mercoledì 29 maggio 2024

La Quarta Era. Capitolo 5. La principessa Ancalime, "primogenita" di Aragorn, gemella di Eldarion

 


Dopo la cerimonia di incoronazione del nuovo re Eldarion ed i festeggiamenti che ne erano seguiti, si tenne nella reggia di Osgiliath una riunione del Consiglio Reale a cui presenziarono le delegazioni di tutti i regni della Terra di Mezzo.
Data la numerosità dei partecipanti, l'assemblea si tenne nella Sala del Trono, che era rimasta immutata dai tempi gloriosi in cui Elendil l'Alto, primo re di Arnor e Gondor, l'aveva edificata, a immagine e somiglianza di quella dei sovrani di Numenor, i suoi antenati.
Re Eldarion prese posto finalmente sull'alto Trono dorato di Osgiliath, commissionato ai Nani da suo padre, e pareva simile ai Valar per aspetto e imponenza.





Intorno a lui vi erano i principali componenti della Famiglia Reale: la regina vedova Arwen, in gramaglie, appariva ancora giovane e bellissima, grazie a quella natura elfica che, pur avendovi rinunciato, era difficile da cancellare.




Prima di prendere posto, Arwen si tolse la corona, manifestando così la propria intenzione di rinunciare al suolo di Regina Madre e ad ogni tipo di partecipazione al governo del Regno.

A destra la Principessa Reale (ossia la più anziana delle principesse figlie del sovrano), di nome Ancalime, portava sia una corona che uno scettro, mentre, a sinistra, la principessa Silmarien, appariva invece estranea a quel contesto di esibizione del potere.




Non vi era una regina consorte
, poiché Eldarion, dopo la morte di sua moglie Anduril, principessa dell'Ithilien, non si era più risposato.

Ne faceva le veci la principessa reale Ancalime, a cui era stato dato il nome della prima regina regnante di Numenor.

Ancalime era la gemella di Eldarion, uscita prima di lui dal ventre della madre, e per tale ragione si riteneva "la primogenita" e non nascondeva il fatto di ritenersi la legittima e più meritevole erede del trono dei Reami Uniti di Arnor e Gondor.






Mentre Eldarion, nel suo primo discorso, aveva esaltato la memoria di suo padre Aragorn Elessar, e si era impegnato a seguire il suo esempio per mantenere la pace e la prosperità del regno, la gemella lo aveva osservato con un sorriso ironico e scettico, come per dire che dietro tutta quella scenografia allestita per comunicare sicurezza a tutti coloro che erano convenuti da ogni dove per osservare il nuovo Re, in realtà ci fosse poca sostanza.

Era un giudizio severo, ma del resto Ancalime aveva un carattere molto severo e autoritario. In lei riviveva l'antica ferrea determinazione dei re di Numenor, ma anche la loro arroganza e sete di potere.
la Principessa Reale aveva sposato Faradan, Primo Ministro di Gondor, figlio di Faramir ed Eowyn di Rohan, e da quel matrimonio, peraltro non particolarmente felice, era nato un figlio maschio, Barahir.

Dopo la morte di Faradan, suo figlio Barahir era stato nominato Governatore di Pelargir, la terza città del regno, dopo Osgiliath e Minas Tirith, mentre il seggio scuro che un tempo era stato di Denethor, figlio di Echtelion, fu concesso ad Ancalime da suo padre Elessar, sperando che la carica di Primo Ministro placasse la sua rivendicazione al trono.

La Principessa Reale si era dedicata attivamente e pragmaticamente alla politica e all'amministrazione del Regno, diventando di fatto il vero "Sovrintendente di Gondor" e il popolo aveva imparato a temerne la durezza e l'inflessibilità.
Ora poi che il vecchio re era morto e che la regina Arwen era affranta dal dolore e logorata dal peso degli anni, l'influenza di Ancalime era divenuta ancora più forte.





Quando sul trono sedeva suo padre, Ancalime, pur dandogli la schiena, ne percepiva la potente presenza, cosa che invece non accadeva con il nuovo re.
Eldarion è troppo tormentato e dubbioso per reggere il governo con mano ferma. Pensava Ancalime. Per mantenere unito il regno è necessario il pugno di ferro.
A questo pensava la Principessa Reale, mentre prendeva posto sul suo seggio alla base della scalinata che conduceva al trono.

