mercoledì 26 giugno 2013

L'Imperatore-Profeta di Gothian, capitolo 50. Lilieth convince Marvin a lasciare Gothian



L'Imperatrice Madre Lilieth Vorkidian fu ammessa alla Sacra Presenza di suo figlio, l'Imperatore-Profeta di Gothian, tre giorni dopo le sue nozze con la principessa Alice de Bors d'Alfarian, ora Consorte Imperiale.
Marvin appariva rilassato, ma Lilieth sapeva che era una maschera.



<<Madre, avete la faccia delle grandi occasioni. C'è forse qualcosa di particolare che volete dirmi?>>
Erano anni che Marvin non usava più la forma di cortesia, e Lilieth trovò la cosa fastidiosa:
<<Oh, smettila con quel "voi"! Parliamo normalmente, da madre a figlio>>
Il sorriso di Marvin si fece ironico:
<<Quando dici così, io so che devo preoccuparmi. Cosa stai architettando?>>
Lilieth non aveva alcuna voglia né di sorridere, né di perdere tempo in schermaglie ironiche.
<<Tu sei divenuto un immortale, figlio mio, ma tendi a dimenticare che chi ti sta intorno non lo è. Verrà un giorno in cui rimpiangerai di essere stato impaziente con tua madre>>
A quel punto Marvin si meravigliò:
<<Io prevedo per voi una lunga vita, perché fate questi discorsi che parlano di morte?>>
L'Imperatrice Madre sospirò:
<<Cos'è una lunga vita davanti all'eternità? Tu mi chiami quando hai bisogno e per il resto ti dimentichi della mia esistenza. Eppure io ho dedicato a te tutta la vita>>



<<Tu hai dedicato la vita a ciò che volevi che io fossi. Non è la stessa cosa>>
Quello era il classico tipo di risposta che feriva Lilieth come una pugnalata alla schiena, ma sapeva di dover andare fino in fondo, quella sera, perché c'era qualcosa di importante che andava fatto:
<<Io ho sempre e solo voluto che tu fossi felice>>
Marvin annuì:
<<Non lo metto in dubbio. In fondo non è quel che dice la maggioranza dei genitori? Vogliono che i loro figli siano felici. Come se la felicità esistesse sul serio su questa terra. Nessun genitore è veramente una persona felice, ma è onestamente convinto che suo figlio lo sarà>>
Lilieth lo fissò con aria dubbiosa:
<<Dove vuoi andare a parare? Perché so che c'è un "ma", dietro a tutto questo>>
L'Imperatore-Profeta sorrise di nuovo:
<<Certo! C'è un "ma" più grande di questo maledetto castello di Gothian! Segui il mio ragionamento, e perdona se per una volta userò parole forti. Perché si fanno i figli? Tutti dicono: è un atto d'amore, è un dono. Ma la vita non è poi quel dono così bello che amiamo credere, e nessuno lo sa meglio di un immortale. Perché facciamo figli, allora? Me lo sono chiesto anch'io. Anch'io sono padre di due figli, e la mia nuova consorte ne aspetta un terzo. Certo, ognuno di loro ha delle missioni da compiere, ma parliamo, per una volta, come se fossimo una famiglia normale. Me lo permetti?>>
La osservava dall'alto del suo trono, con un'espressione determinata.



