venerdì 26 gennaio 2018

Gerarchia dei Titoli nobiliari, degli Ordini cavallereschi e delle onoreficenze britanniche: nobiltà e ordinamento aristocratico del Regno Unito


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La Nobiltà britannica comprende tutti gli individui e le famiglie riconosciute dal Regno Unito come membri della classe aristocratica, ovvero godenti di privilegi ereditari.

Storia

Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Storia delle parìe britanniche.
La nobiltà delle quattro nazioni costituenti il Regno Unito attuale ha giocato nei secoli un ruolo fondamentale nel costituire lo stato inglese come appare oggi, anche se attualmente i pari ereditari non godono di specifici diritti, privilegi o responsabilità, ad eccezione della possibilità di essere eletti nella Camera dei Lords, mantenendo l'ordine di precedenza e certi titoli o diritti di udienza col monarca.
Genericamente, la nobiltà britannica consiste nei pari e nelle loro famiglie, anche se vi è un senso più strettamente legale che include la nobiltà titolata e non.[1] I membri della paria portano i titoli di duca, marchese, conte, visconte e barone. I pari con titoli da barone a marchese sono genericamente indicati come lords. Ad ogni modo, i baroni scozzesi, vengono spesso distinti dagli altri con l'indicazione di "barone di ...". La nobiltà non titolata consiste di tutte quelle persone che hanno ottenuto concessione di utilizzare uno stemma pur in assenza di un predicato feudale.[1] Altri, come i Gentleman o gli Esquire hanno unicamente una posizione nell'ordine di precedenza del Regno Unito. Gran parte dell'aristocrazia britannica ha storicamente posseduto della terra, ad eccezione dei baronetti e dei proprietari terrieri armigeri (le cui famiglie erano spesso derivanti dall'epoca medievale e dalla società feudale dove non sempre il possesso della terra era fondamentale per ottenere la nobiltà, ma bastava distinguersi nei servizi militari ad un signore locale).
I predicati nobiliari scozzesi spesso includono la designazione territoriale del titolo.[2] In Scozia, la designazione territoriale implica la concessione almeno del rango di "Esquire" (scudiero) anche se sono intesi come nobiltà minore.[3]
Il termine parìa è utilizzato spesso per indicare genericamente l'aristocrazia titolata e non. Tutte le moderne onorificenze britanniche, tra cui le dignità dei pari, sono create direttamente dal monarca inglese, ottenendo effetto per lettere patenti affisse col Great Seal of the Realm. Il sovrano stesso è considerato fonte d'onore e come "fontana e sorgente di tutte le dignità che egli non può detenere per conto proprio",[4] cannot hold a British peerage.
Prima del XX secolo, le parìe erano genericamente ereditarie (con alcune eccezioni) e concesse per linea maschile. Il primogenito di un duca, marchese o conte aveva almeno un titolo sussidiario da poter utilizzare come titolo di cortesia personale. Ad esempio, il primogenito del conte di Snowdon, è detto visconte Linley.
Il sistema moderno delle parìe è il retaggio dell'antico costume britannico del XII-XIII secolo per la convocazione dei singoli al parlamento. Il sistema economico del tempo era quello del feudalesimo e quindi il privilegio di essere convocati a far parte del parlamento dipendeva dal quantitativo di terra controllato (una "baronia"). Sul finire del XIV secolo, il diritto (o "titolo") iniziò ad essere garantito per decreto, ed i titoli iniziarono ad essere trasmessi per primogenitura. Posizioni non ereditarie iniziarono ad essere create nuovamente dal 1867.
Nel 1958 il Life Peerages Act introdusse la possibilità per un pari non ereditario di sedere nella Camera dei Lords, e quindi la creazione di parìe ereditarie che in breve tempo possono essere considerate obsolete, pratica cessata quasi del tutto dal 1964. Questa convenzione non venne ad ogni modo osservata dal primo ministro Margaret Thatcher che chiese alla regina Elisabetta IIdi creare tre pari ereditari (due dei quali, erano uomini senza eredi). Sino ai cambiamenti del XX secolo, sol una piccola porzione della nobiltà scozzese e irlandese aveva ottenuto il permesso di sedere nella Camera dei Lords inglese.
Sino al 1999 il possesso di un titolo di parìa (ad eccezione di quelli irlandesi) consentiva ad una persona di sedere nella Camera dei Lords, indipendentemente dalla propria età. A 1999 solo 92 pari ereditari avevano ottenuto il permesso di sedere nella Camera dei Lords di cui 90 erano eletti per ballottaggio tra le parìe ereditarie e rimpiazzati solo alla loro morte col medesimo sistema. Lo stesso detentore del titolo di Conte Maresciallo, incarico reale per la sovrintendenza alle cerimonie solenni ed alle grandi occasioni di stato, siede automaticamente nella Camera dei Lords. Il detentore attuale della carica è il duca di Norfolk. Uguale sorte tocca al Lord Gran Ciambellano.
Un membro della Camera dei Lords non può contemporaneamente essere anche un membro della Camera dei Comuni. Nel 1960Tony Benn ereditò il titolo di suo padre di Visconte Stansgate e si rifiutò di lasciare la propria posizione elettorale conquistata coi voti dei suoi elettori. I titoli, ad ogni modo, non sono spesso considerati come necessari per essere definiti membri dell'aristocrazia: sia il capitano Mark Phillips che il vice ammiraglio Timothy Laurence, rispettivamente primo e secondo marito della principessa Anna non hanno avuto titoli nobiliari.

Nobiltà: pari e non-pari

Duchi

Marchesi

Conti

Visconti

Baroni / Lords del Parlamento di Scozia

Baroni di Scozia (non-pari[5])

Titoli di cortesia

Baronetti (Sir)

Cavalieri ereditari (Sir)

Cavalieri (Sir)


Elenco delle onorificenze, degli ordini di merito e cavallereschi distribuiti del Regno Unito, alcuni dei quali vennero già distribuiti anche nell'Impero Britannico e nel Commonwealth. Il sistema di precedenze degli ordini cavallereschi è attualmente identico in tutti i regni che compongono difatti il Regno Unito (Inghilterra, Scozia, Irlanda del Nord) anche se in passato i tre regni avevano sistemi separati di onorificenze con diverse precedenze. Le uniche distinzioni di precedenza che oggi vengono mantenute sono unicamente relative all'aristocrazia, mentre dall'istituzione del Regno Unito all'inizio del XIX secolo i tre sistemi di ordini cavallereschi sono stati unificati.
Inizialmente il sistema delle onorificenze era identico per tutti i paesi facenti parte dell'impero coloniale britannico e tale rimase sino al 1975 quando i maggiori paesi del Commonwealth disposero nuovi ordini di precedenza.

Ordini cavallereschi

Il Gran Maestro dell'ordine è il monarca d'Inghilterra che assurge anche al ruolo di sovrano del Regno Unito ed ha assoluta precedenza su tutti i cavalieri di tutti gli ordini.
NastroNomePost-NominaleAnno di fondazioneSovrano fondatore
Institution du Mérite militaire ribbon.pngOrdine della GiarrettieraKG/LG1348Edoardo III d'Inghilterra
United-kingdom138.gifOrdine del CardoKT/LT1687Giacomo II d'Inghilterra
Ribbon bar Order of St. Patrick.jpgOrdine di San Patrizio
(quiescente)
OP
MP
1783Giorgio III d'Inghilterra
Order of the Bath (ribbon).svgOrdine del BagnoGCB
KCB/DCB
CB
1725Giorgio I d'Inghilterra
UK Order St-Michael St-George ribbon.svgOrdine dei Santi Michele e GiorgioGCMG
KCMG/DCMG
CMG
1818Giorgio, principe di Galles
(poi Giorgio IV)
Dso-ribbon.pngDistinguished Service OrderDSO1886Vittoria d'Inghilterra
UK Royal Victorian Order ribbon.svgOrdine Reale VittorianoGCVO
KCVO/DCVO
CVO
LVO
MVO
1896Vittoria d'Inghilterra
Order of merit nastrino.pngOrdine al Merito del Regno UnitoOM1902Edoardo VII d'Inghilterra
United-kingdom584.gifImperial Service OrderISO1902Edoardo VII d'Inghilterra
Order BritEmp (civil) rib.PNGOrdine dell'Impero BritannicoGBE
KBE/DBE
CBE
OBE
MBE
1917Giorgio V d'Inghilterra
Order of the Companions of Honour Ribbon.gifOrdine dei Compagni d'OnoreCH1917Giorgio V d'Inghilterra

Altri ordini[modifica | modifica wikitesto]

NastroNomePost-NominaleAnno di fondazione
Order of St. Giovanni of Gerusalem-Rhodes-Malta BAR.svgVenerabile Ordine di San Giovanni (tutti i gradi)SJ1831

Decorazioni di merito[modifica | modifica wikitesto]

NastroOnorificenzaPost-nominale
UK Victoria Cross ribbon bar.svgVictoria CrossVC
UK George Cross ribbon.svgGeorge CrossGC
UK Conspicuous Gallantry Cross ribbon.svgConspicuous Gallantry CrossCGC
Royal Red Cross (UK) ribbon.pngMembro Royal Red CrossRRC
UK George Medal ribbon.svgGeorge MedalGM
Distinguished Service Cross (UK) ribbon.pngDistinguished Service CrossDSC
Military cross nastrino.pngMilitary CrossMC
United Kingdom Distinguished Flying Cross ribbon.svgDistinguished Flying CrossDFC
SGM(UK)ribbon.jpgSea Gallantry MedalSGM
Queen's Gallantry MedalQGM
UK AFC ribbon.svgAir Force CrossAFC
Royal Red Cross (UK) ribbon.pngAssociato della Royal Red CrossARRC

Medaglie di campagne

Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Onorificenze per le campagne di guerra britanniche.
Le onorificenze commemorative per campagne di guerra ed operazioni militari britanniche sono conferite a membri delle forze armate britanniche, forze armate alleate e civili che hanno prestato servizio o partecipato in specifiche campagne militari. Esempi ne sono la Defence Medal, per la difesa nazionale e la Atlantic Star per il servizio in Atlantico, nella seconda guerra mondiale.

