La
Provincia di Siria venne istituita già nel
64 a.C. da
Gneo Pompeo Magno dopo la deposizione dell'ultimo sovrano
seleucide,
Antioco XIII, nel corso della
terza guerra mitridatica.
Ottaviano ricostituì nel
27 a.C. la provincia, con capitale ad Antiochia e classificata come provincia imperiale. Vi erano stanziate quattro legioni ed era governata da un
legato di rango proconsolare, mentre le finanze furono affidate ad un
procuratore di rango ducenario. Da
Settimio Severo divisa in Siria Celesiria (
Syria Coele) e Siria Fenice (
Syria Phoenice). Con la riforma tetrarchica le due province della Celesiria e della Siria Fenice entrarono a far parte della
diocesi di Oriente, nella
Prefettura del pretorio d'Oriente. Sotto
Teodosio I la Celesiria fu ulteriormente suddivisa nelle province di "Siria" (
Syria), "Siria Salutare" (
Syria Salutaris) e Siria Eufratense (
Syria Euphratensis), mentre la Siria Fenicia in quelle di Fenicia (
Phoenice) e Fenicia Libanese (
Phoenicia Libanesia): tutte e cinque le nuove province rimasero nella diocesi di Oriente, quest'ultima ancora compresa nella
prefettura al pretorio per l'Oriente. La nuova provincia era governata da un
questore propretore (
quaestor propraetore), il primo dei quali fu
Marco Emilio Scauro.
Storia
Tardo periodo repubblicano
Al termine della
terza guerra mitridatica, fu costituita da
Gneo Pompeo Magno la nuova provincia di
Siria. Si racconta che
Gneo Pompeo Magno, dopo essere avanzato da nord,
[2]raggiunse i territori della
Cilicia che non erano ancora sotto il dominio romano e li occupò (
64 a.C.).
[3] Frattanto il suo
legatus Afranio aveva sottomesso gli Arabi della zona di
Amanus.
[4]L'obbiettivo strategico generale era quello di raggiungere il
Mar Rosso, occupando sulla strada tutti i territori compresi tra questo mare e
quello d'Ircania.
[5] La stessa cosa fece con i territori della vicina
Siria fino all'
Eufrate (compresa la
Coele, la
Phoenicia, la
Palestina, l'
Idumea e l'
Iturea), non solo non attribuendoli ad
Antioco XIII (figlio di
Antioco X), ma organizzandoli in provincia romana (nel
63 a.C.).
[4][6] E non che ciò fosse dovuto a qualche comportamento sbagliato di Antioco, ma semplicemente poiché, avendo battuto Tigrane, che a suo tempo aveva sottratto questi territori ai Seleucidi, ora appartenevano alla Repubblica romana.
[3]
Della Giudea ne fece uno
regno cliente o protettorato romano. Ricostruì
Gadara, che era stata distrutta dai
Giudei.
[7] Proclamò libere dai Giudei, le città di
Ippo,
Scitopoli,
Pella,
Samaria,
Iamnia,
Marisa,
Azoto,
Aretusa,
Gaza,
Ioppe,
Dora e
Torre di Stratone,
[8] per poi aggregarle alla nuova provincia di Siria, a cui diede come governatore
Emilio Scauro con due
legioni.
[9]
I territori che entrarono a far parte della nuova provincia, già fortemente ellenizzati, comprendevano sia la Siria vera e propria a nord, dominio seleucide, sia la
Celesiria a sud, già da lungo tempo dominio dell'
Egitto tolemaico. Il potere regio era inoltre stato limitato dalle autonomie cittadine, sia per le antiche
polis greche, sia per le nuove città di fondazione regia, e dei santuari più importanti, ed esistevano numerosi piccoli stati di fatto indipendenti, che in buona parte si mantennero tali, pur sotto il protettorato romano (
Giudea,
Commagene,
Emesa,
Nabatei).
Da Augusto ai Severi (30 a.C. - 235 d.C.)
