendo il peso relativo del suo debito. Il Giappone, a questo fine, ha da sempre propugnato una dura lotta alla deflazione, con l’ulteriore effetto beneficio di aumentare la competitività degli export, in un paese storicamente protezionista e con altissimi dazi, come quello celebre sul riso.
Le manovre di Austerity e la politica monetaria di stampo monetarista della BCE rendono la situazioni in Italia molto complessa e difficilmente riparabile nel breve periodo, data anche la pressione sulla politica fiscale imposta dai criteri di Maastricht e dal Fiscal Compact (Deficit/Pil annuo al 3%, Deficit Strutturale/PIL 0.5%, riduzione della soglia del rapporto Debito/PIL che supera il 60% di 1/20 per anno).
Charts Credit: Tradingfloor.com
Dai radical-chic agli hipster: come rovinare il mondo in due generazioni
I lettori di questo blog sanno che io non amo particolarmente gli hipster e men che meno i loro "maestri" e cioè i radical-chic.
Il fenomeno hipster non può essere capito senza prima aver compreso il fenomeno radical-chic.
In genere l'hipster è il figlio di un radical-chic, oppure è uno studente che ha scelto come modelli di riferimento i radical-chic.
Per questo, per capire come ci si è potuti ridurre in queste condizioni, dobbiamo andare indietro di una generazione e trovare la sottile linea rossa che ha trasmesso agli hipster l'eredità dei radical-chic.
Credo che tutti sappiano cos'è un radical-chic, ma per rinfrescare la memoria basta semplicemente guardare l'immagine del Testimonial dei Radical-Chic italiani e cioè Michele Serra.
Ho reso l'idea?
Se il concetto non è ancora chiaro, elenco alcune caratteristiche tipiche del perfetto radical-chic:
- La sua "Bibbia" di riferimento è il quotidiano "La Repubblica" (in particolare L'Amaca di M.Serra)
- E' abbonato a "Il Manifesto"
- E' ricco di famiglia, oppure ben pagato come giornalista/scrittore/docente universitario/regista, ma disprezza i ricchi e il denaro generale, di cui fa un usus pauper cioè lo "usa nel disprezzo".
- Ha partecipato alla Contestazione giovanile del '68 o a quella del '77
- Ovviamente è di sinistra, ma giudica i partiti di sinistra troppo moderati e li sferza polemicamente o con ironia corrosiva "da sinistra".
- E' snob, deplora il populismo e le masse.
- Si atteggia a intellettuale anche quando non è laureato e neppure diplomato.
Altro esempio è il Pasdaran radical-chic Nanni Moretti.
Da questi due esempi si possono ricavare anche altre caratteristiche:
- Ha la barba.
- Veste in modo ostentatamente sciatto, per far finta di non dare importanza all'immagine, mentre in realtà la sua immagine è strategicamente studiata.
A confermare questi due esempi possiamo citare Francesco De Gregori e Francesco Guccini, di cui però non allego le foto perché c'è un limite alla bruttezza che questo blog vorrebbe cercare di non superare.
Però non posso non citare il Grande Ayatollah dei Radical-Chic, il loro Padre Spirituale e Venerato Maestro, e cioè, naturalmente, Eugenio Scalfari, Guida Suprema della Rivoluzione.
Chi osa contraddire il Venerabile Eugenio è immediatamente radiato dall'Albo dei Radical-Chic.
Il nobile Scalfari è il Profeta Isaia del nostro tempo.
Interprete del Verbo divino, si degna di cenare solo con una ristrettissima cerchia: Giorgio Napolitano, Mario Draghi, Mario Monti e Papa Francesco, però il conto della cena lo paga Giorgio De Benedetti.
Se Eugenio Scalfari è il padre dei radical-chic italiani, lo si può considerare il nonno degli hipster italiani.
In origine il termine "hipster" indicava negli USA solo gli amanti del jazz. Poi passò a indicare gli intellettuali di sinistra e successivamente i loro studenti.
Se il '68 e il '77 furono per i radical-chic il momento della presa di potere nelle università e nella stampa, il veicolo dell'ascesa degli Hipster è stato l'Erasmus, il progetto di scambio tra studenti di università straniere.
Naturalmente chi sceglie di fare l'Erasmus ha in mente qualsiasi cosa tranne studiare, ma di questo parlerò nella prossima puntata...
