martedì 25 marzo 2014

Le bassezze dell'Alta Società. Capitolo 9. Il Sommo Poeta


Laura Ozzani di Fossalta, un'altra delle sorelle del conte Umberto destinata ad un matrimonio catastrofico, sposò in giovanissima età, di nascosto e contro la volontà della famiglia, un sedicente poeta futurista e avanguardista, di nome Adriano Trombadore, uomo bruttissimo (assomigliava a Montale, purtroppo solo nel fisico), ma inspiegabilmente affascinante agli occhi delle donne, forse per la sua voce baritonale.



I Trombadore erano una famiglia della media borghesia (oggi si direbbe "di ceto medio"): il padre di Adriano era insegnante di liceo classico (cosa che a quell'epoca aveva un prestigio ben maggiore rispetto ad oggi) e possidente di terre nella zona di Fossalta (i nonni infatti erano agricoltori agiati, i bisnonni coltivatori diretti e i trisavoli braccianti presso il feudo Ozzani), la madre era figlia di un farmacista.
Erano tutti ferventi fascisti dal ’22 al ’43, poi repubblichini di Salò fino al 25 aprile ‘45, improvvisamente liberali fino al ’48, democristiani fino al ’54, socialdemocratici fino al ’63, socialisti fino al 75’, comunisti di ferro in seguito.
Adriano, il Sommo Poeta, si era sempre distinto per le sue idee dannunziane e ciò gli era valsa la stima del generale De Toschi e della Signorina Carlotta, sua compagna di studi (e non solo di studi), che lo aveva introdotto a Villa Ozzani.
Fu in tale occasione che, dopo essersi distinto per la sua personalità dandy e per la sua eloquenza, venne assunto dal Conte Ozzani per scrivergli i discorsi ufficiali.



Come ebbe a scrivere, all'incirca, Mordecai Richler, i ricchi possono permettersi quasi tutto, ma un poeta non dovrebbero permetterselo: "è qualcosa che ha a che fare con la dignità umana, con la sacralità della parola"



Ma Adriano Trombadore, pur disprezzando "il vile denaro" a parole e facendone, come tutti i radical-chic, un usus pauper (seguendo la regola di San Bonaventura riguardo ai beni materiali posseduti dai francescani, che potevano sì possederli, ma erano tenuti a "usarli nel disprezzo") sotto sotto aveva già fatto suo l'antichissimo adagio latino secondo cui pecunia non olet.
In tal modo divenne, presso gli Ozzani, qualcosa di simile a ciò che Ovidio era diventato presso la dinastia imperiale Giulio-Claudia ai tempi di Augusto, e, allo stesso modo del grande poeta latino, finì per cadere in disgrazia a causa di un eccesso di licenziosità erotica e di un errore imperdonabile (carmen et error me perdiderunt).



La sua personalità seducente e dannunziana fece sì che la figlia preferita del Conte, la dolce Laura Ozzani di Fossalta, si innamorasse di lui.



Fu così che, in un dì fatale del ‘33, mentre leggeva “per diletto” assieme alla dolce Laura, un passo del canto V dell’Inferno (scelta non del tutto casuale), fu travolto da un’insolita passione (questa era la sua versione dei fatti) per la nobile (e ricca) donzella.
E siccome l’amore a nullo amato amar perdona, Laura fu presa del costui piacer sì forte ecc. ecc…
Galeotto fu il libro e chi lo scrisse (povero Dante!) e quel giorno più non vi lessero “avante”.
Fuggirono dalla Villa la sera stessa, pernottarono in un albergo e il giorno dopo partirono per Firenze.
 Lì vissero per un mese in un appartamento con vista su Piazza della Signoria, pagando vitto e alloggio con i denari ricavati al Monte dei Pegni, dove Laura aveva depositato tutti i suoi gioielli e anche altri trafugati dallo scrigno della madre, la Contessa Adelaide della nobile famiglia Aldrovandi.
(A tal proposito farà bene un rapidissimo ripasso dell'albero genealogico della nobile famiglia Ozzani di Fossalta e delle famiglie ad essa collegate, tra cui i Trombadore, i De Toschi, i Papisco, i Rubini, i Federici e i Bruni)


 Ippolito Ozzani di Fossalta   +   Valeria Serbelloni  
                                                                                 |
                                                 --------------------------------------------------------
                                                |                                                          |
                              
       Vittorio Ozzani di Fossalta + Adelaide Aldrovandi      Violetta + Gen. DeToschi                                              
                1892- 1948                |    1899-1994                   1909-1929     1895-1978  
                                                  |                                                         |          
                                                  |                                              Carlotta De Toschi
                                                  |                                                      1929
        -------------------------------------------------------------------------------------------------------
        |                           |                      |                              |                     |
  Umberto              Carlo                 Grazia                 Laura                   Margherita
1915-1986       1917-1995           1919-1997            1921-1998         1923 -2000
       +                                                                                +                    +
 Claudia                                                         Adriano Trombadore   Giuseppe Papisco
Protonotari                                                         1912 – 1987                1916-1998
Bonaccorsi                                                                                              |        divorzio 1975               |                                                                                                              |         risposatosi poi con 
1919-2000                                               --------------------------------------------------
       |                                                     |                      |               |                
----------------------------                Piergiuseppe      Benedetta      Goffredo                 +
|                          |                           1944               1947              1949          Serena Sarpi
Alessio          Virginia                                         +                                              1937
1940-1999     1942                                Massimo Piccioni                                        | 
+                                                           1940        |                                             Bramante
Esther                                  ----------------------------------------------                                1967
Rubini                                  |                                     |
1943-1999                     Alberto Piccioni              Cristina Piccioni

