domenica 29 agosto 2021

Vite quasi parallele. Capitolo 156. L'uragano Aurora

 


Agosto era finito. La "settimana di tregua" che Roberto aveva chiesto ad Aurora al ritorno da Londra era stata prorogata di altri sette giorni per motivi di studio, anche se il giovane Monterovere li aveva trascorsi quasi interamente dormendo, salvo poi trovare infine la forza per affrontare gli odiosi compiti della delle vacanze. Per essere certi che tali studi fossero svolti seriamente, i genitori di Roberto, da bravi insegnanti, gli ordinarono di lasciare la quiete di Villa Orsini per raggiungerli al "Ricci Compound" di Cervia, dove sua madre intendeva verificare la sua preparazione in latino e in grammatica italiana (di cui c'era, in effetti, molto bisogno), e suo padre doveva impartirgli, nell'insonorizzato studio in mansarda, col condizionatore a meno venti, severissime lezioni di matematica e fisica in previsione dell'offensiva che il perfido prof. Amelio Sarpenti avrebbe sferrato fin dal primo giorno di scuola, come era nel suo stile.

Aurora invece era stata per tutto il tempo nella megavilla "acquatica" dei Visconti-Ordelaffi a Milano Marittima, e in quelle due settimane si era immersa nell'edonismo narcisistico più sfrenato, tra le sue mille piscine di ogni tipo, colore e temperatura, le sue spa, gli idromassaggi, il beauty center privato di sua madre con un esercito di estetiste, massaggiatrici e parrucchieri, la palestra, la sauna, l'hammam, il solarium, il mare e la spiaggia di lusso al Bagno Imperiale ora tristemente noto come Papeete Beach (ebbene sì, è proprio quello) e ovviamente lo shopping compulsivo.

Dopo due settimane di "centro benessere", la Principessa si era trasformata in una specie di Barbie con capelli di un biondo chiarissimo e lucente, (più lunghi e setosi di quelli di Rapunzel), pelle ambrata, tonica e perfettamente levigata, e una silhouette da silfide o sirena o ninfa Calipso "chiara tra le dee".
Sembrava una norvegese che avesse trascorso un mese alle Maldive.
All'epoca il modello di bellezza femminile bionda era Claudia Schiffer, ma Aurora Visconti-Ordelaffi era ancora più bella di lei, oltre che decisamente più giovane.

Il volto di Aurora rispettava alla perfezione i parametri geometrici del canone della bellezza ideale, basati sulla Sezione Aurea che comprende alcune caratteristiche ben precise:
il viso femminile deve essere perfettamente ovale, senza mascella prominente, e deve avere, oltre che una ben precisa distanza tra gli occhi, anche una distanza tra le sopracciglia e la fronte, più o meno uguale a quella tra le sopracciglia e la punta del naso(il quale deve essere diritto e non sporgente) e tra quest'ultima e il mento. Inoltre la distanza tra il mento e la bocca deve essere al massimo 1,618 volte quella tra bocca e naso. La bocca deve avere labbra piene, ma non troppo, a forma di cuore allargato, e deve misurare, in larghezza, più o meno la stessa distanza tra le pupille degli occhi o i punti più altri delle sopracciglia. Fondamentale, nel viso della donna, è la dolcezza, e quindi i tratti non devono essere marcati, bensì smussati, e soprattutto l'insieme non deve presentare tratti aggressivi, prerogativa del volto maschile.







Di tutto questo Roberto, all'epoca, non sapeva nulla, né era tenuto a saperlo.
Lo apprese molti anni dopo, mentre preparava l'esame di Storia dell'arte, nella sua seconda laurea, e si era ritrovato tra i testi in programma, oltre agli "imprescindibili" manuali di Estetica e Fenomenologia degli Stili di Renato Barilli, illustre allievo di Luciano Anceschi, nonché ultimo sopravvissuto tra i fondatori del Gruppo '63, anche quello di Psicologia della Bellezza di Marco Costa e Leonardo Corazza.




