sabato 1 febbraio 2020

Vite quasi parallele. Capitolo 49. Il Sommo Poeta e l'eterogenesi dei fini.

Adriano Trombatore proveniva da una famiglia che egli stesso definiva "piccolo-borghese", con un misto di disprezzo e falsa modestia. 
Il genitori erano insegnanti elementari, ("due maestrini da Libro Cuore", diceva lui, con un sorriso di condiscendenza), e idolatravano, non ricambiati, quel figlio che aveva dimostrato fin da bambino "eccezionali doti letterarie, e non solo", come avrebbe certificato la Signorina De Toschi in persona, sua docente di latino e greco al Liceo Classico.
La stima che l'onnipotente e ninfomane Grande Mademoiselle dimostrava nei confronti del giovane Trombatore era corroborata da un elemento che entrambi condividevano, ossia una spiccata tendenza allo scrocco ai danni della famiglia Ricci-Orsini, di cui la De Toschi si sentiva la guida morale.
La Signorina aveva lasciato intendere al suo allievo prediletto che, una volta diplomatosi, lei gli avrebbe aperto la strada verso il "bel mondo", "l'alta società", la "crème de la crème", a patto, naturalmente, che lui le concedesse qualche notte di infuocata passione amorosa.
Adriano Trombatore, che a detta di molti aveva una certa predisposizione al priapismo, oltre ad essere dotato di uno stomaco molto robusto, seppe soddisfare con successo le considerevoli brame della "Grande Mademoiselle".
Fu per questo che la Signorina, dietro suggerimento del perfido Massimo Braghiri, lo scelse come candidato ideale per insidiare la virtù di Silvia Ricci-Orsini e lo introdusse come ospite fisso ai ricevimenti dell'anziana Contessa Vedova Emilia a Villa Orsini.
La Grande Mademoiselle non aveva però tenuto conto che i gusti di Silvia erano opposti ai suoi, in fatto di uomini.
Quelle che, nell'ottica della De Toschi, erano qualità, dal punto di vista di Silvia erano difetti.
Adriano Trmbatore era piuttosto massiccio, con sguardo vagamente porcino e libinoso. Fumatore accanito, ottima forchetta, nonché bevitore da competizione (lui e la Contessa Madre Emilia facevano a gara a chi si scolava più Rosso di Borgogna nell'arco di un'ora), Adriano Trombatore non era proprio bellissimo, nemmeno nell'accezione più anticonvenzionale del termine, anzi, si può dire che fosse decisamente brutto, eppure aveva uno straordinario successo con le donne.
Era un seduttore, uno di quegli uomini con una personalità così sicura di sé, e in più con "doti nascoste" di leggendaria e sproporzionata eccezionalità da fargli guadagnare la fama di novello Casanova.
E non era tutto.
Trombatore aveva altre considerevoli frecce al proprio arco: una voce da baritono, suadente e lapidaria con cui decantava i versi poetici da lui stesso composti; una cultura letteraria strategicamente organizzata in modo da far credere che conoscesse tutto Dante a memoria; un uso sapiente del silenzio e del corruccio, come se, in ogni istante della sua vita, egli meditasse sui misteri dell'universo, sopportandone il peso.
La sua conversazione era brillante, anche se non si capiva mai quando stesse parlando sul serio o quando volesse fare dell'ironia, tanto che molte persone scoprivano soltanto a distanza di giorni che gli elogi a loro rivolti dal Sommo Poeta erano in realtà delle spietate stroncature.
Le sue pose dannunziane unite al gusto dei vini pregiati gli avevano assicurato la benevolenza della Contessa Vedova, la quale lo invitava con sempre maggiore frequenza ai propri eventi mondani.
Ma queste gentilezze furono mal ricompensate.
Trombatore rimase sconvolto dal fasto della Villa, dal lusso spropositato in cui vivevano i componenti del clan Ricci-Orsini, e per lui fu amore a prima vista: amore per quel mondo, per quel fasto, e solo in un secondo tempo, e incidentalmente, per le donne che ne facevano parte.
Del resto le più belle e interessanti gli erano state precluse fin dall'inizio.
Margherita e Isabella Ricci-Orsini erano entrambe coniugate.
Rimaneva Silvia, come già previsto dai piani di Massimo Braghiri.