Le bassezze dell'Alta società. Capitolo 5. Il notaio Papisco.
Un altro assiduo frequentatore di Villa Ozzani era il notaio
Giuseppe Papisco.
Nato a Catanzaro nel 1916, si era laureato in Giurisprudenza
all’Università di Bologna nel 1939. L’iscrizione ai Guf, Giovani
Universitari Fascisti, (in seguito disse che era in realtà un infiltrato del
partito socialista) unito alla sua buona cultura classica fecero sì che la sua tesi sul “Diritto d’enfiteusi nella Roma di Silla” fosse molto apprezzata non solo negli ambienti accademici, ma anche presso il partito fascista.
Evitò la leva obbligatoria, e quindi la guerra, a causa di una misteriosa allergia ai pollini.
Queste
credenziali gli permisero di vincere un dottorato in Istituzioni di Diritto Romano e di
conseguire anche l’Avvocatura.
Nel 1942 entrò a far parte,
grazie a una segnalazione di un “barone” universitario, di cui era divenuto
fedele seguace, del prestigioso studio legale Frassineti-Petrello-Raffaroni,
che assisteva in quel periodo gli interessi della famiglia Ozzani di Fossalta
in una controversia con la famiglia Ghepardi riguardo ai costi di
ristrutturazione di un palazzo in Via Belle Arti, a Bologna, che questi ultimi
avevano venduti ai Conti Ozzani una ventina d’anni prima.
La causa si era protratta per le lunghe sia per i tempi della giustizia italiana, che per le vicende della guerra.
Il processo si stava inoltre pericolosamente avvitando su se
stesso, considerato che la signora Cordelia Ghepardi aveva fatto causa pure
alla Ditta appaltatrice del restauro, all’architetto che aveva presieduto i
lavori, al notaio che aveva controfirmato la compravendita, all’agente mediatore
del contratto di compravendita, al portiere del palazzo per diffamazione, al
giardiniere per cause sconosciute, e persino a una famiglia di inquilini che
abitavano da generazioni in una specie di sottoscala del palazzo.
Poiché si trattava dunque di una “gatta da pelare” che in
studio nessuno voleva, la causa fu affidata al giovane Giuseppe Papisco, che
così divenne legale della famiglia Ozzani.
In verità come avvocato non si distinse mai gran che, ma in
compenso ebbe un insperato successo come seduttore: il suo fascino latino e la
sua figura azzimata, con tanto di baffetti e brillantina, come usava all’epoca,
conquistarono una delle sorelle, del Conte Umberto, Margherita Ozzani.
I due si fidanzarono nel 1943, l’anno stesso in cui Papisco
vinse il concorso da Notaio (si narra che anche in questo concorso determinante
fosse stata la presenza in alta uniforme e decorazioni del generale De Toschi,
zio di Margherita e padre della famosa signorina Carlotta, La Grand Mademoiselle).
Dal matrimonio del notaio Papisco con Margherita Ozzani di
Fossalta, celebrato nel maggio del ‘43, nacquero tre figli: Piergiuseppe, Goffredo e Benedetta.
Nonostante la guerra, per alcuni anni la famiglia Papisco visse
felicemente e fu un modello per l’alta società ferrarese: il notaio guadagnava
denari a palate grazie ai clienti che il Conte Ozzani e la signorina De Toschi
gli raccomandavano, mentre la signora Margherita sfornava un figlio dietro
l’altro e li affidava alle cure della balia.
Durante la Repubblica Sociale di Salò, Papisco mantenne una
posizione defilata, occupandosi di studi di diritto societario, in cui
abilmente sostenne l’ipotesi di nazionalizzazione delle grandi industrie, che
poteva piacere sia al fascismo repubblichino, sia al socialismo, al comunismo e
al cattolicesimo-sociale. Comunque fosse finita la guerra egli sarebbe “caduto
in piedi”.
Questi studi giovarono anche alla sua carriera accademica, tanto che ottenne la
cattedra universitaria di Professore Associato di Diritto Commerciale.
Quando però si accorse che, politicamente, il vento stava cambiando, decise che era giunto il momento di una "profonda revisione interiore etico-valoriale" che lo portò ad aderire molto opportunamente e con una perfetta tempistica alla Dc,
nella corrente Dossetti-Fanfani.