Ma nel 1992 il Costa-Corazza non era stato ancora scritto, e Roberto riconosceva semplicemente in Aurora una bellezza ideale, che lo ammaliava e gli faceva perdere la testa.
E' comprensibile che sia così, specie in un adolescente, ma va detto, tuttavia, che questo canone può non piacere a tutti, per esempio si ritiene che il volto l'attrice Amber Heard, (nota più che altro per aver sedotto, sposato, spennato, lasciato, denunciato e rovinato Johnny Depp, con accuse palesemente false, ma convalidate da un tribunale perfettamente allineato al movimento #metoo), rispetti alla perfezione i canoni della Sezione Aurea, eppure la sua presunta bellezza è ancor meno convincente della sua recitazione, che è già di per sé insignificante.

Al contrario ci sono volti femminili che, pur non rispettandolo, risultano piacenti agli occhi di molti e si parla allora, più che di bellezza, di fascino e di carisma, tanto che gli stilisti, proprio a partire dagli anni '90, incominciarono a preferire i volti "interessanti" a quelli belli, anche se è noto che molti di loro non sono attratti fisicamente dalle donne e dunque hanno una tendenza a vederle come semplici attaccapanni. 
O almeno questa fu l'impressione di Roberto quando, insieme ad Aurora, nei loro anni trascorsi a Milano, tra il 1994 e il 1999, ebbe modo di frequentare anche quell'ambiente.
Ma già durante la vacanza a Londra del '92, Roberto si era accorto che gli piacevano anche le donne che non rispettavano nessuno dei parametri della Sezione Aurea: donne come Jessica, dalla cui bocca non canonica, non sarebbero però mai uscite delle banalità. Ed ogni tanto si trovava a ripensare a lei, pur avendola incontrata una sola volta.
Non sapeva che si sarebbero rivisti ancora, proprio a Milano, in occasione delle settimane della moda, e non immaginava neppure lontanamente che, anni dopo, a Bologna, sarebbero diventati amanti, dopo il divorzio di lei da Waldemar Richmond, che era rimasto comunque, e incredibilmente, amico di entrambi.

Ma ora basta con le anticipazioni: torniamo al primo weekend di settembre del 1992, quando Aurora era un sole allo zenit, e sarebbe rimasto tale per un bel po'. Ma quante sciocchezze si scrivono sul sole, dimenticando che chi guarda il sole rischia di diventare cieco!





Ma Roberto non era stato avvisato che Aurora fosse diventata ancora più bella, nei quindici giorni circa in cui non si erano visti, e questo perché le loro comunicazioni erano state esclusivamente telefoniche e nel 1992 non c'erano ancora gli smartphone, e neppure Internet (ma come abbiamo fatto a vivere senza la connessione?) ed era necessario incontrarsi di persona per poter constatare com'era l'aspetto dei nostri cari.

Alcuni giorni prima Aurora gli aveva fatto recapitare un telegramma con una specie di ultimatum in codice, citando De Gregori:
"Il granturco nei campi è maturo, ed ho tanto bisogno di te"





Roberto capì subito l'antifona e la invitò a trascorrere un weekend con lui a Cervia, ai primi di settembre, per recuperare il tempo perduto, prima della fine della villeggiatura e della necessità di fare ritorno in quella città "sorda e grigia" che i Romani avevano fondato nel 188 a.C. sotto il consolato di Marco Valerio Messalla e Gaio Livio Salinatore, in omaggio al quale fu chiamata Forum Livii.

Fu così che, quando Aurora raggiunse in taxi la residenza cervese dei Monterovere, dove Roberto era rimasto "a presidiare il fortino", mentre i suoi erano finalmente a tornati a Forlì per il famigerato Consiglio d'Istituto del primo settembre, incubo di ogni insegnante, ci fu una scena memorabile.

Quando lei scese dal taxi, mentre il tassista depositava la valigia di lei davanti al cancello, Roberto rimase senza parole, abbagliato da quella luce, da quella flessuosità fatata e da quella dolcezza angelica, la cui assoluta perfezione era esaltata dall'abbronzatura.
Non poté fare a meno di sentirsi in colpa per averla tenuta lontana, posticipando persino i termini, e recitando l'improbabile parte dell' "uomo che non deve chiedere mai" nello spot del Denim Musk after shave (sì, perché la nostra generazione, all'epoca, si faceva la barba, a differenza degli hipster di adesso che sembrano talebani col cappellino da baseball).
Lei aveva negli occhi celesti uno sguardo di assoluta serenità, e il suo viso giovane, armonioso, delicato e dolcissimo rasentava la perfezione e trasmetteva una gioia sublime al fortunato mortale che si sentiva come Anchise tra le braccia di Venere.
E nonostante tutti questi pensieri esaltanti, Roberto, come se avesse perso la facoltà di parola, riuscì soltanto a bofonchiare un timidissimo: <<Ti trovo bene>>.

