sabato 15 ottobre 2022

Recensione complessiva de "Gli Anelli del Potere - The Rings of Powers" da parte di un tolkieniano ortodosso, ma non fondamentalista.



Ora che la prima stagione de Gli Anelli del Potere si è conclusa è tempo di esprimere una valutazione complessiva della serie tv.
Alla luce dell'ottavo ed ultimo episodio, così ricco di avvenimenti e colpi di scena, si possono capire meglio alcune dinamiche precedenti, e correggere il tiro nei confronti di alcune questioni di cui si è molto discusso nel corso di questa prima stagione.
Si è detto e si è scritto, anche da parte mia, che il ritmo delle puntate precedenti era stato troppo lento ed ora viene da pensare che, considerando il ritmo e la rapidità con cui si sono svolti gli eventi cruciali nell'ultima puntata (svelamento di Sauron, sua collaborazione con Celebrimbor, suo smascheramento da parte di Galadriel e forgiatura degli Anelli del Potere) tutto questo materiale poteva essere distribuito nelle puntate precedenti, magari tagliando alcune scene meno importanti ed allora ci sarebbe stato un entusiasmo maggiore da parte degli spettatori.
Ma cerchiamo di andare con ordine, partendo dall'inizio, un mese e mezzo fa.

L'aspettativa era enorme: Prime Video e Amazon Originals hanno investito una somma colossale in questa serie, per fare di essa una specie di "nave ammiraglia" della flotta destinata, almeno nelle intenzioni, a sfidare colossi come Netflix, HBO, Disney+ (con Lucasfilm incorporata). 
Tutti i pregi e i difetti della serie si sono manifestati già dalle prime due puntate, trasmesse insieme il 2 settembre 2022, trentanovesimo anniversario della morte di J.R.R. Tolkien, e vista da ben 25 milioni di telespettatori, molti dei quali hanno reagito negativamente (per usare un eufemismo), abbandonando la visione della serie per motivi di cui parleremo.
Le polemiche hanno tenuto banco fino alla seconda puntata, della quale non è stata resa nota l'audience (almeno per quanto ne sappiamo), dopodiché è subentrato un dibattito tra pochi eletti, con il sospetto che alcuni difensori d'ufficio fossero in qualche modo collegati con la casa produttrice, specialmente sui social media, primo tra tutti Twitter, da cui è emerso che il numero di commenti era nettamente inferiore e molto meno entusiasta del principale concorrente, The House of the Dragon, della HBO.
Teniamo subito a precisare che chi scrive appartiene alla fascia di spettatori che ha continuato e continuerà a vedere The Rings of Power, augurandosi che possa raggiungere la quinta serie, cosa non scontata, e che gli autori e i produttori ascoltino le critiche costruttive e ponderate di chi vuole evitare che, per dirla con un proverbio del passato, si butti via l'acqua sporca col bambino dentro, perché riteniamo che nonostante tutto, è possibile rimediare a gran parte degli errori commessi in questa prima stagione.
Ma entriamo ora nel merito della recensione vera e propria, esaminando tutti i vari aspetti.

