mercoledì 9 settembre 2020

Vite quasi parallele. Capitolo 84. Questo corpo mortale

Rogue Photo Inspo // @destinationrogue // DestinationRogue.com // #travel #inspo #photography #blogger #femaletraveller #travelblog

"Chi mi salverà da questo corpo mortale?" o, più alla lettera, "Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte?" si chiedeva San Paolo nella Lettera ai Romani, dopo una lunga e severa ammonizione contro il rischio dei piaceri della carne.
Di certo il vecchio Michele Braghiri, uomo dai forti appetiti materiali, votato a Bacco, Tabacco e Venere, non si era mai posto domande simili.
Andava fiero della propria fama di donnaiolo, anche se poi, in fin dei conti, più che un Don Giovanni o un Casanova, era un mero frequentatore di bordelli, lupanari e, dopo essersi arricchito, di centri benessere con massaggiatrici irresistibili e studi dentistici con igieniste procaci e premurose.
Suo "compagno di merende", in queste "sollazzevoli istorie", era il suo datore di lavoro, il commendator Ettore Ricci, proprietario del Feudo Orsini e di tutte le aziende da esso controllate.
I due compari, messi insieme, sembravano il Gatto e la Volpe del Collodi, dove la volpe era certamente Michele, l'astuto amministratore di tutti i beni della famiglia Ricci-Orsini e in generale della Contea di Casemurate.
Erano due forze della natura e nulla a questo mondo poteva piegarli, ma come sappiamo c'erano altre forze in gioco, potenze oscure evocate nell'ombra e pronte a colpire.
Va detto che entrambi, pur facendosi beffe della credulità popolare, specie riguardo alla stregoneria, erano tuttavia superstiziosissimi, come chiunque fosse nato e cresciuto, ai loro tempi, nella Contea di Casemurate.
Nessuno, per esempio, confessava mai di essere malato, perché era implicito che la malattia rappresentasse o la conseguenza di una fattura, o, peggio ancora, una punizione divina.
Sia Ettore che Michele, in ogni caso, sembrava godessero di ottima salute, il secondo in particolare.
Il signor Braghiri si comportava come se avesse vent'anni, alludendo anche, in maniera nemmeno troppo velata, al suo vigore nella sfera sessuale.
E naturalmente nessuno si sognava nemmeno di pensare che un tale vigore potesse essere suscitato da una donna come sua moglie Ida, che anche negli anni migliori della gioventù, aveva sempre avuto tratti duri, volgari e grossolani.
Del resto la stessa Ida, pur idolatrando il marito, conosceva benissimo i suoi gusti per le ragazze giovani, e arrivava persino ad assecondare tali gusti.
In qualità di Governante (nel senso più imperioso del termine) di Villa Orsini, la signora Ida Braghiri assumeva e licenziava a suo piacimento le cameriere e quelle che lei chiamava sprezzantemente "le sguattere".
Era proprio in quest'ultima categoria che Michele Braghiri trovava prede da cacciare come fossero quaglie in un cortile recintato.
La brutalità dei suoi approcci era ben nota, ma nessuno aveva mai avuto il coraggio di denunciarlo o anche solo di richiamarlo a un comportamento più rispettoso, perché Michele Braghiri ricattava tutti quanti, a partire da Ettore Ricci, il padrone di Villa Orsini e del Feudo annesso.
Ma alla fine fu proprio durante una di queste molestie sessuali verso una giovane domestica che il patriarca della famiglia Braghiri tirò le cuoia.
Un infarto lo stroncò mentre stava palpeggiando la povera ragazza, la quale si difendeva con tutte le sue forze.
La morte non lo colse subito: gli lasciò trenta interminabili secondi, nei quali ebbe modo di rendersi conto del disonore che sarebbe piovuto addosso a lui, alla sua famiglia e non solo.
Questa dipartita si rivelò, infatti, doppiamente scandalosa, primo per il modo in cui avvenne e secondo per il luogo, ossia la Villa Orsini, il cuore della Contea di Casemurate.
La Governante e neo-vedova pagò una somma notevole alla ragazza in questione perché tenesse la bocca chiusa, ma la voce si sparse lo stesso, e si ingigantì, nell'immaginario popolare.
Mentre ancora si allestiva la camera ardente del defunto, i casemuratensi stavano già dipingendo un ritratto a tinte fosche di presunte orge con fanciulle minorenni, il tutto sotto la supervisione della Governante e con la tacita approvazione dei padroni di casa.
Ettore Ricci era furibondo e mentre fingeva cordoglio di fronte al feretro e al "corpo mortale" del suo amministratore delegato, lo malediceva in cuor suo per aver provocato un ennesimo scandalo, che si aggiungeva a tutti gli altri, accumulati in un quarantennio di vite spericolate delle varie persone e famiglie che avevano abitato sotto il nobile tetto degli Orsini di Casemurate.
La settantenne contessa Diana e la novantaseienne contessa-madre Emilia, si rifiutarono di comparire in pubblico, evitando persino il funerale, per prendere apertamente le distanze dal defunto, di cui conoscevano malefatte ben peggiori.
Ma quando Diana chiese al marito di licenziare Ida Braghiri, Ettore si rifiutò, facendo capire che tutte le prove su cui si basavano i ricatti del non compianto Michele erano passati nelle mani della sua vedova e dell'odioso figlio Massimo, di cui era meglio non suscitare le ire.
La Contessa però non si faceva illusioni: ormai Ettore era accerchiato, e con lui anche l'onore della famiglia Ricci-Orsini.
Correva l'anno 1984.