Lilieth ne ebbe quasi paura:
<<Di' quello che devi dire>>
Marvin annuì:
<<Perché la gente vuole fare figli? 
Io mi sono fatto un'idea personale in proposito, non del tutto originale, forse, ma credo che ci sia un fondo di verità. 
Io credo che facciamo figli perché a un certo punto della nostra vita ci rendiamo conto che è andato tutto a rotoli. Facciamo un bilancio della nostra esistenza e vediamo che i conti non tornano. Troppe sconfitte e poche vittorie inutili. 
Nessuno dei nostri sogni si è realizzato.
E allora decidiamo di mettere al mondo qualcuno che li realizzerà.
Desideriamo per i nostri figli la felicità che noi non abbiamo avuto. 
Ci diciamo che loro ce la faranno, sicuramente, loro riusciranno ad arrivare dove noi non siamo arrivati. Ne siamo certi, siamo disposti a tutto per questo. E ci crediamo, ci crediamo fortemente! Salvo poi un giorno accorgerci che i nostri figli sono diventati degli sconosciuti. 
Non sono per niente simili a come noi ce li immaginavamo. Hanno realizzato ben poco di quello che ci aspettavamo. E in quel momento ci rendiamo conto di aver fallito un'altra volta. 
Non osiamo nemmeno incrociare lo sguardo di nostro figlio, perché se lo guardassimo, vedremmo qualcosa che assomiglia ad un rimprovero, e ad una domanda: perché mi hai messo al mondo? Perché mi hai fatto nascere, quando sapevi che il mondo è un posto così malvagio?
Mordred mi ha guardato così quando se n'è andato. Così come adesso io ti guardo. Con una domanda che è la domanda eterna: ne valeva la pena?>>
Lilieth inspirò profondamente.
In termini assoluti, generalizzando, le parole di suo figlio potevano anche avere un senso, ma nello specifico della sua storia e della sua vita esistevano delle motivazioni che andavano oltre.
C'era qualcosa che aveva a che fare con il destino e Marvin non poteva ignorarlo, proprio perché era un predestinato.
<<Tu conosci già la risposta. Sai come sono andate le cose. Ero l'ultima erede di Vorkidex Pendràgon, della stirpe degli Albany, che risaliva a prima del Grande Cataclisma. Era mio dovere evitare che quella stirpe si estinguesse. Quando seppi che lo straniero che ospitavamo era il principe imperiale Masrek Eclionner, capii che quello era il mio destino, secondo la Profezia. Dovevo concepire il Figlio di Cento Re, il Principe che ci era stato promesso. 
La mia felicità non è mai contata niente. La tua nascita era già stata decisa millenni prima, per la salvezza di tutti! Il Sentiero Dorato, Marvin! La sopravvivenza dell'umanità!
Forse è questa la domanda. Valeva la pena generare colui che avrebbe permesso all'umanità di sopravvivere? Meritava di sopravvivere, l'umanità?
Chi ero io per decidere di porre fine alla specie umana?
Non rinnego la mia scelta, non rimpiango niente di ciò che ho fatto, e sono felice di essere tua madre. Forse non te l'ho mai detto, ma io sono orgogliosa di te! Hai realizzato ben più di quanto io potessi immaginare. Hai dato un senso alla Profezia. 
Ora però non devi rovinare tutto! Da troppi anni non lasci le mura di Gothian! Sappiamo entrambi che il tuo soggiorno qui si è protratto troppo a lungo. Devi uscire! Devi lasciare il castello!>>



Marvin era combattuto.
Da un lato era commosso per la sincerità delle parole di sua madre, ma dall'altro era turbato dall'idea che la predestinazione e il senso del dovere lo avessero defraudato della libertà, o quantomeno della parvenza della libertà.
<<Devi, devi, devi! Il verbo "dovere" è quello che hai usato più spesso con me. Hai sempre incarnato alla perfezione il "principio di realtà", opponendoti al "principio del piacere">>
Lilieth annuì:
<<Non è forse questo uno dei compiti più importanti di un genitore? Il saper dire di no. L'insegnare ai figli che non possono vivere come vogliono, perché ci sono delle regole, ci sono delle necessità, ci sono dei limiti. Non possiamo lasciarci guidare soltanto dal desiderio. Ci sono dei momenti in cui il dovere viene prima del desiderio. Vorresti forse diventare schiavo dei tuoi desideri? A volte si desidera qualcosa per il solo motivo che non la si può avere. Tu vorresti essere liberato dal tuo destino. Vorresti isolarti dal mondo e vivere la tua storia di fate con la giovane Alice, senza pensare alle conseguenze. Ma il mondo ha ancora bisogno di te. 
E' necessario che l'Imperatore-Profeta esca dalla sua torre d'avorio e si mostri al suo popolo, per donargli il coraggio di affrontare i nemici che lo accerchiano da ogni parte!>>



Lo fissò con una fermezza che rinforzava le sue parole.
Lui si sentì improvvisamente vecchio.
<<E' una vita intera che combatto. Ho indicato la strada, il Sentiero Dorato. Ho dedicato tutto il mio tempo a preparare la mia gente a questo momento. Credevo che fossero pronti. Ero sicuro che fossero maturi, che fossero in grado, una volta tanto, di cavarsela da soli! La Profezia non si era spinta oltre. Credevo fosse giunto il momento di fermarmi, di dedicarmi finalmente a me stesso e alla donna che amo. Non voglio altre guerre, non voglio altri morti, altre distruzioni: voglio costruire, voglio amare, voglio coltivare un giardino, e piantare alberi, e vederli crescere...>>
La sua voce era divenuta un mormorio.
Lilieth si asciugò una lacrimas:
<<Credi forse che io abbia voglia di guerre? Io ho visto con i miei occhi la Primavera di Sangue! Non c'è nessuno a questo mondo che odi la guerra più di me. Ma non siamo stati noi a dichiarare questa guerra. Ci hanno aggrediti. Siamo assediati. Tu dici che non vedi niente... no, il fatto è che tu non vuoi vedere niente! La tua mente è stata ottenebrata dall'eredità degli Eclionner, che rappresenta il tuo lato oscuro. Per questo è necessario che qualcuno risvegli in te l'eredità dei Vorkidian, quella della Profezia! In nome di Belenos lo Splendente, Marvin, io ti scongiuro, torna in te, destati... apri gli occhi!>>



