domenica 13 marzo 2022

Vite quasi parallele. Capitolo 180. Euphoria

 



Il secondo semestre si avviava verso la sua naturale conclusione, e cioè la sessione estiva degli esami, l'incubo di ogni studente.
Studiare col caldo è una tortura, un'aperta violazione dei diritti umani.
Mentre Roberto cercava, invano, di memorizzare tutte le voci del bilancio aziendale, Aurora combatteva su due fronti: da un lato l'università e dall'altro la moda, dove finalmente, grazie alle raccomandazioni di Serena Monterovere e del marito di quest'ultima, l'influente professor Hagauer, la sua carriera di modella stava incominciando a decollare.
Era riuscita infatti a stabilire relazioni amichevoli con i pezzi grossi del mondo della moda milanese, che le erano stati presentati da Serena Hagauer nella famosa serata al 10CorsoComo.
Tra casting e servizi fotografici, era impegnata tutto il giorno, mentre di notte, invece di dormire, studiava, e non sembrava essere mai stanca, anzi era sempre allegra e sorridente e piena di energie.
Roberto però incominciava ad essere in pensiero per lei:
<<Senti, Auri, io sono un po' preoccupato: vedo che non dormi mai, non mangi mai... eppure sprizzi energia da tutti i pori, com'è possibile? Prima o poi il corpo e anche la mente ne risentono>>
Lei però minimizzava:
<<Ma no, lo sai bene che mi bastano poche ore di sonno per ricaricarmi e, quando sono in giro, mi concedo sempre degli spuntini con il giusto apporto calorico e nutrizionale. 
Stai tranquillo, è tutto sotto controllo>>










Qualche giorno dopo, però, fu Leonardo da Monza a rivelare a Roberto un segreto che aveva appreso dai suoi insider nel gruppo dei Finanzieri del Clefin:
<<Aurora ti sta mentendo. La sua iperattività euforica non è dovuta soltanto alle leggendarie energie di cui si vanta tanto. C'è un "aiutino", non so se mi spiego...>>
Roberto lo sospettava:
<<Prende anche lei il Deadyn?>>
Leo sorrise:
<<Magari fosse solo quello! No, mi dispiace doverti rattristare con questa notizia, ma il fatto è che Aurora sniffa cocaina, e in pratica si nutre principalmente di quella>>
Roberto dovette stendersi nel letto del suo monolocale, tanto duro era stato quel colpo:
<<Ne sei sicuro?>>
Leo annuì fermamente:
<<Ci sono testimoni attendibili, più di uno, tutti nel giro dei Finanzieri del Clefin. E la cosa ancora più grave è che a fornirle la coca è Stefano Vimercati, ma non gratis...>>











Roberto era pietrificato:
<<Aurora mi tradisce? E' questo che stai cercando di dirmi?>>
Leo scosse il capo:
<<Non credo che si possa definire tradimento, perché Vimercati non le chiede prestazioni sessuali, no, lui si accontenta di lavarle e massaggiarle i piedi>>
Roberto non capiva:
<<Stai scherzando?!>>
Leo rimase serio:
<<Purtroppo no. Stefano Vimercati è un feticista dei piedi. Non di tutti i piedi, però: devono avere certe caratteristiche che io non conosco. In quel caso gli basta toccarli per eccitarsi, e se ne vanta pure!>>
Roberto si sentì sprofondare:
<<Non ci posso credere...>>
Leo però era sempre stato preciso nelle sue informazioni:
<<Nemmeno io ci credevo, ma me l'hanno riferito in troppi per poter pensare che sia solo uno scherzo. Da quel che ho capito, Vimercati le fa una sorta di pedicure e un po' di solletico. Questo è il massimo che Aurora gli concede, dopodiché lui fa sesso con un'altra donna, una escort  di lusso, fisicamente simile ad Aurora, ma con piedi diversi, immagino. E anche cervello diverso, s'intende...
Aurora la chiama raffinatamente "la troia" mentre Vimercati si è guadagnato il soprannome che merita: "l'idiota".
Quindi, per come la vedo io, lei non ti ha "tradito" in senso stretto, però si è prestata a una pratica piuttosto stravagante e, se posso permettermi, anche un po' degradante>>
Roberto scuoteva la testa:
<<E' un incubo! Una follia! Io non saprei nemmeno descrivere i piedi di Aurora, dopo tre anni che stiamo insieme. Mi sono sempre sembrati normali... forse un po' più piccoli della media, ma niente di particolare... io proprio non capisco, è tutto così assurdo...>>
Leo, che non gli aveva mai mentito, non poté far altro che dire:
<<Assurdo, ma vero. Credo che dovresti parlarne con lei, il prima possibile>>
Roberto annuì, consapevole che questa volta il rischio di una rottura definitiva era molto alto.