Ma, con grande disappunto e delusione del giovane Braghiri e della Signorina, i piani andarono molto diversamente da quanto previsto, producendo addirittura un effetto collaterale i cui danni permanenti avrebbero tormentato la vita del Sommo per tutti i decenni a venire.
Silvia infatti non era minimamente interessata ad Adriano Trmbatore, il quale, dopo aver ripetutamente e inutilmente tentato di corteggiarla a suon di versi d'amore scopiazzati dal Petrarca, ci provò con le gemelle De Gubernatis, figlie di Ginevra Orsini.
Tornò alla carica con "Chiare, fresche e dolci acque" con una delle due, a caso.
Elisabetta De Gubernatis non abboccò: lei aveva occhi solo per Massimo Braghiri, anche se quest'ultimo la considerava soltanto un ripiego.
Il Trombatore, sconcertato da quella serie di fallimenti, decise, non foss'altro che per dare sollievo al proprio ego ferito,  di puntare tutto sull'altra gemella, Anna De Gubernatis, alla quale recitò alcuni notissimi versi di Dante, che considerava un suo pari : "Tanto gentile e tanto onesta pare..."
Questa volta, disgraziatamente, ebbe successo: Anna De Gubernatis si innamorò di lui e decretò così, nel contempo, la propria rovina e la salvezza di sua cugina Silvia.
Inizialmente il Trombatore e la sua vittima tennero segreta la loro relazione.
Quando ricominciò il semestre, a Bologna, frequentarono insieme le lezioni di Lettere Classiche e prepararono insieme gli esami. Lo studio era però soltanto una copertura: in realtà i due ci davano sotto con altre attività più sollazzevoli.
Era l'ultimo anno di università, e stavano preparavando la tesi.
Entrambi avevano scelto come argomento la poesia d'amore latina: Adriano aveva optato per Catullo, Anna, con un "notevole" sforzo di fantasia, per Tibullo.
Normalmente la giovane De Gubernatis si faceva aiutare dalla cugina Silvia, ma c'erano dei passaggi in cui solo la grande perizia estetica del Sommo Poeta Trombatore poteva dare quel "tocco di classe" che era necessario.
Fu così che, in un pomeriggio fatale, verso la fine del 1966, Anna e Adriano correggevano insieme la tesi di lei e tra un verso e l'altro, tra un caffè e una sigaretta, scivolarono ben presto in una situazione alla Paolo e Francesca.
Lui, che aveva continuato a scrivere poesie e a declamare i suoi versi in pubbliche letture, le leggeva per diletto una lirica di sua creazione, a lei dedicata, che iniziava con l'espressione "Baluginii nei tuoi occhi".
Bastò questo perché lei si infiammare di passione e dimenticasse di usare le solite precauzioni.
Galeotta fu la poesia e chi la scrisse e “quel giorno più non vi lessero avante”.
Un mese dopo Anna non ebbe il ciclo.
Due mesi dopo ebbe la certezza di essere incinta.
Nessuno dei due aveva il coraggio di dirlo alle rispettive famiglie.
Fuggirono dal collegio di Bologna la sera stessa, portandosi dietro i soldi e i gioielli delle compagne di stanza di Anna e cioè la sorella Elisabetta e la cugina Silvia.
Pernottarono in un albergo a Firenze e il giorno dopo partirono per Roma.
Lì vissero per due settimane in un bilocale scalcagnato di Trastevere, abbandonandosi alla passione più sfrenata, poi, finiti i soldi e l’idillio, se ne tornarono a Bologna a coda bassa, coperti d'infamia e di ridicolo.
Le conseguenze furono ovvie ed inevitabili.
Trovarono ad attenderli lo "Stato Maggiore" del clan Ricci-Orsini-Papisco.
C'erano Ettore Ricci,  Diana Orsini, il giudice De Gubernatis, sua moglie Ginevra Orsini, la vecchia Contessa Madre Emilia e, naturalmente, la Signorina De Toschi, infuriata per il fatto che quell'idiota del "Sommo Poeta" aveva rovinato la reputazione della ragazza sbagliata, mandando all'aria il piano che aveva ordito con Massimo Braghiri.
Seguì un interrogatorio in stile Gestapo.
Pressata dalle insistenti domande della Signorina, alla fine Anna ammise, in lacrime:
<<C'è un bambino in viaggio>>
Era troppo persino per la De Toschi.
