giovedì 26 novembre 2020

Vite quasi parallele. Capitolo 96. Il mondo sa tutto di noi


Nemmeno la famiglia reale inglese dovette subire da parte della stampa una curiosità così morbosa come quella che fu riservata alla famiglia Ricci-Orsini quando alle redazioni dei giornali locali arrivarono buste piene di documenti potenzialmente scottanti contro Ettore Ricci.
La maggior parte concerneva questioni analoghe a quelle di cui Ettore era già stato accusato, ma ce n'erano altri che si riferivano al presunto insabbiamento, da parte dell'ispettore Onofrio Tartaglia e del giudice Guglielmo De Gubernatis, riguardante le morti sospette di Isabella Orsini, Arturo Orsini e Federico Traversari. 
Era la vendetta di Ida Braghiri nei confronti dei suoi ex datori di lavoro, sui quali faceva ricadere l'ombra del sospetto riguardo a eventi che, in realtà, erano stati provocati dallo stesso marito dell'accusatrice, il defunto Michele Braghiri.
Tutti gli scandali che per oltre mezzo secolo erano stati scrupolosamente, faticosamente e dolorosamente evitati, esplosero come bombe a orologeria, uno dietro l'altro e coinvolsero tutte le famiglie di rilievo della Contea di Casemurate.
Doppiamente colpita da questo scandalo fu Ginevra Orsini, vedova De Gubernatis, in quanto era nel contempo sorella delle vittime, moglie del giudice che aveva insabbiato le indagini, cognata del principale accusato e consuocera della "anonima" accusatrice (e del suo famigerato marito).
Non sapendo bene da che parte le conveniva stare, in questa faida tra parenti e affini, Ginevra si limitò a manifestare, alle sue amiche della canasta (tutte appartenenti all'alta società) <<incredulità e sdegno per il modo in cui la stampa lucra sul dolore e sull'onore dei miei familiari>>.
Quella frase riuscì ad accontentare tutte le parti in causa, senza accusare specificamente nessuno.
Ben diversa era la situazione di sua sorella maggiore, Diana, Contessa di Casemurate, riguardo alla quale i documenti anonimi dicevano: "Non poteva non sapere, o quantomeno non avere dei sospetti che le indagini fossero state insabbiate".
Nel leggere quelle frasi, Diana pensò subito che a scriverle doveva essere stato Massimo Braghiri, il figlio della signora Ida, che con una sola mossa era riuscito a stornare le colpe lontano da suo padre Michele, facendole ricadere su Ettore Ricci.
Quest'ultimo cercò di mantenere i nervi saldi, osservando che <<A parte i documenti sulle questioni finanziare, che comunque erano gestite da Michele, non esiste alcuna prova a sostegno delle illazioni sull'insabbiamento. E' tutta spazzatura>>
Tecnicamente Ettore aveva ragione, ma non teneva conto di una finezza che solo la mente astuta di Massimo Braghiri poteva partorire, e fu Diana ad accorgersene:
<<Il problema è che la veridicità delle prove sulle questioni finanziarie fornisce credibilità all'anonimo mittente. E' per questo che i giornali hanno dato credito anche alle accuse più gravi>>
Ettore ne convenne, ma fece comunque notare che: <<Non hanno niente in mano e nessuno che possa inventarsi testimonianze credibili. L'unico sopravvissuto è Onofrio Tartaglia, che preferirebbe auto-evirarsi piuttosto che ammettere di avere delle colpe>>
Anche questo era vero, ma non bastava a rincuorare Diana Orsini:
<<Nella testa di chi legge i giornali noi siamo già colpevoli. La gente è colpevolista per natura, vuole il capro espiatorio e soprattutto gode nel vedere infangato il nome di coloro che invidia>>
Ettore annuì, ma formulò un'obiezione significativa:
<<Abbiamo dato troppo peso all'opinione della gente, ed è proprio per questo che Michele è riuscito a farla franca. Avrei dovuto accusarlo subito. Alla fine l'insabbiamento è servito solo a lui>>
Diana annuì a sua volta:
<<Volevamo proteggere la memoria dei  miei fratelli e il cognome delle nostre figlie, ma alla fine, come hai detto tu, abbiamo solo aiutato il vero assassino>>
Ettore cercò di sdrammatizzare:
<<Be', esiste anche un lato positivo, e cioè che, almeno dalle nostre parti, Diana Orsini fa più notizia di Diana Spencer>>
La Contessa sorrise:
<<Oh, non è affatto una consolazione! Mio padre diceva che il nome di una nobildonna onesta deve comparire sui giornali soltanto tre volte: quando nasce, quando si sposa e quando muore.
Mi era stato insegnato che, come contrappeso ai privilegi di nascita, il nobile doveva mantenere un certo contegno, una riservatezza mista a sobrietà e cortesia.
Credevo che fosse questo che ci si aspettava da me.
E invece mi ritrovo al centro dei riflettori, e senza averlo voluto, con la stampa che passa al vaglio la mia vita, la nostra vita, e la gente che si diverte a inventare versioni sempre più fantasiose riguardo alla storia della nostra famiglia.
E adesso il mondo sa tutto di noi. 
O meglio, crede si sapere tutto.
Tutto, tranne la verità>>

Ettore fu colpito da questa frase e formulò una propria ipotesi al riguardo:
<<A nessuno interessa la verità: vogliono qualcosa di più romanzesco, vogliono gli incesti, le gelosie, i tradimenti. Vogliono che i membri della "famiglia reale" si sbranino tra di loro, perché se i delitti li commette qualcun altro, meno illustre, allora tutto diventa più banale e quindi meno interessante>>
Diana si trovò molto d'accordo su quel punto:
<<E' vero: vogliono che noi recitiamo il copione scritto da altri. A questo siamo ridotti!
All'inizio eravamo signori feudali, e tutta la Contea era sotto la nostra giurisdizione, e la nostra parola era legge. Poi siamo diventati dei meri proprietari del Feudo Orsini, il quale però è andato sempre più frazionandosi e disperdendosi, fino a sfuggirci di mano. 
E adesso cosa siamo? Marionette! Commedianti di una telenovela che deve divertire il pubblico, un pubblico che ci permette di sopravvivere solo a questa condizione.
Ecco quello che siamo! Ecco come ci siamo ridotti...>>