I suoi articoli sulle "Cronache sociali" risultarono molto apprezzati, sia in ambito accademico che in ambito politico, tanto che durante l'era del centrismo degasperiano fu eletto nel Consiglio Comunale di Ferrara.
Passati i quarantacinque anni, il
notaio Papisco si poteva considerare un uomo di successo sotto ogni punto di
vista.
Era il 1953 quando scoppiò lo scandalo destinato a segnare
profondamente la vita non solo del notaio Papisco, quanto di tutta la famiglia
Ozzani di Fossalta.
Il notaio infatti si innamorò perdutamente della sua bella e
sveglia segretaria, tale Serena Sarpi, che lo aveva conquistato a tal punto da convincerlo
di punto in bianco a lasciare moglie e figli per andare a convivere con lei.
Ma
ebbe a pentirsi quasi subito di quella “fuga d’amore” e ne
pagò le tragiche conseguenze per il resto dei suoi giorni.
La famiglia dei conti Ozzani di Fossalta si schierò compatta contro di lui e gli
fece perdere moltissimi clienti. I suoi colleghi universitari lo isolarono,
biasimandone il comportamento (teniamo presente che erano gli Anni Cinquanta!).
L’alta società gli voltò le spalle. Famoso fu l’ “anatema” che la signorina De
Toschi pronunciò contro di lui: «Ha tradito non solo la fiducia di sua moglie,
ma anche quella del mi’ babbo!»
A nulla valsero i suoi disperati tentativi di tornare dalla
moglie: la signora Margherita era ritornata a Villa Ozzani e non voleva più
vederlo.
L’amante poi lo teneva in pugno: come segretaria del suo studio
notarile era a conoscenza dei segreti di mezza città e non si sarebbe fatta
scrupolo a lasciarli trapelare, qualora il notaio la lasciasse. Sotto un simile
ricatto, e considerando che Serena Sarpi era nel contempo una donna attraente e
un’abile amministratrice finanziaria, Giuseppe Papisco si affidò anima e corpo a costei, che da
quel momento decise di ogni più piccolo dettaglio della sua vita.
Non si potevano sposare, dal momento che all'epoca, in Italia, non esisteva una legge sul divorzio, ma ciò non impedì alla coppia di convivere more uxorio ed avere un figlio, Bramante, destinato a diventare un protagonista di primo piano nella vita dell'alta società ferrarese.
Ma poiché le vie del Signore sono infinite, il notaio riuscì a rientrare "dalla finestra" in quell'alta società che lo aveva cacciato "dalla porta" di casa, o meglio dal portone della Villa Ozzani di Fossalta.
Volle il caso, infatti, che il notaio Papisco fosse paziente del
dottor Guglielmo Federici, il padre di Giulia (amica di Virginia Ozzani di Fossalta), e medico di famiglia dell’alta società
ferrarese.
Fra i due era nata una cordiale amicizia e
poiché il dottor Federici non era uomo da voltare le spalle alle persone care nei
momenti di disgrazia, la loro amicizia si cementò a tal punto che la presenza
della signorina Sarpi venne ammessa in casa Federici.
Tutto ciò accadeva mentre Giulia Federici diveniva amica troppo intima di Alessio Ozzani di Fossalta, gemello di Virginia e nipote di Margherita, l'ex signora Papisco.
Questa imbarazzante posizione di
amica delle famiglie dei due separati coniugi Papisco avrebbe potuto determinare la caduta in disgrazia di Giulia presso i suoi aristocratici amici, ma incredibilmente accadde il contrario.
Giulia infatti venne considerata come il veicolo
principale di informazione dettagliata e di prima mano da parte di entrambi i
coniugi Papisco, l’uno nei confronti dell’altra.
La signora Margherita Ozzani ex
Papisco aveva addirittura espresso il vivo desiderio che “quella cara ragazza”
(Giulia) fosse ospite gradita a Villa Ozzani, ove del resto già la destinavano le
buone parole della signorina Carlotta De Toschi, sua insegnante di ripetizione per
latino e greco, e le ottime conoscenze del dottor Federici nel “gran mondo”. Questo
fu uno dei tanti motivi, in apparenza del tutto casuali, che contribuirono a
legare indissolubilmente la sorte di Giulia a quella degli Ozzani di Fossalta.
Nel frattempo il notaio Papisco si era convertito al Centro-Sinistra, proprio nel momento in cui, col primo governo di Aldo Moro, nel 1962, l'alleanza tra la DC e il PSI inaugurava la sua lunghissima stagione di potere.
