lunedì 9 dicembre 2019

Vite quasi parallele. Capitolo 35. Perisca il giorno

Quando il sole era già alto sul parco di Villa Orsini, finalmente il giovane Arturo, figlio del Conte di Casemurate, si decideva a recarsi al suo "lavoro" (in realtà una remunerativa sinecura) di vice-direttore della fabbrica del cognato e padrone del Feudo, Ettore Ricci.
Il "prode" Arturo montava sulla sua nuovissima Mondial 125, come i suoi avi sui grandi destrieri, e sollevando, tra una sgommata e l'altra, un polverone notevole sulla Cervese piena di buche.
La gente scuoteva la testa, ma in fondo provava simpatia per Augusto, perché era molto più socievole dei suoi familiari.
Gli amici lo chiamavano James Dean, senza immaginare che sia lui che l'attore avrebbero fatto una fine analoga, alla stessa età, a un anno di distanza l'uno dall'altro.
Il fatto è che Augusto gli assomigliava anche fisicamente, e sotto tanti aspetti si poteva considerare come un antesignano della "beat generation" e della "gioventù bruciata", fenomeni che in Italia si sarebbero visti solo negli Anni Sessanta.
Ma Arturo Orsini non vide mai gli Anni Sessanta.
Prima di narrare gli eventi oscuri e ambigui che portarono alla sua morte prematura, è necessario narrare gli eventi che precedettero la terribile disgrazia.
Stranamente c'era stata, nell'ultimo mese, una specie di tregua nell'eterna faida familiare tra Ettore Ricci e suo cognato Arturo Orsini, che aveva persino ottenuto una promozione "a socio" all'interno dell'azienda Ricci, come "dono di nozze", visto che Arturo stava per sposarsi con Anastasia Traversari.
Ma gli altri membri della famiglia Orsini non si fidavano di questo "regalo".
Diana mise in guardia il fratello citando Virgilio: <<Timeo Danaos, et dona ferentis>>
<<Cioè io dovrei temere Ettore Ricci anche quando porta doni?>>
<<Sì>> confermò Diana <<Conosco troppo bene mio marito e so che quando prende qualcuno in antipatia è impossibile fargli cambiare opinione. Vuole darti la colpa di qualche irregolarità di bilancio e rovinarti.
Ho sempre sospettato che fosse stata la sua strategia, ora ne sono certa>>
Augusto prima era parso offeso:
<<Anche tu dubiti delle mie qualità? Insomma, ormai lavoro lì da qualche anno, conosco gli affari, ho letto i documenti, mi sembra tutto in ordine. Che cosa c'è di strano se Ettore alla fine ha deciso di darmi fiducia? In fondo me l'ha detto lui stesso tante volte: il Clan Ricci-Orsini ormai è un'unica grande famiglia e non conviene a nessuno far nascere una faida interna>>
Sua sorella aveva scosso il capo:
<<Ettore non vuole che tu diventi il nuovo Conte. Ne ha abbastanza di nostro padre e non vuole più che la gente pensi che il capo sia ancora un Orsini.
Oltre tutto, quando sposerai Anastasia, diventerai ricco e potrai risollevare autonomamente le sorti degli Orsini, magari ricostituendo un nuovo feudo e una nuova villa, comprando le terre di altri possidenti della nostra Contea.
Devi stare attento a non firmare nulla e a non accettare nuovi incarichi.
Come vice-direttore, potresti ancora salvarti, ma se diventassi direttore e socio, allora cadresti in trappola. 
Sii saggio! Concentrati sul tuo matrimonio, tu che hai avuto la fortuna di poterti fidanzare con una donna che ami. 
Io conosco mio marito: vuole far scoppiare uno scandalo finanziario per mandare a monte le tue nozze, per questo ti ha nominato nominato dirigente della fabbrica, solo per accusarti di chissà quali colpe, magari frodi fiscali commesse da quel viscido verme del suo amministratore Michele Braghiri>>
aveva scrollato le spalle:
<<Non ho paura di lui! E' solo un villano rifatto!>> 
Diana scosse la testa, sospirando:
<<E' proprio per questo tuo atteggiamento strafottente che sei in grave pericolo!
Sei troppo sicuro di te, del tuo titolo, della tua successione... ma lo vuoi capire che Ettore non avrà pace fintanto che l'erede del titolo di Conte di Casemurate non verrà estromesso dalla successione per indegnità morale. Potresti persino finire in galera. Il giudice De Gubernatis e l'ispettore Tartaglia, i cari cognati di Ettore, non aspettano altro che un tuo passo falso. Per questo devi cominciare ad agire seriamente e con prudenza.
