giovedì 13 aprile 2023

Vite quasi parallele. Capitolo 194. Aprile è un mese crudele

 

"Aprile è il mese più crudele", scriveva Thomas Elliot ne "La Terra desolata", lasciando spiazzato il lettore, che legittimamente si chiede il perché di tale affermazione.
Roberto Monterovere l'aveva capito da tempo: Elliot non nega che aprile sia il mese della rinascita della natura, ma mette in contrasto il rigoglio della natura stessa con la desolazione dell'animo umano, perennemente insoddisfatto e frustrato nella sua precaria, vulnerabile e risentita condizione esistenziale. 
Qualcuno potrebbe obiettare che questa concezione pessimistica sia esagerata, ma se siamo davvero sinceri con noi stessi, dobbiamo ammettere il fatto che in noi albergano emozioni logoranti: paura, rabbia, oppure tristezza e disgusto.
Di fronte al trionfo della natura, noi ci sentiamo esclusi, bersagliati dalle avversità e dalla stanchezza.
Certo, abbiamo anche noi i nostri momenti di gioia e persino di euforia, ma non sono duraturi.
Forse alcuni di noi hanno raggiunto una serenità stabile, ma sono una sparuta minoranza.
La vita ci mette alla prova continuamente: ogni giorno c'è qualcosa che va storto, qualcosa di problematico che a volte possiamo risolvere, ma spesso dobbiamo semplicemente accettare.
Per Roberto, tuttavia, la situazione era ancora peggiore, perché la sua ipersensibilità lo esponeva in maniera pericolosa alle emozioni negative e alle loro conseguenze.
Fino ad allora il giovane Monterovere era riuscito in qualche modo a mantenere un precario equilibrio, seppur al prezzo di grandi sofferenze, ma in quell'aprile del lontano 1996 tale equilibrio si spezzò e tutti i problemi che per anni erano rimasti in sospeso deflagrarono improvvisamente, provocando un crollo interiore dal quale non si riprese mai più del tutto.
Cos'era successo? Cosa aveva scatenato all'improvviso questa tempesta che tanto contrastava con la gloria primaverile intorno a lui?
Tutto era incominciato per le festività pasquali: dopo mesi di assenza si era sentito in dovere di tornare al "natio borgo selvaggio", a quella città di Forlì che gli era sempre parsa così insignificante e nel contempo opprimente, come solo le piccole città possono essere, poiché in esse è così difficile mantenere la libertà dell'anonimato.
Non appena era giunto alla stazione, la città gli era parsa ancora più piccola e angusta, e quando poi era giunto al condominio dove si trovava l'appartamento dei suoi genitori, aveva provato un senso di estraneità, come se non riconoscesse più la sua stessa casa.
Durante il suo lungo periodo di assenza, si era abituato alla libertà di vivere da solo in una città grande, e si era dimenticato delle consolidate abitudini dei suoi, della curiosità pettegola dei condomini e della crudeltà dei falsi amici che lo avevano tradito ai tempi del liceo.
Ma nel momento stesso in cui aprì il portone del condominio e si ritrovò nelle scale, si ricordò improvvisamente di tutto quel male e un senso di profondo sconforto lo fece sentire esausto e disorientato.
Trovò i suoi genitori invecchiati e delusi da un figlio che non era stato all'altezza delle grandi aspettative che avevano nutrito nei suoi confronti, e si sentì in colpa per la propria inadeguatezza.
Quando entrò nella sua camera, la trovò spoglia e fredda, come la stanza di un albergo di bassa categoria. E mentre crollò estenuato sul letto di cui aveva dimenticato la scomodità, e, per dirla con le parole di uno dei suoi scrittori più amati, Tolkien, tutta la sua vita gli parve contrarsi e le pareti della sua stanza gli si strinsero addosso come sbarre di una gabbia per intrappolare qualcosa di selvaggio.
Gli sembrò di soffocare per il senso di estraneità, e rimase tramortito per un tempo indefinibile, mentre il suo umore precipitava negli abissi.
Quando si rialzò, un senso di stordimento e di vertigine lo fecero barcollare.