Ordini reali famigliari

NastroOnorificenzaPost-nominale
Royal Family Order of King George V - ribbon bar.pngOrdine Famigliare Reale di Re Giorgio IV-
Royal Order of Victoria and Albert - ribbon bar.gifOrdine Famigliare Reale di Vittoria e Alberto-
Ord.fam.EdwardVII.JPGOrdine Famigliare Reale di Re Edoardo VII-
Royal Family Order of King George V - ribbon bar.pngOrdine Famigliare Reale di Re Giorgio V-
GBR Family Order George VI BAR.pngOrdine Famigliare Reale di Re Giorgio VI-
GBR Family Order Elizabeth II BAR.pngOrdine Famigliare Reale della Regina Elisabetta II-

Medaglie commemorative d'incoronazioni e giubilei

NastroOnorificenzaPost-nominale
Queen Victoria Golden Jubilee Medal ribbon.pngMedaglia per il giubileo d'oro della Regina Vittoria (1887)-
Queen Victoria Diamond Jubilee Medal (military) ribbon.PNGMedaglia per il giubileo di diamante della Regina Vittoria (1897)-
Medaglia.Incoronazione.Edward.VII.pngMedaglia dell'Incoronazione di Edoardo VII (1901)-
Med.DelhiDurbar1903.pngMedaglia del Delhi Durbar di Edoardo VII (1903)-
King George V Coronation Medal ribbon.pngMedaglia dell'Incoronazione di Giorgio V (1911)-
King George V Coronation Medal ribbon.pngMedaglia del Delhi Durbar di Giorgio V (1911)-
GeorgeVSilverJubileum-ribbon.pngMedaglia del giubileo d'argento di Giorgio V (1935)-
EdwardVIIICoronationMedal.pngMedaglia dell'Incoronazione di Edoardo VIII-
GeorgeVICoronationRibbon.pngMedaglia dell'Incoronazione di Giorgio VI (1937)-
UK Queen EII Coronation Medal ribbon.svgMedaglia dell'Incoronazione di Elisabetta II (1953)-
QEII Silver Jubilee Medal ribbon.pngMedaglia del giubileo d'argento di Elisabetta II (1977)-
QEII Golden Jubilee Medal ribbon.pngMedaglia del giubileo d'oro di Elisabetta II (2002)-
QEII Diamond Jubilee Medal ribbon.pngMedaglia del giubileo di diamante di Elisabetta II (2012)-

Capi Clan/Laird

Membri della nobiltà non titolati

  • Esquire (dal latino scutarius, nel senso di scudiero, tramite l'antico francese esquier)
  • Gentleman

Nobiltà irlandese e gaelica

Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: TanistryDerbfine e Prima legge irlandese.
Al di fuori del Regno Unito, la rimanente Nobiltà gaelica d'Irlanda continua informalmente ad utilizzare i propri titoli arcaici provinciali. Dal momento che l'Irlanda fu nominalmente sotto la signoria della Corona d'Inghilterra dal XII al XVI secolo, il sistema onorifico gaelico coesistette con quello britannico. Una delle dimostrazioni moderne di questa coesistenza è il titolo di Barone Inchiquin, noto in Irlanda col titolo di principe di Thomond. Il principe di Thomond è uno dei tre pretendenti del non più esistente regno (XII secolo) d'Irlanda, assieme agli O'Neill ed agli O'Conor Don.
Chief of the Name era una designazione di un clan che terminò effettivamente nel 1601 col collasso dell'ordine gaelico, eliminando così i ruoli dei capi clan. I moderni capi clan che oggi detengono il titolo in pretesa come ereditario, sono scelti all'interno di quelle famiglie discendenti dai re regionali o provinciali della storia antica irlandese così come accade nel Regno di Scozia (ad eccezione del Clann Somhairle, del Clan Donald e del Clan MacDougall, i due di origine reale).
Dopo l'Invasione normanna dell'Irlanda, molte famiglie hiberno-normanne adottarono i costumi gaelici come nel caso della dinastia dei De Burgh e della Dinastia FitzGerald.

Note

  1. ^ a b https://books.google.com/books?id=LHKBWAz9MMQC&pg=PA2&dq=untitled+nobility+uk&hl=en&sa=X&ei=D3jrULySC4nP0QWPhIHoAg&ved=0CDMQ6AEwAA#v=onepage&q=untitled%20nobility%20uk&f=false
  2. ^ Debrett's Forms of Address (Lairds), su debretts.comURL consultato il 18 luglio 2010.
  3. ^ Adam, F. e Innes of Learney, T., The Clans, Septs, and Regiments of the Scottish Highlands, 4th, Edinburgh & London, W. & A.K. Johnston Limited, 1952, p. 410.
  4. ^ Opinione della Camera dei Lords sul Caso della Parìa Buckhurst
  5. ^ Ruling of the Court of the Lord Lyon (26/2/1948, Vol. IV, page 26): "With regard to the words 'untitled nobility' employed in certain recent birthbrieves in relation to the (Minor) Baronage of Scotland, Finds and Declares that the (Minor) Barons of Scotland are, and have been both in this nobiliary Court and in the Court of Session recognised as a 'titled nobility' and that the estait of the Baronage (i.e. Barones Minores) are of the ancient Feudal Nobility of Scotland".
  6. ^ Knight, su Online Etymology DictionaryURL consultato il 7 aprile 2009.
  7. ^ Knecht, su LEO German-English dictionaryURL consultato il 7 aprile 2009.

lunedì 22 gennaio 2018

Situazione in Siria dopo l'attacco della Turchia alla provincia di Afrin e l'offensiva di Abu Al-Duhur



Military  Situation In Syrian On January 22, 2018 (Map Update)

La Turchia ha lanciato un’offensiva terrestre e aerea nel nord-ovest della Siria, nella provincia di Afrincontrollata dai Curdi dell'Unità di Protezione Popolare (Ypg) , in un’operazione biasimata sia da Washington, alleata ai curdi nella lotta all’Isis, sia dal presidente siriano Assad, che l'ha definita "un atto di sostegno ai terroristi filo-turchi di Ahrar al-Sham". Denominata paradossalmente “Ramo d’olivo“, la missione è stata annunciata dall’esercito di Ankara, che ha detto, in maniera ancor più paradossale, che sarà condotta “nel rispetto dell’integrità territoriale siriana”. L’obiettivo della Turchia è colpire quella che vede come l’incarnazione siriana degli autonomisti curdi del Pkk, stando alle parole che arrivano dal presidente Erdogan
bombardamenti si concentrano su Afrin, la città nel nord-ovest della Siria controllata dal 2012 dagli uomini delle Ypg, le milizie legate al partito curdo Pyd e sostenute dagli Usa, ma solo nei territori a est dell'Eufrate. Afrin è invece una sorta di enclave montuosa e priva di risorse petrolifere, considerata "sacrificabile" da parte degli Usa e anche da parte della Russia, dal momento che il governo curdo locale ha rifiutato l'ingresso delle truppe russo-siriane, continuando quindi ad opporsi al governo di Assad.

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 Al momento si ha notizia di sette civili e tre combattenti curdi morti nei raid turchi. Erdogan ha avvertito i Curdi in Turchia di non scendere in piazza per protestare contro le operazioni militari in corso: coloro che risponderanno agli appelli dei leader che invitano a manifestare “pagheranno un prezzo alto“, ha ammonito il presidente turco. “È una lotta nazionaleSchiacceremo chiunque si oppone alla nostra lotta nazionale”, ha scandito “Più tardi, ripuliremo il nostro Paese fino alla frontiera irachena ”.
 La Turchia accusa l’Ypg di essere un ramo siriano del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk), che da oltre trent’anni nel sud-est turco combatte il potere centrale in nome dell'indipendenza del Kurdistan ed è considerato da Ankara e dai suoi alleati come un’organizzazione terroristica. L’Ypg è stata anche un alleato imprescindibile per gli Usa nella lotta contro l’Isis.
I rapporti tra Usa e Turchia sono da tempo molto tesi, con Erdogan che accusa gli Stati Uniti di aver promosso il tentato golpe del 2016 e gli americani che disapprovano l'allontanamento turco dalle politiche della Nato, di cui la Turchia fa parte.
La milizia curda ha avuto un ruolo chiave nella cacciata degli jihadisti da tutti i loro principali feudi nella Siria orientale. 
La Russia si è definita “preoccupata” dall’offensiva e ha chiesto “moderazione”, mentre il ministro degli Esteri siriano Fayçal Mekdad giovedì aveva detto che l’aviazione di Damasco abbatterà qualsiasi velivolo militare turco entri nel suo spazio aereo. La Turchia ha fatto sapere di aver informato Damasco dell’offensiva, ma il presidente Bashar Assad ha smentito e “condannato con forza la brutale aggressione turca su Afrin”, tramite l’agenzia di stampa Sana.
Nel frattempo Assad e i suoi alleati stanno conducendo un'imponente offensiva nella provincia di Idlib per riprendere il controllo della città di Abu Al-Duhur.
Chi pensava che la guerra in Siria fosse finita con la sconfitta dell'Isis deve ricredersi: ora che il Califfato si è disgregato, tutte le parti temporaneamente alleate per combatterlo si stanno fronteggiando per determinare il futuro della Siria e con essa di tutto il Medio Oriente.