(+ Giulia                        1970                                     1975                                            
      Federici
       1942)
   |
Roberto Bruni Ozzani
1962

Per coronare il loro sogno d'amore, anche se forse nel caso di Adriano si sarebbero potute usare parole un po' diverse, almeno riguardo ai moventi che spinsero uno scapolo impenitente come lui a recarsi all'altare con gioia paragonabile a quella di un condannato che si reca al patibolo, decisero di regolarizzare la loro unione.
Va però riconosciuto al Trombadore che il suo addio al celibato e alla vita di tombeur de femmes, per quanto temporaneo, sia avvenuto in grande stile.
Lui e Laura Ozzani di Fossalta si scambiarono i voti nuziali nientemeno che nella basilica di Santa Croce, giurandosi eterna fedeltà sulle tombe di Foscolo e Alfieri, di Machiavelli e Galilei (i quali ancora si rivoltano).





L'idillio fiorentino fu breve e non sopravvisse alla clausola "in ricchezza e in povertà".
Finiti i soldi, infatti, data l'impossibilità, per un poeta del calibro di Adriano Trombadore, di umiliarsi lavorando in attività indegne del suo genio creativo, se ne tornarono nella ariostesca Ferrara, che non li accolse proprio a braccia aperte.
Ma ormai ineluttabilmente sposati agli occhi di Dio, della Patria e della Famiglia, oltre che del Duce, del Vate e del Re. Inoltre, piccolo dettaglio, Laura era incinta di un futuro balilla della grande nazione proletaria italiana, poi chiamato Dante Gabriele, in onore dei colleghi del Sommo Poeta (che ignorava che la stessa idea era venuta anche ad un certo Rossetti, un secolo prima)
Soggiornarono per qualche settimana presso la Villa De Toschi, che in fatto di mediazioni di coppia non aveva rivali.
Ma qui il Sommo Poeta, come ormai Adriano si faceva chiamare dai suoi ammiratori, per quanto non avesse ancora scritto il capolavoro che aveva in mente e che si sarebbe dovuto intitolare, profeticamente, "La grande bellezza", decise, per raggranellare quel po' di "vile denaro" (che gli serviva per i sigari Montecristo e per il whiskey della McTavish, acquistato in contrabbando, oltre che per onorare i debiti contratti nei casini e nei casinò),  di concedere lezioni private alle giovani e avvenenti studentesse di buona famiglia.



Questo poté durare fintanto che il mercato delle lezioni private non fu monopolizzato dalla signorina Carlotta De Toschi. Nel momento in cui la De Toschi si accorse che il Trombadore era un concorrente di non poco conto, decise che "non era decente" ospitare a casa sua, "una dimora onorata" un uomo "di dubbia moralità".
Oltre a sbattere fuori lui e famiglia, la devota Grand Mademoiselle dell'alta società ferrarese, iniziò contro di lui una campagna denigratoria senza precedenti e, a voler essere onesti, non del tutto infondata.



Laura Ozzani di Fossalta era però troppo orgogliosa e ostinata per tornare da sconfitta alla Villa di famiglia, e quindi decise che la cosa migliore fosse andare a vivere presso la famiglia Trombadore. Qui divenne grandissima amica dei suoceri e della cognata Carolina, della cui generosità fece ampiamente tesoro. Le nacque una seconda figlia, Angela Beatrice, di una bruttezza imbarazzante, che però avrebbe avuto una vita sentimentale molto intensa.
Infine, quando nacque il terzo figlio, Ludovico Torquato, le lezioni private non bastarono più e il Sommo Poeta dovette tornare, col capo cosparso di cenere, a Canossa, ovverosia a Fossalta, a implorare (ma solo tatticamente, come faceva intendere lui ai suoi devoti discepoli) il perdono degli Ozzani.
Poiché il nuovo Conte, il "giovane" Umberto, suo cognato, aveva bisogno di qualcuno che lo rendesse meno pregiudizialmente condannato dalla nascente potenza delle cooperative rosse, alla fine, unendo gli appoggi della destra con quelli della sinistra, il Sommo Poeta Trombadore riuscì a diventare prima insegnante di liceo classico (collega e concorrente numero uno della signorina Carlotta De Toschi) e poi addirittura libero docente di Letteratura Italiana presso l'Università, entrando subito in polemica, tramite audaci provocazioni, con personaggi "di peso" quali don Benedetto Croce, anche se di questa notizia non si hanno fonti del tutto attendibili. Pare che Trombadore scrivesse a Croce lettere di fuoco alle quali don Benedetto, regolarmente, non rispondeva.