Questo gli valse l'elezione a senatore della Repubblica.
Col passare dei decenni, seguendo il corso della politica italiana, il senatore Giuseppe Papisco divenne Sottosegretario nei governi di Solidarietà Nazionale, basati sul Compromesso Storico tra la DC e il PCI.
E così, l'uomo che in gioventù era stato fascista e nella maturità era divenuto un democristiano guardato con simpatia dai socialisti, divenne un politico apprezzato anche all'interno del potentissimo Partito Comunista, che a Ferrara deteneva il potere assoluto.
Dopo avere politicamente avversato la legge sul divorzio, nel 1975 fu uno dei primi a divorziare e poté finalmente sposare Serena Sarpi, anche se da quel matrimonio non sarebbe venuto fuori nulla di buono, come vedremo in seguito.
Scollatura mozzafiato per Emma Watson
Alla premiere del film "Noah", a Madrid, la splendida Emma Watson sfoggia una scollatura vertiginosa, che è equilibrata dalla sobrietà ed eleganza dei capi scelti. Un outfit molto indovinato per l'ormai adulta ex Hermione Granger.
mercoledì 19 marzo 2014
La nuova sterlina della regina Elisabetta assomiglia all'euro
Ecco la nuova sterlina britannica. A parte il sempiterno volto di Elisabetta II Windsor, che da 62 anni campeggia inesorabile sulla moneta del Regno Unito, il nuovo conio ricorda in maniera preoccupante quello dell'euro. Voi che ne dite?
Dove si trova il grattacielo più pazzo del mondo?
E' veramente un edificio del tutto stravagante, che farebbe pensare ad un paese esotico e invece si trova in Francia. Nel centro di Montpellier vi è questo bizzarro ma affascinante grattacielo a forma d'albero. La torre alta 17 piani ospita appartamenti, uffici, bar con vista panoramica, un ristorante e una galleria d'arte.
Tredici tipi di persone che si incontrano su Facebook
Mi sono iscritto a Facebook nel 2008 e nonostante la raccomandazione di mister Zuckeberg secondo cui si deve chiedere l'amicizia solo a chi si è conosciuto già di persona, la maggioranza dei miei 1864 contatti FB sono con persone che non ho mai incontrato faccia a faccia. Per fortuna.
Le tipologie infatti sono quelle che la tabella qui sopra elenca in maniera ineccepibile!
martedì 18 marzo 2014
Mappa dell'Europa 2014
La carta raffigura la spaccatura tra Europa del Nord ed Europa del Sud. Sono riportati i dati sul debito pubblico (in valore assoluto e in rapporto con il pil) e le principali differenze e affinità fra i paesi europei. Nel 2012 il debito pubblico italiano ammontava a circa 1.989 miliardi, mentre quello tedesco superava i 2.160 miliardi (Fonte Eurostat).
In evidenza il rapporto speciale franco-tedesco, l'asse Usa-Regno Unito e quello Germania-Cina/Russia.
In giallo, l'Europa virtuosa attratta dal magnete germanico; in rosa i paesi Piigs e, in un tono più acceso, il polo Sud negativo: la Grecia.
In giallo, l'Europa virtuosa attratta dal magnete germanico; in rosa i paesi Piigs e, in un tono più acceso, il polo Sud negativo: la Grecia.
"L'arco del contagio" parte dall'Irlanda, abbraccia Spagna, Portogallo, Italia, Grecia e arriva fino a Cipro. L'Ungheria è l'eccezione magiara, l'Est Europa (in particolare la Bielorussia) è la periferia.
da Limes
E per far due risate
Le bassezze dell'Alta società. Capitolo 3. La signorina De Toschi.
Ospite fissa agli eventi mondani dell’Alta società ferrarese,
la signorina Carlotta Luisa De Toschi, detta la Grande Mademoiselle, era un’anziana nubile di buona famiglia e di
ostentate origini fiorentine (anche se tutti sapevano che era nata e cresciuta
a Ferrara), unica figlia ed erede del glorioso e compianto generale Ardito De
Toschi e della nobildonna Violetta Ozzani di Fossalta, la sorella del defunto
Conte Vittorio.
Di Violetta Ozzani poco si sapeva, essendo morta poco dopo la nascita di Carlotta.