Predominant ethnic and genetic groups by region in Europe



A livello genetico, si sono considerati gli aplogruppi del cromosoma Y, che indica l'ascendenza patrilineare, secondo gli studi della genetica delle popolazioni. L'Europa occidentale mostra una prevalenza dell' Y-aplogruppo R1b, a sua volta suddiviso in varie sub-cladi, tra cui:

U106 corrispondente alle popolazioni di lingua germanica
U152 corrispondente alle popolazioni di lingua italo-celtica (RZ36 indica i Galli alpini)
L21 corrispondente alle popolazioni di lingua celtico-atlantica e insulare
DF27 corrispondenti alle popolazioni di lingua iberica (considerata pre-indoeuropea)


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sabato 20 gennaio 2018

Flag of the Globalization Empire

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Satira e caricature

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My my how we have changed our tune!

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E per dimostrare che apprezzo la satira anche da chi la pensa diversamente, inserisco questa meme

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LMS ossia Look Money Status : la teoria dell'attrazione nell'era digitale (e come confutarla)

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Secondo questa teoria il grado di attrazione è determinato quasi esclusivamente dall'aspetto fisico (look), dalla ricchezza (money) e dalla fama o prestigio sociale (status).
Il resto, che per lo più si basa su elementi del carattere o della personalità come per esempio sicurezza di sé, abilità, esperienza, cultura, ironia, etica, buone maniere, mistero, solo per fare alcuni esempi, avrebbe un ruolo minimo, soprattutto se si tratta di attrarre persone che a loro volta hanno un LSM elevato.

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Può sembrare una teoria ovvia: se sei bello, ricco e famoso, allora sei necessariamente irresistibile e tenderai a fare coppia con una persona che sia altrettanto irresistibile, generando poi altri eredi ad altissimo livello di LSM.
In teoria dovrebbe funzionare, nella pratica non sempre, e basta un controesempio per invalidare una teoria. Ma prima di fare alcuni controesempi, è necessaria una premessa.
Ciò che potrebbe emergere, se la teoria LSM fosse vera, sarebbe l'idea sostanzialmente elitaria e "aristocratica" (e potremmo dire quasi eugenica) di una casta di individui che hanno ricevuto dalla sorte una dotazione iniziale vantaggiosa e costoro finiranno per mettersi insieme con persone altrettanto privilegiate, creando di fatto, per selezione naturale, una sempre più dotata specie di superuomini e superdonne, mentre gli "inferiori" (di fantozziana memoria) dovranno accontentarsi di stare insieme ai loro simili "subumani".
Concretamente però è difficile trovare esempi perfetti.
Un primo dubbio nel discorso lo si può notare anche nelle coppie apparentemente più valide.
Nel caso della coppia formata dalla top model Olivia Palermo e dal collega e marito Johannes Huebl il livello di LSM è per entrambi molto elevato, ma potrebbe essere contato molto di più il fatto di essere colleghi di lavoro e di aver trovato una sintonia caratteriale.
Perché poi non basta l'attrazione reciproca per far nascere una relazione che duri più di due settimane.
Sospendiamo comunque il dubbio e continuiamo con gli esempi.
Prendiamo la coppia composta da Michelle Hunziker e Tomaso Trussardi.

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Lui ha avuto dalla sorte una dotazione molto elevata di LSM (bellezza, soldi e prestigio sociale). La Hunziker ha avuto inizialmente a suo favore il look, ma è riuscita a conquistare anche gli altri due requisiti passando attraverso un matrimonio preliminare che la introducesse nel "gran mondo" e le permettesse di diventare, anche per merito della sua personalità, una star del mondo televisivo e dello spettacolo di conquistare dunque anche denaro e fama.
La coppia Hunziker-Trussardi, insomma, ha necessitato, come premessa, della precedente coppia Hunziker-Ramazzotti, dove lei aveva alto solo il look e lui aveva alti solo (si fa per dire) il denaro e la fama. Questo ci mostra che l'attrazione può scattare anche in presenza di un solo requisito.
In un certo senso si potrebbe correggere la teoria dicendo che è sufficiente avere alto uno dei tre elementi (look, money and status) per ottenere un alto livello di attrazione, che può a sua volta alimentare sia status che ricchezza.
La coppia Ferragni - Fedez si può spiegare in questi termini, nel senso che indubbiamente la componente Money and Status si è moltiplicata (soprattutto per lei) con la loro relazione, a tal punto da far sorgere il dubbio che la cosa sia nata da esigenze di marketing del team Ferragni, il che getterebbe un'ombra di squallore su un panorama già di per sé non particolarmente esaltante.
Ma anche formulata così, la teoria LSM può essere confutata con dei controesempi.
Facciamone uno piuttosto famoso e cioè i Beckham.
David Beckham e Victoria Adams fanno scricchiolare la teoria LSM.

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Beckham, altamente dotato di LSM, avrebbe potuto ambire ad una moglie decisamente più bella di Victoria, che anche da giovane non è mai stata un gran che. E non si può certo dire che l'abbia sposata per soldi (non ne aveva bisogno) o per il prestigio di lei (all'epoca era una cantante di livello piuttosto mediocre). Dunque dev'essere stata la personalità "posh" (elegante snob) ad aver giocato un ruolo decisivo.
Questo fatto rivoluziona del tutto la teoria, imponendo la presenza di un quarto fattore, la Personalità, che è la somma dell'Indole (tendenze presenti fin dalla nascita) e del Carattere (insieme dei comportamenti appresi dal contesto).
Solo in questo caso possiamo spiegare alcune coppie di enorme successo, ma di incerta nascita, come quella composta da Maurizio Costanzo e Maria De Filippi. Possiamo di certo ammettere che Costanzo fosse "attraente" in quanto ricco, famoso e potente, ma per spiegare come mai si sia innamorato di una donna che all'epoca non era né bella (non lo è mai stata), né ricca, né famosa dobbiamo ricorrere al fattore Personalità.  E' evidente che Maria De Filippi ha mostrato di avere una personalità ferrea che poi si è imposta in tutti i programmi televisivi che ha condotto.
Tre ultimi esempi possono essere interessanti.
Prendiamo tre soggetti maschili che hanno elevato al massimo il fattore S e il fattore M e cioè il principe Carlo d'Inghilterra, il principe Harry e il loro pro-prozio, Edoardo VIII, duca di Windsor.
Nel caso di Carlo e Diana, il fattore Personalità ha inciso e portato alla catastrofe: si trattava di due personalità oppose e anche tutti i soldi del mondo e la fama del mondo non sono bastati ad evitare l'esito drammatico.
Nel caso di Harry e Megan Marple è chiaro che è stata determinante in positivo la Personalità di lei, e persino la maggiore età e l'esperienza, tanto che potremmo dire che Harry cercasse più una "mamma" che una moglie (non ha mai superato il trauma della tragica morte della Principessa del Galles).
Ma il caso più macroscopico di attrazione dovuta alla Personalità è quello di Wallis Simpson, la quale ha, pur non essendo né bella, né inizialmente ricca o famosa, è riuscita ad attrarre tre mariti, l'ultimo dei quali ha rinunciato al trono del Regno Unito e dell'Impero Britannico pur di sposarla.


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giovedì 18 gennaio 2018

Vite quasi parallele. Capitolo 106. Se una notte d'inverno un viaggiatore...