La presenza di Augusto in Oriente subito dopo la
battaglia di Azio, nel
30-
29 a.C. poi dal
22 al
19 a.C., oltre a quella di
Agrippa fra il
23-
21 a.C. e ancora tra il
16-
13 a.C., dimostrava l'importanza di questo settore strategico. Fu necessario raggiungere un
modus vivendi con la
Partia, l'unica potenza in grado di creare problemi a Roma lungo i confini orientali. Di fatto entrambi gli imperi avevano più da perdere da una sconfitta, di quanto potessero realisticamente sperare di guadagnare da una vittoria. E così la Partia accettò di fatto che ad ovest dell'Eufrate Roma organizzasse gli stati a suo piacimento:
[10] Augusto inglobò così alcuni
stati vassalli, trasformandoli in
province romane (come la
Giudea di
Erode Archelao nel
6, dopo che vi erano stati dei primi disordini nel
4 a.C. alla morte di
Erode il Grande) e rafforzò vecchie alleanze con re locali, divenuti ora "
re clienti di Roma" (come accadde per i sovrani di
Emesa,
Iturea,
[11] Commagene,
Cilicia e
Nabatea).
[12] È possibile che a protezione dei questo settore di confine, siano state poste tre
legioni in Siria: la
IV Scythica a
Cyrrhus (
Khoros), la
III Gallica ad
Antiochia e la
XII Fulminata a
Raphaneae (
Châma).
Giuntagli una simile denuncia, l'imperatore non poté non tenerne conto, tanto più che la città di
Samosata, la maggiore della Commagene, si trova sull'
Eufrate, da dove i Parti avrebbero potuto passare il fiume ed entrare facilmente entro i
confini imperiali. Così Peto venne autorizzato ad agire nel modo più opportuno. Il comandante romano allora, senza che Antioco e i suoi se l'aspettassero, invase la Commagene alla testa della
legio VI Ferrata insieme ad alcune
coorti e
ali di cavalleria ausiliaria, oltre ad un contingente di alleati del re
Aristobulo di Calcide e di
Soemo di
Emesa.
[13]
L'invasione avvenne senza colpo ferire, poiché nessuno si oppose all'avanzata romana o resistette. Una volta venuto a sapere della notizia, Antioco non pensò di far guerra ai Romani, al contrario preferì abbandonare il regno, allontanandosi di nascosto su un carro con moglie e figli. Giunto a centoventi
stadi dalla città verso la pianura, si accampò.
[13]
Frattanto Peto inviò un
distaccamento a occupare
Samosata con un presidio, mentre col resto dell'esercito si diresse alla ricerca di Antioco. I figli del re,
Epifane e
Callinico, che non si rassegnavano a perdere il regno, preferirono impugnare le armi, e tentarono di fermare l'armata romana. La battaglia divampò violenta per un'intera giornata; ma anche dopo questo scontro dall'esito incerto, Antioco preferì fuggire con la moglie e le figlie in
Cilicia. L'aver abbandonato figli e sudditi al loro destino, generò un tale sconcerto nel morale delle sue truppe che alla fine i soldati commageni preferirono consegnarsi ai Romani. Al contrario il figlio Epifane, accompagnato da una decina di soldati a cavallo, attraversò l'Eufrate e si rifugiò presso il re dei Parti
Vologese, il quale lo accolse con tutti gli onori.
[14]
Antioco giunse a
Tarso in
Cilicia, ma qui venne catturato da un centurione inviato da Peto a cercarlo. Arrestato fu mandato a Roma in catene. Vespasiano però, non volendo vederlo in quelle condizioni, oltreché rispettoso dell'antica amicizia, durante il viaggio, ordinò che fosse liberato dalle catene e lo fece fermare per il momento a
Sparta. Qui gli concesse cospicue rendite, al fine di poter mantenere un tenore di vita da re.