Non voglio perderti, tu sei l'ultima speranza per gli Orsini: io ho sacrificato tutto per te, nostro padre vive per te, nostra madre ti adora... se tu fallissi, sarebbe il colpo di grazia per tutti noi!>>
Lui si commosse e la abbracciò:
<<Tu sei sempre stata la mia preferita tra le sorelle. Hai fatto tanti sacrifici per la nostra famiglia. Hai rinunciato alla tua libertà per noi. Ma ti prometto che Ettore dovrà imparare a rispettarti, altrimenti se la dovrà vedere non solo con me, ma con tutti i miei amici. Non te lo dovrei dire, o forse tu l'hai già capito, ma il mio futuro cognato, Federico Traversari, ha un debole per te>>
<<Non ci credo, sono troppo... insomma, sai cosa voglio dire. Certo sarebbe stato un ottimo marito, se si fosse fatto avanti quando era il momento! Ora è tardi. Non ci sono elementi per chiedere alla Sacra Rota l'annullamento del mio matrimonio con Ettore, neppure se lo volessi, e non lo voglio, perché ho tre figlie. Ho rinunciato alla libertà in nome della famiglia, eppure non è bastato. Ho perduto Isabella e il suo fantasma mi tormenterà per tutta la vita. Per questo ti supplico, Arturo, sii prudente!>>
Lui sorrise:
<<Una nave che resta nel porto è al sicuro, ma non è per questo che sono fatte le navi. Io ho fatto la mia scelta e ora devo difenderla, costi quel che costi.
E se Ettore vuole imbrogliarmi con i suoi libri contabili e le sue conoscenze in alto loco, io dimostrerò la mia innocenza, perché ne ho le prove e i mezzi!>>
Diana allora vide per la prima volta in suo fratello una forma di cupio dissolvi mascherata da volontà di vita. La sua spavalderia era coraggio oppure avventatezza?
La sua sete di libertà era una religione, ma la libertà va conquistata e difesa non solo con il coraggio, ma anche con il buon senso.
Si chiese se Arturo fosse consapevole di tutto questo, ma non seppe mai rispondere a tale domanda.
Lo lasciò andare, anche se il suo cuore andava in mille pezzi, perché se i suoi timori erano fondati, con Arturo se ne sarebbe andata l'ultima speranza della famiglia Orsini.
Ripensò alla leggenda di Artù, mitico re di Britannia, ferito a morte, ma secondo la leggenda ancora vivo, nell'isola di Avalon, accudito da sua sorella Morgana la Fata, e pronto a ritornare per ridare ai Britanni una nuova età dell'oro.
Arturo, la Speranza dei Bretoni.
La speranza vana...
E così, alla fine, in un giorno d'inverno, con le strade scivolose per le pozzanghere ghiacciate, accadde ciò che tutti paventavano accadde davvero.
Una mattina del febbraio 1952, mentre tutte le radio comunicavano con grande cordoglio la morte di re Giorgio VI di Gran Bretagna e il grande dolore di sua figlia, la nuova giovanissima regina Elisabetta II, Arturo Orsini si recò come di consueto al lavoro in motocicletta.
Fu a questo punto che accadde la tragedia.
La sua moto deragliò dopo nemmeno un chilometro, presso la curva di Bastìa, appena oltre i limiti della Contea, e fu così che il giovane erede dei Conti di Casemurate si schiantò contro un pioppo.
L'unico testimone, un anziano che aspettava la corriera, andò in soccorso al giovane e lo trascinò sulla strada, poi si mise a gridare aiuto.
Un passante in bicicletta si recò alla casa più vicina per cercare un telefono e chiamare i soccorsi, che arrivarono un quarto d'ora dopo seguiti da un'automobile della polizia guidata dall'ispettore Onofrio Tartaglia, in persona, marito di Maria Teresa Ricci e quindi cognato di Ettore.
I soccorritori non poterono far altro che constatare il decesso del giovane venticinquenne.
L'ispettore "Compagnia Bella" Tartaglia si tolse il cappello con aria compunta e poi corse subito presso la moto per verificare lo stato delle gomme e dei freni.
Pareva estremamente contrariato da ciò che aveva visto.
Si trattava di qualcosa che nessun altro avrebbe dovuto vedere.
Diede un'occhiata al serbatoio, ai tubi e senza farsi vedere accese un fiammifero.
Poi, mentre Tartaglia si allontanava di corsa, il serbatoio deflagrò, mandando la moto in mille pezzi e incendiando tutta la zona circostante, compreso il pioppo.
Furono chiamati i Vigili del Fuoco, e nel frattempo si formò un assembramento di passanti, ai quali Tartaglia diede ordine di allontanarsi, mentre dettava il rapporto ad un agente.
Un'ora dopo, sistemate tutte le formalità, Onofrio "Compagnia Bella" Tartaglia, si recò al telefono più vicino per informare il giudice istruttore De Gubernatis e, al di fuori di ogni regola procedurale, la signorina De Toschi, che si esibì in una scena madre arrivando a simulare uno svenimento e a chiedere i sali alla governante Assuntina.
Alla fine, confuso e imbarazzato, perché quell'evento non rientrava nei piani di Ettore, Tartaglia si fece forza e si recò ad annunciare la notizia a Villa Orsini.
Ma le voci della disgrazia lo aveva preceduto e quando arrivò all'antica magione dei Conti di Casemurate, trovò una situazione pietosa.
