martedì 29 settembre 2015

Gli Iniziati di Estgoth. Capitolo 10. Helena e Jessica



L'onorevole Lady Helena Waldemar, Contessa di Richmond e Reverenda Madre del Gran Maestro dell'Ordine degli Iniziati, stava per diventare nonna.
Ormai mancavano pochi giorni al termine della gravidanza di Jessica, la compagna di suo figlio.
Questo è il momento più rischioso.
Il pericolo poteva venire da qualsiasi parte. Occorreva vigilare.
Per questo Helena trascorreva quasi tutto il tempo insieme a Jessica, il che non era facile.
La preoccupazione di Helena era principalmente rivolta alla nipote che stava per nascere.
Suo figlio le aveva riferito gli oracoli di Edwina e di Isabel, ma lei era convinta che entrambe mentissero, almeno riguardo alla sorte di Jessica.
"Si potrà salvare la bambina, ma per la madre, niente!" E se invece di una premonizione fosse soltanto un loro desiderio? 
A riscuoterla dai suoi pensieri fu la stessa Jessica, che quel giorno era di un umore stranamente tranquillo.
<<Vi vedo preoccupata, Reverenda Madre. Temete per me o per vostro figlio?>>
Helena la fissò come se avesse davanti un fantasma:
<<Ho promesso a Roman che avrei vegliato sulla tua incolumità, e su quella della bambina, naturalmente>>
Jessica socchiuse gli occhi:
<<E' un compito difficile, con tanti nemici in circolazione, in particolare Joelle>>
Helena capì che Jessica aveva ormai una percezione molto chiara del pericolo incombente:
<<Non potrà avvicinarsi. Ci sono guardie che tengono d'occhio la porta del suo appartamento: sappiamo chi vede, chi riceve. Non è in condizioni di nuocere>>
Jessica annuì:
<<Non credo che Joelle voglia sporcarsi le mani di persona. Sicuramente ha degli alleati al di fuori della sua famiglia. Non mi meraviglierei se avesse stretto un patto con la famiglia Dracu>>
Helena inarcò le sopracciglia:
<<Roman non ha avuto premonizioni al riguardo, ma è un'ipotesi che non possiamo escludere.
Quel che mi chiedo è fino a che punto potrebbero spingersi, sia i Dracu che Joelle>>



Jessica sospirò:
<<I Dracu sono capaci di tutto. E Joelle, be', è spietata. E' forte, ma questa è paradossalmente la sua più grande debolezza. Sopravvaluta la propria forza e sottovaluta quella degli altri. Prima o poi questo atteggiamento la condurrà alla rovina>>
Helena concordava, ma le sue preoccupazioni erano altre:
<<Può darsi, ma questo non la rende meno pericolosa. Roman ci ha avvertito: lei e i suoi complici potrebbero tentare di rapirti e separarti da tua figlia...>>
Jessica lo sapeva:
<<E' un rischio che ho sempre messo in conto. I Dracu hanno poteri che nessuno conosce fino in fondo.
 Mi spezza il cuore il solo pensiero che mia figlia possa crescere lontano da me, ma se ciò dovesse accadere, io affido la bambina a voi, Reverenda Madre. Voi saprete cosa fare>>
Helena in verità ne dubitava.
Saprei davvero cosa fare? Sono stata una buona madre per mio figlio?



Tenne per sé e i propri dubi e rispose con tono neutro:
<<Farei tutto il possibile, ma spero che non ce ne sia bisogno. La nostra sorveglianza è già ai massimi livelli>>
Jessica pareva inseguire un pensiero fisso:
<<Se anche Joelle dovesse riuscire mettermi da parte, il Signore Belenos non permetterebbe ai Dracu di uccidermi o torturarmi. Sono convinta che alla fine sarei comunque io a sopravvivere a Joelle. Ride bene chi ride ultimo e i conti si fanno alla fine.
Ai miei nemici io dico, come Giovanna d'Arco agli Inglesi, davanti alle mura di Orleans:
 "Oggi ridete, ma domani a quest'ora molti di voi saranno morti!">>