Se come poeta e critico letterario non aveva ancora ottenuto il meritato successo, ben altri furono i suoi allori come seduttore. Tutte le studentesse e le colleghe si innamoravano di lui, per motivi inspiegabili agli occhi della maggioranza “illetterata”. La sua bruttezza era infatti peggiorata a causa dell’abuso di alcool e fumo: era diventato grasso, paonazzo, con occhi sporgenti da batrace, capelli biancastri scarmigliati, a volte, insinuavano i soliti maligni, aveva persino la bava alla bocca.
Ma più diventava laido e osceno, almeno a detta degli invidiosi, che lui giudicava "autorità borghesi reazionarie e seguaci del capitalismo", più le donne impazzivano per lui.
La sua fama di Sommo Poeta si accrebbe, anche se nessuno avrebbe saputo citare nemmeno un verso delle sue poesie.
In verità nessuno le aveva lette. Anzi, per dirla tutta, nessuno aveva mai avuto la prova che tali poesie esistessero veramente.
Per anni, il Trombadore esercitò il suo fascino “letterario” su studentesse e colleghe, riuscendo però, a riprova del fatto che non fosse certo uno stupido, a non farsi mai cogliere in flagrante adulterio né da sua moglie, né dai mariti o fidanzati o genitori delle sue donzelle.
Il suo prestigio di professore e poeta divenne tale che sua moglie Laura era talmente fiera di cotanto marito che preferiva farsi chiamare Signora Trombadore piuttosto che Signora Ozzani di Fossalta.
Tra le frequentatrici di Villa Ozzani, l’unica che non si fece mai incantare dalle fanfaronate del Trombadore fu proprio la nostra Giulia Federici, e questo le costò l’ostilità non solo del Sommo Poeta, ma anche di sua moglie Laura, che la gente chiamava “la Somma Poetessa, quasi che la presunta poesia del primo si potesse trasferire per osmosi alla seconda.



Tra l’altro la giovane Giulia Federici ebbe come docente di lettere, al liceo, proprio il Trombadore, e siccome si mostrò "inspiegabilmente" refrattaria alle "raffinate" avances del Sommo Poeta, ne dovette subire le angherie e le rappresaglie in termini di interrogazioni punitive e voti non troppo brillanti.
 Fortunatamente, però, il Sommo era quasi sempre assente da scuola a causa di imprecisate malattie, che sarebbe stato meglio chiamare postumi di sbornie colossali.
Avremo modo di ritornare a parlare di costui e della sua famiglia e del legame inestricabile che questa ebbe con Giulia Federici e con suo figlio Roberto Bruni, oltre che, naturalmente, con la saga familiare degli Ozzani di Fossalta.

La frattura interna all'estrema destra tra antisionismo e anti-islamismo



Pochi lo sanno, ma l'estrema destra non è affatto unita come sembra contro il pericolo dell'islamizzazione dell'Europa denunciato dal Fronte Nazionale di Marine Le Pen.



Per esempio, per Forza Nuova, che rifiuta, tra l'altro, l'etichetta di partito di estrema destra e persino quello di destra identitaria (che viene rivendicato da Fratelli d'Italia e dalle altre formazioni di destra interne alla coalizione di centro-destra), preferendo quello di partito nazional-popolare e sociale, ispirandosi alla linea di Terza Posizione del suo fondatore Roberto Fiore, l'Islam non è un nemico, anzi è un amico, come si evince da questo articolo di un intellettuale di area:

http://www.informarexresistere.fr/2012/11/06/borgheziogeert-le-pen-e-gli-altri-amici-di-israele-che-fomentano-razzismo-e-guerra/

File:Forza Nuova.gif

Sicuramente Forza Nuova, così come altri movimenti politici e culturali di ispirazione neofascista, pone l'anti-sionismo come presupposto principale (i nemici principali restano i sionisti e i massoni) e rimprovera alla destra identitaria nazionale di Fratelli d'Italia o alla destra regionalista della Lega Nord, che guardano con una certa simpatia al Fronte Nazionale francese, una linea troppo anti-islamista e troppo filo-sionista.



Fan art manga su Natalia Pokloskaya, icona erotica dell'era Putin!



L'ormai epica conferenza stampa della nuova Procuratrice Generale della Crimea, che l'ha consacrata sex simbol, manga feticista (le donne in uniforme sono sexy, e le amiche fashion blogger lo sanno: lo stile militare e il fascino della divisa attizzano anche noi maschietti) e palese oggetto del desiderio di mezzo mondo, me compreso, ha scatenato una vera e propria mania di disegnatori in stile giapponese. Ecco alcune di queste immagini e alla fine un filmato imperdibile e divertentissimo





P.s. Questo filmato, riguardo alla misteriosa telefonata ricevuta da Natalia durante la mitica conferenza stampa, vi farà sicuramente ridere, o quantomeno sorridere, fatemi sapere...

Il gatto quotidiano





lunedì 24 marzo 2014

Recensione di "Quarta fase" di R.A. Lafferty



Quarta Fase (Fourth Mansions, 1970) è un romanzo di fantascienza di Raphael Aloysius Lafferty (Neola7 novembre 1914 – Broken Arrow18 marzo 2002