Sua madre se ne accorse:
<<Roberto, ma cosa ti sta succedendo?>>
Lui non sapeva cosa rispondere:
<<Sono stanco, il viaggio è stato lungo e scomodo. In treno ci si pestava i piedi>>
Ma lei sapeva che c'era altro:
<<Non è solo quello. Non ti ha fatto bene stare a Milano. Lo zio Lorenzo ci ha detto che ti ha trovato cambiato, e non in meglio>>
Roberto ebbe un moto di stizza:
<<E da quando in qua dai retta a cosa dice Lorenzo?>>
Lei lo osservò con aria preoccupata, come solo le madri sanno fare:
<<Io non volevo crederci, ma adesso che ti vedo. Sei pallido come un morto, hai un'aria stralunata. Non vorrei che ti stessi esaurendo...>>
Negli anni Novanta non si parlava ancora di depressione, ma di "esaurimento nervoso", e il solo pronunciare quell'espressione era come constatare con terrore una specie di possessione demoniaca, la quale implicava un pellegrinaggio a Sarsina a farsi benedire.
<<E' un'università difficile. Le lezioni, gli studi, gli esami... sono molto stanco...>>
Silvia scosse il capo:
<<Sono preoccupata. Lo so che posso sembrarti troppo apprensiva, ma ricordati una cosa: nessun tipo di amore al mondo è più grande di quello di una madre per il proprio figlio. Io potrò anche essere una rompiscatole, ma ti vorrò sempre bene, qualunque cosa tu faccia. L'amore di una madre è totalmente incondizionato. A me importa che tu stia bene, questo è l'unico motivo per cui vorrei sapere come ti senti realmente>>
Roberto allora si sciolse e la abbracciò:
<<Lo so. E' solo che mi dispiace dirti cose che potrebbero deluderti>>
Lei allora gli sussurrò:
<<L'unica delusione sarebbe se tu non ti confidassi più con me o con tuo padre. Non importa la distanza fisica, quella possiamo accettarla, ma il silenzio e la mancanza di fiducia verso di noi ci farebbero star male. Prometto di non intromettermi con consigli non richiesti, ma se ti trovi in difficoltà, non esitare mai nemmeno un secondo a chiederci aiuto: noi non ti giudichiamo, siamo qui solo per risolvere i tuoi problemi, se ci sono. E a me pare che ce ne siano...>>
Lui, commosso, si lasciò andare:
<<Sì, ce ne sono molti. In sintesi credo di aver sbagliato tutto, in questi ultimi due anni, e sento che l'ansia, la stanchezza, la tristezza, la paura di fallire stiano avendo il sopravvento. 
Non sono tornato e non ve ne ho parlato prima per non farvi preoccupare e anche perché non voglio che si sappia qui a Forlì, non voglio che i nostri nemici godano nel vedere che io sto trascinando nel baratro non solo me stesso, ma tutta la mia famiglia e il suo buon nome>>
Silvia fece un gesto come per mandar via quelle preoccupazioni:
<<A questo punto a me del "buon nome" dei Monterovere o dei Ricci-Orsini non importa assolutamente niente. Ho riflettuto molto, mentre tu eri via, e mi sono accorta che ho dato troppa importanza all'apparenza e alla reputazione, a discapito della salute e del benessere.
Io capisco che tu non voglia dare una soddisfazione ai tuoi nemici, ma mi chiedo se valga la pena correre il rischio di un esaurimento nervoso soltanto per salvare le apparenze>>
Roberto notò che in sua madre c'era stata una maturazione in quegli anni, un approdo verso una saggezza superiore:
<<Hai ragione. Il problema è che non sento di aver le forze e il coraggio per fare tutti i cambiamenti necessari. Ogni cambiamento mi spaventa, persino quelli che in teoria dovrebbero portarmi a stare meglio. C'è sempre stata una forza d'inerzia nella mia vita, una persistenza ostinata a proseguire lungo una specie di "moto rettilineo uniforme". E' come se fossi un treno su un binario unico e al di fuori ci fosse soltanto il deragliamento. 
Fuor di metafora, quello che mi chiedo è: se abbandono Milano, la facoltà, l'università e anche la mia ragazza, che vuole rimanere là, poi dopo cosa faccio? Qual è l'alternativa?