Del compianto generale De Toschi, fiorentino spirito bizzarro, invece, erano note tutte le gesta
compiute nella sua lunghissima vita, decantate dalla moltitudine di attendenti
che si erano succeduti al suo servizio per poi elevarsi in luminose carriere
nei più svariati ambiti dell’Alta società.
Ardito De Toschi, nato a Firenze nel 1895, era stato in
gioventù allievo ufficiale all’Accademia di Modena, poi tenente nella Guerra di
Libia e, durante la Grande Guerra, Cavaliere di Vittorio Veneto (medaglia d’oro,
secondo le leggende più accreditate).
Era stato tra i più fedeli sostenitori di D'Annunzio durante l'impresa di Fiume.
Nazionalista, monarchico e fascista, il milite De Toschi fece rapida carriera.
Nazionalista, monarchico e fascista, il milite De Toschi fece rapida carriera.
Eroe della spedizione spagnola a fianco
dei sostenitori franchisti (“fu anche grazie al babbo che la Spagna fu
salvata dai comunisti” soleva rammentare sua figlia Carlotta), ottenne il grado di
maggiore nella guerra d’Abissinia. Colonnello nella conquista dell’Albania, fu
promosso generale durante la campagna di Grecia nella Seconda Guerra Mondiale.
Si distinse poi in modo particolare ad El Alamein, anche se pochi ricordavano che cosa avesse fatto esattamente e taluni osavano persino insinuare di non averlo mai visto nei paraggi.
Si distinse poi in modo particolare ad El Alamein, anche se pochi ricordavano che cosa avesse fatto esattamente e taluni osavano persino insinuare di non averlo mai visto nei paraggi.
Monarchico fedele e devoto, dopo l’8 settembre aveva
raggiunto, con la famiglia, il Re e
Badoglio a Brindisi e poi a Salerno, dove fu decorato nuovamente al valor
militare.
Membro dello Stato Maggiore sotto i governi Badoglio e
Bonomi, si dimise sdegnato quando si formò il governo Parri (“mai con i comunisti!” soleva ripetere la signorina Carlotta).
Da allora si congedò dal servizio alla Patria, amareggiato
per la vittoria della vituperata Repubblica, e prese dimora a Ferrara, la città
della sua defunta moglie, dove la figlia Carlotta, laureata summa cum laude in Lettere Classiche aveva ottenuto l’incarico di
docente di Latino e Greco presso il Liceo Ginnasio.
A tal proposito, nella città della bassa emiliana si narra ancora
questo simpatico aneddoto.
Laureatasi a 23 anni in Lettere Classiche a Bologna nel 1940,
la signorina Carlotta aveva sostenuto a Roma il concorso per la docenza
superiore: in tale occasione, agli orali, ella sarebbe stata accompagnata “dal
babbo” in alta uniforme e decorazioni militari, che con aria cupa e vagamente
minacciosa avrebbe così apostrofato (con spiccato accento toscano) la
commissione d’esame:
«Chodesta è la mi’ unicha figliola! Che Dio la benedicha! Trattatemela
bene o chonoscerete la lealtà degl’atthendhenti del scenerale De Toschi!»
Inutile dire che la “cara figliola” passò l’esame col
massimo dei voti.
I suoi primi studenti giuravano che la signorina Carlotta all’inizio
della carriera fosse bellissima: si elogiavano i suoi lunghi boccoli biondi, gli occhi color acquamarina, e il fisico fin troppo prosperoso.
Eppure l'allora quindicenne Giulia Federici, che andava a ripetizione di latino e
greco da lei, insieme all’amica Virginia Ozzani di Fossalta, (nipote della Signorina) nei tardi anni Cinquanta, ne aveva un ricordo meno idealizzato.
La ricordava piuttosto gonfia, con occhi bovini, doppio mento, naso lungo, voce catarrosa, afflitta da raffreddori perenni e da una bronchite cronica dovuta alla sua passione per il fumo (“con una mano
teneva la sigaretta e con l’altra il fazzoletto da naso”).
Che fosse una mangiatrice da competizione era cosa nota: in
particolare era ghiotta di salumi e insaccati, e tra i regali più graditi che
potesse ricevere vi erano prosciutti, mortadelle, cotechini, zamponi e salsicce,
o, come lei diceva: “salcicce”.