[15] Quando queste informazioni giunsero al figlio, Epifane, che aveva temuto per la sorte del padre, si sentì liberato da una grave peso e cominciò a sperare di potersi riconciliare con l'imperatore. Chiese pertanto a Vologese di potergli scrivere per perorare la propria causa e del fratello. Epifane e Callinico, pur venendo trattati bene, non riuscivano ad adattarsi a vivere al di fuori dell'impero romano. Vespasiano concesse loro, generosamente, di trasferirsi senza paura a Roma insieme al padre, che sarebbero stati trattati con ogni riguardo.
[15]
Il forte peso della forza militare stanziata nella provincia dava un grande potere al governatore che ne era a capo e rese possibili ribellioni al potere imperiale (come quella di
Avidio Cassio nel
175 contro
Marco Aurelio). Nel
193 Pescennio Nigro, governatore della Siria, si oppose a
Settimio Severo, eletto dalle legioni della
Pannonia: la Siria venne quindi divisa nelle due nuove province di Celesiria (
Syria Coele) e Siria Fenice (
Syria Phoenice).
Crisi del III secolo
In questo periodo furono eletti dalle legioni siriane diversi usurpatori (
Iotapiano, nel
248-
249 contro
Filippo l'Arabo,
Uranio Antonino, nel
253-
254 contro
Treboniano Gallo), proprio dopo che
Sapore I era succeduto al padre
Ardashir I. Sapore I, durante il regno di
Treboniano Gallo (
251-
253),
[24] scatenò una nuova offensiva contro le province orientali dell'
impero romano. Le truppe persiane sfondarono il
limes ed occuparono numerose città della
provincia di
Mesopotamia[25] (compresa la stessa
Nisibis[26][27]), per poi si spingersi ad ovest dell'
Eufrate, in
Cappadocia,
[27] Licaonia[27] e Siria, dove batterono l'
esercito romano accorrente a
Barbalissos. Il successo in battaglia portò le
armate sasanidi ad impossessarsi della stessa
Antiochia,
[28][29][30][31] dove ne distrussero numerosi edifici, razziarono un ingente bottino e trascinarono con loro numerosi prigionieri (
253).
[32][33][34] Nel
256[35] una
nuova invasione di
Sapore I, sottraeva importanti roccaforti
limitanee al dominio romano in Siria,
[36] come
Dura Europos, che fu
distrutta definitivamente insieme all'intera guarnigione romana: si trattava di una
vexillatio della
legio IIII Scythica[37] oltre alla
cohors XX Palmyrenorum sagittariorum equitata.
[38]. Durante l'ultima invasione di
Sapore I furono, inoltre,
assediate Edessa e
Carrhae tanto che il
Cesare Valeriano fu obbligato a marciare contro le armate sasanidi, senza ottenere il successo sperato.
[39]
Nel corso di questi anni, più volte gli imperatori romani furono, quindi, costretti ad intervenire per cacciare il nemico persiano dai territori romani di Siria,
Cappadocia e
Mesopotamia. Il primo fu
Alessandro Severo, poi fu la volta di
Gordiano III, ed infine
Valeriano.
[40] Quest'ultimo però fu sconfitto in
battaglia, catturato dal re
Sapore I e costretto a trascorrere gli ultimi anni di vita, in prigionia, aprendo così le porte ad una nuova e devastante invasione dei territori siriaci, che culminarono con una
nuova occupazione della
metropolis di
Antiochia (nel
260).
[41]
Protezione della frontiera siriana: la Strata Diocletiana (298-300 ca.)
La strada era munita di una lunga serie di fortificazioni, costruite tutte allo stesso modo: si trattava di
castra rettangolari con mura molto spesse e con torri sporgenti verso l'esterno. Erano situate normalmente ad un giorno di marcia (ca. 20 miglia romane) le une dalle altre. Il percorso cominciava presso l'
Eufrate a
Sura, lungo il
confine prospiciente il nemico
sasanide, e continuava verso sud-ovest, passando prima per
Palmira e poi per
Damasco e congiungendosi, quindi, con la
Via Traiana Nova. Vi era poi una diramazione che si spingeva ad est dell'
Hauran, per
Imtan, fino all'oasi di
Qasr Azraq. Si trattava in sostanza di un sistema continuo di fortificazioni che dall'Eufrate collegava il
Mar Rosso presso
Aila.