La Signorina Mariuccia, schiumante di rabbia, prese Adriano Trombatore per la collottola:
<<Lurido traditore! Viscido verme! Dopo tutto quello che ho fatto per téeee! Depravato! Disgraziato! Smidollato! Se fosse ancora vivo il mi' babbo, te la farebbe vedere lui!>>
Trombatore era confuso:
<<Ma io ho soltanto...>>
<<Zitto, pezzo d'idiota! E ascoltami bene!>> tuonò la De Toschi, e dopo essersi soffiata il naso e aver aspirato profondamente la sigaretta, dichiarò <<Certo noi avevamo ben altre aspirazioni per la nostra Anna, ma ormai il danno è fatto e si impone un matrimonio riparatore>>
Nella stanza cadde il silenzio.
Ginevra, la madre di Anna, che non pareva entusiasta di avere Trombatore come genero, avanzò timidamente una proposta:
<<E se... come dire... trovassimo un modo per interrompere la..?>>
La De Toschi, cattolica integralista, strabuzzò gli enormi occhi da batrace:
<<Nooooo! Nooooo!>> tuonò scuotendo il testone, con le guance flaccide che tremavano, così come il triplo mento <<Mai! Non permetterò mai una cosa simile! Su di me si potrà dire tutto, ma una sola cosa è assolutamente certa: io so' cattolica!>>
La vecchia Contessa Madre Emilia, che era già al quarto bicchiere di gin-tonic, e nel suo delirio alcolico aveva intuito più di tutti gli altri che era meglio non inimicarsi la De Toschi, approvò:
<<La Signorina ha ragione. In casi come questo, io l'ho sempre detto, non c'è che la Signorina, e la famiglia Orsini si è sempre attenuta ai suoi consigli e continuerà a farlo>>
Addolcita da quel riconoscimento ufficiale, la Grande Mademoiselle sorrise in un modo che la fece assomigliare all'orripilante Regina di Cuori in Alice nel Paese delle Meraviglie di Walt Disney, da poco passato a miglior vita ("Da oggi il mondo è più povero", era stato il memorabile commento di Ronald Reagan, all'epoca Governatore della California).
La sua voce della Signorina tornò ipocritamente carezzevole:
<<Dobbiamo trovare un'adeguata sistemazione per questi due ragazzi. In fondo manca poco alla laurea. E' bene che si sposino il prima possibile>>
A quel punto, tutti gli occhi si rivolsero in direzione della capofamiglia.
Diana Orsini, pur nutrendo un istintivo disprezzo per il "Sommo Poeta" Trombatore, non poté fare a meno di notare che Anna lo amava.
Si rivolse dunque alla nipote per averne conferma:
<<Sei d'accordo, Anna? Pensaci bene, prima di rispondere>>
Ma la giovane De Gubernatis non ci pensò neanche mezzo secondo:
<<Sì, voglio sposare Adriano>>
Diana allora fissò sua sorella Ginevra e il giudice De Gubernatis, i quali, loro malgrado, chinarono il capo in segno di assenso.
Poi posò lo sguardo, con aria severissima, sul Trombatore, il quale aveva la faccia di chi ha appena ascoltato un verdetto di condanna a morte.
<<Adriano>> disse infine Diana <<noi ti accogliamo in questa famiglia, il che comporta molti obblighi. Se li rispetterai, ne sarai ricompensato, ma se farai soffrire la figlia di mia sorella, la mia collera ricadrà su di te, come se avessi fatto soffrire una delle mie stesse figlie>>
C'era qualcosa di tristemente profetico nelle parole della Contessa di Casemurate, e certamente non ci voleva il dono della precognizione per capire che la debolezza del "Sommo Poeta" nei riguardo del gentil sesso non sarebbe stata certo cancellata dal "sacro vincolo del matrimonio".
Rimaneva da ascoltare il parere di colui che, pur essendo il reale padrone di tutto e il marito di Diana, veniva ancora inconsciamente considerato come un trovatello ammesso per un atto di carità al nobile desco degli Orsini, ossia Ettore Ricci, per il quale i matrimoni servivano solo ad accrescere il suo potere e a tutelare i suoi affari.