Lei allora rise, scuotendo la testa, come per dire che il suo ragazzo non aveva proprio speranza, e proprio per questo era suo, completamente suo.
E poi, flessuosa come un'odalisca, gli si insinuò tra le braccia, lasciando scivolare le mani sul corpo ancora magro, ossuto e tremante di lui, quell'adolescente acerbo, impacciato e tormentato, trasformando in lui la tensione in desiderio.
E poi, sotto gli sguardi esterrefatti di tutto il vicinato, Aurora, ormai avvinghiata a lui come un'edera sull'esile tronco di un alberello nato da poco, gli regalò uno dei baci più lunghi della storia, di quelli che partono dolci e diventano appassionati a tal punto che, se non subentrasse la mancanza di ossigeno, potrebbero andare avanti per l'eternità.
Roberto, accecato d'amore e travolto dalla lussuria, mise temporaneamente da parte tutti i dubbi che le parole dei suoi cugini, qualche giorno prima, avevano risvegliato nella sua mente ansiosa ed incerta.
Alla fine, Aurora, dopo aver preso atto con soddisfazione che la virilità di lui si era rinvigorita in maniera fin troppo evidente, allentò la presa, almeno quel tanto che le consentisse di dirgli scherzosamente e trionfalmente:
<<Spero di esserti mancata>>.

Per lasciar raffreddare, almeno per qualche ora, i bollenti spiriti, si sedettero per un po' sotto il pergolato di glicine.
<<Allora, i tuoi hanno finito di riempirti la testa di latino e matematica o ti metteranno di nuovo sotto tortura?>>
Roberto scosse il capo:
<<Finito? Questo è solo l'inizio! E poi la gente si chiede perché ce l'ho sempre col mondo intero: che provino loro ad essere il figlio unico di due insegnanti che non danno mai più di sette, anche se la verifica è perfetta, perché "otto lo darebbero solo a loro stessi, nove a Leonardo da Vinci e dieci a Dio".
Lei scosse la testa:
<<Ci sarebbe da chiamare il telefono azzurro. Io per fortuna non ho di questi problemi: mio padre passa tutte le vacanze a giocare a golf e non sa nemmeno che classe faccio. Mia madre, be', la conosci, passa il tempo a farsi bella e ad assicurarsi che lo faccia anch'io>>
Roberto sorrise:
<<Be', vedo che i risultati sono eccellenti. Ma tu parti già da "ottimo", per cui si tratta di un passo breve, tutto sommato. I tuoi tratti sono perfetti dalla nascita>>
Lei sorrise a sua volta:
<<Ti ringrazio, ma devi sapere che anche quando si parte avvantaggiati bisogna fare sacrifici e rinunce non indifferenti per mantenersi in forma>>
Lui ironizzò:
<<Ah, la dura vita di una bella ragazza!>>
Aurora sbuffò:
<<Non ricominciare con le tue prediche sul narcisismo edonistico, di cui sai molto più me, essendone il campione indiscusso>>
Roberto ne fu meravigliato:
<<Tu credi? Io sono un insicuro! Tutto il contrario di un narcisista. Nessuno con un naso come il mio può rischiare di essere narcisista! Quanto all'edonismo, anche se volessi, non me lo potrei permettere>>
Lei mostrò la massima disapprovazione:
<<A Londra passavi ore davanti allo specchio e non mi sembrava che il tuo naso, peraltro normalissimo in un maschio, ti desse alcun fastidio. 
L'insicurezza deriva da una certa inesperienza di vita concreta a cui io porrò rimedio.
Quanto ai soldi puoi fare a meno di preoccuparti: finché non erediterai, te li farà avere mia madre, e quando erediterai potrai sguazzare nell'oro come zio Paperone>>
Lui drizzò le antenne, perché gli erano tornate in mente le parole dei suoi cugini.
E se Alessio e Fabrizio avessero ragione? Se lei stesse con me in attesa che io erediti? Se volesse incastrarmi e poi spennarmi?
Naturalmente non lasciò trapelare nulla di quei dubbi e si mantenne su discorsi di carattere più generale:
<<A sentir te sembra tutto facile, e invece io penso il contrario: niente è facile e niente è indistruttibile>>
Aurora lo fissò con aria di rimprovero:
<<Senti, io mi rendo conto che è un momento difficile per te, ma ci sono io al tuo fianco, e ti amo>>
Roberto la osservò con aria enigmatica.
E' possibile pronunciare la parola "amore" senza sprecarla?
Quasi mai, fu la risposta che si diede, eppure lui si sentì in dovere di pronunciarla:
<<Ti amo anch'io, e ti ringrazio perché riesci a sopportarmi! Mi chiedo come fai>>
Ma la vera domanda, implicita, era: perché lo fai?
Lei rise:
<<Sono masochista, te lo sei già dimenticato? Abbiamo una fortissima intesa sessuale, e credimi, se c'è quella, tutto il resto si aggiusta. Per una donna, un uomo che sa stimolarle un orgasmo multiplo, qualunque sia il mezzo con cui lo fa, è ai suoi occhi come un dio. 
E poi in realtà il tuo cinismo mi diverte: le tue battute al vetriolo, le tue satire... ho sempre desiderato un uomo che mi facesse ridere fino al parossismo, e tu ci riesci>>
Lui accennò un vago sorriso:
<<Anche quando ironizzo sul tuo "think positive"?>>
Aurora scrollò le spalle:
<<Io cerco soltanto di vedere il bicchiere mezzo pieno>>
Roberto non mollava l'osso:
<<Anche quando è vuoto?>>
Lei rise:
<<Te lo riempio io, sta' tranquillo! Anzi, direi che è proprio il momento adatto: ti prometto che questo sarà un weekend indimenticabile!>>
Lui divenne subito preoccupatissimo:
<<Che intenzioni hai?>>
Aurora aveva l'aria di chi pregustava quel momento da molto tempo:
<<Prima di tutto, visto che non ci sono i tuoi, ho intenzione di ravvivare e rallegrare l'atmosfera di questa casa, che di vita e di allegria sembra averne conosciuta ben poca >>