Lo so che lo zio Lorenzo mi attende a Bologna a braccia aperte con una strada spianata, ma ho paura di diventare una sua pedina nel gioco degli Iniziati a cui lui appartiene>>
La madre se ne rendeva conto:
<<Sì, questa paura la condivido anch'io. Ma credo che comunque lui ti proteggerebbe dagli altri Iniziati. Non credere che a Milano non ti controllino. Non può essere un caso se nella tua vita sono entrate due donne che appartengono a famiglie straniere molto potenti. Io ho più paura della famiglia Burke-Roche e dei Mizuhara piuttosto che di Lorenzo, che comunque è sangue del nostro sangue e ha condiviso con noi il pane e il sale>>
Era un ragionamento valido:
<<E il babbo cosa dice, di tutto questo?>>
Silvia sorrise:
<<Be', ne parlerai direttamente con lui, ma la sua idea è sempre stata quella di non cercare di influenzare le tue decisioni. Vuole che tu sia libero di scegliere secondo quello che ti dice la tua coscienza. Mi ripete sempre: "E' una scelta che spetta a lui. Nessun altro deve interferire">>
Roberto era grato a suo padre per la libertà che gli aveva sempre garantito:
<<Sì, è una scelta che spetta a me. Ma prima voglio comunque parlarne con voi. E naturalmente anche con la nonna. Lei cosa pensa?>>
Silvia era sempre stata un po' gelosa dell'influenza che sua madre Diana aveva avuto su Roberto, ma negli ultimi tempi questo sentimento si era stemperato, fin quasi a scomparire:
<<Lei ti ha sempre visto come un letterato, uno storico, uno scrittore, un insegnante, qualunque cosa, ma non un bancario, un contabile o un economista>>
E aveva ragione a pensarlo:
<<Avrei dovuto ascoltarla, e invece ho dato più peso al giuramento fatto al nonno quando era in punto di morte. Credevo di poter diventare un bravo dirigente dell'azienda di famiglia, ma tutte quelle scartoffie, quei bilanci, quelle cambiali, quelle regole... non mi vanno in testa. La mente mi si chiude... sono terrorizzato dall'idea di dover passare il resto della vita in mezzo a quella burocrazia e a quella noia! Eppure nello stesso tempo la paura del cambiamento mi paralizza l'azione, lasciandomi sospeso in un limbo senza fine. 
C'è qualcosa che non va nella mia mente. E' giunto il momento di ammetterlo a me stesso e a voi. Dovrò trovarmi uno psicoterapeuta... le gocce e le pillole attutiscono i sintomi, ma non risolvono i problemi>>
La madre annuì:
<<Sono d'accordo. Spero che tu non abbia abusato di quegli ansiolitici e antidepressivi. Tua cugina, Serena, me ne ha parlato. Lorenzo poi ha fatto riferimenti a un altro farmaco, e questo mi preoccupa. Ricordati che il passo tra gli stimolanti e le anfetamine è molto breve, così come quello tra i calmanti e gli oppiodi. Una volta che si crea una dipendenza, le conseguenze possono essere molto gravi. Conto sul tuo senso di responsabilità e sulla tua intelligenza: abbi cura della tua salute. Non ti chiedo altro>>
Ormai ogni segreto era caduto:
<<Metterò la salute al primo posto. Non ci sono scorciatoie verso la felicità>>
Eppure non era facile abbandonare farmaci come il Deadyn o il Tachidol. Il primo gli dava l'engergia e il secondo, oltre a lenire il mal di testa, annullava l'ansia e donava una specie di serenità olimpica.
In ogni caso non ne era dipendente, nel senso che non ne assumeva a dosi tali da creare la dipendenza, e comunque non li assumeva tutti i giorni. Ma bisognava comunque rivolgersi a un medico meno spregiudicato nelle prescrizioni.
Alla fine tutti i nodi stavano venendo al pettine, come Roberto aveva temuto: non sarebbe mai stato capace di nascondere qualcosa a sua madre.
Aver parlato di quelle cose ad alta voce lo aveva messo di fronte ad una paura che sovrastava le altre.
"E' questo che sto rischiando di diventare? Un nevrotico e un drogato? Finirò in una clinica psichiatrica?"
Una voce interiore, quella delle premonizioni, aveva già la risposta pronta:
"Se resti a Milano e prosegui fino alla laurea, frequentando Aurora e i suoi giri, finirai proprio là".