Giulia l’aveva imparato a sue spese. Una volta infatti,
pensando di farle cosa gradita, le aveva regalato per Natale alcuni libri di
cultura letteraria e classica. La signorina Carlotta, gelida e quasi offesa,
non li aveva neppure scartati. Il Natale successivo alcuni giurarono di avere
ricevuto gli stessi libri in regalo dalla signorina.
Per Pasqua, tenendo conto dell'abitudine della signorina ad agghindarsi con gioielli come se fosse una dama di Versailles, (si narrava che avesse una collezione di perle e di diamanti di valore incalcolabile, per lo più depositata nella Bancaccia dove lavorava suo cugino Carlo Ozzani di Fossalta) Giulia le aveva regalato una spilla: questa
volta la signorina aveva mostrato un qualche segno di apprezzamento, ma subito,
quasi in lacrime, aveva dichiarato che, onde evitare che il regalo portasse
sfortuna, c’erano solo due soluzioni: o lei stessa avrebbe dovuto dare 50 lire
a Giulia, oppure avrebbe dovuto farsi pungere dalla spilla.
Preferì farsi pungere.
La madre di Giulia, che aveva capito l’antifona, il Natale successivo le
regalò un cesto pieno di salumi e formaggi, e la signorina la baciò e
l’abbracciò più volte, piangendo a dirotto per la gioia.
A scuola era il terrore dei suoi studenti, mentre con quelli
di ripetizione privata soleva mostrarsi materna, specialmente se erano figli di
medici, avvocati, notai, dentisti, ma anche, non si sapeva mai, di idraulici,
elettricisti, muratori e altri professionisti di comprovata utilità.
Teneva le ripetizioni tutto il pomeriggio in uno stanzino a
piano terra della sua villa, freddissimo e scomodo.
Nessuno mai ebbe accesso al piano nobile, il “sancta sanctorum”,
dove l’anziano generale-padre trascorreva la sua dignitosa vecchiaia.
Alle 5 in punto del pomeriggio la governante, signora
Gelsomina, madre del parroco locale, le portava il tè e le sigarette.
Ogni mattina la signorina Carlotta e la signora Gelsomina
si recavano a messa alle 6, con l’automobile di proprietà dei Conti Ozzani, mandata
apposta quotidianamente dalla loro Villa di campagna, con tanto di autista, poiché
la signorina, pur avendo la patente, non possedeva mezzi né guidava mai,
adducendo un gravissimo e indefinibile problema alla vista, di cui peraltro non si aveva nessun riscontro.
Dopo la Santa Messa, le due pie donne si recavano al
cimitero, a portare fiori sulla tomba della defunta madre della signorina, la povera signora Violetta Ozzani di Fossalta.
Poi, con l’anima monda dai peccati, la signorina si recava a terrorizzare i malcapitati studenti.
Se prendeva in antipatia uno di questi, per lui era finita.
Tartassato, rimandato, bocciato, costretto a cambiare istituto, quasi sempre lo
sventurato finiva per abbandonare gli studi.
Se al contrario prendeva uno studente in simpatia, costui si
diplomava a pieni voti, e gli si apriva un avvenire florido, sostenuto dai vari
“attendenti del babbo” infiltrati in ogni angolo dell’Alta Società.
Esempio di tale simpatia era l’Onorevole Avvocato Gian
Matteo Carlini, democristiano, eterno e onnipotente Sottosegretario alla
Difesa.
In verità la signorina De Toschi, pur essendo in grande
amicizia con i politici democristiani (ai quali faceva capire strizzando
l’occhiolino che era dalla loro parte), aveva confidato ad un imprecisato
“attendente del babbo” di aver continuato a votare lealmente il Partito
Monarchico.
Ma non era tanto il voto politico a costituire il grande
mistero della signorina De Toschi, quanto la sua vita sentimentale.
Su questa materia si favoleggiavano le più disparate
leggende.
Carlotta De Toschi infatti non era solo una mangiatrice di salumi, ma anche una divoratrice di uomini.
Carlotta De Toschi infatti non era solo una mangiatrice di salumi, ma anche una divoratrice di uomini.
Innanzi tutto era assodato che la signorina aveva una speciale
attrazione per gli uomini più giovani di lei, molto forzuti e robusti, in genere lavoratori manuali,
meglio se poco istruiti.