E come un ciclone, anzi, come un uragano, Aurora si abbatté sulla "Rocca Monterovere" e ne fece "un bivacco di manipoli".
Prima di tutto, con la scusa che è meglio accendere una piccola fiamma che maledire l'oscurità, accese tutte le luci di tutte le singole stanze, e tutti i televisori di tutti e tre gli appartamenti, più anche quello della mansarda, sintonizzandoli sulla rete che all'epoca si chiamava Videomusic e che poi divenne Mtv.
E alla fine di questa follia, disse:
<<Ok, perfetto! Adesso gli interni di questa casa non sembrano più quelli di una cripta!>>
Era una frecciata palese contro Silvia Ricci-Orsini Monterovere, la "suocera", che aveva scelto un arredamento piuttosto all'antica.
Poi aprì tutte le finestre tranne quelle delle camere da letto, chissà perché...
A quel punto, soddisfatta, si mise a guardare Roberto e disse:
<<Bene, oggi ti farò prendere un bel po' di sole: ho qui la crema abbronzante che è anche protettiva, per cui non corri rischi né di farti venire le rughe, e nemmeno i melanomi.
Ci sistemiamo vicino alla vostra piscinetta e lì io, mentre ti spalmerò la crema, ti farò un ottimo massaggio e spero che tu ricambierai il favore>>

Nel frattempo, dalle quattro tv sintonizzate su Videomusic ad alto volume, partì la canzone "Reality" di Richard Sanderson, celeberrima colonna sonora de "Il tempo delle mele".
Era decisamente in tema: chissà, forse Aurora era riuscita a imporre la scaletta ai dj dietro lauta ricompensa.
Contrariamente a ciò che potrebbe far pensare il suo titolo, "Reality" parla di sogni: "Dreams are my reality / The only kind of real fantasy / Illuisons are a common thing / I try to live in dreams / It seems as if it's meant to be".
Che strano! Una canzone d'amore che parla di sogni, di fantasia, di illusioni... oppure no, non è affatto strano, perché l'innamoramento è fatto principalmente di illusioni.
Illusioni che hanno conseguenze macroscopiche, come un vero e proprio uragano, visto che abbiamo scelto questa similitudine.