La cosa non piaceva affatto ai figli di Eldarion, ossia all'erede al trono, Vardamir, Principe dell'Ithilien, che a Minas Ithil cingeva una corona d'oro e si atteggiava a sovrano, e al secondogenito Valandil, Principe di Dol Amroth, che impugnava uno spadone virilmente fallico, lungo e alto quasi quanto lui e forse ancora più pesante. 




Anche lui sedeva su un trono, quello di legno levigato dal mare, che era stato di suo nonno materno Imrahil, padre della defunta principessa Anduril, che non era riuscita a vivere abbastanza per diventare Regina consorte.

In una Famiglia Reale così ambiziosa e divisa, che tanto differiva da ciò che Aragorn ed Arwen avevano sperato ai tempi del loro matrimonio, era una fortuna che la sorella minore del Re, la principessa Silmarien, si distinguesse per la propria imparzialità.
La Principessa Reale, sua sorella maggiore, ne era compiaciuta:
Fortunantamente la mia sorellina non ha mai mostrato interesse per gli affari di governo. Preferisce i vestiti e i gioielli e la cura della propria bellezza. Tanto meglio per lei e per tutti noi.





L'unica cosa che Silmarien aveva chiesto alla sorella maggiore era di non essere costretta a sposare qualcuno per motivi politici.
Una scelta che ho approvato, dal momento che ci evita il rischio di ulteriori parenti altolocati con pretese di potere.
Quel pensiero fece volgere immediatamente lo sguardo di Ancalime verso i figli di Eldarion.
Dovrò inventarmi qualcosa per tenere a bada la loro ambizione.

Ma non erano solo le questioni interne alla famiglia reale a preoccupare la principessa.
Ora che mio padre è morto, tutti gli avvoltoi che hanno roteato intorno al Trono per anni, ci si getteranno addosso. I nemici non esiteranno a colpire.
Il vero problema in quel momento era riuscire a distinguere gli amici dai nemici e riconoscere coloro che sarebbero rimasti neutrali.
E poi c'è la presenza ingombrante degli amici di mio padre. 
Il parere di Legolas e Gimli è molto ascoltato nel Consiglio, ed Eldarion si farà influenzare dal loro giudizio. 
Del resto, chi mai era riuscito a resistere al fascino di Legolas e alla sua destrezza?

Be', caro Legolas, ho una notizia per te. Potrai anche affascinare mia madre e mia sorella, ed essere influente presso mio fratello, ma la principessa reale Ancalime non si farà incantare dai tuoi occhi di elfo o dalla tua destrezza con le armi!




Forse un tempo, quando era giovane, sarebbe stata più sensibile al fascino del figlio di Thranduil, ma ormai erano passati troppi anni ed Ancalime aveva incanalato ogni suo desiderio verso il potere.
Aveva assistito pazientemente ad un numero incalcolabile di riunioni del Consiglio, a tante discussioni, a troppe sconfitte e a poche vittorie inutili.
Presto la mia voce si farà sentire. Prima però devo fare in modo che Legolas e Gimli partano per Valinor. Fintanto che ci saranno loro di fianco ad Eldarion, i miei piani non potranno avere successo. 

Aveva atteso tanto a lungo quel momento.
Anche colei da cui prendo il nome dovette sottostare per lungo tempo al mutevole umore del padre e dei familiari, ma quando prese lo scettro, divenne la più  potente delle regine: Tar-Ancalime, il cui nome ancor oggi è ricordato con timore e reverenza in tutti i regni di Arda!
Che ironia, la donna il cui nome significava "Splendore" in alto elfico quenya, divenne una sovrana cupa e tenebrosa, che amava circondarsi di gatti neri, tranne l'unico bianco che teneva sulle ginocchia.
Tale era il potere dei nomi: essere un presagio, oppure una negazione del loro stesso significato.

Per il suo gemello era stato un presagio.
Eldarion significa "figlio degli Elfi", e assomiglia a loro molto più che agli uomini. Ha scelto di essere umano perché nostro padre voleva che lui fosse il suo erede, e quello è stato l'inizio di tutti i guai.



Ancalime era stata la prima ad accorgersi che il suo gemello avrebbe dovuto scegliere la razza elfica, e partire con gli Elfi verso il Reame Beato, lasciando a lei il ruolo di erede al trono.
Eldarion è un poeta, un menestrello, suona l'arpa, canta gli antichi Lai del Beleriand, ma più di tutti ama la Caduta di Gil-Galad.
La Principessa Reale ricordava ancora il giorno in cui suo fratello aveva suonato l'arpa e cantato di fronte al Re e alla Regina, e a tutta la corte, la Caduta di Gil-Galad.