Roberto ci rimuginò sopra per alcuni giorni, nel tentativo di "metabolizzare" quelle pessime notizie, e, come spesso gli accadeva, condì il pasticcio dei suoi pensieri con molta letteratura e altrettanta filosofia.
Si ricordò di un verso di  Coleridge nell'ode Dejection : 
«Sembra una storia del regno degli spiriti / quando un uomo ottiene ciò che merita / e merita ciò che ottiene». Oggi useremmo il termine "essere umano", al posto di uomo, ma il concetto è chiaro: la giustizia non appartiene a questo mondo, ma a un regno ultraterreno nel quale molti sperano per pareggiare i conti. L'espressione "regno degli spiriti", per descrivere l'aldilà, non è propriamente cristiana; sembra appartenere piuttosto a una "ghost story" della letteratura gotica preromantica, un filone che riaffiorò poi più volte nell'età vittoriana.
Coleridge allude ai fantasmi di coloro che devono "pareggiare i conti" per le ingiustizie subite da vivi.
I fantasmi sono vendicativi, permalosi, se la legano al dito: non è forse una convinzione diffusa, seppur come leggenda o superstizione, ancora al giorno d'oggi?
E questo avviene perché in vita i meritevoli spesso non sono apprezzati e i colpevoli non sono puniti.
Tutto questo valeva anche per Aurora: i suoi successi sia nel mondo della moda che in quello della finanza, non erano tutta farina del suo sacco.
Riguardo alla moda lo sappiamo per certo, mentre non sappiamo se i risultati degli esami, al netto della cocaina, rispecchiassero la sua preparazione, o se invece gli ottimi risultati derivassero dal suo fascinoche incantava i docenti, o piuttosto dal fatto che il solito Vimercati, avesse uno zio nel Consiglio d'Amministrazione dell'Università. 
Roberto non si era mai sbilanciato molto su questo argomento, ma la sua gelosia aveva raggiunto livelli preoccupanti, con somatizzazioni che peggioravano la sua cefalea tensiva cronica, che, per ironia della sorte, lo costringeva a far uso di un antidolorifico di cui lo stesso Coleridge era divenuto dipendente, la codeina (un oppioide oggi presente in farmaci come il Tachidol o gli sciroppi contro la tosse).