Difesa ed esercito
Legioni romane
L'esercito legionario della Siria (
Exercitus Syriae) utilizzò nei secoli i seguenti
castra legionari:
- ad Antakya, la latina Antiochia per un breve periodo sotto Augusto;
- a Khoros/Hagioupolis (nell'attuale Turchia[49][50]), nella latina Cyrrhus, a partire dal principato di Augusto;
- Latakia, nella latina Laodicea;[50]
- a Qalat al Madiq, nella latina Apamea (oggi Afamya), dall'epoca augustea e riaperta sotto Settimio Severo;[50][51]
- a Rafniye, nella latina Raphana, a partire dal principato di Augusto;[52]
- Samsat, nella latina Samosata;[52]
- a Belkis, nella latina Zeugma;[52][53]
- a Salhieh, l'antica Dura Europos (vexillationes legionarie).
Sappiamo che nel
9 d.C. vi erano le seguenti legioni, così dislocate nella provincia di Siria:
Lo storico
Tacito racconta che nel
23, le forze legionarie erano stanziate nelle province, a salvaguardia dei confini imperiali e per reprimere eventuali rivolte interne: quattro legioni erano stanziate tra la Siria ed il fiume
Eufrate.
[54]
Dopo la
disfatta di Varo e la distruzione di tre intere legioni nel
9 (la
legio XVII,
XVIII e
XIX), rimasero, durante tutto il principato di Tiberio solo 25 legioni. E se 8 nuove legioni furono create nel periodo compreso tra
Caligola e la
guerra civile del 68-69, 4 furono poi "sciolte", per cui sotto Vespasiano vi erano 29 legioni complessive: solo una in più, rispetto all'iniziale numero voluto da
Augusto (di 28). Questa la situazione di come appariva la loro distribuzione dopo la morte dell'imperatore
Nerone: c'erano 30/31 legioni attorno al
68, cinque delle quali in Siria:
Dopo la prima guerra giudaica degli anni 66-70 d.C., due legioni vennero dislocate nella
provincia di Giudea, due in
Cappadocia e tre rimasero in Siria. Si trattava delle seguenti legioni:
[55][58]
Alla morte di
Alessandro Severo c'erano 34 legioni in tutto l'Impero, cinque delle quali ancora in Siria, così come è evidenziato qui sotto nella tabella riassuntiva sulla loro dislocazione (nel
235):
Con la
crisi del III secolo che vide più volte i
Sasanidi vittoriosi e "sfondare" il
limes orientale romano, come accadde nel
252, quando occuparono la stessa
Antiochia,
[61][62] e la provincia di
Mesopotamia romana.
[63] Negli anni successivi le incursioni persiane continuarono,
[64] fino al
260, sottraendo importanti roccaforti al dominio romano anche in Siria,
[36] tra cui
Carre,
Nisibi (
252),
Doura Europos (
256).
[65] Poi ci fu la disfatta di
Valeriano presso Edessa, nell'aprile-maggio del
260, che mise in ginocchio le armate romane orientali.
[66] In Oriente fu, poco dopo, il
Regno di Palmira a subentrare a Roma nel governo delle province dell'
Asia minore, di Siria ed
Egitto, difendendole dagli attacchi dei
Persiani, prima con Odenato (260-
267), nominato da Gallieno "
Corrector Orientis", e poi con la sua vedova secessionista,
Zenobia (267-271). Fu solo grazie alla ripresa dell'iniziativa in Oriente di
Aureliano che l'intero
limes del settore orientale fu potenziato, e con esso la stessa Siria (ben 7 legioni), come evidenziato qui sotto:
Auxilia
Vi erano poi numerose
unità ausiliarie a difesa dei confini e delle principali strade che conducevano all'interno della provincia romana, per un totale di oltre 30.000 armati a partire dai principati di Domiziano-Traiano. Sappiamo da tutta una serie di iscrizioni epigrafiche che nella provincia c'erano:
- nell'89 (sotto Domiziano)
- 3 alae di cavalleria e 17 cohortes di fanteria (o miste),[68] i cui nomi erano:
- per le ali ricordiamo: II Pannoniorum, III Augusta Thracum veterana Gallica e I Flavia civium Romanorum;
- per le coorti, ricordiamo: I milliaria, I Lucensium, I Ascalonitanorum, I Sebastena, I Ituraeorum, I Numidarum, II Italica civium Romanorum, II Thracum civium Romanorum, II classica, III Augusta Thracum, III Thracum Syriaca, IIII Bracaraugustanorum, IIII Syriaca, IIII Callaecorum, Lucensium, Augusta Pannoniorum e Musulamiorum.
