lunedì 19 agosto 2019

Vite quasi parallele. Capitolo 14. Trame segrete ed ambizioni nascoste


<<E Diana cos'ha detto, dopo che Ettore è andato via?>> chiese Michele Braghiri, l'azzimato ammnistratore del Feudo Orsini di Casemurate, nonché marito della burbera governante della Villa, la signora Ida, mentre lei gli serviva la cena.
<<Prima ha riso come una matta per mezz'ora. Poi ha fatto il muso per un'altra mezz'ora. Alla fine è andata dai suoi e ha detto: "Siete proprio sicuri di volerlo come genero? Adesso recita la parte dell'innamorato maldestro, ma quando mi avrà messo l'anello al dito e verrà ad abitare qui da padrone, a quel punto non vi farà più così ridere">>
Il signor Braghiri annuì, lisciandosi i capelli laccati con la brillantina:
<<Sarà anche mezza matta, ma non è affatto scema, la nostra cara Diana>>.
La robusta signora Ida scrollò le spalle, per mostrare indifferenza al fatto che suo marito, per il quale ostentava un'adorazione assoluta, fosse molto sensibile al fascino femminile.
Non a caso lui ed Ettore Ricci si erano conosciuti da ragazzi presso un bordello locale, frequentato per lo più da contadini arricchiti, che gli invidiosi, cioè quelli che non erano riusciti ad arricchirsi, chiamavano "pidocchi rifatti" o, come si dice ancor oggi nel dialetto gallico locale, "pdoch arfeat".
Incuranti di quel soprannome, Ettore Ricci e Michele Braghiri avevano stretto amicizia e col tempo erano diventati anche collaboratori in affari.
Ettore, che aveva alcuni anni più di Michele, ed era decisamente più ricco, aveva ben presto assunto il ruolo di guida, e l'altro ne era divenuto il braccio destro e la longa manus.
C'era però un'ambivalenza nell'ammirazione di Michele Braghiri nei confronti di Ettore Ricci, e consisteva nel fatto che, pur considerandolo una specie di modello a cui ispirarsi, nutriva nei suoi confronti una profonda invidia, che suscitava, ogni giorno di più, segreti istinti di rivalsa.
Questa era la loro principale differenza: Ettore Ricci, come tutte le persone davvero sicure di sé, non invidiava nessuno, al massimo prendeva esempio da chi giudicava migliore e poi andava avanti per la sua strada, ponendosi obiettivi ambiziosi che quasi sempre riusciva a raggiungere.
Pur essendo basso di statura, nessuno era in grado di fargli ombra.
Michele Braghiri, al contrario, non avendo forza sufficiente per conseguire da solo i propri inesauribili desideri, si appoggiava ai potenti, come un rampicante, e prosciugava le loro risorse, intaccandoli gradualmente dall'interno, e sempre di nascosto.
Tutto questo era difficile da scoprire, perché il suo aspetto e il suo comportamento sembravano quelli di un uomo felice e appagato.
Ma se qualcuno si fosse soffermato di più ad esaminarne i dettagli, avrebbe notato che i suoi occhi indagatori parevano ridere quando apprendeva le disgrazie di qualcun altro, mentre la sua pelle abbronzata assumeva un colorito leggermente livido se invece veniva a conoscenza dell'altrui successo.
Il suo fisico asciutto a volte sembrava essere la metafora di una fame antica, che bruciava subito ogni nutrimento, rendendolo insaziabile. Ed i suoi appetiti non si fermavano certo ai cibi o alle donne. Era bramoso di primeggiare in tutto, e se non ci riusciva, allora una rabbia nascosta lo portava a desiderare la distruzione di qualunque cosa che non fosse suo.
 Il suo orgoglio smisurato e il suo temperamento vanitoso, che si rifletteva anche nel modo di vestire e di pettinarsi, sempre impeccabile, erano una compensazione della consapevolezza di valere di meno, come persona, di coloro che invidiava.
Sua moglie Ida era ancora più orgogliosa e vanitosa, ai limiti della millanteria, e il suo atteggiamento spiccio e ruvido non piaceva affatto agli Orsini, che però dovevano tollerarlo, in quanto a pagarne i servizi era la famiglia Ricci.
A volte Diana Orsini si chiedeva come mai un donnaiolo come Michele Braghiri, tra tante ragazze disponibili, avesse scelto di sposare una donna così brutta e volgare, e non era stato facile trovare la risposta, ma alla fine aveva capito.