I personaggi e le linee narrative

Gli eventi si svolgono durante la Seconda Era della Terra di Mezzo (o per meglio dire, di Arda, l'universo creato dalla mente geniale del professor Tolkien) e quindi più di tremila anni prima degli eventi de Il Signore degli Anelli, che si colloca al termine della Terza Era.
Un prequel, dunque, molto lontano nel tempo, che lasciava ampio margine di autonomia narrativa, dal momento che non c'era un romanzo vero e proprio a cui ispirarsi, ma una serie di informazioni che sono contenute nelle Appendici dello stesso SdA (che ci offre una cronologia molto chiara) e nelle opere edite a cura di Christopher Tolkien, figlio del Professore, escluso però Il Silmarillion di cui la Tolkien Estate ha preferito conservare i diritti televisivi (per fortuna).
Tra queste opere menzioniamo I racconti incompiuti, I racconti ritrovati e I racconti perduti.
Il materiale da cui trarre ispirazione quindi c'era ed aveva una sua struttura solida e di grande pregio.
Purtroppo, per motivi a nostro avviso poco comprensibili, si è scelto invece di attingere a qualcosa che abbiamo ironicamente definito "I racconti mai scritti", il che vuol dire che riguardo alla trama ci si è presi troppe libertà rispetto al canone tolkieniano.
Chi scrive è un tolkieniano ortodosso, ma non fondamentalista, nel senso che, pur considerando gli scritti di Tolkien una sorta di Bibbia personale, letta, studiata e interpretata secondo l'esegesi canonica del devoto figlio del Professore, ammette che, per esigenze di copione e di ricezione del pubblico, è ammissibile apportare delle modifiche, ma solo se è davvero necessario.
Qui invece, e dispiace dirlo, ci sono stati dei veri e propri stravolgimenti che non erano affatto necessari.
La Cronologia di Tolkien è stata compressa e nel contempo annacquata con apporti alquanto discutibili: eventi distanti mille anni sono stati resi contemporanei, e questo lo si sarebbe anche potuto capire se non ci fosse stato, però, l'inserimento di linee narrative completamente inventate, con personaggi altrettanto inventati, che hanno accentuato le perplessità del pubblico dei tolkieniani (più o meno esperti), e che in buona parte mancano di quel necessario carisma per convincere gli altri spettatori, o per lo meno creare una sufficiente empatia, anche per ragioni che riguardano la scelta del cast, ma su questo punto è necessario un discorso a parte, essendoci state polemiche su questioni politicamente sensibili.
La scelta di focalizzare l'attenzione sul personaggio della nobile elfa Galadriel è giusta, perché in effetti, nel canone tolkieniano, lei è presente fin dai primordi ed è un personaggio in perenne trasformazione, con molti lati oscuri, molti conflitti interiori e persino alcune ambiguità di fondo, che soltanto l'età, plurimillenaria, (seppur perennemente giovane nell'aspetto, come tutti gli Elfi tolkieniani) le permetterà di superare, giungendo alla massima saggezza e positività.
Ma questa è la Galadriel degli scritti di Tolkien, della quale viene descritta l'impulsività giovanile e l'indubbio coraggio, ma di cui non si dice nulla dell'aspetto sul quale invece la serie tv ha puntato, e cioè la destrezza nel maneggiare le armi e persino nel condurre gli eserciti.
E il motivo non è certo quello che alcuni credono, e cioè che Tolkien relegasse i personaggi femminili a ruoli stereotipati: non è così, basti pensare all'importanza che ha attribuito ad Eowin, la principessa guerriera di Rohan.
Gli autori della sceneggiatura hanno deciso che da giovane Galadriel fosse come Eowin, decisione che può avere varie e comprensibili motivazioni, ma il cui esito è discutibile, perché il personaggio che emerge dalle azioni e dalle parole della serie, è troppo stereotipato e piatto per suscitare empatia oppure ammirazione, oppure anche avversione emotivamente partecipata.