La governante si esibì a sua volta in una scena da premio Oscar, attirando l'attenzione di tutti gli altri.
La contessa Emilia, appena si rese conto che suo figlio era morto, fu travolta da un dolore tale che corse subito in cantina alla ricerca dell'unico possibile rimedio che conosceva: una bottiglia di Porto rosso invecchiato di trent'anni, che scolò tutta d'un fiato, per poi crollare su un divano e abbandonarsi a un vaneggiamento che durò tutta la notte.
Ettore Ricci era al lavoro.
Sua sorella Adriana mostrò un'autentica sorpresa, perché, come Tartaglia, riteneva impossibile che un motociclista esperto come Arturo non fosse riuscito a prendere bene una curva.
Sussurrò varie cose all'orecchio del cognato ispettore, il quale a sua volta scuoteva la testa con aria sbalordita.
Ida Braghiri si era messa a recitare platealmente il rosario, baciando ripetutamente il crocefisso e invocando la protezione della Santa Vergine.
L'unica a mantenere una certa compostezza fu Diana Orsini, perché per sua natura era sempre preparata al peggio.
Si informò con estrema attenzione alla dinamica dell'incidente.
<<Mio fratello sapeva guidare molto bene. Non credo sia finito fuori strada per un proprio errore. Sei sicuro che non ci fosse un guasto alla moto?>>
"Compagnia Bella" Tartaglia incominciò a borbottare frasi incomprensibili e alla fine trovò la risposta adatta:
<<Non ho fatto in tempo a verificare. La moto ha preso fuoco ed è un miracolo che io sia riuscito a scappare in tempo>>
Diana lo fissò severamente: <<Un tempismo perfetto. Strano però che il motore sia esploso tanto tempo dopo lo schianto. Di solito succede pochi minuti dopo lo schianto. Tu quando sei arrivato lì?>>
<<Non ricordo esattamente, ma ho fatto molto in fretta, ero nell'ambulanza a sirene spiegate!
Comunque ho rischiato grosso. Il motore è esploso. Succede in questi casi. Sarà molto difficile stabilire se c'era un guasto>>
Diana annuì:
<<Diciamo pure che sarà impossibile. Un delitto perfetto!>>
L'ispettore sbiancò:
<<Diana, ti assicuro che faremo chiarezza sulla faccenda. Nessuno, e dico nessuno, almeno che io sappia, voleva che le cose finissero così>>
Voleva forse dire che Ettore non c'entrava niente?
<<Ne sei certo? Sto ricacciando dentro di me tutto il dolore in attesa che torni Ettore, per riversaglielo in faccia. In fondo, anche se non c'entrasse nulla, avrebbe un movente grande come tutta la nostra Contea!>>
Tartaglia la fissò con determinazione:
<<Ascoltami: conosco Ettore da una vita. So di cosa può essere capace, ma non è un assassino. 
Su altri che lavorano con lui, invece, non metterei la mano sul fuoco. 
Ora, io ti prometto una cosa: cercherò di stanare tutti quelli che avevano interesse a far scoppiare una faida tra i Ricci e gli Orsini. 
Ma tu mi devi promettere di non accusare Ettore pubblicamente.
In privato puoi fare quel che vuoi, naturalmente. La cosa non mi riguarda, ma a livello pubblico occorre salvare le apparenze, ora più che mai.
Tu sei l'erede della Contea, adesso, e ci si aspetta da te un comportamento più consono al ruolo che ti spetta.
Prima di fare scenate, ricordati chi sei e che cosa rappresenti!>>
Detto questo se ne andò, lasciando Diana in una tempesta interiore.
Ora tutti guarderanno a me, ed io non potrò più nascondermi come ho fatto fino ad ora.
Dove troverò la forza per non impazzire?
Mentre pensava queste cose, vide sua madre, la Contessa Emilia, che si aggirava nei corridoi con la bottiglia di Porto in mano e ripeteva, con una voce impastata:
<<Ho sentito cosa ti ha detto quel bifolco di Tartaglia: che sei la nuova erede. Ma tu sei debole e continuerai a lasciare che Ettore faccia quel che gli pare. 
L'erede è tuo marito, non tu. E questa è la fine della Dinastia>>
Diana si chiese se sua madre avesse ragione.
Se io cedo adesso, sarà veramente la fine degli Orsini.
Si recò al piano di sopra, nella stanza di suo padre.
Il vecchio Conte Achille, già prostrato da un attacco di gastrite, (destinata a tramutarsi in cancro allo stomaco, e a condurlo alla tomba nel giro di pochi mesi) era stato informato della cosa dalla governante, che aveva sostenuto con assoluta certezza la tesi del "tragico incidente".
Il Conte, ormai fuori di senno, maledisse se stesso per aver fatto entrare Ettore Ricci e Michele Braghiri nella sua vita, nella sua casa e nella sua famiglia e infine, gracchiò con disperazione il lamento irato di Giobbe, :
<<Perisca il giorno in cui nacqui e la notte in cui si disse: "è stato concepito un uomo!" >>