L'invocazione a Belenos, l'antico dio dei Celti, il dio della Luce e della fertilità, risvegliava sempre in Marvin lo spirito profetico.
Incominciò a parlare con voce atona, come se si stesse rivolgendo a se stesso:
<<So che c'è una strada sola. Un unico sentiero. L'ho chiamato il Sentiero Dorato, non è un bel nome? 
Ma io sono anche il discendente di Eclion l'Oscuro. Lui è parte di me, e continua realmente a nascondermi la Profezia. Io cammino, da solo, nel buio. 
So che che non c'è alternativa alla strada che ho imboccato, ma non riesco a vedere dove porta. Non so più a cosa credere, non so più se credere. 
Fuori da queste mura, io non vedo niente. Dimmi tu, madre, visto che sembri tanto sicura del fatto tuo, dimmelo tu... cosa vedi? Cosa c'è la fuori? Cosa ci riserva il futuro?>>
Lilieth sollevò un calice di vino.



<<Vedo fragole e ciliege, e il bacio di un angelo nella primavera. Il mio vino d'estate è fatto veramente di tutte queste cose. Togli di mezzo tutti i tuoi ornamenti d'argento e aiutami a passare il tempo! Io ti darò il mio vino d'estate... oh, se tu sapessi com'è buono, il mio vino d'estate>>
Era un linguaggio cifrato per dirgli che doveva andare a sud. Era laggiù che maturavano fragole e ciliegie, e che si beveva il primo vino d'estate. Era il 24 giugno, la notte di San Giovanni, la notte in cui le vecchie raccoglievano l'iperico, e poi lo facevano essiccare al sole, e ne ricavavano una pozione contro il male di vivere.
Marvin riconobbe i versi di una canzone che amava. Versi scritti secoli prima del Grande Cataclisma.
<<Strawberry cherries and and an angel's kiss in spring / my summer wine is really made from all these sings... diceva così, vero, la canzone>>
Improvvisamente le Altre Memorie di Marvin si attivarono e tutto gli fu chiaro.
<<La famiglia Stoker! Alice de Bors ha lo stesso volto di una donna che si chiamava India Stoker e che sposò il duca di Albany... prima del Grande Cataclisma... noi discendiamo da loro... loro sapevano... loro avevano previsto tutto... ma tu come facevi a saperlo?>>



<<E' quel calice di vino, Marvin. Gli avevi messo un po' di essenza di spezia, non è vero? Solo che tu sei talmente assuefatto che non ti accorgi di nulla. Ma io... be', io posso ancora vedere... lasciati di guidare da me... io posso vedere la Profezia...>>
Improvvisamente Marvin si sentì prigioniero di un disegno ancora più complesso di quello che aveva sempre creduto.
Si alzò e si avvicinò alla finestra, guardando le terre desolate che circondavano il castello di Gothian.
Parlò come se stesse derscrivendo un sogno:
<<Camminavo in una città, con speroni d'argento che tintinnavano, che suonavano una canzone che avevo canticchiato soltanto poche volte. Lei vide i miei speroni d'argento e mi disse: "fa' passare ancora un po' di tempo", Ed io le porsi il mio vino d'estate.... oh, il mio vino d'estate...>>
Non erano ricordi suoi.
Erano fatti accaduti migliaia di anni prima, in un tempo precedente al Grande Cataclisma, quando c'erano ancora sulla terra i Grandi Anziani.
<<Ciò di cui parli accadde a Robert Oakwood, duca di Albany, nell'estate in cui conobbe India Stoker, ed entrambi guardarono al di là del Varco che mostrava loro quello che doveva accadere. Concentrati ora... cos'altro ricordi?>>
Marvin chiuse gli occhi:
<<I miei occhi divennero pesanti e le mie labbra non riuscivano a parlare. Io tentavo di alzarmi, ma era come se non riuscissi a trovare i miei piedi. Lei mi sostenne e mi indicò una via che non conoscevo>>
Sorrise e canticchiò la musica di quella canzone, ripensandone le parole.
My eyes grew heavy and my lips they could not speak.... I tried to get up, but I coudn't find my feet... she reassured me with an unfamiliar line... and then she gave to me more summer vine...
Nell'ascoltare quelle note, anche Lilieth sorrise... sentiva di aver risvegliato qualcosa di importante in suo figlio... di averlo ridonato alla vita!
Ora la sua missione era veramente compiuta.