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In una gelida notte di gennaio del 2012, ad un'ora da lupi, il campanello di casa Monterovere squillò mettendo tutti in allarme.
Ma non si trattava di un malintenzionato o di un ambasciatore foriero di funeste notizie.
Era lo zio Lorenzo che, tornato il giorno prima da un misterioso viaggio all'estero, aveva appena appreso della morte di Diana Orsini.
Quando Riccardo lo ricevette, i suoi genitori si erano già ritirati nelle loro stanze per riposare, per cui Lorenzo sentì di poter parlare apertamente:
<<Ora che, a tutti gli effetti, sei diventato l'erede morale dei Monterovere e degli Orsini, è tempo che io e te affrontiamo un discorso molto serio riguardo al tuo futuro>>
Riccardo rimase di stucco:
<<Io non sono l'erede di niente. Primo perché i miei genitori sono vivi e vegeti e spero che lo rimangano per molto tempo ancora. E secondo perché non è rimasto gran che da ereditare, ormai: solo debiti!>>
Lorenzo sorrise furbescamente:
<<E' proprio per questo che hai bisogno del mio aiuto>>
Al nipote non piacque quel tono troppo perentorio, ma a livello pratico dovette convenire che era vero:
<<Be', io sono ancora frastornato dagli eventi...>>
Lo zio tagliò corto:
<<Quest'anno compirai 37 anni, dico bene? E non hai combinato gran che, fino adesso, o mi sbaglio?>>
Riccardo sospirò:
<<Quando assumi questo tono mi ricordi la non compianta prozia Anita>>
Lorenzo alzo gli occhi al cielo:
<<Dio ce ne scampi! Ma tu, mio caro ragazzo, non puoi seppellirti vivo qui a fare da badante ai tuoi>>
Riccardo sospirò:
<<I miei hanno bisogno di assistenza a tempo pieno e attualmente le nostre finanze non sono... come dire... adeguate...>>
Lorenzo scrollò le spalle:
<<A questo ci penso io! Manderò una persona di mia fiducia a prendersi cura dei tuoi genitori, a mie spese, perché grazie al cielo me lo posso permettere, e tu tornerai a Bologna, ti prenderai questa stramaledetta terza laurea e finalmente potrai fare il Dottorato di Ricerca in Germania>>
Riccardo sgranò gli occhi:
<<In Germania?>>
Lorenzo lo fissò con i suoi occhi grigi e glaciali:
<<All'Università di Heidelberg, dove io stesso ho conseguito il Dottorato>>
In circostanze normali Riccardo avrebbe cacciato lo zio a pedate, ma in quel momento l'appoggio di Lorenzo era l'ultima ancora di salvezza che avrebbe potuto salvare i Monterovere dalla rovina finanziaria:
<<Ma, zio... non posso certo andare all'estero per due anni lasciando i miei in queste condizioni. E comunque a Bologna ci sono ottimi dottorati più vicini al mio campo di studi...>>
Lo zio assunse un'aria grave:
<<Sciocchezze! Queste sono tutte scuse per giustificare la tua pigrizia, il tuo provincialismo, la tua mancanza di ambizione. Ma tu sei l'ultimo dei Monterovere, e se vuoi essere il mio erede devi assumerti le tue responsabilità! In caso contrario, finirai la tua carriera come insegnante di ragazzotti stupidi, e sarai comunque un pessimo esempio per tutti loro>>
Riccardo si infuriò:
<<Preferisco diventare un normale insegnante, piuttosto che il tuo schiavo!>>
Lorenzo parve divertito:
<<Oh, avanti, non essere permaloso! Volevo solo scrollarti di dosso la tua apatia, la tua tendenza all'autocommiserazione. Sei troppo giovane per passare il tuo tempo a lamentarti su come la vita sia stata ingiusta nei tuoi confronti. La vita è ingiusta per definizione, e il tuo caro padre provvedeva continuamente a ricordarmelo, quando eravamo ragazzi e mi prendeva in giro per i miei presunti modi effeminati>>
Riccardo era al limite della pazienza:
<<E adesso hai avuto la tua rivincita su di lui, vero? E vorresti anche "rubargli" suo figlio!>>
Lo zio scrollò le spalle:
<<Sto solo cercando di aiutarti. O preferisci passare i prossimi quindici anni facendo il badante, per poi ritrovarti disoccupato a cinquant'anni?
Io ti sto offrendo una grande opportunità e credimi se ti dico che questo, per te, potrebbe essere l'ultimo treno.
Hai un curriculum disastroso, ma io posso fornirti l'occasione per mettere a frutto i tuoi talenti e diventare ciò per cui sei nato: un grande accademico, intellettuale e scrittore.
Riguardo al Dottorato, ne riparleremo dopo che avrai preso la tua terza laurea. 
Per il momento è sufficiente che tu torni a Bologna e che ti laurei il prima possibile.
A tutto il resto ci penserò io>>


lunedì 15 gennaio 2018

Vite quasi parallele. Capitolo 105. L'inverno del nostro scontento

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Il 2011 era stato difficile per tutti: la crisi dei debiti sovrani aveva fatto calare sull'Europa la scure dell'austerity, e l'Italia ne aveva subito le conseguenze in maniera particolare.
Nel Mediterraneo era tornata la guerra: Libia e Siria erano dilaniate da un conflitto interno destinato a inasprirsi e ad alimentare il terrorismo, le migrazioni, e un clima da nuova guerra fredda tra gli Stati Uniti e la Russia.
Questo scenario desolante rimetteva in discussione tutto ciò che fino a pochi anni prima sembrava scontato, soprattutto riguardo alle grandi tematiche economiche, sociali e geopolitiche.
Riccardo Monterovere, come gran parte degli studenti universitari, aveva una visione teorica e ancora ingenua della realtà, dovuta ad una mancanza di esperienza concreta nei contesti reali dove più si percepivano le conseguenze delle scelte politiche delle classi dirigenti.
Tuttavia gli eventi drammatici che avevano colpito la sua famiglia in quell'annus horribilis lo avevano costretto per la prima volta a confrontarsi con le questioni pratiche di chi ha assunto controvoglia la "reggenza" dell'amministrazione famigliare.
Per quanto potesse contare sul sostegno immediato degli zii e dei cugini, c'erano questioni che Riccardo doveva affrontare da solo.
Gli tornarono alla mente gli anni in cui aveva lavorato in banca e aveva previsto la crisi finanziaria molto prima di tutti gli eminenti economisti cattedratici divenuti poi Presidenti del Consiglio o Governatori della Banche Centrali.
Ora con questa crisi doveva farci nuovamente i conti, perché le cure mediche di cui i suoi genitori avevano assoluto bisogno erano soltanto parzialmente coperte dal servizio sanitario nazionale.
Ma ancora più grave era la questione dell'assistenza.
Francesco e Silvia non erano più autosufficienti: lui, in quanto cardiopatico grave, non doveva fare sforzi di alcun tipo; lei in quanto ipovedente a causa di una maculopatia degenerativa e sofferente di linfoma, necessitava di assistenza nello svolgere le proprie attività e nel recarsi presso le strutture mediche.
Riccardo dunque, col consenso del medico di famiglia, avviò la procedura per richiedere la certificazione dell'invalidità civile dei genitori, al fine di ottenere una indennità di accompagnamento.
Ma dovette fare i conti sia con la burocrazia che con l'austerity.
I tempi furono molto lunghi e l'esito, alla fine, fu scandaloso.
E entrambi venne riconosciuto soltanto il 74% di invalidità, senza esenzioni significative e soprattutto senza indennità di accompagnamento.
Questo fu il primo duro schiaffo che ricevette dalle pubbliche amministrazioni.
A ciò si aggiunse poi una marea di tasse: il nuovo governo Monti aveva pesantemente aumentato le tasse sugli immobili, e questo fu il colpo di grazia non solo per il settore edilizio e immobiliare italiano, ma anche per il già scricchiolante bilancio della famiglia Monterovere, il cui patrimonio era costituito, all'epoca, quasi esclusivamente di beni immobiliari.
Fu anche la rovina definitiva del "feudo" Orsini.
In una delle ultime riunioni familiari, Diana Orsini fece presente che, col nuovo regime di tassazione patrimoniale degli immobili previsto dalla legge finanziaria, non era più possibile far fronte alle spese di manutenzione e di conseguenza era necessario mettere in vendita sia la Villa che i terreni.
L'idea che persino la Villa Orsini, il gioiello di famiglia, dovesse essere venuta, fu un colpo durissimo per tutti.
Diana cercò di minimizzare:
<<Non preoccupatevi. Ci vorrà molto tempo per trovare un acquirente disposto a farsi carico di questo rudere, e nel frattempo io sarò già morta e sepolta>>
Le due figlie che erano rimaste in campagna, e cioè Margherita Spreti e Isabella Zanetti, erano sempre state contrarie alla vendita, ma di fronte all'evidenza dei bilanci, poiché l'aritmetica non è un'opinione, dovettero cedere.
Si respirava un clima di "abdicazione" e di "fine della dinastia", e questo proprio nel momento in cui la matriarca stava morendo.
Il mese di dicembre portò con sé un inverno funesto.
Lo spirito del Natale presente era già di per sé triste, per la malattia di Silvia e Francesco, per i problemi finanziari e per la lontananza di Ilaria, che era partita per l'Erasmus in Grecia, ma la situazione divenne ancora più dolorosa quando, il 27 dicembre, giunse da Casemurate una notizia che Riccardo non avrebbe mai voluto sentire: sua nonna Diana Orsini si era spenta nel sonno alle 7 del mattino, vegliata dalle figlie Isabella e Margherita.
La veglia funebre fu uno strazio, alleviato soltanto dall'affetto degli abitanti di Casemurate, che vennero numerosi per un estremo saluto alla loro ultima Contessa.
I funerali, nel rispetto delle disposizioni che Diana stessa aveva dato, si svolsero in maniera molto sobria.
Questa grande donna, che con la sua personalità aveva fatto fronte per quasi un secolo a tutti gli eventi della vita e della storia, proteggendo la comunità locale e la propria famiglia, se ne andò in punta di piedi, con la leggerezza di una piuma fluttuante nel cielo.

