giovedì 19 novembre 2020

Vite quasi parallele. Capitolo 95. La caduta di Ida Braghiri, la Governante-Dittatrice di Villa Orsini


Riguardo alla cosiddetta "dialettica servo-padrone", Hegel aveva già detto quasi tutto: col passare del tempo e delle generazioni, i proprietari perdono dimestichezza con le abilità pratiche, le quali vengono delegate ai dipendenti, in misura sempre maggiore, e se il dipendente è così abile da rendersi necessario, allora il rapporto si ribalta e il dipendente assume il comando.
Qualcosa di molto simile, e sotto certi aspetti anche peggiore, era accaduto nel rapporto tra la famiglia la famiglia Ricci-Orsini-Monterovere e la famiglia Braghiri.
Sembrava quasi una riedizione in piccolo della tecnica con cui i Carolingi, maggiordomi di palazzo, avevano soppiantato gli antichi re Merovingi, bollati poi impietosamente dalla storia come "re fannulloni".
Diana Orsini, che amava molto la storia, si avvaleva spesso di quell'esempio, ogni volta che metteva in guardia suo nipote, evocando poi, con terrore, lo spettro di Childerico III, deposto, umiliato e bollato dalla storia come "l'Idiota" o "il re fantasma", pace all'anima sua.
Questa inquietante similitudine divenne ancor più minacciosa quando, dopo la tempesta giudiziaria che aveva travolto il Feudo Orsini, la famiglia Braghiri continuò, come se niente fosse, a esercitare il suo potere sulla Villa, tramite il rango della matriarca, la settantacinquenne signora Ida, Governante da più di cinquant'anni.
Quella permanenza era, agli occhi di tutti, non solo scandalosa, ma anche sospetta, poiché appariva come una prova evidente del fatto che Ettore Ricci fosse ricattato e dunque che avesse molte cose da nascondere, e di non poco conto.
Si favoleggiava persino che la signora Ida avesse ereditato dal defunto marito, ex Amministratore del Feudo Orsini, un archivio contenente le prove dei più scabrosi segreti della "dinastia" che per ottocento anni aveva detenuto il potere nella Contea di Casemurate.
Ogni volta che Roberto Monterovere cercava di capire se in quelle voci ci fosse un briciolo di verità, suo nonno Ettore si offendeva con sdegno, mentre la nonna Diana, che sembrava reggere sulle esili spalle il peso di tutte le diciotto generazioni degli Orsini di Casemurate, sospirava e ripeteva, con pazienza non priva di afflizione, che: <<La situazione è un po' più complessa>>.
Roberto se n'era reso conto da un pezzo, e sentiva la necessità di sapere qualcosa di più.
La sua insistenza, però, produceva l'effetto opposto, tanto che, una volta, Diana lo ammonì severamente scandendo le seguenti parole: <<Imparerai che nella vita ci sono cose che è meglio non sapere>>.
Era l'eterna storia delle tre scimmiette che si coprivano occhi, orecchi e bocca, a significare: "non vedo, non sento e non parlo". Alcuni la chiamavano omertà, ma Diana sosteneva che, sempre in piccolo, era lo stesso metodo della Royal Family britannica: "Never complain, never explain", mai lamentarsi, mai dare spiegazioni.
Roberto allora le faceva notare che quel metodo si era rivelato disastroso nella gestione della crisi, ormai sotto gli occhi di tutti, del matrimonio tra il Principe e la Principessa di Galles.
Diana rideva: <<Loro hanno riflettori di tutto il mondo puntati addosso. Noi no. L'unica cosa che ho in comune con la Principessa di Galles è il nome, che temo diventerà infausto>>.
Fu così che Roberto, preso dalla disperazione nel vedere che tutto il mondo della sua infanzia gli si stava sbriciolando sotto gli occhi, incominciò a indagare per conto suo, ricostruendo le radici della faida tra i Ricci-Orsini e i Braghiri.
Ida Braghiri e suo marito Michele erano entrati al servizio del defunto conte Achille Orsini dietro raccomandazione dell'altrettanto defunto usuraio Giorgio Ricci, detto "Zuarz", il padre di Ettore, che deteneva tutte le cambiali firmate dal conte Achille in decenni di folli spese.