- nel 129 (sotto Adriano)
- 2 alae di cavalleria e 11 cohortes di fanteria (o miste),[69] i cui nomi erano:
- per le ali ricordiamo: Augusta Xoitana e I Flavia Agrippiana;
- per le coorti, ricordiamo: I Ascalonitanorum sagittaria, I Ulpia Dacorum, I Ulpia sagittaria civium Romanorum, I Ulpia Petreorum sagittaria, II Classica, II Gemina Ligurum et Corsorum, II Ulpia equitum sagittaria civium Romanorum, II Italica civium Romanorum, III Thracum Syriaca sagittaria, IIII Callaecorum Lucensium e V Ulpia Petreorum sagittaria.
- nel 152 (sotto Antonino Pio)
- 7 alae di cavalleria e 20 cohortes di fanteria (o miste),[70] i cui nomi erano:
- per le ali ricordiamo: I Flavia Agrippiana, I praetoria singularium, I Ulpia Syriaca, I Augusta Xoitana, I Thracum Herculana, I Ulpia singularium e I Ulpia dromadariorum milliaria;
- per le coorti, ricordiamo: I Ulpia Dacorum, I Ulpia Petraeorum, I Flavia civium Romanorum, I Lucensium, I Ulpia sagittariorum, I Flavia Chalcidenorum, I Gaetulorum, I Augusta Pannoniorum, I Claudia Sugambrorum tironum, II Gemina Ligurum et Corsorum, I Ascalonitanorum sagittariorum, II classica sagittariorum, II Ulpia Paphlagonum, II Ulpia equitata sagittariorum, II Italica civium Romanorum, III Thracum Syriaca, III Augusta Thracum, IIII Gallorum, IIII Callaecorum Lucensium e VII Gallorum.
Classis Syriaca
Geografia economica e politica
Maggiori centri provinciali
La romanizzazione non intaccò la cultura greca locale, commista da elementi semitici indigeni. Poche furono le nuove
colonie (l'attuale
Beyrut, con il nome di
Colonia Iulia Augusta Felix Berytus,
Baalbeck, come
Colonia Augusta Iulia Felix Heliopolis, sotto Augusto,
Tolemaide sotto
Claudio,
Aelia Capitolina sul sito di
Gerusalemme sotto
Adriano).
Principali vie di comunicazione
Una delle prime vie romane attestate in Siria da una
pietra miliare fu quella che collegava la capitale
Antiochia di Siria con
Tolemaide, quando quest'ultima divenne
colonia romana all'epoca dell'imperatore
Claudio. Molto significativa e conosciuta è poi la pietra miliare del
75 che segnala la strada che conduceva da
Palmyra a Sura sull'
Eufrate.
[74] L'esistenza di una strada romana da Palmyra all'Eufrate secondo Isaac presupporrebbe la presenza di due strade: una da
Damasco ed una seconda dalla costa del Mediterraneo a Palmyra. Ciò implica che l'organizzazione stradale tra il sud della Siria e l'Eufrate fu antecedente a quella di
Diocleziano.
[60]
Note
- ^ Giuseppe Flavio, Guerra giudaica, III, 2.4.
- ^ Plutarco, Vita di Pompeo, 39.1.