domenica 14 gennaio 2018

Vite quasi parallele. Capitolo 104. L'ultima estate


Diana Orsini compì 98 anni il 30 giugno del 2011, ma non fu un compleanno felice. 
Per la prima volta la famiglia non era riunita al completo.
Sua figlia Silvia era in ospedale, dopo un delicato intervento di rimozione di un cancro al colon. 
Il tumore era fortunatamente circoscritto, ma dalla biopsia ai linfonodi erano emerse alcune anomalie che facevano ipotizzare la presenza di un principio di linfoma non Hodkin.
Per questo si rendeva necessario, in settembre, un ulteriore intervento per rimuovere alcuni noduli alla tiroide e altri linfonodi . Nel frattempo Francesco era tornato a casa dalla clinica dove era stato operato al cuore e all'aorta, ma continuava a soffrire di aritmie e fibrillazioni, che lo costringevano a una vita di assoluto riposo.
Riccardo faceva la spola tra casa e ospedale per assistere i genitori malati, e per questo aveva sospeso gli studi e non vedeva da un po' la fidanzata Ilaria.
L'estate era arrivata quasi di soppiatto, senza che nessuno, in famiglia, se ne accorgesse realmente.
Diana, oltre che oppressa dal peso degli anni e delle preoccupazioni, era a sua volta malata: alcune ischemie cerebrali avevano compromesso la deambulazione e le era stato diagnosticato, per una infausta combinazione di fatalità e genetica, lo stesso tipo di tumore maligno di sua figlia, nello stesso identico punto, ma nel suo caso l'operazione non era possibile, data l'età, e nemmeno la chemioterapia.
Quando Riccardo l'andò a trovare nella fatiscente villa di Casemurate, la trovò particolarmente stanca e fragile.
Dopo aver chiesto al nipote come stavano i genitori di lui, Diana sospirò e scosse la testa:
<<Non riesco a darmi pace per quello che è successo ai tuoi genitori, che sono le persone più buone del mondo, e per come la sorte si è accanita sulla nostra famiglia.
Prima i miei fratelli e le mie sorelle, poi mio padre e mio marito, adesso mia figlia e mio genero. E' passata una vita da quando persi prematuramente i miei primi familiari, ma penso a loro ogni giorno.
Tutti quelli della mia generazione, parenti, amici, persone che conoscevo, che amavo, sono morti, uno dopo l'altro. 
E io invece sono ancora qui, e continuo ad andare avanti, e avanti, e avanti... per cosa?
Quando ero giovane non avevo paura della morte, anzi, la vedevo come una liberazione, a volte speravo di addormentarmi e non svegliarmi più.
Poi qualcosa è cambiato.
Ho trovato delle ragioni di vita nelle mie figlie, nei miei nipoti, nei miei pronipoti, e così, alla fine, ad ogni compleanno, sotto sotto, ero contenta di esserci ancora, perché dopo tanta sofferenza, speravo che la sorte ci desse una tregua. 
E invece no.
Che senso ha vivere 98 anni per poi assistere a cose che non avresti mai voluto vedere? 
E' possibile vivere troppo a lungo? Vivere, mentre le persone che ami soffrono e il tuo corpo si rattrappisce e si disfa come un osceno cadavere esposto in un reliquiario per l'adorazione di qualche bigotto. Non ha senso. 
Eppure adesso che la mia ora è vicina, mi aggrappo alla vita con ogni respiro.>>
Riccardo le prese la mano, ormai nodosa e piena di macchie:
<<Io ho ancora bisogno di te. Anzi, ora più che mai ho bisogno di te, dei tuoi consigli, della tua saggezza, del tuo sostegno. Sei sempre stata la mia roccia. In ogni momento difficile, ho sempre saputo che qui, a Casemurate, nella casa della mia infanzia, potevo contare su di te. Anche nelle circostanze più oscure, mi bastava sapere che tu eri qui, e che ti avrei trovata nel salotto o nel giardino, pronta a soccorrermi. Lo so, è molto egoista da parte mia dire questo, ora che sei tu ad aver bisogno di sostegno>>
Lei lo osservò con quegli occhi ormai divenuti piccoli, infossati, opachi, privi della luce che li aveva per tanto tempo accompagnati:
<<Non avere paura. In te c'è più forza di quanto tu stesso non creda. E' una forza diversa da quella degli sbruffoni che si mettono sul piedistallo, o da quella dei duri inflessibili, tanto incapaci di piegarsi che alla fine si spezzano. La tua forza è nella capacità di sopravvivere anche nelle condizioni più avverse. Riconosco quella forza, perché è la stessa che, nel bene o nel male, mi ha permesso di arrivare fino a qui, di sopravvivere per quasi un secolo... 
E che secolo! 
Ho visto così tante atrocità che non riesco più a dormire senza incubi... eppure ho tirato avanti, per la mia famiglia, ma anche per un'assurda e incomprensibile curiosità riguardo al futuro. 
Il mondo è cambiato così tanto... 
E' naturale che sia così. Tutto cambia, tranne il ricordo.
Non sempre le cose sono cambiate in meglio, ma almeno ci sono stati progressi nella medicina: i tuoi genitori potranno riprendersi ed essere curati con un'efficacia che fino a pochi anni fa era impensabile. 
Cerca di vederla così: se loro sono vivi e stanno meglio, è perché, nonostante tutto, questi sono tempi migliori rispetto a quelli in cui io avevo la tua età>>
Il nipote annuì:
<<Sono d'accordo, e confido nel fatto che possano migliorare, o almeno tenere a bada la loro malattia, ma non torneranno mai come prima. Niente tornerà come prima.
Sono così fragili. Si appoggiano a me, ma io non so cosa fare. 
Non mi sento pronto per gestire questa situazione, per assumermi queste responsabilità.  
E' accaduto tutto troppo presto e troppo in fretta. 
Speravo che mi fosse concesso più tempo...>>
Lei annuì a sua volta:
<<Lo speravo anch'io, ma il destino ha voluto diversamente e tutto ciò che possiamo decidere è come disporre del tempo che ci è dato>>
Riccardo pensava alla sua amata, che era lontana:
<<Avrei voluto trascorrere l'estate con Ilaria, prima che partisse per l'Erasmus>>
<<Perché non la inviti qui?>>
<<Non voglio che assista a tutto questo dolore. Lei è così giovane...>>
Diana corrugò la fronte:
<<Capisco che tu voglia proteggerla dalla sofferenza, e potrei anche considerare questa tua rinuncia come una buona azione, ma in base alla mia esperienza so che nessuna buona azione resta impunita.
 Intendo dire che, se hai bisogno di aiuto, non devi aver paura di chiederlo, altrimenti le persone possono farsi un'idea sbagliata di te, come se tu le volessi tenere a distanza>>
Lui rimase scosso da quell'affermazione:
<<E' questa l'idea di me che trasmetto agli altri?>>
Lei lo fissò:
<<A volte sì. Le persone sanno che tu hai molti interessi, che riesci a passare il tuo tempo senza bisogno di gente tra i piedi, e così, a volte, gli altri si sentono come... come se non fossero all'altezza... >>
Riccardo negò vigorosamente:
<<All'altezza di cosa?>>
Diana rispose scandendo le parole:
<<All'altezza delle tue aspettative, che sono molto alte. Troppo alte. Ed è questa l'origine di tutti i mali!
Ho commesso anch'io questo errore, soprattutto con tuo nonno. 
Lui mi amava, a modo suo, nella sua maniera ruspante, ma mi amava. Io però pretendevo di più. Volevo che fosse più raffinato, più colto, più sensibile... e l'ho tenuto a distanza per tutta la vita. 
Solo dopo, quando era troppo tardi, mi sono resa conto del mio errore. 
Per questo ti prego di ascoltare l'ultimo consiglio della tua vecchia nonna: se senti che Ilaria è la donna della tua vita, e ritieni che il suo sentimento sia sincero, non lasciare che le circostanze la allontanino da te>>
Lui era combattuto:
<<Rifletterò su quello che hai detto. Ma per il momento la priorità sono i miei genitori e la mia famiglia>>
Lei scosse il capo:
<<Ma anche lei è la tua famiglia! La tua futura famiglia!>>
Quest'idea gli sembrava del tutto prematura e fuori luogo:
<<Sì, ma non voglio che ci veda in queste condizioni... Lei ha dei genitori giovani, nonni che sono più giovani dei miei genitori... non è ancora pronta per affrontare una situazione di questo tipo>>
Diana non era convinta:
<<Lo sarebbe, se tu fossi meno protettivo nei suoi confronti. 
Comunque, non intendo insistere. Ma devi promettermi una cosa: non appena tua madre starà meglio, tornerai a Bologna e riprenderai la tua vita. 
Voglio che tu ti senta libero da ogni vincolo, da ogni catena che ti lega a questi luoghi>>
Riccardo accennò un lieve assenso, poco convinto:
<<Sì>>
Lei allora gli prese le mani e le strinse:
<<Guardami... guardami negli occhi! 
Questa è la mia ultima estate... io sono il passato, e a nome del passato ti dico che d'ora in poi devi guardare avanti. Qui ci sono solo macerie, solo rovine>> indicò la casa cadente e il giardino ormai inselvatichito <<Tutto questo è un mio fardello, e morirà con me. 
Io ho immolato me stessa sull'altare di questo "feudo", per tenere in vita qualcosa che era già agonizzante prima che nascessi.
Ho lasciato che il passato contasse di più del presente.  Non voglio che tu commetta lo stesso errore. 
Questo luogo, questa casa, io stessa... stiamo svanendo, come l'Isola delle Fate. 
E' l'andare delle cose.
E' vano opporsi. 
Ma questo giardino, questa casa, e tutti noi che ci siamo vissuti... tutti noi continueremo ad esistere dentro di te ed è lì che ci ritroverai, nel tuo ricordo, e allora scoprirai che non siamo mai andati via>>