Helena, che era inglese fin nel midollo, fu colpita da quella frase:
<<E fu così, in effetti. Un mio antenato, il Duca di Bedford, era presente. Fu lui che fece condannare Giovanna al rogo>>
Jessica la guardò con ironia:
<<Vedo che avete un invidiabile pedigree, Reverenda Madre. Ma io sono convinta che non farò la fine della Pulzella d'Orleans>>
C'era una sicurezza insolita, in quelle parole, che colpì lady Helena.
<<Ti vedo più sicura oggi, rispetto ai giorni scorsi, più felice>>
Jessica sgranò gli occhio:
<<Felice io?>> Dal modo in cui lo disse, pareva che la parola "felice" fosse il più grande insulto che le avessero mai rivolto.
Lady Helena cercò di spiegarsi meglio:
<<Stai per diventare madre: questo dovrebbe renderti felice, almeno un po', a prescindere da tutto il resto>>
Jessica ritornò al tono ironico :
<<Voi conoscete bene le gioie della maternità, Reverenda Madre, ma una volta mi accennaste al fatto che siete stata male, dopo il parto. Si è trattato di una depressione post partum?>>
Helena si ritrovò, per una frazione di secondo, sul banco degli imputati:
<<Non me ne vergogno. L'ho superata rapidamente. Esistono cure efficaci, persino durante il periodo dell'allattamento>>
Era solo una mezza verità. Le avevano somministrato farmaci pesanti.
Mio figlio può averne risentito e Jessica lo sospetta. Vuole forse alludere alla premonizione secondo cui la bambina sopravvivrà soltanto grazie all'Acqua della Vita?
Jessica parve accettare quell'eventualità:
<<Non ve ne faccio certo una colpa. Era solo un esempio per dire che anche in questi momenti, persino se non si corrono pericoli esterni, i guai possono venire da dentro, dalla nostra mente.  Ci possono essere attimi di gioia, allegria, momenti di serenità o di euforia, i piccoli o grandi piaceri della vita, non lo nego, ma la felicità è un'altra cosa. Per essere felici a lungo bisogna avere una certa dose di indifferenza di fronte ai problemi della vita, e l'indifferenza richiede a sua volta una buona dose di insensibilità. Questo mi porta ad affermare, se mi concedete la battuta, che, in fondo, la felicità duratura è il premio di consolazione degli stupidi>>



Era solo una battuta, ma Helena trovò quella frase insopportabilmente presuntuosa:
<<Parli così perché non l'hai mai conosciuta>>
E qui Jessica sferrò il suo affondo:
<<Perché, voi invece l'avete conosciuta? Una felicità stabile, intendo... duratura...>>
Helena si sentì raggelare.
Cosa sta cercando di farmi confessare? 
Mascherò quel senso di inquietudine:
<<Ma certo!>> mentì senza troppa convinzione <<Che discorsi!>>
Jessica pareva leggerle nel pensiero:
<<Reverenda Madre, vi parlo col cuore in mano, come se fossi vostra figlia.
Siete una donna forte e carismatica, ma non siete indifferente alle cose che accadono. 
E soprattutto non siete il tipo che si accontenta, in particolare quando si parla della vostra famiglia, di un marito che non è sempre stato alla vostra altezza e di un figlio forse troppo amato, che vi ha dato molte preoccupazioni>>



Helena non poteva negare, in coscienza, nemmeno una mezza parola di quel discorsoper cui cercò di spostare il baricentro della conversazione al di fuori della sua sfera privata:
<<Sapersi accontentare, a volte, è una virtù>>
Jessica chiuse gli occhi, come se parlare di quell'argomento le costasse un grande sforzo:
<<Purché si sia sinceri con se stessi, fino in fondo. Il che comporta anche l'ammissione del fallimento.
Molti piantano un palo nel deserto e dicono: "Guardate, prima qui c'era il deserto!" e credono di aver avuto successo!
Si creano una minuscola nicchia e la chiamano felicità>>
Helena, che non capiva dove l'altra volesse arrivare, replicò con freddezza:
<<Perché, tu come la chiameresti, la tua minuscola nicchia?>>
Jessica sorrise a sua volta:
<<Tirare a campare, credo, ma gli psicanalisti potrebbero chiamarla compensazione. 
Ci concediamo piccoli o grandi piaceri per compensare un vuoto affettivo. 
Per esempio la fame compulsiva, il fumo, il sesso, i divertimenti... il potere! Ah, quella sì che è la suprema compensazione di chi è affettivamente frustrato e Joelle ne è un esempio perfetto!>>



