mercoledì 22 febbraio 2017

Vite quasi parallele. Capitolo 35. La morte "on the road" di Augusto Orsini

Risultati immagini per vestiti anni 50 uomo

Come molti suoi coetanei romagnoli, Augusto Orsini era un appassionato di motociclismo.
C'è una lunga tradizione che lega l'Emilia-Romagna ai motori, sia per quel che riguarda le automobili da corsa che per quel che riguarda le moto e i motociclisti.
Questa sua passione per i motori era ben nota a tutti, così come la sua propensione al rischio.
Tutte le mattine si recava al lavoro in motocicletta, sollevando un polverone notevole sulla Cervese che, nel 1954, non era ancora asfaltata.
La gente scuoteva la testa, ma in fondo provava simpatia per Augusto.
Gli amici lo chiamavano James Dean, senza immaginare che sia lui che l'attore avrebbero fatto una fine analoga, alla stessa età, a un anno di distanza l'uno dall'altro.
Il fatto è che Augusto gli assomigliava anche fisicamente, e sotto tanti aspetti si poteva considerare come un antesignano della "beat generation" e della "gioventù bruciata", fenomeni che in Italia si sarebbero visti solo negli Anni Sessanta.
Ma Augusto Orsini non vide mai gli Anni Sessanta.
Una mattina del maggio 1954, mentre si recava al lavoro, la sua moto deragliò presso la curva della Bastia, poco dopo Pievequinta, e il giovane erede della dinastia dei Conti di Casemurate si schiantò contro un pioppo e morì a 25 anni, lasciando una vedova poco più che ventenne.
Per una strana coincidenza, era di servizio proprio da quelle parti il vice-ispettore Onofrio "Compagnia Bella" Tartaglia, il quale, dopo aver accertato il decesso del giovane, si mise a trafficare intorno alle lamiere della motocicletta.
Poi, mentre Tartaglia trascinava il cadavere sulla strada, la moto prese fuoco.
Poco dopo si formò un assembramento di passanti, ai quali Tartaglia diede ordine di allontanarsi e di chiamare i Vigili del Fuoco e la Croce Rossa, mentre lui con una radiolina cercava di mettersi in contatto con gli agenti di polizia più vicini.
Mezz'ora dopo, sistemate tutte le formalità, Onofrio "Compagnia Bella" Tartaglia, che era marito di Carolina Ricci e quindi cognato di Ettore, decise di andare di persona ad annunciare la notizia a Villa Orsini.
Ma la notizia lo aveva preceduto e quando arrivò alla Villa trovò una situazione pietosa.
Il vecchio Conte Achille si era ritirato nelle proprie stanze, in preda da un attacco di gastrite, che nel giro di pochi mesi si sarebbe manifestata per quello che era veramente e cioè un cancro allo stomaco.
La Contessa Emilia, per annegare il dolore nell'alcool, era corsa in cantina e aveva scelto una bottiglia di Bordeaux del 1826, tenuta in serbo per i momenti di crisi più nera.
La vedova Angelica era scoppiata in un pianto incontrollabile e dovette essere sedata.
Ettore Ricci era al lavoro. Sua sorella Adriana inscenò un lamento funebre che avrebbe fatto invidia a una prefica. Ida Braghiri si era messa a recitare il rosario.
L'unica a mantenere una ferrea lucidità era stata Diana, perché per sua natura era sempre preparata al peggio.
Inoltre, nutriva profondi dubbi sulla dinamica dell'incidente.
Dopo che Tartaglia le ebbe comunicato la versione ufficiale, i dubbi di Diana divennero certezze.
Sapeva che Tartaglia era un fedelissimo di Ettore e questo la insospettiva enormemente:
<<Mio fratello sapeva guidare molto bene. Non credo che sia finito fuori strada per un proprio errore. Sei sicuro che non ci fosse un guasto alla moto?>>
"Compagnia Bella" Tartaglia inarcò le folte sopracciglia:
<<Non ho fatto in tempo a verificare. Mentre trascinavo sulla strada il corpo di Augusto, la moto ha preso fuoco. Il motore è esploso. Succede in questi casi. Sarà molto difficile stabilire se c'era un guasto>>
Diana si convinse che qualcosa, in quella ricostruzione dei fatti, non tornava.
Se qualcuno ha manomesso i freni, ha fatto anche in modo che sparissero le prove. 
Un delitto perfetto. E Tartaglia è complice. E Papisco cercherà di insabbiare tutto come è successo con la morte di Isabella. 
Mentre pensava queste cose, vide sua madre, la Contessa Emilia, che si aggirava nei corridoi con la bottiglia in mano e ripeteva, con una voce quasi disumana:
<<E' la Fine della Dinastia>>