Le sembrava ieri, quella sera in cui Eldarion, da ragazzo, con voce intrisa di nostalgia insanabile aveva intonato l'incipit:
"Gil-Galad sugli Elfi solea regnare / quando i giorni erano giovani e belli. / Ora tristi cantano i menestrelli / del suo regno perduto tra i monti e il mare"
Erano bastati quei primi quattro versi cantati in modo così sublime e malinconico per commuovere tutti, persino i più duri, persino lei, Ancalime, che non aveva versato lacrime nemmeno nell'infanzia.
Il Re e la Regina lo ascoltavano incantati e con le lacrime agli occhi, perché sapevano che  A udirlo suonare la sua arpa dalle corde d’argento, a udirlo cantare di crepuscoli, lacrime, e morti di re, era impossibile non percepire che era di se stesso che stava cantando, e di coloro che amava.











Aragorn ed Arwen rivedevano il lui tutta la loro stirpe: Elrond Mezzelfo, Earendil, Elwing, Turgon, Fingon, dama Galadriel, Celebrian sua figlia e lo stesso Gil-Galad. Ognuno di loro aveva compiuto un sacrificio, per alcuni era stata la morte, per altri era la perdita dei propri cari, la rinuncia a tutto ciò che possedevano e infine, persino nella vittoria, la via dell'esilio.
Il canto di Eldarion avrebbe commosso persino le pietre, come quello di Finrod Felagund. Con la sua voce ci teneva in pugno tutti. Ma soltanto io, dopo, mi resi conto che essere un eccellente menestrello non lo avrebbe necessariamente reso un grande Re, e nemmeno un bravo governante.
Un giorno Ancalime aveva trovato il coraggio e aveva detto al fratello ciò che pensava e lui, spiazzandola, le aveva risposto: "Vorrei che tu avessi ragione, perché non è mio desiderio regnare. Eppure io credo che se nel cuore di un Re alberga un sentimento di pietà, allora eviterà al suo popolo le inutili sofferenze che i sovrani vanagloriosi impongono ai sudditi in nome della propria presunzione".

Era una frecciata rivolta a lei, Ancalime l'aveva capito subito e gli aveva risposto con spietata sincerità:
"La tua pietà non servirà a nulla, quando l'Ombra ritornerà, perché tu sai bene quanto me che l'Ombra ritorna sempre e che il nostro destino, pur costellato di vittorie, altro non è che una lunga sconfitta, come ebbe a dire dama Galadriel".
Eldarion lo sapeva, perché anche lui aveva accesso alla memoria elfica, che riportava alla luce vaghi ricordi dei suoi antenati, e quindi anche di dama Galadriel, che era sua bisnonna, in quanto sua figlia Celebrian aveva sposato Elrond Mezzelfo e dato alla luce Arwen Undomiel.
"Prima della caduta di Nargothrond o Gondolin valicai le montagne, e insieme attraverso le ere del mondo abbiamo lottato contro la lunga sconfitta".
Aveva pronunciato quelle parole come se si fosse trovato lì, quando la bisavola le aveva dette a Frodo Baggins e lui le aveva riportate nel Libro Rosso dei Confini Occidentali.
Ancalime aveva sentito un brivido scorrerle lungo la schiena, come sempre quando lei e il gemello scavavano troppo in profondità nelle memorie ancestrali.
"Dovremo lottare ancora, ma tu non sei un guerriero, Eldarion. Cercheresti la pace ad ogni costo e ti ritroveresti il nemico in casa".
Eldarion allora, con autentico dolore, le rispose in un modo che la lasciò senza parole, per l'unica volta nella sua vita:
"Il nemico è già in casa. Si annida nella tua sete di potere, un potere che ti lascerei ben volentieri se tu non fossi vittima della tua stessa ambizione"
Ancalime non poteva negarlo, e temeva che suo fratello potesse aver intuito altre cose che non dovevano essere dette.
Gli Stregoni Blu... loro hanno sempre sostenuto la mia rivendicazione al trono, ma ci si può fidare di loro?
Alatar e Pallando erano giunti dall'Est e dal Sud, inaspettati e misteriosi e il re Elessar diffidava di loro, e la regina Arwen ancor di più.
Hanno trovato accoglienza solo presso di me, e credo che se lo aspettassero. Non ho mai pensato, e non lo penso tutt'ora, che siano malvagi. Eppure un dubbio mi perseguita sempre: "E se mi sbagliassi?".