<<Porta tua moglie con te, Marvin. Andate a sud, verso l'estate. Io mi occuperò di Mordred e della donna vampiro>>
Marvin riaprì gli occhi:
<<Madre, non puoi rimanere qui. E' troppo pericoloso...>>
Lilieth sapeva che forse era l'ultima volta che vedeva suo figlio, l'ultima prima di andare incontro al proprio destino:
<<Lascia che io compia il mio dovere fino alla fine. Tu vai verso sud, porta Alice verso il caldo, portala a vedere l'estate...>>
Dovette trattenere le lacrime, perché era troppo doloroso pensare a ciò che non avrebbe visto mai più, se non come riflesso della vita di coloro che le sarebbero sopravvissuti.
Marvin la abbracciò e la strinse forte:
<<Io ti amo troppo per lasciarti qui, non posso lasciarti qui!>>
Lilieth prese suo figlio per le spalle:
<<Amare vuol dire anche lasciar andare le persone, quando è il loro momento. Amare vuol dire anche trovare la forza di dirsi addio>>





Cast

Claire Forlani - Lilieth Vorkidian
Jonathan Rhys Meyers - Marvin Eclionner Vorkidian
Catelyn Stark - Lilieth Vorkidian
Alice Krige - Lilieth Vorkidian
Joely Richardson - Lilieth Vorkidian
Mia Wasikowska - Alice de Bors
Mia Wasikowska - India Stoker
Elizabeth Bathory - Lilieth Vorkidian

venerdì 21 giugno 2013

Stoker (2013). Recensione del film.



Sono convinto che ci si dovrebbe scomodare a recensire un film soltanto quando lo si ritiene un capolavoro e questo è senza dubbio il caso di "Stoker", thriller di straordinaria perfezione, per la regia del sudcoreano Park Chan-wook, la sceneggiatura di Wentworth Miller, l'intepretazione intensa e magistrale di Mia Wasikowska e di Matthew Goode e la partecipazione impeccabile di Nicole Kidman.

File:Stoker (2012) Park Chan-wook.png

L' incipit del film ci offre molti indizi sul mistero che si cela dietro alla famiglia Stoker (un cognome che non è certo scelto a caso, anche se qui non si tratta di vampiri), eppure sono tutti così mimetizzati nel paesaggio della splendida villa e della rigogliosa natura circostante, nei selvaggi boschi della contea di Middleband (il nome è inventato) nel Connecticut, che non gli diamo l'importanza che meritano, anche se alla fine ci torneranno in mente e ci chiederemo come abbiamo fatto a non capire.



Gli indizi ci sono, come dicevo, ma lo spettatore è fin dall'inizio catturato dal preziosismo con cui ogni minimo dettaglio di ogni singolo fotogramma è curato e accompagnato da una Bellezza (sì, in questo caso ci vuole la maiuscola) onnicomprensiva. I colori, i suoni, le parole sono calibrati al millimetro, con una pienezza e una intensità che coinvolge immediatamente a tal punto che ci sembra di essere dentro lo schermo, immersi nelle scene, e di sentirne i profumi e gli aromi, di toccarne la morbidezza, specie quella degli elegantissimi vestiti che la diciottenne India Stoker (Mia Wasikowska) indossa con una classe e una sensualità che la rendono irresistibilmente attraente e carismatica.




La cura maniacale che la protagonista dimostra per il suo aspetto e il suo vestiario di sete e velluti, insieme castigato ed erotico, non è qualcosa di superficiale, anzi, è l'esatto contrario, è quasi una dichiarazione di guerra al mondo intero.
Non sorride, India, e non fa nulla per sembrare simpatica, eppure ci conquista con ogni sguardo, con ogni gesto, con ogni parola.
Non ci meravigliamo se è così seria e strana, perché riteniamo che questo sia il naturale comportamento di una figlia che ha appena perduto l'amato padre, morto in un incidente stradale.



Fin dalla scena del funerale ci rendiamo conto, però, che c'è qualcosa che non va.
La vedova Eve (Nicole Kidman) appare fin dal primo momento come una donna emotivamente instabile, il cui rapporto col defunto marito era ormai inesistente, come del resto appare effimero e infantile anche il rapporto con la figlia India.
Madre e figlia sembrano quasi scambiarsi i ruoli: tanto Eve appare frivola e adolescenziale, quanto India appare profonda e matura, per quanto in modo inquietante.
Ma la stranezza maggiore è la comparsa di Charlie Stoker, fratello minore del defunto Richard, accolto con sorpresa e apprezzamento dalla cognata e con stupore e freddezza dalla nipote, la quale non era mai stata messa al corrente della sua esistenza.



Inizia da quel momento un misterioso menage a trois che però non ha nulla di scontato, perché il desiderio, che pure è evidente fin dal primo incontro, rimane in sospeso, aggiungendo mistero al mistero.
Ci sono tutti gli ingredienti del genere gotico: una situazione apparentemente normale che nasconde qualcosa di terribile, che però non riusciamo a identificare.
Mentre siamo conquistati dal fascino di tutti e tre i protagonisti e dalla loro personalità complessa, non ci accorgiamo quasi degli eventi che pure incominciano a verificarsi con una rapidità che scorre come acqua di un ruscello sulle rocce levigate e sembra non lasciare traccia.
Tutto pare essere leggero e vaporoso, come le gonne e le camicette di India, il cui gusto eccentrico la rende il bersaglio dell'interesse e della crudeltà dei compagni di scuola.



