venerdì 27 dicembre 2019

Vite quasi parallele. Capitolo 38. La lista nera di Enrico Monterovere

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Quando Enrico Monterovere compì 86 anni, nel 1953, gli rimaneva un solo desiderio, piuttosto stravagante, tanto che ben pochi lo prendevano sul serio: voleva vivere almeno un'ora in più di Stalin. Non gli aveva perdonato l'assassinio di Trotsky,
Ma c'era anche un'altra ragione, ancora più singolare.
Anni prima infatti Enrico, mentre era in osteria con gli amici, ubriaco fradicio, aveva dichiarato solennemente che sarebbe morto contento se fosse riuscito a sopravvivere a un certo numero di persone, di cui aveva persino stilato l'elenco.
Non c'erano solo suoi conoscenti, ma anche personaggi pubblici nei confronti dei quali, per motivi ignoti a tutti e forse persino a lui stesso, nutriva del risentimento: tra questi, per esempio, oltre al già citato Baffone, c'erano l'ex Re d'Italia Vittorio Emanuele III, il re d'Inghilterra Giorgio VI e molti altri capi di stato che avevano avuto un ruolo nella devastazione dell'Europa durante la guerra.
Li aveva seppelliti tutti tranne uno: Stalin.
Non dovette però aspettare a lungo.
All'alba del 5 marzo 1953 in seguito alle complicazioni di un ictus, il leader sovietico si avvicinava alla fine. Drammatici furono i suoi ultimi istanti di vita: convinto di essere vittima di una congiura, Stalin maledisse i capi comunisti riuniti attorno al divano sul quale giaceva, e poi morì.
Naturalmente questa versione dei fatti, narrata dalla figlia Svetlana, venne fuori soltanto molti decenni dopo.
Già il fatto stesso che Stalin fosse morto risultava difficile da comunicare.
Nel tardo pomeriggio, alla fine, la radio confermò a tutto il mondo la notizia.
Ognuno reagì a modo suo, a seconda del proprio credo, ma quasi certamente la reazione più singolare fu quella del vecchio Enrico Monterovere, che dichiarò: <<Trotsky, sei vendicato!>> e provvide subito a depennare il nome di Stalin dalla propria lista, ma nel farlo, accorgendosi che era l'ultimo, fu assalito da un lugubre presagio.
Poche ore dopo, appena finito di cenare, Enrico avvertì un leggero malessere.
Si misurò la febbre, aveva 38. 
Si mise a letto.
Prese una medicina, ma la temperatura continuò a salire.
Sua moglie Eleonora gli portò una pezza intrisa di acqua fresca, ma Enrico vaneggiava.
Nel delirio gli parve di vedere un cavaliere in un bosco di montagna.
Era suo padre, il leggendario Ferdinando, morto quarant'anni prima disarcionato da cavallo presso l'Orma del Diavolo.
I folletti dei boschi erano con lui.
<<Sono venuti a prendermi>> sussurrò <<torno dai miei padri, nei boschi di Monterovere>>
Furono le sue ultime parole.
Poco dopo, nel momento del trapasso, assunse un'espressione serenacome se veramente le montagne boscose della sua gioventù lo stessero accogliendo con un coro di fronde fruscianti, percorse da una brezza leggera.