La signora Ida aveva in sé tutta quella sicurezza e quella forza che mancavano a Michele nei momenti difficili. Ogni volta che il gioco dell'ascesa sociale si faceva duro e occorreva sporcarsi le mani, Michele tentennava, e allora toccava a sua moglie infondergli coraggio, con una solida determinazione e nervi d'acciaio.
E di questo il signor Braghiri era riconoscente alla propria consorte, di cui teneva in gran conto le opinioni e i consigli. Riteneva che il suo matrimonio fosse un punto di forza essenziale per riuscire a prevalere su Ettore Ricci e Diana Orsini, che mai e poi mai avrebbero raggiunto una simile intesa.
<<E il Conte cos'ha detto?>> chiese Michele mentre si accingeva a sminuzzare una bistecca.
Ida riprese a raccontare:
<<Ha fatto la sua solita faccia da cane bastonato e ha attaccato con le solite lagne: "Siamo con le spalle al muro. Nessuno è più disposto a prestarci un centesimo. Che lo si voglia o no, Ettore è già il padrone" e così via. Poi è saltata su la Contessa, ubriaca fradicia, e ha detto: "Tu lo sposerai e noi rimarremo qui. Non c'è altra scelta">>
Nell'ascoltare queste parole, gli occhi da faina di Michele luccicavano di gioia, perché nella sua testa l'esautorazione degli Orsini era solo il primo passo di un piano che si sarebbe protratto molto a lungo nel tempo.
<<E com'è andata a finire? Si fa questo matrimonio?>>
La signora Ida fece una smorfia che rese il suo faccione giallastro ancora più brutto:
<<La contessina Diana ha detto "C'è sempre un'altra scelta", ma si capiva che non ci credeva nemmeno lei. Il Conte allora si è deciso a calare l'asso di bastoni: "Dobbiamo pensare anche alle tue sorelle, a tuo fratello. La famiglia viene prima di tutto. In ogni dubbio, in ogni conflitto interiore, la famiglia deve vincere. Deve sempre vincere">>
Michele Braghiri annuì:
<<In questo sono d'accordo. La famiglia deve vincere. Ma io intendo la nostra famiglia, perché nostra fortuna è legata a quel matrimonio. 
Ettore mi darà più potere nell'amministrazione, e tu, come governante, avrai al tuo servizio un esercito di domestici pagati da lui. Diventeremo ricchi anche noi, e a un certo punto potremo trovare persino il modo di prenderci tutto>>
Al momento il loro stipendio ufficiale era buono, perché comprendeva i servizi di spionaggio resi alla famiglia Ricci.
Ma siccome non volevano dare nell'occhio, Michele e Ida erano rimasti nella Cameraccia, come tutti chiamavano l'alloggio umido e spoglio che dava sul cortile interno della Villa.
<<E' meglio non parlare ad alta voce di questo piano... non si sa mai>> lo rimproverò Ida con un sibilo <<Comunque alla fine le cose andranno per il verso giusto: gli Orsini di Casemurate sono tutti pazzi, e pure i Ricci sono strambi. Da quel matrimonio non verrà fuori niente di buono, per loro, questo è certo>>
Michele guardò la moglie con un sorriso d'intesa.
I suoi occhietti grigi sembravano farsi beffe del mondo intero:
<<Sicuramente i loro figli saranno dei buoni a nulla, al contrario dei nostri.
 Bisognerà avere un po' di pazienza, ma alla fine saremo noi i veri Signori di questa casa e di questa terra, perché noi siamo forti. 
Io e te sopravvivremo a tutti loro. Me lo sento. Li seppelliremo uno dopo l'altro.
Dimostreremo che è più importante essere qualcuno, piuttosto che figlio, o discendente, di qualcuno>>
Ida comprese che dietro a quelle parole c'era un disegno che aveva dei contorni vagamente criminali.
<<La fortuna sarà dalla nostra parte, e se per caso ci fossero degli intralci, be', faremo in modo di farli sparire>>
Un cenno d'intesa suggellò il patto.
Non fu necessario aggiungere altro.
Del resto, la signora Ida avrebbe comunque appoggiato le iniziative del marito, anche senza conoscerne i dettagli.
Aveva imparato che a questo mondo ci sono cose che è meglio non sapere.
A cosa le sarebbe servita tutta quella conoscenza?
Se sapessimo tutto, la vita sarebbe insopportabile. L'ignoranza e la stupidità rendono felici.
E di questo era certa, non fosse altro che per esperienza personale.