Che sia una fanciulla speciale è chiaro fin dall'inizio: lei stessa, come confessandosi con lo spettatore, dice di avere il dono di percepire e sentire tutto ciò che la circonda in maniera particolare, come se fosse moltiplicata fin quasi al limite della sopportabilità.
Questo è l'unico elemento paranormale della storia, anche se noi ci aspettiamo che questa dote nasconda qualcos'altro, o comunque sia solo l'inizio di un abisso inconfessabile.
La domanda che tiene avvinto lo spettatore fin dal primo istante è: chi tra questi personaggi è segretamente un mostro?
Il montaggio delle scene, con continui flash-back, ci confonde e ci stuzzica, e riesce in ogni momento a regalarci quella Bellezza piena che ci accompagna fino alla fine, anche oltre i titoli di coda.
Siamo dunque "distratti" dagli interrogativi sulla trama e dall'estetismo portato alle estreme capacità di ricercatezza.
Così distratti che quasi non ci rendiamo conto degli eventi e della loro gravità.
Tutto sembra idillico persino quando è evidente che non lo è.



Che fine ha fatto l'anziana governante, che, dopo una accesa discussione con Charlie, sparisce, senza che i membri della famiglia Stoker se ne preoccupino più di tanto?
Quale oscura verità vorrebbe confessare la prozia Gin, l'unica persona della famiglia che sembra davvero al corrente di ciò che non deve essere detto e neppure pensato, riguardo ad eventi tragici avvenuti molti anni prima?



Anche quando il ritmo degli accadimenti diventa sempre più veloce, una parte di noi vorrebbe indugiare nel godimento della sensualità che traspira da ogni scena, specie da quella del pianoforte, trionfo del virtuosismo e della tensione erotica e orgasmica che cerca di esplodere in ogni istante.



Zio e nipote sembrano fatti l'uno per l'altra, tanto che la pulsione dell'incesto viene tesa come un arco che non si decide a scoccare la freccia.
Del resto, se fosse solo una questione di desideri incestuosi, il mistero sarebbe banale, mentre questo film è tutto, tranne che banale o scontato.
L'estrema raffinatezza di gusti dei tre protagonisti contrasta con la mediocrità della gente del borgo, dove India va a scuola e dove è costretta a subire pesanti apprezzamenti e tentativi di violenza.
Eppure la ragazza non ha alcuna caratteristica riconducibile al profilo scontato della vittima innocente.
Scopriamo che India non è solo un'adolescente con gusti troppo raffinati, ma ha anche una attitudine predatoria che, fino alla morte del padre, era stata sublimata nella pratica della caccia.



India sa usare il fucile con la stessa grazia impeccabile con cui suona il pianoforte.
Ricordando le lunghe battute di caccia con suo padre, ci informa che Richard Stoker non praticava quell'hobby per se stesso o per i trofei che adornano il suo studio di ricco architetto, ma lo faceva per lei, per sua figlia.
Non ci viene ovviamente spiegato il perché. Quello lo dovremmo capire da soli, e invece non ci riusciamo, pur avendo un'abbondanza di indizi che diventano prove di sconcertante evidenza.
La domanda essenziale continua però a non trovare una risposta soddisfacente: chi è il vero Malvagio?
A un certo crediamo di poter avere finalmente in mano la risposta, ma gli eventi prendono una piega imprevista.
Si arriva così al colpo di scena, uno di quelli che cambiano completamente la prospettiva, come ne Il sesto senso o in The others, ma qui l'orrore è tutto terreno, completamente mimetizzato dietro la Bellezza.
Il cerchio si stringe attorno alla famiglia Stoker, eppure continuiamo a non capire come possa sciogliersi il nodo che non solo metaforicamente si è venuto a creare.



Uno dei tre protagonisti è di troppo, ma fino all'ultimo non sappiamo quale.
E anche per questa abilità di preservare la risposta per novantanove minuti di puro godimento è proprio ciò che suggella con un finale grandiosamente sbalorditivo un film che si guadagna a pieno titolo l'epiteto di capolavoro.


Post Scriptum

La villa della famiglia Stoker, cioè il set principale del film e la sua location, si trova a Nashville, Tennessee, Usa, in Dunham Springs Road. Allego un link di Google Maps, da dove è possibile vedere tutta la tenuta.

 https://maps.google.it/maps?q=Nashville,+Tennessee,+USA&ie=UTF-8&hq=&hnear=0x8864ec3213eb903d:0x7d3fb9d0a1e9daa0,Nashville,+Tennessee,+Stati+Uniti&gl=it&ei=svbeUeq5DobeOc6SgdgN&ved=0CLABELYD


Merita un rilievo a margine l'attenzione feticistica del regista non solo per il vestiario della protagonista, ma anche, e soprattutto, per le scarpe.
Efficacissimo è il fotogramma che ci mostra India stesa nel suo letto e circondata dalle scarpe che ogni anno suo padre (almeno così sembra all'inizio) le regalava.