Un'altra voce gli ricordò:
"Gli Iniziati ti guariranno e tu evolverai verso una conoscenza superiore. Non puoi sottrarti, è il tuo destino".
D'istinto, chiese a sua madre:
<<Gli Iniziati potrebbero aiutarmi. Farmi avere il migliore tra i loro medici. Controllano un'intera impresa medico-farmacologica, la Tessier-Ashpool Corporation. Forse loro potrebbero farmi diventare ciò per cui sono nato: un essere umano evoluto verso un livello di comprensione superiore della realtà>>
Lei aveva riflettuto molto su questo punto:
<<Forse è così. In fondo io ho sempre sospettato che tu avessi come un sesto senso in grado di percepire qualcosa che gli altri non comprendono. 
La mia preoccupazione però è che questa percezione potrebbe essere scambiata per una forma di disturbo mentale. Dovrai tenere per te le premonizioni e tutto il resto. Gli altri non capirebbero. Tuttavia, tra gli Iniziati, potresti fare strada e diventare davvero il successore di Lorenzo>>
La via sembrava essere ormai inevitabilmente quella:
<<Avrei preferito una vita normale, ma per quanto abbia cercato di rimanere anonimo, non ci sono riuscito. Diventare il successore di Lorenzo significherebbe diventare un personaggio pubblico, con tutte le conseguenze che ne derivano, in particolare un drastico ridimensionamento della mia privacy e della mia libertà>>
Silvia sapeva che suo figlio non avrebbe retto a una simile pressione:
<<E' indubbiamente un prezzo molto alto, forse troppo alto. E tutto questo non è un bene per il tuo equilibrio interiore>>
Roberto annuì:
<<Concordo. Tutto questo non è un bene. Eppure temo che sia tutto il bene che mi sarà concesso>>
Sua madre, per una volta, cercò di non essere troppo fatalista:
<<Ci possono essere altre strade. La forza che domina il mondo è il Caso, come dice sempre tuo padre, e questo ti offre un maggiore margine di libertà. L'importante è che tu sia pronto per cogliere la giusta occasione>>
Roberto apprezzò il cambiamento che aveva visto in lei, la mentalità più aperta, la maggiore flessibilità nell'affrontare le situazioni impreviste:
<<Cercherò di farmi trovare preparato, se mai quell'occasione dovesse incrociare la mia strada. La fortuna può assumere forme impreviste, e non tutti i mali vengono per nuocere. 
Un minuscolo cambiamento in un sistema può stravolgere tutto.
Sì, il babbo ne parla sempre. Doveva essere lui il docente universitario, non suo fratello, ma una cosa è certa: ci aspetta una fase di grandi cambiamenti, e noi dovremo informarci bene, e stare attentissimi ad ogni dettaglio, per cogliere l'attimo e per adattarci, perché solo chi sta attento non s'inganna e solo chi si adatta sopravvive>>
Silvia lo fissò attentamente:
<<Sì, ma non sarà affatto facile. Ricordati che il Caso può cambiare le carte in tavola da un momento all'altro. Non si può mai abbassare la guardia, e questo è estenuante. Sei sicuro che i tuoi nervi reggeranno?>>
Il figlio scosse il capo:
<<No, non ne sono affatto sicuro. Anzi, credo che questo sia il punto cruciale. Io percepisco tutto e questo mantiene sempre in allarme il mio sistema nervoso. La tensione è sempre alta: è il famoso "stress", il padre di tutte le malattie. Per questo dovrò rivolgermi a un terapeuta che mi insegni come gestire questo stress. Ma trovarne uno adatto richiederà del tempo. E' necessario, anche questa volta, procedere per gradi. Ne parlerò anche con il babbo e con la nonna, e potranno essere informati solo i membri più affidabili della famiglia. Lorenzo non deve saper niente: non mi perdonerebbe mai di aver preferito uno psicoterapeuta al suo addestramento iniziatico>>
La madre fu d'accordo:
<<Sì, sono d'accordo su tutto. Ma Lorenzo ha spie ovunque, persino tra i terapeuti. Primo tra tutti il professor Hagauer. A Milano tutto passa attraverso di lui, una ragione in più per lasciare la città, ma questa è una decisione che spetta a te>>