Inizialmente Ida era una normale cameriera e Michele un semplice fattore, ma la loro abilità era consistita nel guadagnarsi fin dall'inizio l'ingenua simpatia e la malriposta fiducia sia di Ettore Ricci che di Diana Orsini.
Questo fu possibile perché in fondo, mentre Ettore e Diana pensavano in grande e delegavano i dettagli ai dipendenti, Michele e Ida avevano i piedi saldamente ancorati a terra, ed erano estremamente felici di accumulare le deleghe su deleghe, incarichi su incarichi, poteri su poteri, ben oltre l'ordinaria amministrazione.
In particolare, questo tipo di dinamica era risultato facilissimo per la signoraa Ida.
Tutto quello che per Diana Orsini rappresentava una terribile seccatura, per Ida Braghiri era invece un modo piacevolissimo per esercitare il potere e consolidate la propria autorità.
Diana non amava le questioni pratiche: era uno spirito poetico, che viveva nel mondo dei sogni e dell'immaginazione, un universo fatto di letteratura, di musica, di arte, di spiritualità: tutto il resto le pareva un'imperdonabile perdita di tempo.
Citando, con una punta di snobismo, una celebre battuta di Villiers De L’Isle-Adam, Diana Orsini, diciottesima Contessa di Casemurate, giustificava così ai parenti la propria inerzia e il proprio orrore per le questioni pratiche: <<Vivere? Lo facciano per noi i nostri domestici>>
Mentre pronunciava questa frase in stile Ancien Regime, che pareva uscita dalla bocca della compianta regina di Francia, Maria Antonietta, non immaginava che la Governante stesse origliano dietro la porta del Salotto Liberty, e decidesse di prendere quelle parole alla lettera, tanto da sentirsi moralmente autorizzata a impadronirsi sul serio della vita della sua datrice di lavoro.
Ida Giorgini divenne, per tutti, l' "Arzdora", per usare un termine romagnolo, ossia "colei che regge la casa e la famiglia". 
Ed era un'Arzdora tirannica, una vera e propria dittatrice.
Del resto Ida Braghiri aveva, come si suol dire, le physique du rôle.
C'era un tale piglio autoritario, nel suo sguardo freddo e minaccioso, da far soggezione a tutti, compresi i suoi stessi datori di lavoro.
Era quasi peggio della spaventosa governante del film Rebecca, la prima moglie.
Decisa, sicura di sé, inflessibile e implacabile, aveva esercitato, specialmente nei riguardi delle tre figlie di Ettore e Diana, il ruolo della severa educatrice, approfittando delle continue emicranie e crisi esistenziali della loro romantica madre.


Col tempo non si curò nemmeno di nascondere il sadico piacere che traeva dall'aver instillato nelle figlie dei padroni una sorta di sudditanza psicologica.
Nessuno si meravigliò quando la Governante tentò di ripetere quell'operazione con i tre nipoti di Ettore e Diana, ma qui le cose non funzionarono egualmente bene.
In particolare Alessio e Roberto non sopportavano la presenza asfissiante e ingombrante di quella donna terribile. il cui cipiglio ancora faceva tremare le loro madri e la loro nonna.
Resasi conto che con Alessio e Roberto le sole maniere forti non funzionavano, passò al metodo del bastone e della carota, alternando i rimproveri con le lusinghe.
<<Per me siete come figli, anzi nipoti, e vi voglio bene come ai miei stessi nipoti>>
Roberto non ci credette neanche per un decimo di secondo, ma finse di stare al gioco, per riuscire a trovare un punto debole, una "maglia rotta nella rete", un anello cedevole della catena con cui la signora Ida teneva avvinghiata la famiglia Ricci-Orsini.
Alla fine si convinse che l'unica debolezza di Ida Braghiri era l'eccesso di autostima, che la portava, a volte, ad abbassare la guardia.
Era talmente sicura del proprio potere che non si prendeva più nemmeno la briga di nascondere le proprie emozioni, in particolare la vile tendenza a gioire delle disgrazie altrui.
La cosa era fin troppo evidente. Quegli occhi gelidi improvvisamente scintillavano di una gioia sadica e la bocca si incurvava in un ghigno malefico.