Al compimento del diciottesimo compleanno, però, non le vengono più regalate le comode ed eleganti scarpe da passeggio, ma delle raffinatissime e ultra-feticistiche scarpe a punta, pitonate, con il tacco alto.


E' quasi un rito di passaggio dall'adolescenza alla giovinezza, che rivela ad India il suo sempre crescente desiderio di autonomia. Ma è anche il segnale che ella attende da tempo, per compiere il suo destino.




Meravigliosa anche la colonna sonora, in particolare lo splendido remake  di "Summer wine" di Nancy Sinatra e Lee Hazelwood che merita veramente di essere ascoltato

http://www.youtube.com/watch?v=unI2lnHR6RI


(NANCY):
Strawberries cherries and an angel's kiss in spring
My summer wine is really made from all these things

(LEE):
I walked in town on silver spurs that jingled to
A song that I had only sang to just a few
She saw my silver spurs and said lets pass some time
And I will give to you summer wine
Ohh-oh-oh summer wine

(NANCY):
Strawberries cherries and an angel's kiss in spring
My summer wine is really made from all these things
Take off your silver spurs and help me pass the time
And I will give to you summer wine
Ohhh-oh summer wine

(LEE):
My eyes grew heavy and my lips they could not speak
I tried to get up but I couldn't find my feet
She reassured me with an unfamiliar line
And then she gave to me more summer wine
Ohh-oh-oh summer wine

(NANCY):
Strawberries cherries and an angel's kiss in spring
My summer wine is really made from all these things
Take off your silver spurs and help me pass the time
And I will give to you summer wine
Mmm-mm summer wine

(LEE):
When I woke up the sun was shining in my eyes
My silver spurs were gone my head felt twice its size
She took my silver spurs a dollar and a dime
And left me cravin' for more summer wine
Ohh-oh-oh summer wine

(NANCY):
Strawberries cherries and an angel's kiss in spring
My summer wine is really made from all these things
Take off those silver spurs and help me pass the time
And I will give to you my summer wine
Mmm-mm summer wine

(Nancy Sinatra, Lee Hazlewood)


lunedì 17 giugno 2013

L'Imperatore-Profeta di Gothian. Capitolo 49. Igraine e l'anima celtica conquistano il regno dei Keltar.




Sua Altezza Reale lady Igraine Canmore Pendragon di Logres, Principessa delle Highlands ed ex moglie di Marvin Eclionner Vorkidian, Imperatore-Profeta di Gothian, aveva giurato a se stessa di indossare il lutto per sempre, dopo il secondo matrimonio del suo ex marito.
Che idiozia! E' bastato dormirci sopra una notte ed ho già cambiato idea!
Incredibilmente si era svegliata felice, piena di entusiasmo e di progetti, così, senza un motivo preciso.
Ma un motivo c'è sempre.
Mentre si vestiva con un abito pregiato e si faceva pettinate dalle sue ancelle, Igraine aveva ordinato di preparare un pranzo speciale, per il ritorno di suo figlio Arthur, reggente dei Keltar e dei Celti, il 16 giugno dell'anno 1031 dalla fondazione dell'Impero Lathear.



Arthur le aveva scritto:
"Madre, ho ottenuto il diritto ad essere incoronato Re dei Keltar e dei Celti, ed ho ottenuto un ampio margine di autonomia per la nostra corte presso il castello di Caemlyn."



"I Duchi e molti Druidi sono dalla mia parte, ma i Capiclan delle Highlands ed i Druidi tradizionalisti si sono riuniti attorno al tuo vessillo. Solo con la tua alleanza, madre, il popolo dei Celti potrà tornare all'antico splendore dei tempi del primo Arthur Pendragon!"



Igraine sorrise e pensò ai Cento Re che discendevano da Arthur Pendragon fino a re Vorkidex Pendragon, fondatore della dinastia dei Vorkidian, quella della madre di Marvin.
Arthur intende usare solo il cognome Vorkidian. Ma rinunciare del tutto al cognome Eclionner potrebbe non piacere a Marvin.
Era in quanto Eclionner, infatti, che Marvin era Imperatore dei Lathear e sovrano supremo del Continente Centrale.



In quel momento però, per l'Imperatore-Profeta, le cose erano tutt'altro che facili.
La Reggenza dell'Impero Lathear era tornata nelle mani di sua zia Ellis Eclionner.



Inoltre a nord, i vampiri Albini dissidenti si erano raccolti intorno a Mordred Eclionner, il figlio incestuoso di Marvin ed Ellis, e della sua sposa vampira Daenerys di Gothian, la Divoratrice di Cuori.