Certo, un po' di evoluzione c'è, alla fine, però si poteva rendere meglio dal punto di vista psicologico e questo mancato approfondimento caratterizza anche altri personaggi ed è dovuto, come è stato chiaro fin dall'inizio, al fatto che la qualità letteraria dei dialoghi è deludente: troppi luoghi comuni, troppe frasi fatte che sfiorano pericolosamente la banalità, e questo è un imperdonabile dilettantismo, forse l'elemento più grave di tutti, un'offesa all'originalità di Tolkien, che sapeva dosare nella giusta misura l'umorismo con la commozione, l'epicità con la tragedia, la fragilità con il coraggio, l'apparente leggerezza con l'abissale profondità. Dov'è andato a finire tutto questo?
Nelle prime puntate emerge solo il forte legame col fratello Finrod (di cui è sottinteso il nome e la cui morte viene descritta in maniera imprecisa per il fatto che Amazon Prime non possiede i diritti sul Silmarillion e non può entrare nello specifico degli eventi della Prima Era) e dunque l'unico movente dell'ostinazione di Galadriel è la vendetta contro Sauron (il grande assente che abbiamo atteso per otto puntate) che all'inizio la fa apparire spietata, ostinata e fastidiosa persino all'amico e parente Elrond e al re Gil-Galad, mentre solo più avanti viene detto, così, en passant, che il marito Celeborn è dato per morto in battaglia, cosa palesemente falsa, ma inserita forse per lasciare più libertà sentimentale al personaggio che però fino ad ora non ha mostrato attrazione per nessuno, se non, forse, per il misterioso Halbrand, uno dei personaggi sulla cui identità si è molto discusso, e che infatti si è rivelato essere ciò che molti sospettavano che fosse
Usare il nome "Annatar", seguendo il canone tolkieniano, avrebbe certamente svelato le carte fin dall'inizio e quindi comprendiamo la ragione del cambio di nome e dell'assenza del personaggio che si cela dietro le sue avvenenti sembianze.
Ritorneremo su di lui, ma prima vogliamo parlare degli altri personaggi, partendo da quelli "canonici".
Elrond è abbastanza coerente con la caratterizzazione datagli da Tolkien, soprattutto per la sua saggezza e la sua amicizia con i Nani, e i dialoghi tra lui e Durin IV sono buoni, divertenti e a tratti persino profondi, specialmente quando Elrond parla di suo padre Earendil il Marinaio, un argomento che andava sviluppato maggiormente nella linea narrativa di Numenor.
Al riguardo c'era una possibilità: la grande statua del porto di Numenor rappresentava proprio Earendil, ma ci viene detto solo nei "trivia" mentre avrebbe meritato una menzione esplicita.
Altra occasione perduta per parlare della famiglia di Elrond (senza bisogno di citare il Silmarillion), è nella scena in cui Galadriel parla con Elendil, (di cui però si tace il rango di Principe di Andunie, facendolo sembrare un semplice capitano di vascello) e commenta un affresco raffigurante Elros Tar-Minyatur, primo re di Numenor, figlio di Earendil ed Elwing, e fratello gemello di Elrond, che al contrario di quest'ultimo scelse una vita mortale. Era l'occasione per parlare di uno degli elementi più suggestivi della famiglia di Earendil, e invece Galadriel liquida il tutto con una battuta del tipo "Elros era una persona, ma io preferisco Elrond, suo fratello". Capiamo le esigenze della "brevitas", ma siccome si è dedicato fin troppo tempo a personaggi non canonici di cui si poteva fare benissimo a meno, era preferibile approfondire la vita, la storia e la personalità dei due gemelli Mezzelfi e del loro legame con la stirpe di Numenor.
C'è un elemento involontariamente comico nell'amicizia tra Galadriel ed Elrond ed è il fatto che sembrano coetanei e pare quasi che il secondo abbia un debole per lei, quando invece sappiamo (o dovremmo sapere, visto che nemmeno Peter Jackson, nella sua grandezza, si è soffermato sull'argomento), che Elrond sposerà Celebrian, la figlia di Galadriel e Celeborn, che all'epoca non era ancora nata. Forse era in quel momento che si sarebbe dovuto dire che Celeborn era apparentemente caduta in battaglia (elemento creato solo dalla serie tv) ed Elrond pareva fare gli occhi dolci alla futura suocera, che però lo considera un semplice "letterato". 