venerdì 12 gennaio 2018

Vite quasi parallele. Capitolo 103. Annus horribilis

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Il 2011 fu l'anno peggiore di sempre per tutti i componenti della famiglia Monterovere-Ricci-Orsini: eventi tragici, crudeli e luttuosi devastarono la vita di ognuno di loro e segnarono di conseguenza uno spartiacque definitivo anche in quella di Riccardo.
La maggior parte di noi crede che le persone che amiamo siano eterne, o quantomeno destinate ad accompagnarci per lunghissimo tempo, sostenendoci sempre nelle asprezze della vita.
Purtroppo non sempre è così.
Le persone invecchiano, si ammalano, si indeboliscono e giorno dopo giorno la loro luce si affievolisce, senza che noi riusciamo ad accorgercene, finché un evento più eclatante non ci costringe a guardare in faccia la realtà.
Quando poi questi eventi sono più di uno, e addirittura si concentrano nello stesso anno, a breve distanza l'uno dall'altro, ogni equilibrio, anche il più saldo, viene messo a dura prova e può vacillare. Quasi tutte le certezze crollano e resta soltanto un grande senso di precarietà.
E' difficile dare conto di tutto questo senza cadere in toni melodrammatici, o al contrario, senza assumere lo stile di una cartella clinica, e dunque chiediamo perdono al lettore se avrà quest'impressione.
Il 31 marzo, mentre si trovava a Bologna, Riccardo ricevette una telefonata che segnò l'inizio di tutto il dolore che stava per abbattersi su di lui e sulla sua famiglia.
Suo padre, Francesco Monterovere, era stato ricoverato d'urgenza per un forte dolore al petto. L'angiotac aveva rilevato un'emorragia interna al pericardio, dovuta ad una dissezione dell'aneurisma all'aorta ascendente, oltre ad un malfunzionamento della valvola aortica.
Era necessario un immediato intervento a cuore aperto, per l'applicazione di due protesi, una al tratto aortico ascendente e un'altra alla valvola.
Questo tipo di operazione, quando avviene d'urgenza, con un'emorragia in atto e uno scompenso cardiaco grave, è estremamente delicata e rischiosa. Per rendere almeno un'idea di questo rischio, basti pensare che, durante un intervento a cuore aperto, la circolazione sanguigna deve essere garantita dall'esterno, per mezzo di una pompa artificiale, mentre il cuore (in condizione di arresto temporaneo) viene sollevato e sottoposto al trapianto delle zone compromesse.
Data la delicatezza della situazione, questi interventi avvengono in strutture private specializzate e convenzionate col servizio pubblico.
Il paziente venne dunque trasportato in una di queste cliniche e portato immediatamente in sala operatoria.
L'intervento durò sei ore, ma ci vollero due giorni prima che Francesco fosse dichiarato fuori pericolo.
Il protocollo della terapia intensiva nelle cliniche specializzate è molto restrittivo, per cui solo un parente viene ammesso alle visite, seguendo una procedura di sterilizzazione molto complessa. Silvia stette il più possibile accanto al marito, che ancora era sotto profonda sedazione.
Riccardo passò quei giorni trascinandosi su e giù per i corridoi della clinica, nell'attesa di una qualche notizia. Era la prima volta che si trovava in una simile condizione, e purtroppo fu la prima di una lunga serie. In quei momenti apprese una triste verità, e cioè che nessuno può dire di aver conosciuto realmente l'angoscia se non è mai stato ore ed ore nelle anticamere di una sala operatoria, nell'attesa di sapere se un proprio caro riuscirà a sopravvivere.
Ma siccome al peggio non c'è mai fine e le disgrazie non vengono mai sole, un nuovo incubo era alle porte.
Mentre Francesco era ancora in convalescenza, il 10 aprile Silvia si sentì male: forti dolori addominali, nausea e una gran debolezza. All'inizio pensò che fosse solo una conseguenza dello stress, ma il secondo giorno i sintomi divennero più intensi e dovette farsi visitare. 
I medici le prescrissero una serie di esami dai quali risultò un quadro molto serio: c'era un tumore maligno al colon e bisognava operare immediatamente.


mercoledì 10 gennaio 2018

Vite quasi parallele. Capitolo 102. Il bel tempo andato

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Come disse Francesca da Rimini: "Nessun maggior dolore che ricordarsi del tempo felice ne la miseria", perché la felicità passata non è più felicità, mentre il dolore passato è ancora dolore e si somma a quello presente.
Per questo, nel ricordare il bel tempo andato, e in particolar modo il periodo tra la primavera del 2008 e l'inverno del 2010, Riccardo non poteva fare a meno di sentire un profondo senso di mancanza.
Mancanza per chi non c'era più, o per chi c'era ancora ma lontano, o era cambiato o era irraggiungibile.
Mancanza, dunque...
Ma quei due anni, ah, quei due anni! Tutto ciò che lui e Ilaria avevano fatto insieme! Tutte le esperienze condivise, tutti i loro viaggi in Inghilterra (da Londra a Windsor fino ai luoghi arturiani e celtici), in Francia (fino alla foresta di Broceliande e alla tomba di Merlino), in Germania (la Selva Nera e i viaggi in canoa lungo il Reno), in Scozia (a Rosslyn), in Grecia, e poi gli studi universitari e le loro letture comuni... tutto questo e molto altro ancora, ogni volta che tornavano alla memoria di lui nei decenni plumbei che vennero dopo, continuavano a suscitargli nella mente, nel cuore e nella voce un'esclamazione: "Quelli sì che erano tempi!"
Tutto ciò che era stato caratteristico di quel periodo, soprattutto prima dell'inverno 2010, comprese le mode, le vicende mondane, persino gli eventi più marginali, i dettagli in apparenza meno rilevanti, tutto era destinato a persistere nel ricordo e a sembrargli migliore di ciò che venne dopo.
E la consapevolezza che certe cose non tornano più, e non bisogna pensarci troppo, e concentrarsi sul qui ed ora, non riuscì mai a porre un argine alla nostalgia e al rimpianto.
Forse solo con il racconto ci si può liberare dai propri fantasmi.
In quegli anni Riccardo apprese molte cose grazie a Ilaria.
Lei gli insegnò a conoscere ed apprezzare la letteratura francese dell'Ottocento e del primo Novecento, in particolare la narrativa, poiché anche Ilaria era una grande lettrice.
Stendhal, Balzac, Flaubert, Zola, Huysmans, Proust, Gide, Marguerite Yourcenar, Simone De Beauvoir, Sartre, Camus, Céline, solo per fare i nomi più famosi, furono sviscerati con la stessa attenzione che in passato era stata destinata agli autori della letteratura inglese, tedesca e russa.
Riccardo ed Ilaria potevano stare interi pomeriggi a parlare dei romanzi che leggevano, confrontando le proprie opinioni e nel contempo scambiandosi tenerezze e gesti di dolce intimità.
Se da qualche parte esistesse un paradiso, sarebbe simile a quello che loro vissero in quei momenti.
Il biennio 2008-2010 fu, per Riccardo Monterovere, la sua personale Belle Epoque, la sua Golden Age, il suo Bel Tempo Andato, condiviso con colei che era, secondo le sue stesse parole "l'altra parte di me, la parte migliore", la sua Ninfa Egeria, la Signora del suo cuore.
Ilaria Mantovani era tutto questo e molto di più, e dal momento che era andata a convivere con lui nell'appartamento di via Mascarella, era diventata, agli occhi di tutti i loro compagni di corso, e questa volta senza ironia, ma con un briciolo di invidia, la Duchessa di Mascarel.
Questo soprannome le derivava anche dal fatto che Riccardo la adorava allo stesso modo in cui il Duca di Windsor, Edoardo VIII, aveva adorato Wallis Simpson, la sua Duchessa, per la quale aveva rinunciato alla corona del Regno Unito e dell'Impero Britannico.
Tutti coloro che erano invitati a partecipare ai tè delle 5 a "Mascarel Palace" rimanevano meravigliati dal clima romantico e romanzesco che si respirava in quel centro di ritrovo delle giovani promesse dell'Università di Bologna, specialmente di quel cenacolo ristretto che si era creato intorno allo zio di Riccardo, il professor Lorenzo Monterovere, i cui seguaci si erano autoproclamati "I Laurenziani", ma di questo si parlerà in seguito, perché alcuni di loro ebbero un ruolo nella crisi degli anni successivi.
Ma in quel momento, su di loro, "nemmeno una nuvola" oscurava il cielo.
La loro vita bolognese era completamente separata da tutto il resto.
Avevano deciso, di comune accordo, ognuno per ragioni personali più o meno valide, di tenere per il momento fuori dal gioco le rispettive famiglie e tutto quello che era il loro mondo di origine.
Anche lei aveva un passato che preferiva lasciarsi alle spalle, e una famiglia piuttosto complessa dalla quale stava cercando di affrancarsi.
Fu così possibile, per Riccardo, continuare a nascondere molti aspetti imbarazzanti del suo passato, soprattutto per quanto riguardava il famigerato periodo milanese.
Intanto la vita universitaria dei due innamorati proseguiva.
Fino all'anno accademico 2007/2008 seguirono e prepararono insieme la maggioranza degli esami, poi però le loro strade accademiche si divisero, perché lui si stava laureando in Storia e lei in Lettere Classiche.
Oltre a due tesi di laurea molto diverse, incominciarono quindi, nell'anno accademico 2009/10, a frequentare insegnamenti diversi, a preparare esami differenti e inevitabilmente a conoscere altre persone.
E fu qui che incominciarono i problemi destinati poi a diventare evidenti durante il Biennio della Laurea Specialistica o Magistrale, che per Riccardo fu in Filologia italiana e letterature moderne (e fu la sua terza laurea), mentre per Ilaria fu in Filologia classica e letterature antiche.
Come si vedrà in seguito, i problemi derivanti da questa divergenza di esperienze formative (con un particolare riferimento all'esperienza Erasmus di Ilaria in Grecia e Anatolia) non sarebbero stati di per sé sufficienti a creare una vera e propria crisi nel rapporto di coppia tra Ilaria e Riccardo.
A incrinare in maniera sempre più grave la loro così profonda intesa fu il concatenarsi, nello stesso momento, nell' "annus horribilis" 2011, di una serie di eventi drammatici, tragici e laceranti, destinati a sconvolgere, in maniera totale e quasi fatale, l'equilibrio psicologico di entrambi.
E di questo dovremo dare conto nei prossimi capitoli.
Una cosa sola deve essere chiara fin d'ora: per Riccardo il meglio era passato.