Nella presentazione di Prinzhofer,che tenta di inquadrare l'opera in un contesto culturale molto ampio, si fa riferimento a due generi quali la quest arturiana e il masque cinquecentesco che, secondo lui,farebbero parte del background in cui si muove l'opera.
Per quanto riguarda la quest mi trova pienamente d'accordo,tanto che tale ripescaggio viene a confermare quanto sostengo io sulla possibilità di inquadrare l'opera del nostro come "fantasy moderna":"L'indagine giornalistica perseguita cocciutamente dal protagonista Freddy Foley a dispetto dei savi consigli e delle peggiori minacce,è una quest in piena regola,raccontata,anzichè coi modi del romanzo (o poema) cavalleresco,con i sistemi del masque."
A partire dalle citazioni in calce ad ogni capitalo, è ben chiaro che di simboli, e quindi di araldica, il romanzo è infarcito, a riprova dell'ampia cultura dell'autore, fondata su una fede cristiana e cattolica.
Ciò non toglie che si possano trovare riferimenti alla produzione più vicina a noi,al simbolismo della fantasy moderna,ed in questo contesto vengono perfettamente inquadrati anche quegli elementi impoetici che si possono riscontrare in Philip Dick, che col suo romanzo "Ubik", può apparire decisamente più vicino questo "Quarta fase" che i masque di Robert Lee Frost citati nell'introduzione.
Molto interessante il lavoro di Prinzhofer per quanto riguarda la posizione che Lafferty stesso si assegna all'interno della sua opera.
Prima cita Alexei Panshin che scrisse:"Raphael Aloysious Lafferty è un portentoso bugiardo e Quarta fase rappresenta la bugia migliore e più lunga."
Poi interviene lui stesso:"Bugia,ovviamente,sta per favola,in quanto ogni vero narratore racconta bugie più o meno lunghe,ma meravigliosamente convincenti."(vedi a questo proposito il saggio di G.Placereani "Novecento nonnine",vedi "Saggistica")
E poi prosegue:"Qui (nella trama) abbiamo un bugiardo matricolato grande come una montagna...a guardia di una fonte...questo guardiano appartiene ai tassi,,,fra i tassi,amici dell'uomo...ci sono anche gli aloisii,e l'autore si chiama anche Aloysius;sappiamo dunque quale parte egli assegni a se stesso:nel masque e fuori di esso."
Tra parentesi,vorrei far notare una curiosità:il Nostro si pone spesso come personaggio dei suoi racconti e romanzi;basti pensare a "Aloys" (Aloys) e a una frase di "Cantata spaziale",in cui uno dei marinai spaziali agli ordini di Roadstrom,l'Ulisse del futuro,si chiama appunto,Aloys;compare solo lì,poi non si sentirà mai più parlare di lui.
Abbiamo nominato i tassi;questi non sono altro che una delle categorie in cui sono suddivisi i protagonisti della storia;ci sono i pitoni,"quelli che si uniscono per diventare superuomini",ci sono i rospi, i redivivi,ci sono ifalchi,"l'autorità di pugno saldo,ma ottusa...il fascismo",e quindi i tassi,coloro che "amano realmente gli uomini.".
In conclusione mi sembra che la posizione dell'autore in questo romanzo sia senza dubbio una posizione molto morale,una posizione cristiana,e questo ci viene da lui stesso confermato in un'intervista(P.Walker,op.cit.,pag. 143).
Permettetemi a questo punto una piccola digressione personale,una divagazione sul tema:avrei gradito maggiormente il romanzo se Lafferty avesse fatto vincere i pitoni con la loro trama cerebrale,e se la quinta fase ci fosse stata,senza quei dubbi che egli espone nel finale;avrebbe potuto essere il superamento del nichilismo e della decadenza,la morte dell'ultimo uomo e l'avvento dell'uomo nuovo;Nietzsche,tanto per intenderci.

(da "R.A.Lafferty o della fantasy moderna",2° parte di "La lunga notte di Lafferty",di Marcello Bonati,"The Dark Side" n.4,’82,pag.53)

Mike Ross - Suits - Nodo Windsor - Windsor knot - tie
















domenica 23 marzo 2014

Le bassezze dell'Alta società. Capitolo 8. Le porte degli Inferi.



Tutto era buio e silenzio nella campagna.
Si erano lasciati alle spalle le luci delle ultime sparute casette di Fossalta e la strada proseguiva sempre più diritta e cupa verso il nulla.
Un senso di abbattimento, di tristezza, di noia, subentrò alla rabbia, nelle emozioni del figlio.
E’ tutto così assurdo!
La madre si era di nuovo persa nei suoi pensieri.
«Ormai ci siamo… ricordo che c’era un grande recinto, in fondo alla strada, e un bosco intorno alla Villa…»
Aveva di nuovo quella voce flebile, assente, quasi stesse vaticinando un oracolo.
Lentamente, di lontano, parve prendere forma un grumo nero.
Che sia questo, il bosco?
Eppure era strano che non ci fosse neppure un lampione a illuminare quelle zone.
Se quello era il posto, c’era di sicuro qualcosa di morboso in chi vi abitava, un inspiegabile gusto per l’isolamento e per le tenebre.
«Com’era la Villa? Me la immagino molto tetra… tipo il castello di Gothian».
Amava molto i romanzi del ciclo di Gothian, specie la figura del Conte Fenrik.



La madre scosse il capo: «No, anzi, fu costruita in stile neoclassico coloniale… ricorda più le residenze dei latifondisti del sud degli Stati Uniti»
Delusione.
«Tipo “Via col vento”?» ironizzò lui.
Lei annuì.
«Beh, il progetto iniziale era molto… come dire… luminoso… arioso…»
Arioso? In quella palude?
Il grumo nero si avvicinava e cresceva di dimensioni.
Giulia ne parve atterrita: continuò il suo discorso, ma con una vena di malinconia nella voce.
«La decadenza è venuta dopo. La stirpe ormai consumata, il sangue anemico, gli ultimi discendenti...  lo sai come vanno queste cose, hai letto il Gattopardo, i Buddenbrook, o il crollo di casa Usher, o il castello di Lourps dei Des Esseintes...»