Si è mostrata molta allergia agli alberi genealogici, trascurando elementi fondamentali nei rapporti tra i vari personaggi canonici tolkieniani.
Sia Elrond che Galadriel erano membri della Famiglia Reale dei Noldor, e l'importanza dei loro incarichi derivava anche da questo, e questo legame, pur essendo materia del Silmarillion e quindi fuori dal copyright, era un argomento ampiamente trattato nelle famose Appendici e nei Racconti Incompiuti.
Da lì apprendiamo che erano anche cugini di Gil-Galad e di Celebrimbor.
Le linee narrative di entrambi meritavano un approfondimento, che si spera potrà esserci nella prossima stagione. Per Tolkien il regno di Gil-Galad fu l'età dell'oro per gli Elfi della Terra di Mezzo, tanto che il Lindon ci viene presentato come una sorta di Camelot e proprio nei capitoli iniziali del Signore degli Anelli viene citata un'opera poetica sull'argomento della grandezza di questo Alto Re e della sua morte gloriosa, dopo un regno durato tre millenni (il più lungo nella storia elfica della Terra di Mezzo, cioè tutta la Seconda Era). C'è una grande nostalgia in questo poema, che traspare bene dalla traduzione classica il cui incipit già ci conduce verso un passato eden a cui non si può fare ritorno: "Gil-Galad sugli Elfi solea regnare / quando i giorni erano giovani e belli [...] ora tristi cantano i menestrelli / del suo regno perduto tra i monti e il mare". Bastano queste parole per evocare un'Età dell'Oro irreparabilmente distrutta, ma non per colpa di Gil-Galad, bensì di Celebrimbor, nipote di quel Feanor che per gli Elfi fu sotto molti aspetti la causa di tutti i mali (ma anche di tutte le avventure). 
Tutto questo non traspare in maniera sufficiente e anzi la trama viene ribaltata introducendo un elemento non canonico e non necessario, ossia una presunta malattia degli Elfi che solo il mithril potrebbe guarire, se fuso in una lega metallica con oro e argento di Valinor.
La domanda che ogni tolkieniano degno di questo nome si è posta è molto semplice: "Perché?"
Che bisogno c'era di inventarsi questa cosa?
Forse per introdurre i Nani nella linea narrativa di Elrond e Celebrimbor, e nel contempo mostrare il risveglio del Balrog, e possiamo quindi comprendere che c'erano buone intenzioni che in parte sono state condivisibili.
Tuttavia la questione della "malattia" sminuisce un elemento morale di una certa rilevanza.
Tolkien attribuisce la causa della rovina di Moria e dell'Eregioni a due aspetti moralmente deprecabili: l'avidità di ricchezze dei Nani di Moria e l'avidità di potere degli Elfi dell'Eregion, e in particolare di Celebrimbor, che viene ingannato da Sauron in persona sotto le mentite spoglie di Annatar, qui chiamato Halbrand, il quale in effetti come fabbro se la cava molto bene e mostra di avere straordinarie capacità di sopravvivenza e combattimento.
Chi altri avrebbe potuto essere Sauron? Non certo lo Sconosciuto, il cui modo di atteggiarsi ricorda troppo la mirabile interpretazione di Ian McKellen per non capire che abbiamo a che fare con un giovane Gandalf improbabilmente piombato dal cielo dentro un meteorite (anche qui si rasenta il ridicolo), ma concediamo pure questa libertà se ci offre il piacere di vedere com'è nata l'amicizia tra gli Hobbit e lo stregone, anche se i primi sono ancora Harfoot (Pelopiedi) e il secondo è un po' troppo lento ad imparare. Questa linea narrativa è molto slegata dalle altre e, per quanto buffa, a volte è troppo lenta e carente di avvenimenti più significativi.
Non ci è dato alcun indizio sui tre personaggi androgini detti Mistici (totalmente non canonici e di dubbia necessità). Sono tre sacerdotesse malvage che attendono l'arrivo di Sauron, ma sbagliano clamorosamente nell'identificarlo, rivelandosi poco sagaci e sostanzialmente inutili. Le intenzioni degli autori erano quelle di depistare lo spettatore, anche se l'effetto percepito è più quello di aver allungato ulteriormente il brodo di una linea narrativa già fin troppo diluita, o per insaporire il suddetto brodo, con risultati però non eccelsi.