Molti anni dopo, riascoltando quella canzone, Roberto si sarebbe reso conto che essere innamorati è una cosa che può allontanarci non solo dal buon senso, ma anche dalla dignità.
Almeno, per Roberto era stato così.
Certo, Aurora lo rendeva felice, eppure negli ultimi anni del loro rapporto, a Milano, lui aveva incominciato a rendersi conto che lei lo aveva trasformato in un povero piccolo patetico cagnolino ammaestrato, pronto a scattare agli ordini della sua padrona.
Era ancora così giovane, e quello era stato il suo primo amore e lo aveva condotto lontano dalla retta via. Certo, si potrebbe ribattere dicendo che Roberto si era innamorato delle persona sbagliata, perché se la persona è giusta ed è innamorata di noi allo stesso modo in cui noi siamo innamorati di lei, non ci renderà mai prigionieri e tantomeno schiavi o, per dirla con Alessio Zanetti, "polli da spennare". La persona giusta non lo farà mai!
Forse.

In ogni caso l'innamoramento egualmente ricambiato, quando c'è, è foriero di grande felicità, finché dura l'incanto, che in genere permane quasi invariato fino alle nozze o addirittura fino nascita del primo figlio, dopodiché, lasciatevelo dire dal narratore di un romanzo fatto di amori tormentati, incomincia a trasformarsi in qualcosa d'altro, che può essere affetto, anche profondo, oppure saturazione, a volte persino disgusto, a seconda dei casi.
(Consigliamo al riguardo la visione dello spassoso film "Pensavo fosse amore... invece era un calesse").

A tutto questo va aggiunta la considerazione che questi sono tempi volubili, effimeri e imprevedibili.
Su che fragili basi poggia la nostra felicità!
A tal proposito Lucio Dalla aveva scritto, composto e interpretato una canzone dal refrain musicalmente indimenticabile:

Ah, felicità,
su quale treno della notte viaggerai?
Lo so 
che passerai,
ma come sempre in fretta,
non ti fermi mai...

Era questa la canzone che serviva per aprirgli gli occhi, ma Roberto all'epoca non la conosceva, ed era comunque troppo giovane e inesperto per capire le sottigliezze dell'educazione sentimentale, molto più difficile e complessa di quella sessuale.





E così, nel preciso istante in cui Roberto si mise a cavalcioni sulla schiena di Aurora (tranquilli, all'epoca pesava 58 chili a dir molto e il baricentro di tal peso era tutto sulle ginocchia, poggiate terra) e incominciò a spalmarle la crema, accompagnandola con un massaggio molto sensuale, Videomusic fece partire la versione di Phoebe Cates di "Paradise", colonna sonora dell'omonimo film dell'82, che era poi una specie di remake di "Laguna blu", altra pietra miliare dell'erotismo soft degli sfrenati Anni Ottanta, con una giovanissima Brooke Shields, un fiore in boccio di cui tutto il mondo si innamorò, e adesso è una carampana di cui nessuno si ricorda più, se non qualche sentimentale «À la recherche du temps perdu».







Roberto, ascoltando le note di quella canzone, e trovandosi in quella situazione, si esaltò come non era mai successo nemmeno a Londra.
Si parla, con un certo eufemismo, di stagioni del cuore, e per Roberto, ad ogni stagione era associata una città: Forlì, Londra e Cervia erano state la Falsa Primavera, Milano sarebbe diventata la Folle Estate e Bologna una sorta di periodo collocabile tra Ferragosto e l'Equinozio d'Autunno.
E poi ci sarebbe stato il ritorno a Forlì, a gestire finalmente quell'eredità su cui tanta gente aveva messo gli occhi, e che il bocconiano/storico/letterato dovette amministrare in tempi difficili, perché la morte dei nonni era avvenuta a così tarda età, che i genitori stessi erano già troppo avanti negli anni e malandati nella salute per farsene carico, e gli avevano delegato ogni cosa. E fu "l'inverno del nostro scontento". 
Poi però la ruota continuò a girare e ricominciò tutto da capo, anche se nulla potrà mai tornare come prima, e forse è meglio così.