Al figlio venne il dubbio che la madre stesse impazzendo nel suo delirio di citazioni letterarie da lettrice compulsiva, ma il nobile profilo di Giulia si stagliava singolarmente diritto e composto, ed i suoi occhi fissavano con lucida determinazione la  minacciosa oscurità del bosco: «Gli alberi sono cresciuti», disse.
Roberto capì che il luogo era quello. L’orologio al polso segnava le dieci di sera.
Non è un’ora buona per arrivare a casa della gente.
Percorsero l’ultimo tratto in silenzio, fino al muro di cinta e al grande cancello in bronzo. 



Fortunatamente il cancello era aperto e il vialetto era illuminato da piccoli faretti al neon.
Si fermarono senza dire una parola.
Scesero.
Si sgranchirono un po’ le gambe, nel buio. 
Videro un campanello con tanto di citofono e parve loro che fosse fuori luogo, un anacronismo, in quella terra dimenticata da Dio.
«Suono io» sussurrò la madre.
Mentre si avvicinava al cancello arrugginito, vide che vi era appeso uno stemma in bronzo raffigurante due orsi rampanti e un’armatura medievale. Sotto lo stemma, un motto latino: “Dominus providebit”, che Roberto trovò stranamente ironico. 
A lato era appesa una targa, di epoca successiva, in cui si leggevano le opache lettere Villa Ozzani di Fossalta, e sotto di essa il citofono, con vari pulsanti ognuno per piano. Al piano nobile, naturalmente, c’era scritto: “Dama Virginia Ozzani, Contessa di Fossalta”.


La madre suonò. 
Una voce cupa, sicuramente la governante, chiese «Chi è?»
«Giulia Federici»
«La stavamo aspettando» (glaciale).
Percorsero il lungo viale alberato in salita fino allo spiazzo davanti alla Villa, tra un abbaiare di cani e un fuggire di gatti. Roberto incominciò a distinguere i contorni della costruzione, illuminati dai fari dell’auto.
Villa Ozzani incombeva nell’imponenza neoclassica, con tanto di scalinata centrale e colonnato, su un terreno sopraelevato.
Gli parve che la facciata fosse di colore chiaro, ma ormai l’edera la ricopriva per buona parte. Si intravedevano ancora mezze colonne ad angolo retto ai lati delle grandi finestre, con sopra un piccolo timpano a capanna e fregi interni.
Sopra al colonnato centrale, in stile dorico, c’era un enorme fregio con incise in enormi caratteri dorati delle lettere illuminate dagli unici fari posti ai lati della scalinata e rivolti verso l’alto.
Roberto, ancora seduto in macchina, lesse ad alta voce:
«IOSEPHUS  OZZANI COMES AEDIFICAVIT ANNO DOMINI…e poi…»
Lesse a stento MDCCCXVII
«1817» completò Giulia.
Lo ricordava a memoria.
Roberto si sentì a disagio e il silenzio calò tra loro.
A riportarli alla realtà fu un deciso miagolio del gatto.
Parcheggiarono l’auto nello spiazzo ricoperto di ghiaia e scesero di nuovo con aria stravolta e stordita e un senso crescente di inquietudine e di oppressione.



«I bagagli li portiamo dopo» ordinò Giulia.
Lui non ebbe da ridire, anche se sentiva crescere dentro di sé un brutto presentimento.
 Salirono i gradoni scheggiati della scalinata, varcarono il colonnato e trovarono il portone enorme, nero come ebano, e chiuso.
Le maniglie erano arrugginite.
C’era un campanello all’antica senza nome e suonarono di nuovo.
La porta si aprì cigolando.
L’enorme figura obesa della governante si disegnò di fronte a loro con un cipiglio austero che imponeva soggezione.
Imbarazzo…attimi di silenzio…interminabili…
«Ehm… salve… » azzardò Giulia e tese la mano «Sono Giulia Federici»
Accennò un sorriso.



L’altra apparve esitante.  
Poi, di malavoglia si presentò: «Concetta Ajello, la governante».
L’accento napoletano era molto spiccato.
Si strinsero la mano freddamente.
Per un attimo la governante parve colta da un dubbio:
 «Ma lei è proprio lei?»
«Prego?»
«No, dico, è proprio quella Giulia… »
«In che senso? Comunque sì, il mio nome…»
«No, non per il nome, è che nella fotografia mi pareva un'altra»



<<Sono passati più di quarant'anni>>
In effetti Giulia era invecchiata. 
I lunghi capelli fulvi, vanto della sua età giovane, erano ridotti a un biondo grigiastro, sbiadito. Gli occhi verdi, che un tempo avevano fatto strage di cuori, si erano infossati e spenti in un grigio acquoso. La pelle già candida come porcellana ora evocava solo il pallore di un cadavere. E le rughe, poi…
<<E' proprio cambiata>>
«Sa, signora Concetta, non tutti abbiamo i mezzi per tenerci giovani» fu la risposta seccata di Giulia.
Roberto annuì in difesa della madre.
 «Vabbe'… ma vi avverto… la Signora sta male, e sta de cattivo umore»
Come al solito pensò Giulia.
«E’ stata nervosa tutto il giorno… poi ha preso un calmante…» c’era un tono di rimprovero nella sua voce «… adesso riposa».