Ammettiamolo: nelle prime puntate la sensazione è che non succeda quasi mai niente di rilevante, e che tutto ciò che accade sia finalizzato più che altro a farci conoscere i personaggi e a farci fare una specie di giro turistico panoramico per apprezzare i meravigliosi panorami e paesaggi, e la maestria con cui si è costruita una scenografia davvero spettacolare. 
Questo è certamente uno dei punti di forza della serie e di certo siamo grati per la possibilità che ci è stata offerta di osservare e apprezzare questi effetti speciali di altissimo livello.
Il problema è che si è investito troppo sull'aspetto scenografico e troppo poco sulla sceneggiatura e sul montaggio.

Il primo evento profondamente emozionante è quello legato alla linea narrativa degli Orchi del Sud che, capeggiati dal misterioso elfo malvagio Adar, riescono a fondare il regno di Mordor facendo esplodere il Monte Fato.
Questa linea si intreccia bene con le altre, ma non è esente da elementi che possono dar adito a una certa perplessità che coinvolge sia personaggi canonici completamente stravolti come la regina Tar-Miriel e l'onnipresente Galadriel, Elendil e Isildur, sia personaggi nuovi, in particolare Bronwin, suo figlio Theo, e l'elfo che si innamora della donna, Arondir.
Possiamo trovare interessante l'aver voluto approfondire il carattere di Tar-Miriel, introducendola durante una fase di Reggenza, con il padre Tar-Palantir ancora vivo, ma non più presente a se stesso (questa sorte toccò a Tar-Atanamir, ma queste sono minuzie da esperti).
Si è voluto fare anche di Miriel una guerriera coraggiosa che guida gli eserciti in guerra, e guai a dire che è l'esatto contrario della descrizione che ne dà Tolkien, pena l'accusa di sessismo che vogliamo assolutamente evitare.
Lungi da noi prestare il fianco a queste polemiche, ma riteniamo doveroso almeno osservare che l'attribuzione della futura debolezza di Miriel rispetto a Pharazon, (che forse ha accelerato la dipartita del Re) ad un accecamento della nuova Regina derivato dall'esposizione alla luce dell'esplosione del Monte Fato è una trovata quantomeno bizzarra, anche perché gli altri non hanno riportato quel danno, specialmente Galadriel che è rimasta impavida (e imprudente) di fronte all'ondata di fuoco e non ha riportato alcuna ustione e persino nessun danno ai capelli, superando in questo le capacità conservative di Daenerys Targaryen. 

Ma passando agli altri personaggi, già si è detto il nostro pensiero riguardo ad Elendil, ma non ancora quello riguardo ad Isildur.
E qui però si incomincia a camminare sulle sabbie mobili perché prima occorre affrontare il discorso della credibilità dei personaggi per quanto riguarda il loro aspetto fisico. 
Elendil ed Isildur dovrebbero essere padre e figlio, ma non sembrano nemmeno cugini di terzo grado.
Si dirà che Isildur potrebbe assomigliare alla madre, su cui purtroppo Tolkien non ha lasciato alcuno scritto e che quindi possiamo immaginarci molto simile all'attore che interpreta il futuro Re da cui discende Aragorn. Non compare il fratello Anarion, mentre compare una sorella che è la gioia e l'orgoglio del padre. Tuttavia Anarion viene menzionato rapidamente e non si capisce bene dove sia e perché, cosa che peraltro vale un po' per tutti i personaggi, compresi alcuni protagonisti.
Isildur è caratterizzato in maniera peculiare: è impacciato, insicuro, non stimato dal padre se non quando viene dato per morto, un po' come se fosse il Faramir della situazione.
Forse si è scelto di dare di lui questa immagine per giustificare il fatto che, pur essendo destinato a tagliare la mano di Sauron, sentirà la necessità di fare uso dell'Anello un po' come se fosse una dipendenza da sostanze dovuta ad una fragilità interiore. E' stato suggerito da altri, ma non è da escludere che si sia ragionato in questi termini per inserire un elemento di attualità sociale e riguardo a questo sospendiamo il giudizio in attesa della seconda stagione, che attendiamo con molto desiderio, sulla scia dell'effetto energizzante dell'ultimo episodio della prima.
Arondir va bene, però avremmo preferito che avesse i capelli lunghi secondo la moda elfica, perché ridurre gli Elfi a uomini con le orecchie a punta ci è parso un po' semplicistico.
Bronwin e Theo appaiono di minore utilità, in particolare quest'ultimo. Poi chi lo sa, magari diventerà il Re Stregone di Angmar, da grande...  tutto può succedere e tutto fa brodo, ma l'importante è non allungarlo troppo, questo brodo, specie se questo va a discapito dei personaggi carismatici.