martedì 9 gennaio 2018

Vite quasi parallele. Capitolo 101. Diana Orsini diventa bisnonna

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Nel 2008, all'età di 95 anni, Diana Orsini vide coronato uno dei suoi più grandi desideri, per il quale aveva atteso tanto, e cioè quello di diventare bisnonna. 
In febbraio era infatti nata Beatrice, la figlia di suo nipote Alessio e della moglie di quest'ultimo, Rebecca.
Si trattò di un evento gioioso, perché la piccola Bea fu come un raggio di sole dopo una lunga tempesta.
Portò, in quella famiglia così bersagliata dalla sorte avversa, una ventata di allegria, di spontanea e limpida felicità, col quale tenne fede al suo stesso nome: "portatrice di beatitudine".
E se non fosse stato per l'innata e dirompente volontà di vita e di rinnovamento che Beatrice portò con sé, sarebbe stato molto difficile, per il clan Ricci-Orsini e le famiglie ad esso collegate, riuscire a superare le dure prove che ancora li attendevano.
La nascita e la crescita di Beatrice fu per tutti una grande benedizione, e in particolare per Diana, che, osservando la pronipote e giocando con lei, sentì che tutte le sofferenze del passato erano valse la pena di essere sopportate, se il risultato era quello della venuta al mondo di un così dolce e adorabile angelo.
Diana e tutta la sua famiglia potevano finalmente guardare al futuro con la speranza che qualcosa di buono e di bello sarebbe sopravvissuto a tutti loro e ne avrebbe conservato il ricordo.
Da quel momento in avanti i compleanni della piccola Bea e le festività tradizionali vennero vissute, in famiglia, con animo più sereno, nonostante le tribolazioni che ognuno dei singoli membri si trovò a dover affrontare.
Poiché Alessio era figlio unico, i suoi cugini Fabrizio e Riccardo, a loro volta figli unici, divennero gli "zii" di Beatrice e ne furono onorati e felici.
In particolare tra Riccardo e la piccola Bea si creò un rapporto di complicità incredibile, poiché la nipotina aveva intuito fin da subito che quello zio così stravagante e misterioso, che viveva lontano, ma tornava sempre per le feste e trascorreva con lei, a Cervia, tutta l'estate, aveva dentro di sé ancora vivissimo "il bambino della campagna", che poi era il nucleo più sano e positivo della sua personalità.
E così poteva capitare che, in quella specie di mausoleo che era diventata la Villa Orsini, si sentissero improvvisamente schiamazzi e risate, specie quando Diana, Riccardo e Beatrice guardavano insieme qualche film di Walt Disney e poi giocavano con le bambole delle Principesse Disney che la bisnonna e lo zio regalavano alla nipotina.
E non era un caso che tre persone di età così diversa riuscissero ad andare perfettamente d'accordo.
C'era infatti qualcosa di molto profondo che li accomunava: era l'amore sviscerato per la campagna, la natura selvaggia, gli animali, i fiumi, le piante, i fiori e tutta quella bellezza di cui il parco di Villa Orsini era ancora custode.
Diana sorrideva nelle foto di quegli anni, pur sapendo che quell'idillio non sarebbe potuto durare.
E questo non solo per la sua tarda età e le sue malattie, ma anche perché la situazione finanziaria del Feudo Orsini era estremamente precaria e aggravata dalla crisi economica mondiale e dal crollo delle borse del settembre 2008, con l'esplosione della più grande bolla speculativa di tutti i tempi.
Ma di tutto ciò si parlerà più avanti.
In questo capitolo abbiamo voluto dar conto soltanto degli eventi positivi, quelli che rendono sopportabile la vita.
C'è un tempo per tutte le cose, persino per la felicità, ogni tanto.

lunedì 8 gennaio 2018

Vite quasi parallele. Capitolo 100. Galeotto fu Dante

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L'esame di Letteratura Italiana si avvicinava e Ilaria e Riccardo decisero di prepararlo insieme, almeno per quel che riguardava la parte scritta. I titoli dei temi infatti erano sempre così suddivisi: uno su Dante, uno su un periodo della storia della letteratura e un altro sull'analisi di un testo poetico o in prosa.
Per non far arrabbiare le amiche, Ilaria ripassava con loro la storia della letteratura e le analisi testuali, mentre con Riccardo preparava la Divina Commedia e tutte le altre opere di Dante, i cui testi andavano portati integralmente all'esame.
Entrambi amavano molto il Sommo Poeta fiorentino, e ne conoscevano svariati passi a memoria.
Riccardo, oltre ai passi della Divina Commedia, aveva memorizzato anche i sonetti della Vita Nova, e in particolare quello divenuto uno dei testi più famosi della letteratura italiana e mondiale e cioè Tanto gentile e tanto onesta pare.
Poteva essere l'occasione giusta per creare un'atmosfera romantica, cortese e cavalleresca, com'era l'epoca in cui quel testo fu scritto in lode di Beatrice Portinari.
Si trovavano nell'appartamento di lui, a "Mascarel Palace", nell'intimità del cortile interno privato, sotto un pergolato di rose in fiore (era maggio). 
Sembrava che tutto l'universo cospirasse in loro favore.
Riccardo decise così di recitare questi versi guardando Ilaria negli occhi:

« Tanto gentile e tanto onesta pare
la donna mia, quand'ella altrui saluta,
ch'ogne lingua devèn, tremando, muta,
e li occhi no l'ardiscon di guardare. 

Ella si va, sentendosi laudare,
benignamente d'umiltà vestuta,
e par che sia una cosa venuta
da cielo in terra a miracol mostrare. 

Mostrasi sì piacente a chi la mira
che dà per li occhi una dolcezza al core,
che 'ntender no la può chi no la prova; 

e par che de la sua labbia si mova
un spirito soave pien d'amore,
che va dicendo a l'anima: Sospira»

Per tutto il tempo della declamazione, Riccardo aveva continuato a rivolgersi direttamente a Ilaria e lei aveva sostenuto il suo sguardo, e si era commossa.
A quel punto, essendosi creata un'atmosfera propizia, Riccardo aggiunse:
<<Ci sarebbero altri due o tre versi che mi sono permesso di scrivere pensando a te:

Non celare la luce tua chiara
sotto oscuri moggi, Egeria, ora
che il coro delle Muse ci blandisce,
nello specchio di Fonte sempiterna
dove tardi t'incontrai. Rifiorisce
così la timida speranza che illude
talora i volti degli adolescenti.
M'avvolse la magia in te, e vidi poi
tornare in alto ad ardere le favole.
Ninfa e Fata delle selve bisbiglianti,
che sussurrasti a Numa parole di sapienza,
e incantasti Merlino a Broceliande,
come Venere e Viviana con te porti
perenne giovinezza e rinascenza.
L'inverno ormai passato già si scioglie
al pensiero del tuo volto,
ed il canto intenerisce anche le pietre
che ci gravano sul cuore>>

Lei rimase stupefatta:
<<Ma l'hai scritta davvero tu?>>
Lui si mise una mano sul cuore:
<<Sì, e l'ho scritta per te, pensando a te, perché tu sei... e sarai sempre... la mia ninfa Egeria>>