Ai tempi dell’università aveva preso una sbandata per un
aitante giovanotto, che ella presentò al padre prima come studente di
ingegneria, poi come diplomato geometra, infine, quando la nuda verità non
poteva essere più nascosta, come muratore.
Di costui non si seppe più niente, anche se molti dicono che
una sera fu preso a bastonate da alcuni individui non identificati.
Il secondo grande amore della signorina fu, manco a dirlo,
un altro muratore, che era marito di una collega di italiano con gli stessi
gusti “ruspanti”, che divenne la sua migliore amica.
Costei si chiamava Liliana e il marito Primo o Priamo o
Priapo…non è dato sapere con esattezza, comunque si diceva che fosse un nome
ben rappresentativo del personaggio.
La signora Liliana era donna di buon cuore e spesso invitava
a pranzi luculliani la vorace signorina De Toschi, la quale, non paga di
ingozzarsi di tortellini e piadine al salame, si mangiava con gli occhi pure il
carissimo Priamo o Priapo.
Accadde poi che la signora Liliana morisse di una leucemia
fulminante.
Da quel momento la signorina De Toschi fu in prima fila a
consolare l’inconsolabile vedovo.
Dopo alcuni mesi la si vide indossare la pelliccia che era
stata della signora Liliana, e poi la collana di turchese, sempre della
defunta, e gli orecchini di corallo, e il collier d’oro bianco e via dicendo.
Quando l’intera eredità della compianta Liliana fu
incamerata in casa De Toschi, escluso il vedovo, la grande storia d’amore finì,
ufficialmente perché “il babbo non voleva”, ma secondo altri perché le doti
priapiche del suddetto Priapo non soddisfacevano più la pia signorina.
Il terzo grande amore fu per un operaio dei Conti Ozzani, tale Sergio Bruni: il
futuro marito di Giulia Federici, quello che doveva servire da copertura allo "scandalo" della relazione tra Giulia e Alessio Ozzani di Fossalta, e al frutto che ne era stato concepito.
Ma nonostante i numerosi amanti, la signorina Carlotta soleva ripetere che "l'unico uomo della mia vita resterà sempre il Babbo".
Per tale ragione, si faceva sempre ritrarre con a fianco un'immagine del marziale genitore, specie quando, alla tenera età di 103 anni, si era finalmente deciso a togliere le tende da questa valle di lacrime.
La signorina Carlotta, inconsolabile, e già anziana di suo, aveva accentuato la venerazione per il defunto padre, idealizzandone le doti di militare e di stratega.
<<Ricordo come se fosse ieri il giorno in cui ricevette i complimenti di Rommel! Ah, quelli sì che erano tempi!>>
Lei stessa aveva modi piuttosto marziali.
Una volta, quando le fu offerto un bicchiere di rosolio, lo rifiutò sdegnata, proclamando a gran voce: <<Questa è una bevanda da collegiali! Portatemi subito della grappa!>>
Ma nonostante i numerosi amanti, la signorina Carlotta soleva ripetere che "l'unico uomo della mia vita resterà sempre il Babbo".
Per tale ragione, si faceva sempre ritrarre con a fianco un'immagine del marziale genitore, specie quando, alla tenera età di 103 anni, si era finalmente deciso a togliere le tende da questa valle di lacrime.
La signorina Carlotta, inconsolabile, e già anziana di suo, aveva accentuato la venerazione per il defunto padre, idealizzandone le doti di militare e di stratega.
<<Ricordo come se fosse ieri il giorno in cui ricevette i complimenti di Rommel! Ah, quelli sì che erano tempi!>>
Lei stessa aveva modi piuttosto marziali.
Una volta, quando le fu offerto un bicchiere di rosolio, lo rifiutò sdegnata, proclamando a gran voce: <<Questa è una bevanda da collegiali! Portatemi subito della grappa!>>
Ippolito Ozzani di Fossalta + Valeria Serbelloni
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Vittorio Ozzani di Fossalta + Adelaide Aldrovandi Violetta + Gen. DeToschi
1892- 1948 | 1899-1994 1909-1929 1895-1978
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| Carlotta De Toschi
| 1929
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Umberto Carlo Grazia Laura Margherita
1915-1986 1917-1995 1919-1997 1921-1998 1923 -2000
+ + +
Claudia Adriano Trombadore Giuseppe Papisco
Protonotari 1912 – 1987 1916-1998
Bonaccorsi | divorzio 1975 | | risposatosi poi con
1919-2000 --------------------------------------------------
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---------------------------- Piergiuseppe Benedetta Goffredo +
| | 1944 1947 1949 Serena Sarpi
Alessio Virginia + 1937
1940-1999 1942 Massimo Piccioni |
+ 1940 | Bramante
Esther ---------------------------------------------- 1967
Rubini | |
1943-1999 Alberto Piccioni Cristina Piccioni
(+ Giulia 1970 1975
Federici
1942)
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Roberto
1962
“L’Erede”
Un po' di buonismo... ma senza esagerare!