Evidentemente il mondo poetico-letterario non rientrava tra quelli con cui Ettore sentiva il bisogno di stringere legami, pertanto, pur non ritenendo necessario opporre un veto a quelle nozze, grugnì qualcosa riguardo a "quel covo di comunisti " che era la famiglia Trombatore e sul fatto che lui personalmente non voleva averci nulla a che fare.
Ma in fondo nemmeno lui voleva un ennesimo scandalo, non fosse altro che per evitare che la gente tornasse a parlare dei precedenti, e ben più gravi, che non avevano certo giovato alla sua stessa reputazione.
E così la decisione fu presa, e uno dei più fallimentari matrimoni del secolo ebbe inizio.
Diana, che pure era stata severa nei confronti di Adriano, non poté comunque fare a meno di provare una certa compassione nei suoi confronti.
Il Sommo Poeta, infatti, aveva immaginato per sé una vita ben diversa, come i poeti maledetti parigini, un'esistenza fatta di genio e sregolatezza, di Bohème a Montparnasse, di viaggi alla Hemingway, di contestazione, di oratoria politica, ma soprattutto di Bacco, Tabacco e Venere fino all'ultimo respiro.
Si ritrovava invece incastrato in una situazione che, giorno dopo giorno, avrebbe assunto sempre di più, ai suoi occhi, i contorni di un incubo.
Tornato a Forlì dopo la laurea e in attesa di un posto da insegnante procuratogli per raccomandazione dalla Signorina De Toschi, visse per un po' di tempo facendo lezioni private di letteratura italiana agli studenti privati di latino e greco della stessa De Toschi.
Nel frattempo gli Orsini trovarono un appartamento adatto alle sue esigenze, con tanto di biblioteca e studio dove comporre le proprie creazioni.
Nella primavera del 1967, il Sommo Poeta ed Anna De Gubernatis si sposarono, come imponeva la tradizione della famiglia di lei (o per meglio dire "della madre di lei") nella Chiesa di Casemurate, alla presenza di Ettore Ricci e Diana Orsini, che, pur non parlandosi, guidavano con il pugno di ferro in guanto di velluto ciò che restava della Dinastia.
Il figlio dei novelli coniugi Trombatore nacque pochi mesi dopo (troppo pochi per l'opinione pubblica) e gli fu dato il nome di Matteo.
Quel matrimonio aveva sancito il ritorno della Signorina De Toschi al suo ruolo di "vertice morale e spirituale del clan Ricci-Orsini", e la Grande Mademoiselle volle trasformare questa sua vittoria in autentico trionfo. Fu così che, raggiunto il limite massimo dell'età pensionabile, fece in modo, tramite una consolidata ragnatela di conoscenze, che il suo successore alla cattedra di Italiano, Latino e Greco al Liceo Classico di Forlì fosse proprio il Sommo Poeta.
Certo, per Adriano Trombatore il Liceo di Forlì non era la Sorbona di Parigi, né tantomeno la Boheme che aveva sognato, ma in fin dei conti, come aveva detto Giulio Cesare, era comunque meglio essere i primi in un villaggio che i secondi a Roma.
Chi ne usciva totalmente scornato e ancora più rabbioso era invece Massimo Braghiri, che non aveva ottenuto lo scopo di scalfire la reputazione di Silvia Ricci-Orsini e aveva perso anche la preziosa alleanza della De Toschi, la quale, prima di liquidarlo, gli consigliò di non disdegnare troppo a lungo le attenzioni della gemella di Anna, ossia Elisabetta De Gubernatis.
L'eterogenesi dei fini aveva fatto sì che tutte le sottigliezze della strategia di Massimo, invece di favorire il suo sogno di fidanzarsi con Silvia, aveva aumentato notevolmente le probabilità di dover ripiegare su Elisabetta, avendo oltre tutto come cognato lo stesso individuo che avrebbe dovuto recar disonore al "buon nome dei Ricci-Orsini".
A consolarlo ci pensò sua madre, la governante Ida Braghiri, i cui propositi di vendetta e rivalsa non erano mai stati più saldi. Prese le mani del suo adorato figlio e gli disse che comunque l'opinione della gente riguardo ai loro datori di lavoro non era affatto migliorata, anzi:
<<I Ricci-Orsini? La loro storia si riassume in cinque parole: "uno scandalo dietro l'altro">>