- ^ a b Appiano di Alessandria, Guerre mitridatiche, 106.
- ^ a b Plutarco, Vita di Pompeo, 39.2.
- ^ Plutarco, Vita di Pompeo, 38.2-3.
- ^ Cassio Dione Cocceiano, Storia romana, XXXVII, 7a.
- ^ Flavio Giuseppe, Guerra giudaica, I, 7.7.155.
- ^ Flavio Giuseppe, Guerra giudaica, I, 7.7.156.
- ^ a b Flavio Giuseppe, Guerra giudaica, I, 7.7.157.
- ^ D. Kennedy, L'Oriente, in Il mondo di Roma imperiale: la formazione, a cura di J. Wacher, Bari 1989, p. 305.
- ^ Giuseppe Flavio, Antichità giudaiche XV, 10.
- ^ D. Kennedy, L'Oriente, in Il mondo di Roma imperiale: la formazione, a cura di J. Wacher, Bari 1989, p. 306.
- ^ a b c Giuseppe Flavio, La guerra giudaica, VII, 7.1.
- ^ Giuseppe Flavio, La guerra giudaica, VII, 7.2.
- ^ a b Giuseppe Flavio, La guerra giudaica, VII, 7.3.
- ^ Erodiano, Storia dell'impero dopo Marco Aurelio , VI, 2.3-5.
- ^ Zonara, L'epitome delle storie, XII, 15.
- ^ Giorgio Sincello, Selezione di cronografia, 437, 15-25 (pp. 673, 17-674).
- ^ Erodiano, Storia dell'impero dopo Marco Aurelio , VI, 2.1.
- ^ A. Maricq, Les dernières années d'Hatra: l'alliance romaine, in Syria 34 (1957), p. 288; AE 1958, 238 databile al 5 giugno del 235; AE 1958, 239; AE 1958, 240.
- ^ F. Millar, The Roman near East (31 BC - AD 337), Cambridge Massachusetts & London 1993, p. 129.
- ^ Historia Augusta, Gordiani tres, 26, 5-6.
- ^ Pat Southern, The Roman Empire: from Severus to Constantine, p. 70.
- ^ Zonara, L'epitome delle storie, XII, 21.
- ^ Eutropio, 9, 8.
- ^ Tabari, Storia dei profeti e dei re, pp. 31-32 dell'edizione tedesca di Theodor Nöldeke (del 1879).
- ^ a b c Eutychius (Sa'id ibn Batriq o semplicemente Bitriq), Annales, 109-110.
- ^ Ammiano Marcellino, Storie, XX, 11.11; XXIII, 5.3.
- ^ Grant, p. 226.
- ^ Historia Augusta, Triginta tyranni, 2.
- ^ Giovanni Malalas, Cronografia, XII.
- ^ Oracoli sibillini, XIII, 125-130.
- ^ Libanio, Oratio XV, 16; XXIV, 38; LX, 2-3.
- ^ Res Gestae Divi Saporis, righe 11-19.
- ^ Rémondon, p. 75.
- ^ a b Eutropio, Breviarium ab urbe condita, 9, 8.
- ^ AE 1929, 181; AE 1931, 113.
- ^ AE 1923, 23.
- ^ Res Gestae Divi Saporis, righe 19-20.
- ^ John Drinkwater, Maximinus to Diolcetian, in The Cambridge Ancient History: The Crisis of Empire, A.D. 193-337, p. 42.
- ^ Grant, p. 231.
- ^ L. Keppie, The making of the roman army, from Republic to Empire, Oklahoma 1998, p. 200.
- ^ a b L. Keppie, The making of the roman army, from Republic to Empire, Oklahoma 1998, p. 201.
- ^ L. Keppie, The making of the roman army, from Republic to Empire, Oklahoma 1998, p. 112.
- ^ L. Keppie, The making of the roman army, from Republic to Empire, Oklahoma 1998, p. 113.
- ^ H. Parker, Roman legions, p. 70.
- ^ Tito Livio, Ab Urbe condita libri, Epitome CXXII.