Helena comprese solo in quell'istante che tutto quel discorso sulla felicità non era rivolto tanto contro di lei, quanto piuttosto contro Joelle, nei confronti della quale Jessica provava un vero e proprio odio.
Le fu dunque facile ritorcerle contro tutto il ragionamento:
<<C'è molta rabbia anche in te>>
Jessica annuì:
<<Be', in fondo io e Joelle abbiamo lo stesso Dna, purtroppo. 
Siamo più simili di quanto possa sembrare.  Lei è più giovane, certo, il suo embrione è stato scongelato più tardi.  E' più sicura di sé, apparentemente più forte, ma questo vuol dire soltanto una cosa: ha meno esperienza di vita>>



Helena sentì improvvisamente tutto il peso dei suoi anni sulle spalle.
L'esperienza di vita. Le frustrazioni. Il tempo. Alcuni vini inacidiscono, altri diventano migliori.
Quale sarebbe stata la sorte di tutte loro?
<<Vorresti farmi credere che tu, dall'alto della tua esperienza, ti senti più forte di Joelle?>>
Jessica si strinse le spalle:
<<Non lo so. Penso che siamo tutti vulnerabili, e che anche la persona più forte o più sicura di sé, domani potrebbe star così male da gettarsi dalla finestra>>
Helena ritrovò, dietro quelle parole minatorie, il significato di un antico proverbio cinese.
Siediti lungo la riva del fiume e aspetta. Prima o poi il cadavere del tuo nemico passerà.
Aspettare... era dunque questa l'arma segreta di Jessica? L'attesa?
<<Stai cercando di dirmi che, qualora ti rapissero, tu aspetteresti serenamente che Joelle, nella sua eccessiva sicurezza di sé, si scavasse la fossa da sola?>>
Jessica divenne pensierosa:
<<Non serenamente, specie se mi dovessero separare da mia figlia. Ma avrei comunque una ragione di vita, o quantomeno di sopravvivenza.
 In fondo sono cresciuta ad Estgoth, uno dei posti più noiosi del mondo. Se anche mi relegassero in qualche oscuro angolo dell'universo, difficilmente potrei trovarmi peggio di come sono stata qui>>
Helena capì allora che ciò che avrebbe mantenuto in vita Jessica non sarebbe stata la forza in quanto tale, ma il suo desiderio di rivincita. 
Per molti la vendetta era la principale ragione di vita e per alcuni addirittura l'unica.
Quanto risentimento covava Jessica contro Joelle? Certamente abbastanza per trascorrere una vita intera nell'attesa di assistere alla sua rovina.



<<Potrebbe rivelarsi un'attesa molto lunga>> commentò Helena.
Jessica annuì con noncuranza:
<<Ne sono consapevole. Ma se questo sarà il mio destino, cercherò di sopravvivere.
Oggi e poi domani e poi domani ancora, finché il mio cuore ce la fa>>
Helena non poté fare a meno di ammirare il suo coraggio:
<<L'unica cosa che posso dire, se ciò dovesse accadere, è che amerei tua figlia come se fosse mia>>
Jessica sorrise:
<<Lo so>>
Ancora una volta, Helena capì il messaggio sottinteso.
Teme che io possa amarla troppo, come ho fatto con mio figlio.



Avrebbe voluto ribattere che l'amore non era mai abbastanza, ma preferì tornare su un altro concetto:
<<Io sono sicura che un giorno, in futuro, qualunque cosa sarà accaduta, tu ripenserai a questi ultimi mesi qui, con mio figlio, con me, con la mia famiglia, che ormai è anche la tua, e ti sembrerà di essere stata felice>>

Fairy tales. Realm of Faerie