Molto interessante è invece il personaggio di Adar, il "Padre" degli Orchi, tramite il quale gli autori della serie hanno affrontato una tematica che Tolkien non ebbe il tempo di chiarire, e cioè l'origine stessa degli Orchi. Una delle spiegazioni che si trovano negli scritti del Professore di Oxford è che si tratti di elfi torturati e resi malvagi dalle arti oscure, ma la questione resta piuttosto fumosa e lo stesso scrittore ne era consapevole, tanto che questo fu uno dei motivi per cui non pubblicò "Il Silmarillion" in vita (l'edizione avvenne a cura del figlio Christopher, come poi quella di tutte le altre opere postume) e lasciò incompiuti molti racconti. C'erano inoltre altri scritti che fornivano altre spiegazioni e anche su questo si è svolta l'enciclopedica attività filologica di Christopher Tolkien.
Riguardo alle versioni contraddittorie si è molto dibattuto e un interessante approfondimento riguardante su questo tema e sul dialogo tra Galadriel e Adar si può trovare presso il seguente link:  

https://tolkienitalia.net/lo-specchio-di-galadriel/?fbclid=IwAR0vrImVrhmK7-8rvn9KrPXmXsLEX_0PlcxooZnngTBnK82sIA4UqGt1F3U

Un altro tema originale che è stato affrontato riguarda l'origine del regno di Mordor, perennemente coperto dalle nubi in seguito all'eruzione del Monte Fato.
Scrive Cristina Nadotti su La Repubblica, che "La spettacolarità della scena e il suo impatto drammatico ha portato molti (i forum e gli appassionati di Tolkien sono una comunità attivissima e molto vasta) a chiedersi se dietro a questa trasformazione fantastica di un paesaggio possa però esserci un fondo di verità e se le eruzioni vulcaniche esplosive possano davvero essere innescate.
I vulcani eruttano roccia fusa, chiamata magma, a temperature comprese tra 700 e 1.300 °C. Le eruzioni vulcaniche possono essere effusive, formando colate di lava, o esplosive, quando vengono espulsi nell'atmosfera grandi frammenti di magma e roccia, ceneri fini e gas vulcanici. Quella del "Mount Doom", o Orodruin ne Gli Anelli del Potere, è raffigurata come eruzione esplosiva di tipo idro-magmatico, causata da grande abbondanza di gas vulcanici nel magma. Queste eruzioni si verificano quando il magma entra in contatto con acqua - come le acque sotterranee, gli oceani, i laghi, i fiumi, i ghiacciai o le lastre di ghiaccio - che si surriscalda fino a diventare vapore. L'energia termica del magma si trasforma così in energia meccanica esplosiva nel vapore".

[Work in progress: la pagina sarà aggiornata fino ad avere una recensione completa: questa è solo una prima bozza che ho voluto condividere con voi]