Li fissò come per dire: “Avreste fatto meglio a non venire”.
«Beh, allora, intanto che dorme, noi ci sistemeremmo…» disse Giulia, notando che erano comparsi due giovani robusti dietro la governante.
«Mia figlia e mio genero» li presentò (entrambi erano corpulenti e cupi) e con un cenno del capo accompagnò l’ordine: «Aiutate i signori a portare i bagagli»
Roberto si stupì.
Insolita cortesia: vuole forse controllare cosa ci siamo portati dietro?
Dopo aver caricato tutti i bagagli, compresa la gabbietta del gatto sempre più miagolante, entrarono.
Che buio!
Lentamente la vista si adattò all’ombra dell’interno.
C’era fresco, ma non era l’aria condizionata a crearlo, quanto piuttosto la robustezza delle pareti antiche.
 Rimase stupefatto dall’ampiezza del grande atrio.
O  antro? O porta degli Inferi?


Vide al centro uno scalone in marmo rosa, a gradini bassi e levigati, che saliva costeggiando le pareti. Anche i pavimenti erano in marmo, ma più chiaro, quasi latteo, e tirato a lucido.
I busti e i ritratti degli antenati incombevano arcigni alle pareti e ai lati dello scalone.



Vide soffitti alti, lampadari decorati: l’arredamento era tutto “stile Impero”.
Qui il tempo si è fermato al 1817!
Sulla destra una porta dava su un enorme salotto, sulla sinistra un’altra porta introduceva a un salone da ballo. L’atrio si prolungava oltre, con porte che si affacciavano su scalette che scendevano nel seminterrato.
In dimidio dierum mearum vadam ad portas Inferni!
In fondo, nel buio, si intravedeva una porta che mostrava forse un cortile interno.
Unico tocco di modernità, un ascensore “stile liberty” al centro della tromba del grande scalone.
«Al primo piano ci stanno gli appartamenti della Signora, al secondo quelli degli ospiti e al terzo quelli del personale» (la governante faceva da Cicerone con una certa aria di importanza).
Qui di ospiti non devono averne avuti molti, almeno negli ultimi anni.
Salirono al secondo piano.
L’imponente Donna Concetta li guidava in silenzio verso i loro alloggi.
Corridoi, meandri…cunicoli…




Le stanze degli ospiti erano meno ampie, con soffitti più bassi e normali finestre. L’arredamento era spartano e all’antica, un po’ usurato. C’era odore di chiuso e di vecchio. Odore di morte.
Mah… sarà vero che è ricca questa donna?
Però il bagno era enorme: Giulia disse di ricordare che era stato ricavato da una camera da letto.  L’appartamento comprendeva poi un salottino con un vecchio televisore, una sala da pranzo e una cucina.
Si accomodarono nelle loro stanze. La governante se ne andò senza una parola.
Finalmente!
Accatastarono i bagagli, liberarono il micio, gli prepararono una cassettina per i bisogni e si rilassarono un po’ in salotto.
Giulia però mostrava in viso una tensione che a stento riusciva a dominare.
Il gatto si aggirava sospettoso nella sala, annusandone accuratamente ogni angolo.
<<Non mi meraviglierei se trovasse un topo>> fu il commento di Roberto.
Ma Giulia aveva la mente altrove, lontano nel tempo, nei decenni e i suoi occhi parevano vedere oltre un velo di nebbia e scrutare invisibili porte al di là delle tenebre.


Differenza tra individuo e persona. Il personalismo comunitario.



[Dalla rivista  Penna d'Autore n.33 / 2002]

Nello schema qui sopra manca uno dei tre poli intorno ai quali ruota la filosofia politica e cioè l'individualismo, che è strettamente connesso col liberalismo e col libertarismo.
Gli altri due poli sono il personalismo e il collettivismo, a cui si aggiunge il comunitarismo, che è strettamente collegato col personalismo stesso, tanto che si può parlare di personalismo comunitario o di comunitarismo personalista. Ma andiamo con ordine.
Individuo è qualsiasi soggetto che agisce per perseguire finalità legate alla massimizzazione del proprio benessere in termini meramente utilitaristici.
Il pensiero liberale pone al centro la tutela della libertà e dei diritti dell'individuo.
Persona è l'essere umano concepito come soggetto unico e irripetibile, con una componente di natura spirituale che si realizza nella relazione, basata sui valori di amore e fratellanza, con le altre persone all'interno di una comunità.
Il personalismo comunitario o comunitarismo personalista si oppongono così sia al collettivismo comunista che all'individualismo liberista.