Premesso che io sono contrario al buonismo e scettico nei confronti del "think positive", tuttavia credo che possa essere utile a volte cercare di vedere "mezzo pieno" il maledettissimo bicchiere.
Misura umore e calorie: il braccialetto smart diventa moda
Questo 2014 potrebbe essere l’anno del braccialetto.
Smart e interconnesso: per monitorare le condizioni di salute, l’umore, il consumo di calorie e molto altro.
Come lo SmartBand di Sony, presentato al Ces di Las Vegas, che arriverà in Italia all’inizio di aprile: tiene conto dell’attività fisica, del sonno e dei parametri vitali, ma anche delle canzoni ascoltate, dei programmi tv seguiti, dell’attività sui social network.
Un diario virtuale di tutta la propria vita, registrato da un’app sullo smartphone (si chiama Lifelog). Un po’ Google Now, un po’ Facebook, un po’ Moves, l’applicazione mostra sullo schermo dello smartphone ogni istante della giornata in una specie di fumetto. Divertente forse, inquietante certamente.
Al Mobile World Congress di Barcellona si sono viste parecchi braccialetti intelligenti. Ad esempio il TalkBand B1 di Huawei che è un auricolare bluetooth nascosto in una fascia di plastica da mettere al polso: monitora i chilometri percorsi e le calorie bruciate in allenamento, ma si può usare anche per rispondere alle chiamate. Dovrebbe costare meno di cento euro ed essere compatibile sia con Android che iPhone. Impermeabile, resistente alla polvere, sullo schemo mostra sms e chiamate e ha una batteria che dura fino a sei giorni.
Sempre a Barcellona, Samsung ha presentato i due smartwatch Gear 2 e Gear 2 Neo, con sensore per il battito cardiaco, presente pure sul braccialetto Gear Fit, un fitness band che registra ore di sonno, attività fisica, calorie, poi trasmette i dati al cellulare. Disegnato con cura, dotato un bellissimo schermo Amoled curvo per mostrare tutte le informazioni, il Gear Fit dovrebbe arrivare nei negozi a metà aprile, con un prezzo che non dovrebbe superare i 150 euro. Al momento è il più convincente dei braccialetti intelligenti che stanno per invadere il mercato, ma ha un grande difetto: è compatibile solo con alcuni smartphone Samsung, chi ha un altro modello Android, iPhone o Windows Phone è tagliato fuori.
Già, perché, per quanto smart, la maggior parte dei braccialetti elettronici non nasce per funzionare da sola, ma per interfacciarsi con altri apparecchi. Di solito smartphone, tablet o computer, dove i dati vengono scaricati per essere processati direttamente o trasferiti a siti web che li trasformano in grafici e andamenti.
Il Lifeband di LG, visto in anteprima al Ces di Las Vegas, può dialogare via bluetooth con degli auricolari che integrano un sensore di battito cardiaco molto preciso. I dati vengono trasmessi al telefono o al pc, e per fortuna la casa coreana non ha inventato l’ennesima app proprietaria, ma ha scelto di appoggiarsi ad altre già esistenti e molto diffuse, come Runkeeper. Dovrebbe arrivare nei negozi in estate; peccato per il design non del tutto indovinato: il braccialetto è aperto in alto e sul polso si muove parecchio.
Il Fuelband di Nike fu lanciato due anni fa, presto seguito da apparecchi simili come Jawbone e Fitbit. Ma i braccialetti fitness che stanno per arrivare sono più evoluti e versatili, un po’ accessori di moda, un po’ smartwatch.
E quando debutterà, l’iWatch Apple dovrà tenerne conto. Intanto, una certezza: i gadget non sostituiscono il medico, ma usati con intelligenza possono far bene.
(da La Stampa)
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