Persino nel regno dei Keltar, di cui era originario, Marvin poteva contare solo sui concittadini di Amnisia e di Floriana, mentre non controllava le Highlands e i Druidi.
Io controllo le Highlands e i Druidi. Se Marvin vuole controllare tutti i Celti, dovrà venire a patti con me!
Il mediatore sarebbe stato naturalmente loro figlio Arthur.
Avrebbe dovuto dare delle garanzie a tutti i custodi della grande tradizione celtica.





Thanks to Keltar King



I Keltar discendevano dagli antichi Celti, dai capelli color bronzo e dagli occhi verdi, come ancora se ne vedevano nelle Highlands.
Marvin mi ha relegato qui, ma dovrà implorare il mio soccorso, se Ellis e Mordred lo schiacceranno nella loro morsa.
Bisognava pretendere delle condizioni irrinunciabili, in nome della propria identità.
Siamo sopravvissuti a tutto, persino al Grande Cataclisma e alla conquista di Arexatan Eclionner. Abbiamo aspettato per mille anni il Figlio dei Cento Re, il nostro Profeta, ma lui ci ha voltato le spalle.
Ma adesso avevano un nuovo Arthur, un nuovo Artù!
Mio figlio diventerà Arthur II, e con lui finalmente si compirà la speranza dei Bretoni!
Non c'era riuscito Arturo Plantageneto, duca di Bretagna, e non c'era riuscito Arturo Tudor, principe di Galles, ma finalmente Arthur Vorkidian avrebbe mostrato al mondo che la speranza dei Celti non era una speranza vana.
L'anima del primo Artù si reincarnerà in quella di mio figlio! Il suo lungo sonno nell'isola di Avalon è ormai finito. Il Re sta per ridestarsi!
Aspettando fiduciosa il ritorno del Re, Igraine ricordò la poesia che parlava delle Isole Fortunate, dove Artù per millenni aveva atteso il tempo del suo ritorno.

Quale voce viene sul suono delle onde
che non è la voce del mare?
E’ la voce di qualcuno che ci parla,
ma che, se ascoltiamo, tace,
proprio per esserci messi ad ascoltare.
E solo se, mezzo addormentati,
udiamo senza sapere che udiamo,
essa ci parla della speranza
verso la quale, come un bambino
che dorme, dormendo sorridiamo.
Sono isole fortunate,
sono terre che non hanno luogo,
dove il Re vive aspettando.
Ma, se vi andiamo destando,
tace la voce, e c’è solo il mare.


(Fernando Pessoa)



Avalon tornerà. e tornerà anche Camelot. Torneranno gli Antichi Dei. Tornerà il Regno dell'Estate...



Cast

Joely Richardson (Elizabeth I) - Igraine Canmore Pendragon of Logres, Princess of Highlands

Jamie Campbell Bower (Earl of Oxford) - Arthur Eclionner Vorkidian, King of Keltar

Elizabeth Taylor (Cleopatra) - Ellis Eclionner, Regent of Lathear Empire

Emilia Clarke (Daenerys Targaryen) - Daenerys von Steinberg, Countess of Gothian






Le residenze della Famiglia Reale Inglese.

File:Windsor Castle from the air.jpg

Il Castello di Windsor è la residenza storica della Famiglia Reale, a cui ha dato il cognome (che precedentemente era Sassonia-Coburgo-Gotha per via del principe Alberto, consorte della regina Vittoria di Hannover, discendente degli Stuart, dei Tudor e dei Plantageneti).

File:Windsor Castle Upper Ward Quadrangle Corrected 2- Nov 2006.jpg

Il Castello di Windsor, situato presso l'omonima cittadina, nella contea inglese del Berkshire, è il più grande castello abitato del mondo ed anche quello che è abitato da più a lungo, essendo risalente all'epoca diGuglielmo il Conquistatore e costruito nel 1066 ca. Il castello copre un'area di circa 45.000 .
Insieme a Buckingham Palace a Londra e a Holyrood Palace a Edimburgo, è una delle principali residenze ufficiali della monarchia britannica. La Regina Elisabetta II trascorre molti weekend dell'anno al castello, utilizzandolo per incontri di stato e anche privati.


 La residenza ufficiale principale, che è anche il "luogo di lavoro" della regina, è certamente Buckingham Palace.