Un giorno, durante una riunione di famiglia, la Governante si spinse troppo oltre.
Il casus belli fu una conversazione tra Ida Braghiri e Margherita Ricci-Orsini, coniugata Spreti, la figlia maggiore di Ettore e Diana. L'argomento era un esame universitario che il figlio di Margherita, Fabrizio, non era riuscito a superare.
Si vedeva chiaramente che Margherita era molto dispiaciuta, e Ida si divertiva ad agitare il coltello nella piaga, con domande tese a conoscere tutti i particolari di quell'umiliazione. 
Fabrizio era presente, ma a un certo punto lasciò la stanza. Gli altri due cugini, Alessio e Roberto, si scambiarono un segnale, come a dire che era venuto il momento di fare qualcosa.
Fu così che Alessio Zanetti, che dei tre cugini era il più coraggioso e ruspante, nel vedere sua zia torturata in quel modo e suo cugino così vilipeso, se ne uscì con parole che di certo il Salotto Liberty non aveva mai sentito:
<<Zia, perché le rispondi? Non vedi come gioisce per i nostri fallimenti? Guardala bene: non vedi che le ride anche il culo?>>
Il gelo calò nella stanza.
Anche le altre conversazioni si spensero. 
Era come se qualcuno finalmente avesse gridato che il re era nudo.
Ida Braghiri rimase stupefatta, con gli occhi sgranati e la bocca aperta, nel dubbio di come reagire a quella mossa imprevista.


Improvvisamente, e in maniera del tutto inaspettata, Margherita Spreti di Serachieda incominciò a ridere e la risata si estese a tutti gli altri presenti.
Ida Braghiri divenne paonazza per la rabbia e mollò un ceffone sulla faccia di Alessio Zanetti Protonotari Campi, cadendo così nella trappola che il ragazzo le aveva teso.
In quel momento Diana Orsini si alzò e tutti tacquero:
<<Signora Ida, c'è un limite a tutto e lei lo ha superato ampiamente e da molto tempo.
Non sono disposta a tollerare oltre. La sollevo da tutti gli incarichi che ricopre e la invito a lasciare al più preso questa casa>>
Ida Braghiri non si mosse di un millimetro:
<<Questa casa è di suo marito: solo lui ha il potere di licenziarmi e credo che gli convenga farlo>>
Ettore Ricci, che era stato avvertito della situazione, intervenne:
<<Questa casa appartiene alla famiglia Ricci-Orsini, a cui lei ha mancato di rispetto, in maniera pubblica e plateale. Per cui confermo ciò che ha detto mia moglie: lei è licenziata per giusta causa. La invito a seguirmi nel mio studio per informarla riguardo al trattamento di fine rapporto. Potrà rimanere nel suo appartamento fino a quando non avrà trovato una nuova sistemazione>>
Ida Braghiri lo fissò con sguardo omicida e abbandonando ogni forma di cortesia, urlò:
<<Sarai tu a dovertene andare, Ettore! E lo sai dove? In galera!>> poi si rivolse al resto della famiglia <<E voi altri, non durerete nemmeno mezza giornata, senza di me. Non siete capaci nemmeno di svuotare un pitale! Verrete a supplicarmi in ginocchio di ritornare a mettere ordine in questa gabbia di matti!>>
Ettore le si parò davanti:
<<Non peggiori la sua situazione>>
Ida rimase immobile:
<<Se no cosa mi fai, Ettore? Chiami la polizia? Il grand'uomo agli arresti domiciliari che chiama la polizia... sembra una barzelletta>>
Ettore si sentì stranamente sollevato, come se finalmente, dopo tanto tempo, fosse libero da un peso che lo stava schiacciando:
<<Io sono innocente fino a sentenza definitiva. Nel frattempo ho tutto il diritto di chiamare chi di dovere per difendere la mia casa e la mia famiglia>>
Ida Braghiri si rese conto di aver perso, per la prima volta in vita sua, una battaglia:
<<E va bene, Ettore, mi ritiro, ma non finisce qui, puoi scommetterci!>>
Ettore le lasciò l'ultima parola, purché se ne andasse.