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- ^ Tacito, Annales, II.57.
- ^ a b c D.B. Campbell, p. 15.
- ^ AE 1908, 272, CIL III, 14393, AE 1993, 1583.
- ^ a b c D.B. Campbell, p. 30.
- ^ AE 2003, 1789, AE 2003, 1791a-g.
- ^ Tacito, Annales, IV, 5.
- ^ a b Isaac 2004, p. 36.
- ^ Giuseppe Flavio, La guerra giudaica, VII, 1.2.
- ^ a b c Giuseppe Flavio, La guerra giudaica, VII, 1.3.
- ^ a b c d (DE) Emil Ritterling: Legio. In: Paulys Realencyclopädie der classischen Altertumswissenschaft (RE). vol. XII, Stuttgart 1893 segg., Col. 1271–ss..
- ^ a b AE 1908, 25; AE 2003, 1785; AE 2003, 1791 a.
- ^ a b c d Isaac 2004, p.35.
- ^ Zosimo, Storia nuova, I.27.2 e I, 28.1-2; Grant, p. 220-221.
- ^ Mazzarino, p. 526.
- ^ Eutropio, Breviarium ab urbe condita, 9, 8.
- ^ Rémondon, p. 75.
- ^ Grant, p. 226.
- ^ Eutropio, Breviarium ab urbe condita, IX.7; Grant (p. 227) suggerisce che Valeriano abbia chiesto "asilo politico" al re persiano Sapore I, per sottrarsi ad una possibile congiura, in quanto nelle file dell'esercito romano che stava assediando Edessa, serpeggiavano evidenti segni di ammutinamento.
- ^ a b Historia Augusta, Divus Claudius, 14.2.
- ^ AE 1939, 126.
- ^ Chiron-2006-241.
- ^ AE 2006, 1841.
- ^ CIL III, 421; AE 1987, 827; AE 2002, 1746.
- ^ AE 1939, 233.
- ^ CIL III, 434.
- ^ Isaac 2004, p.34; l'iscrizione AE 1933, 205 è stata trovata nei pressi di Arak (Erek / Aracha, in Syria): Impperatores Vespasianus Caesar Augustus, pontifex maximus, tribunicia potestate VI, imperator [...], consul VI (e) designatus VII, et Titus Caesar, Augusti filius (figlio dell'Augusto) Vespasianus pontifex tribunicia potestate IV, imperator [...], consul IIII, sub Marco Ulpio Traiano, legato Augusti pro praetore XVI.
Bibliografia
- Fonti antiche
- Agatangelo, Storia degli Armeni, I.
- Agazia, Storia sul regno di Giustiniano, IV.
- Ammiano Marcellino, Storie, XX-XXIII.
- Appiano di Alessandria, Guerre mitridatiche, qui versione in inglese; Guerra civile I, qui versione inglese.
- Aurelio Vittore, De Caesaribus (Testo in latino disponibile qui).
- Cassio Dione Cocceiano, Historia Romana.
Versione in inglese qui.
- Eutropio, Breviarium ab Urbe condita.
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- Erodiano, Storia dell'impero dopo Marco Aurelio (Τῆς μετὰ Μάρκον βασιλείας ἰστορίαι). Versione in inglese qui
- Eusebio di Cesarea, Vita Constantini, IV.
- Flavio Giuseppe, Guerra giudaica (testo inglese)
.
- Giorgio Sincello, Selezione di cronografia.
- Giovanni Lido, De magistratibus, III.
- Giuseppe Flavio, Antichità giudaiche XV.
- Historia Augusta, Vite degli imperatori romani (da Adriano a Caro, Carino e Numeriano).
Versioni in inglese qui.
- Libanio, Oratio XV, XXIV e LX.
- (LA) Tito Livio, Ab Urbe condita libri, XXI-XXX.

- (LA) Tito Livio, Periochae, 21-30.

- Malalas, Cronografia, XII.
- Oracoli sibillini, XIII.
- Plutarco, Vite parallele.

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Voci correlate