Ilaria era sorpresa e disorientata, ma nello stesso tempo anche sorridente e felice:
<<Nessuno aveva mai scritto una poesia per me. E soprattutto non una poesia così bella!>>
Riccardo si sedette di fianco a lei:
<<E' quello che provo per te. Volevo che tu lo sapessi>>
Lei lo fissò per qualche istante con i suoi occhi grandi e scuri, continuando a sorridere:
<<Il mio dolcissimo Hogwarts...>>
Con una mano gli scompigliò i capelli e con l'altra gli prese la cravatta in stile Grifondoro e lo attirò a sé.
Si scambiarono il loro primo bacio, e fu per entrambi un'esperienza nuova, perché nelle loro precedenti relazioni non c'era mai stato un così grande romanticismo.
Entrambi si erano preparati bene a quell'evenienza.
La bocca di lei sapeva di fragola e quella di lui sapeva di menta, perché da tempo erano consapevoli che quell'incontro esigeva l'assoluta perfezione sia dei sensi che dei sentimenti.
In quel momento Riccardo provò una gioia così intensa che mai prima aveva conosciuto.
Gli sembrò di aver atteso quel momento per tutta la vita, e tutto ciò che era accaduto prima gli apparve opaco rispetto allo splendore di quel momento.
L'inverno del suo scontento pareva terminato, sotto i raggi di quel sole che brillava davanti a lui.
L'opaca trafila delle cose che si erano succedute fino ad allora aveva ceduto il posto ad un senso di completezza e di condivisione che colorava un universo precedentemente grigio.
C'era una profondissima tenerezza in quel bacio e in quell'abbraccio, un senso di reciproca protezione, di assoluta condivisione, di dolcissima consapevolezza di non essere più soli, di aver trovato qualcuno con cui sentirsi in perfetta sintonia e con cui scambiare tutto quell'amore che per tanto tempo era rimasto nascosto dietro altissime pareti di ghiaccio.
Nessuno dei due aveva dubbi sul fatto di aver avuto la più grande fortuna possibile, ossia aver trovato l'anima gemella.
A nessuno dei due venne in mente, né quel giorno, né nei mesi successivi, quando la loro relazione si consolidò, che l'amore, anche il più grande, non è sufficiente per far funzionare una storia.
C'erano molti argomenti taciuti e molti nodi che ancora non erano venuti al pettine, nelle loro vite.
E infine c'era una considerazione di fondo.
Lei era molto più giovane di lui e anche molto più bella, e più intelligente, e più simpatica e più stabile caratterialmente. Ma questo sarebbe emerso solo molto tempo dopo, e avrebbe messo in evidenza problemi che in un primo momento erano sembrati inconsistenti.
Fu un errore, da parte di Riccardo, l'aver tenuto nascoste le sue debolezze, gran parte del suo passato personale e familiare, e persino la sua vera età?
Forse sì, forse fu un vero peccato.
Ma era davvero un peccato imperdonabile?
Come scrisse un poeta nei tardi anni: 
"D'amore non esistono peccati. Esistono soltanto peccati contro l'amore".
E quelli sì, sono imperdonabili.

domenica 7 gennaio 2018

Vite quasi parallele. Capitolo 99. La trasformazione del Salotto di Silvia Ricci-Orsini e Francesco Monterovere

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C'era stato un tempo in cui il Salotto Buono di Silvia Ricci-Orsini e Francesco Monterovere era il principale "cenacolo" e centro di ritrovo degli intellettuali forlivesi. 
Non che avere il primato a Forlì fosse poi gran cosa, ma come diceva Giulio Cesare (e Silvia ripeteva sempre): <<Preferisco essere primo in un paese, piuttosto che secondo a Roma>> ("Malo hic esse primus quam Romae secundus", come riporta Plutarco nelle Vite Parallele).
Questo primato era comunque destinato a declinare col tempo, in seguito ad una serie di eventi sfavorevoli.
Il primo durissimo colpo era avvenuto quando Ettore Ricci, il padre di Silvia,  era stato travolto dagli scandali e dai processi
Si era in piena Tangentopoli, per cui, pur essendo Ettore innocente riguardo alle accuse più gravi,  l'ala manettara dell'elite benpensante prese subito le distanze in maniera drastica da sua figlia e suo genero.
Fu una diaspora notevole, perché riguardò gran parte di coloro che, atteggiandosi all'oraziano integer vitae scelerisque purus, tenevano sermoni sulla "questione morale", pur avendo, da parte loro, la coscienza non del tutto limpida.
C'erano comunque alcuni colleghi, amici e parenti che non se la sentirono di voltare la faccia a Silvia Monterovere e a suo marito, "il Professore", della cui onestà nessuno avrebbe mai potuto dubitare.
Fino a quel momento il Salotto Buono non aveva avuto "colorazioni" politiche ufficiali di alcun tipo, anzi, Silvia aveva fatto in modo che non si toccasse mai apertamente un argomento così divisivo, ma di fronte alla crisi della Prima Repubblica, gli animi si erano inaspriti e la neutralità era sempre più difficile da mantenere e guardata con sospetto.
Di fatto il  Salotto era "bipartisan", nel senso che mentre i Ricci-Orsini erano storicamente di destra, i Monterovere erano per lo più di sinistra, e in particolare lo era l'onorevole pidiessino Edoardo Monterovere, zio di Francesco, così come anche suo fratello, l'insigne accademico Lorenzo.
Quando Berlusconi scese in politica, mantenersi neutrali divenne quasi impossibile.
Alcuni notarono che col tempo le convinzioni politiche di Francesco Monterovere erano virate verso destra, avvicinandosi a quelle di sua moglie e di sua suocera.
Questa "conversione" era avvenuta gradualmente, quindi non va intesa come una "folgorazione sulla via di Damasco".
In primo luogo Francesco non aveva rinnovato la tessera della CGIL, perché non condivideva l'eccesso di scioperi di natura puramente politica e il velleitarismo di numerose iniziative.
Poi aveva incominciato a criticare l'allora PDS/DS per divergenze riguardo ai cavalli di battaglia della sinistra: le tasse e l'immigrazione.
Queste sue decisioni avevano avuto conseguenze pesanti: suo zio Edoardo gli aveva tolto il saluto, suo fratello Lorenzo lo aveva aspramente rimproverato, i suoi colleghi lo avevano radiato dall' "Albo dei Radical-Chic" e persino alcuni suoi amici avevano incominciato a trattarlo con freddezza.
Anche questo ebbe un peso notevole nella crisi del Salotto Buono e col tempo altri "progressisti al caviale" disertarono.
Ma la più grande emorragia avvenne in seguito, in concomitanza col tracollo finanziario del Feudo Orsini e con l'estromissione dei Monterovere dall'Azienda di famiglia e soprattutto, come ciliegina sulla torta, con la fine della carriera bancaria di Riccardo.
Si poteva perdonare tutto, nell'ottica dei salottieri benpensanti, ma la rovina economica assolutamente no.
Fu così che alla fine rimasero soltanto quelli che Shakespeare, nell'Enrico V, chiamava"happy few": <<Voi pochi, voi felici pochi, voi, manipolo di fratelli!>>
Pochi erano senz'altro, ma sembravano tutt'altro che felici.
Si trattava di amici di antichissima data, colleghi anziani, vicini di casa ancora più anziani e parenti che avevano visto fin troppe primavere.
Con l'andare degli anni e l'implacabile incedere della terza età e delle malattie, l'argomento delle conversazioni iniziò pericolosamente a virare su questioni cliniche.
Peraltro i coniugi Monterovere incominciavano ad avere, ahimè, una certa esperienza diretta in questo campo.
Silvia soffriva di una maculopatia degenerativa agli occhi, che le aveva fortemente compromesso la vista, tanto da renderle quasi impossibile la lettura: un durissimo colpo, per una insegnante di lettere.
Paradossalmente sua madre Diana Orsini, novantatreenne, sembrava stare meglio.
Francesco ormai da tempo faceva i conti con gravi malattie cardiache, le stesse che avevano tormentato la sua amata genitrice Giulia, il cui ricordo era rimasto vivo anche dopo tanti anni dalla sua scomparsa.
Fu così che, inevitabilmente, il Salotto incominciò ad attrarre un nuovo tipo di invitati e cioè quella parte di ex studenti di Silvia e Francesco che si erano laureati in Medicina.
Considerando quello che sarebbe accaduto di lì a poco, questa presenza era destinata a diventare sempre più importante, mentre anche tra gli "happy few" incominciavano le defezioni dovute a cause di forza maggiore (decessi o malattie).
In tutto questo panorama, spiccava l'assenza del figlio, di cui ormai gli ospiti non chiedevano più nulla, perché non sta bene nominare la corda in casa dell'impiccato.
In realtà il rapporto tra i genitori e il figlio era ottimo, ma la gente, che quando non sa nulla tende a inventarsi tutto, si era fatta l'idea che l'erede dei Monterovere e dei Ricci-Orsini fosse stato come condannato all'esilio per qualche gravissima colpa.
Processato e condannato in contumacia dalle malelingue forlivesi, Riccardo era intento a "rifarsi una vita" a Bologna, e i suoi genitori lo appoggiavano con grande convinzione, specie ora che sapevano che si era innamorato di una brava ragazza.
I coniugi Monterovere potevano comunque contare sulla presenza costante di due gatti molto speciali, provenienti entrambi dal feudo di Casemurate.
Uno, di nome Maìno, era un affettuosissimo Maine Coon grigio dal pelo lungo e leonino, l'altro, di nome Trito, era tigrato, grosso e sornione, ma aveva un musino dolcissimo, da micino di pochi mesi, e si era affezionato a Francesco in maniera incredibile, tanto da correre sulle sue ginocchia al minimo richiamo.


Come due sfingi o due Lari posti a guardia del focolare domestico, Maìno e Trito sostavano all'ingresso del salotto, quando gli ospiti andavano via e i padroni di casa restavano soli, in silenzio, ad osservare il tramonto dalla terrazza rivolta a occidente e ad ascoltare il canto delle cicale, che producevano, con finissimi sistri d'argento, una nota lunga, ritenuta e profonda, come la cognizione del dolore.