Cito ora un passo di Guido Pagliarino:

" Ritengo che la distinzione essenziale, pur non dovendosi trascurare quella fra sinistra e destra, debba ravvisarsi tra personalismo e collettivismo, relativi all'una e all'altra, e che sia necessario precisare se l'ideologia d'un partito sia personalista oppure collettivista, se questo abbia cioè, come suo interesse primario, rispettivamente ogni persona vista quale base della società, oppure la società stessa, di cui la persona venga intesa quale cellula.
Troviamo a sinistra partiti personalisti come, a puro titolo di esempio, i demo-social-liberali, i demo-cristiano-sociali, i socialdemocratici, e pure partiti collettivisti come i comunisti o i socialisti massimalisti; a destra, personalisti quali i liberali democratici o i cristiani demo-liberali, semi-personalisti come i liberali aristocratici o i cristiani integralisti simpatizzanti di partiti "forti", collettivisti come i fascisti e i nazisti. Sarebbe forse meglio rappresentarsi i diversi partiti non lungo un segmento da sinistra a destra, o viceversa,

Centro
Sinistra ______________|______________ Destra

bensì disposti su di una U rovesciata, una sorta di ferro di cavallo su cui situare, dalla parte semicircolare, lungo l'arco, l'area del personalismo, rispettivamente di sinistra e di destra, e dalla parte degli estremi, dei "corni", l'area del collettivismo, a sua volta di sinistra e di destra.
Parlare di opposti estremismi, come a volte si fa, è fuorviante, in quanto essi sono dalla stessa parte, quella del collettivismo, pur con differenze secondarie come, ad esempio, per il comunismo storico il mito della classe proletaria buona, sfruttata e destinata secondo una presunta legge storica, per le contraddizioni stesse del sistema capitalistico, alla vittoria contro la borghesia e alla presa di potere; e per il nazismo quello della razza ariana buona sfruttata dal giudaismo e da organizzazioni economiche e gruppi occulti di potere sovrannazionali, e destinata per natura alla vittoria e al dominio del mondo; miti che hanno portato a sterminare, non importa se nei gulag o nei lager, i supposti nemici, considerati come cellule infette, marce, della società, non come persone. Il collettivismo economico comunista, vale a dire la centralizzazione dei mezzi di produzione, in sostanza la proprietà e la direzione pubblica di ogni rilevante azienda, è solo un aspetto, anche se molto importante, della visione collettivistica socio-politica del comunismo; la politica economica nazista contempla comunque il dirigismo economico da parte dello Stato, tant'è vero che sotto la dittatura hitleriana, nelle aziende maggiori era presente anche un funzionario pubblico, cui spettavano le decisioni strategiche: lo Stato viene prima di tutto, appunto.
Qualunque Stato, come ben evidenziava il Maritain, è erroneamente confuso, nel generale sentire, con il corpo sociale, col complesso dei cittadini, mentre di fatto ne è solo la testa. Quel luogo comune è una deformazione della realtà; si tratta di un'idea, astratta, utile ai capi in generale, e indispensabile nei sistemi collettivistici di sinistra e di destra per giustificare la dittatura (del proletariato, della stirpe...). Com'è ben noto, nei sistemi democratico-elettivi, comunque i meno distanti dal mitico concetto di sovranità popolare, il cittadino può intervenire ad ogni elezione, statuale e locale, solo nella formazione del parlamento nazionale, di quello regionale, dei consigli provinciali, comunali, di quartiere, non in quella di tutti gli organi pubblici, per chiamarli così: non mi riferisco del tutto al potere esecutivo, al governo, che dev'essere approvato e controllato da quello legislativo eletto dai cittadini, cioè dal parlamento, ma a quello giurisdizionale (magistratura) ed a vari enti e istituti, su cui neanche indirettamente, nel nostro ed in molti altri Paesi, il cittadino può influire. Inoltre, nell'elezione dei rappresentanti la sua scelta è possibile solo entro certi limiti, in quanto egli può dare la preferenza soltanto a candidati prescelti dai partiti e, solamente se il sistema elettorale sia proporzionale, votare espressamente il candidato e il partito, di fatto il meno lontano dalle sue idee, che preferisce. È certo, quindi, che sia mera astrazione considerare lo Stato più tutti gli enti pubblici minori, come ad esempio le regioni, quale corpo sociale.
Nel sistema maggioritario, il voto dell'elettore a un disomogeneo listone può andare a persona di idee opposte alle sue, un personalista può trovarsi a eleggere un collettivista, o viceversa; ad esempio, un demo-cristiano-sociale può avere il suo voto indirizzato a un comunista, un elettore di un partito di destra fortemente statalista ad un parlamentare demo-liberale. I poli elettorali non presentano, in paesi con una miriade di partiti come il nostro, una piena alternativa, essendo ciascun polo, sovente, un'alleanza innaturale fra personalisti, semi-personalisti e/o collettivisti, e si può supporre che anche perciò vi sia disinteresse ed assenteismo in una notevole parte dell'elettorato; e che questa disaffezione sarebbe forse meno forte in un sistema proporzionale, con la possibilità di scegliere il proprio candidato non solo secondo destra o sinistra, ma secondo personalismo o collettivismo dell'elettore: a rischio di governi più deboli, non lo nego"