File:Buckingham Palace, London - April 2009.jpg

L'espressione Buckingham Palace o, semplicemente The Palace è diventata comune per esprimere tutto quanto attiene agli ambienti della Corte e della famiglia reale. Oltre ad essere la residenza ufficiale di Elisabetta II, Buckingham Palace è il luogo in cui si svolgono numerose cerimonie pubbliche (dai ricevimenti dei reali alle visite dei vari capi di Stato) ed è anche una notevole attrazione turistica (famoso in tutto il mondo è il cambio della Guardia). Da un punto di vista più profondo, ha sempre rappresentato un punto di riferimento per i sudditi, nei momenti gioiosi e tristi della storia del Regno.



l primo edificio di cui si abbia notizia, noto come Goring House, era stato fatto costruire da George Goring, conte di Norwich, nel 1633 circa. L'edificio che forma il centro dell'attuale palazzo venne invece costruito come grande residenza di campagna per John Sheffieldduca di Buckingham e Normandy, nel 1703. Buckingham fece ricostruire l'abitazione dall'architetto William Winde. Lo stile scelto fu quello di un grande blocco centrale a tre piani, con due ali di servizio più piccole ai fianchi. Nel 1762, Buckingham House venne venduta da un discendente del duca, Sir Charles Sheffield, a re Giorgio III. La nuova residenza venne destinata a residenza privata per la famiglia reale, in particolare per la Regina Carlotta, consorte di Giorgio III, piuttosto che al ruolo di palazzo reale ufficiale, che rimase a St. James's Palace.

Ancora oggi, gli ambasciatori stranieri sono accreditati alla Corte di St. James, anche se è a Buckingham Palace che presentano alla regina le loro credenziali e il proprio staff, all'atto della nomina



La regina Carlotta morì nel 1818 e poco dopo, nel 1820, morì anche suo marito, Giorgio III. Il loro figlio e successore re Giorgio IV di Hannover, dapprima decise di ampliare Buckingham House per usarla insieme al St. James's Palace, così come aveva fatto il padre, ma nel 1826 pensò di trasformarla in un palazzo reale a tutti gli effetti, dando l'incarico a John Nash di realizzare l'opera. Il palazzo che venne edificato formava un grande cortile d'onore quadrato, con Buckingham House al centro. La facciata del nuovo edificio fu costruita in pietra di Bath, con squisiti dettagli in stile neoclassico francese. Questo palazzo è molto simile a quello odierno, ma senza la grande ala est di fronte al Mall, che ora chiude il quadrilatero.


Alla morte di Giorgio IV, il costo crescente del palazzo non ancora terminato creava un crescente sgomento al Parlamento e alla stampa dell'epoca. Il successore Guglielmo IV licenziò Nash e assunse al suo posto Edward Blore, un architetto meno idealista di Nash ma più dotato negli affari che conservò ciò che Nash aveva completato e terminò il palazzo in uno stile simile, sebbene più uniforme e meno bizzarro. Anche se i nuovi re e regina tenevano corte e ricevevano nelle stanze di rappresentanza, non vissero mai a palazzo, ma preferirono restare a Clarence House, la residenza londinese che avevano fatto costruire prima di salire al trono.
Nel 1837, con l'ascesa al trono della regina Vittoria Buckingham Palace divenne la residenza reale ufficiale. Mentre le stanze di rappresentanza erano una festa di oro e di colori, le altre stanze erano meno lussuose. I caminetti facevano tanto fumo che occorreva lasciar spegnere il fuoco e la corte tremava di freddo. La ventilazione delle stanze era insufficiente e vi era sempre cattivo odore. Quando venne deciso di installare delle lampade a gas ci si preoccupò per l'eccessivo accumulo di gas ai piani inferiori. Le cronache del tempo riferiscono inoltre che il personale di servizio era negligente e pigro e che il palazzo era sporco. Dopo il matrimonio della regina con il Principe Alberto nel 1840, quest'ultimo si preoccupò di riorganizzare il personale di servizio e di far correggere gli errori di costruzione. Nel 1840 finalmente tutto venne sistemato e i costruttori poterono lasciare il palazzo.

Fu sempre il principe consorte Alberto di Sassonia-Coburgo-Gotha a far costruire per sua moglie, la regina Vittoria, il meraviglioso Castello di Balmoral, in Scozia, uno degli esemplari più belli dello stile neogotico.

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In questo castello scozzese la regina Elisabetta II trascorre il mese di agosto, da sempre. Qui si trovava l'intera famiglia quando fu comunicata la notizia della morte di lady Diana, Principessa del Galles. E qui è ambientato il film "The Queen" con Helen Mirren.
La regina Elisabetta trascorre invece le vacanze di Natale nella residenza di Sandringham House, fatta costruire dal re Edoardo VII, il figlio della regina Vittoria.


La residenza ufficiale scozzese della Famiglia Reale britannica è Holyrood Palace a Edimburgo.


L'antico Castello di Edimburgo non rientra invece nel patrimonio immobiliare della Corona.


Il Principe di Galles e sua moglie Camilla vivono a Clarence House.


Il principe William, duca di Cambridge e sua moglie Kate vivono a Kensington Palace, che era stata la residenza della principessa Diana.


Dopo aver visto queste meravigliose residenze verrebbe da chiedersi, ma quanto pagherebbero di Imu i Reali inglesi, se fossero in Italia?