Quando finalmente la Governante-Dittatrice abbandonò il campo di battaglia, tutti si sentirono leggeri come non erano mai stati.
Diana abbracciò Ettore e gli sussurrò all'orecchio una parola che non gli aveva detto quasi mai, in cinquant'anni di matrimonio: <<Grazie>>

Roberto, sconvolto dagli eventi, si chiese se le minacce di Ida Giorgini potessero avere un qualche fondamento.
Per cinquant'anni, la Governante aveva saputo nascondere bene sia i suoi reali sentimenti che le sue trame. Per tutti quei decenni, dietro alla maschera di una apparente e rigorosa professionalità, Ida Braghiri si era mantenuta fredda, livida, divorata dall'invidia, chiusa nel suo cupo disegno di rivalsa, valutando, ponderando, prendendo la mira, aggiustando il tiro come un cacciatore esperto.
Per quanto Ettore fosse stato generoso con lei e con la sua famiglia, questo non bastava.
Mentre fingeva di accettare con ritrosia sdegnosa i premi per la sua presunta fedeltà, Ida era rimasta, nel suo intimo, una regista gelida, impenetrabile, indifferente ai valori dell'amicizia, senza dubbi, senza palpiti , senza un briciolo di pietà umana.  
Aveva agito nell'ombra, come certi ragni velenosi di cui non ci si accorge se non quando sono diventati troppo pericolosi per poterli sfidare.
E infine, dopo la morte di suo marito Michele, Ida aveva consumato il tradimento che meditava da anni, diffondendo documenti riservati, mettendo in giro voci allarmanti, ma soprattutto tessendo una ragnatela di alleanze in grado di infliggere allo stesso Ettore un colpo decisivo.
E tutto questo per cosa?
Invidia e odio, poiché lei apparteneva a quella miserabile schiatta di individui che desiderano soltanto distruggere tutto ciò che non appartiene a loro, traendo il massimo piacere nell'assistere alla rovina altrui.
Per lei l'intero clan Ricci-Orsini rimaneva, anche dopo una vita di convivenza sotto lo stesso tetto, un nemico da distruggere.
Tutte le malefatte del suo defunto marito dovevano essere scontate da Ettore Ricci, che ne era venuto a conoscenza soltanto a posteriori, e poi costretto ad insabbiare tutto per evitare uno scandalo nel momento in cui il Feudo Orsini doveva ancora riprendersi dalla cattiva gestione del conte Achille.
Diana l'aveva capito subito e dentro di sé pensava: "Ettore e Achille, come nell'Iliade, e il Feudo Orsini rischia di fare la fine di Troia".
Ed era proprio ciò che Ida Braghiri e suo figlio Massimo incominciarono a desiderare nel momento in cui le figlie di Ettore rifiutarono di sposare Massimo stesso.
Isa e Massimo chiamavano quel piano di distruzione "il Grande Disegno", lo scopo di una vita intera: una vita dedicata al Male.
E tutto questo senza alcuno scrupolo di coscienza.
Cosa significava, per Ida Braghiri, la rovina di uomo, della sua anziana sposa, lo sfascio di una famiglia già danneggiata, l'ostracismo della sedicente "buona società", una volta che fossero stati accusati ingiustamente di tremendi delitti? 
Perché era questo il punto: gettare su Ettore l'ombra della responsabilità della morte di tre persone: Isabella Orsini, Arturo Orsini e Federico Traversari, in realtà uccisi da Michele Braghiri.
Che significava tutto questo per Ida Braghiri, una volta esercitato il potere per fare il Male come sempre aveva fatto nella sua vita?
La risposta era semplice e sconcertante nello stesso tempo.
Tutto questo non significava niente.
Non è nostra intenzione rievocare ulteriormente la sua grigia freddezza. Non è questa una colpa.
Si può essere grigi, ma buoni; grigi, ma onesti; grigi, ma sinceri nel rendere conto del proprio operato di fronte al tribunale della coscienza. 
Ebbene, a Ida Braghiri era proprio questo che mancava: una coscienza morale.
Le mancava quell’insieme di lealtà, rettitudine, sincerità e coraggio che rendono una persona degna di fiducia, di amicizia e di ammirazione.