Grassi saturi: contrordine, abolirli non salva il cuore

Grassi saturi: contrordine, abolirli non salva il cuore


Demonizzati per anni, ma forse a torto. Contrariamente alle linee guida, non ci sono prove che abolendo i grassi saturi e sostituendoli con quelli insaturi - omega 3, omega 6 - si riducano i pericoli di malattie cardiovascolari. La frenata sui grassi 'cattivi' per antonomasia, quelli presenti in salumi, burro, formaggi e altre prelibatezze, arriva da un'analisi che ha esaminato i risultati di 72 studi su oltre 600 mila partecipanti, condotta dai ricercatori dell'Università di Cambridge e pubblicata su 'Annals of Internal Medicine'.
La ricerca sta facendo il giro del mondo, anche se gli studiosi sottolineano che i risultati non si traducono in un via libera alle scorpacciate di formaggi, torte e dolci. Troppi grassi saturi possono aumentare la quantità di colesterolo nel sangue, che può accrescere il rischio di sviluppare una malattia coronarica. Un fenomeno ritenuto lapalissiano, ma la ricerca non ha trovato alcuna prova a sostegno di questa tesi. Insomma, il totale di grassi saturi nella dieta o nel sangue non è stato associato con il rischio di malattia coronarica nei 72 studi osservazionali inclusi nel lavoro.
Secondo il ricercatore Rajiv Chowdhury, "questi risultati interessanti potenzialmente stimolano nuove linee di indagine scientifica e incoraggiano un'attenta rivalutazione delle nostre linee guida nutrizionali". Inoltre la pratica comune di sostituire i grassi saturi nella dieta con carboidrati in eccesso (come pane bianco, riso bianco, patate), o con zucchero raffinato e sale in alimenti trasformati, dovrebbe essere scoraggiata, dice lo studioso. "Carboidrati raffinati, zucchero e sale sono tutti potenzialmente dannosi per la salute vascolare", avverte il ricercatore. Dal canto suo, la British Heart Foundation ribadisce che mangiare troppi grassi è dannoso per il cuore. Il punto è che non basta invertire i 'cattivi' saturi con i 'buoni' polinsaturi per proteggere il cuore.
di Adnkronos - Panorama

sabato 22 marzo 2014

Geopolitica dell'Africa Orientale (Somalia e Corno d''Africa)



La rivista Limes ci mostra l'attuale situazione della Somalia, che ormai da vent'anni vive in una situazione di totale anarchia.
Nella carta qui sotto, sempre tratta da Limes, si può osservare la situazione dell'Africa Occidentale.

Philipp Rösler - Nodo Windsor Club - Windsor knot - suit tie



Nel novembre 2009 è stato nominato ministro federale della sanità nel Governo Merkel II, per poi passare a dirigere il ministero dell'economia nel maggio 2011. Contemporaneamente è stato nominato vice-cancelliere federale.
Il 13 maggio 2011 è stato nominato presidente del suo partito in sostituzione di Guido Westerwelle.
In precedenza ha detenuto la carica di ministro per l'economia e vice primo ministro del Land della Bassa Sassonia dal 18 febbraio 2009.


A noi interessa per il fatto che è un sostenitore del nodo Windsor doppio alla cravatta e quindi merita una puntata della nostra rubrica su questo blog dedicata al più elegante dei nodi di cravatta.



File:Philipp Roesler World Economic Forum 2013 (2).jpg

















Philipp Rösler è nato a Khanh Hoa, in Vietnam; all'età di nove mesi è stato adottato da una coppia tedesca che aveva già due figli biologici naturali. È cresciuto ad AmburgoBückeburg e Hannover, dove ha conseguito la maturità nel 1992. Dopo la laurea in medicina ha conseguito ildottorato nel 2002. Prima di dedicarsi a tempo pieno alla politica prestava servizio come medico militare. È cattolico e membro della Conferenza Generale del Comitato Centrale dei Cattolici Tedeschi.

Rösler è stato un membro della FDP e della sua organizzazione politica giovanile dal 1992. È stato segretario del FDP nello stato della Bassa Sassonia dal 2000 al 2004. Dal 2001 fino al 2006 Rösler è stato membro della assemblea regionale di Hannover, dove è stato anche vice presidente del gruppo parlamentare. Nel maggio 2005 è stato eletto come osservatore del Comitato esecutivo federale FDP, ottenendo il 95% dei voti. Nel marzo 2006, Rösler è stato eletto presidente del partito della Bassa Sassonia, sostituendo Walter Hirche, che aveva deciso di dimettersi dopo dodici anni al timone. Nel mese di aprile 2008, Rösler è stato confermato presidente del partito FDP in Bassa Sassonia, ricevendo il 95% dei voti. In occasione della conferenza federale del partito nel giugno 2007, Rösler è stato rieletto come membro del comitato esecutivo del partito. Il mese successivo, si è presentato come principale candidato del suo partito nelle elezioni dello stato della Bassa Sassonia, tenutesi nel gennaio 2008. Alle elezioni, ha ricevuto il 10,9% dei voti nella sua circoscrizione elettorale locale, Hannover-Döhren. Dal 2003 è presidente del gruppo parlamentare FDP nel parlamento dello stato della Bassa Sassonia. Il 18 febbraio, Rösler è stato nominato ministro per l'economia, lavoro e trasporti, nonché vice primo ministro dello stato della Bassa Sassonia. Nel mese di ottobre 2009, è stato annunciato che sarebbe succeduto a Ulla Schmidt come ministro federale della Sanità nel secondo governo di Angela Merkel. Il 12 maggio 2011 è subentrato a Rainer Brüderle alla guida del ministero dell'economia, e il giorno dopo è stato eletto alla carica di presidente del Partito Liberal Democratico in sostituzione di Guido Westerwelle