Alla fine, dopo essersi fatto passare il mal di testa a suon di Tachidol, Aspirina e Rivotril, Roberto decise di affrontare, senza troppi preamboli, l'argomento in questione:
<<Aurora, ci sono vari testimoni pronti a testimoniare il fatto che Vimercati ti fornisce cocaina e tu, in cambio, gli permetti di soddisfare una sua perversione riguardante i piedi>>
Lei sembrò quasi sollevata all'idea di non dover nascondere ulteriormente la verità:
<<Perversione è un termine troppo forte: a me sembra più che altro una cosa ridicola. In ogni caso non è un tradimento. Tra me e lui non c'è stato nemmeno un bacio>>
Roberto stentava a crederlo, ma gli premeva affrontare anche l'altra questione:
<<Da quant'è che sniffi cocaina?>>
Aurora accennò un lieve sorriso sarcastico:
<<Più o meno dallo stesso mese in cui tu hai iniziato a prendere le tue pasticche miracolose>>
Lui assunse un'aria sdegnata:
<<Si tratta di un tonico prescritto dietro ricetta medica>>
Lei alzò gli occhi al cielo:
<<Ecco che Robbie il Chimico viene a farmi la predica! Un tonico! Detto così sembra una tisana per vecchie zitelle! Io lo chiamerei psicostimolante pseudo-anfetaminico. Ma siccome te l'ha prescritto il medico, tu ti senti moralmente superiore.
E invece sai cosa ti dico, che forse la coca fa meno danni del tuo Deadyn, specialmente quando nello stesso giorno prendi anche il Rivotril, una benzodiazepina, e il Tachidol, con la sua bella dose di codeina, un oppioide! Sei "strafatto" e osi anche la predica!>>
Roberto incasso il colpo e contrattaccò:
<<Ma le dosi di quei farmaci sono minime e hanno uno scopo terapeutico! Tu invece non hai giustificazioni: io non ho mai sentito parlare di medici che prescrivono la cocaina, a parte, ai suoi tempi, Sigmund Freud che comunque fu costretto a smettere, per quanto ci avesse preso gusto.
E comunque il punto è un altro, e cioè il "prezzo" che Vimercati ti fa pagare, in natura.
Io non mi presto a nessun tipo di manipolazione: l'unica persona a cui l'ho permesso sei stata tu.
Come hai potuto mentirmi per così tanto tempo?>>
Aurora non accettò il ruolo di imputato:
<<Ho potuto farlo per la stessa ragione per cui tu hai consentito a Leo di diventare la tua ombra, facendo finta di non accorgerti delle sue inclinazioni e della sua palese volontà di seminare zizzania tra di noi!>>
Roberto non gradì affatto quella similitudine:
<<Io non so quali siano le sue inclinazioni e non m'interessa, ma posso garantirti che non gli consentirei alcun tipo di contatto fisico che andasse oltre una stretta di mano o una pacca sulla spalla.
Io non ti ho mentito su nulla! La mia coscienza è pulita!>>
Lei parve vagamente divertita:
<<Ah, come ti piace atteggiarti a integer vitae scelerisque purus! Ma io ti conosco troppo bene: tu dici solo mezze verità e nascondi tutto il resto dietro una cortina fumogena.
Tu non sei meglio di me, noi siamo uguali: gentaglia tutti e due!>>
Roberto riconobbe la seconda citazione:
<<Come disse Rhett Butler a Rossella O'Hara. E infatti guarda com'è andata a finire la loro storia. Io non so più cosa pensare di te e di noi. Stiamo sprofondando entrambi, anche se tu non te ne rendi conto. Dimmi almeno questo: perché proprio la cocaina, perché non ti sei limitata al farmaco che prendo io?>>
Lei ritornò seria:
<<Perché non sarebbe bastato. Non ho tempo né per il sonno, né per il cibo, ci sono troppe cose da fare. Non posso fermare il tempo, ma posso restare al passo.
Tu invece non ci riesci: il mondo va veloce e tu resti indietro>>















In effetti Roberto aveva proprio quella sensazione, ma non era una novità:
<<Non lo nego. Faccio fatica ad adattarmi ai cambiamenti e quando alla fine credo di esserci riuscito, ecco che la situazione cambia di nuovo. E' la mia condanna, ma non la uso come alibi per assumere droghe>>
Aurora sospirò:
<<La differenza tra le sostanze stupefacenti e le altre sostanze che creano dipendenza e abuso è molto labile. E' spiacevole dovertelo ricordare, ed è anche per questo che non ne ho parlato prima. A volte differiscono solo per un aspetto: la legalità.
In fondo tu non sei un proibizionista e queste cose dovresti saperle meglio di me>>
Lui non voleva lasciarsi sviare dal nocciolo del discorso:
<<Non puoi rincorrere tutti i tuoi desideri. A qualcosa bisogna rinunciare: tu hai scelto di rinunciare alla tua salute futura e alla tua dignità personale>>
Lei chiuse gli occhi, e apparve improvvisamente stanca e vulnerabile:
<<Se avessi rallentato con gli esami per dedicarmi alla moda, i miei genitori mi avrebbero tagliato i viveri. E se poi come modella avessi fallito, cosa mi sarebbe rimasto?
Tu dici che ho sacrificato la mia salute e la mia dignità, ma non capisci che se non avessi avuto la polvere magica a mia disposizione, probabilmente mi sarei suicidata>>
Roberto capì che quella frase non era un espediente retorico. Ne colse la drammatica sincerità.
<<Perché non me ne hai parlato? Avrei potuto aiutarti!>>
Aurora lo fissò con occhi tristi:
<<Ne sei sicuro? Avevi già i tuoi problemi a cui pensare. Se io mi fossi aggrappata a te, saremmo crollati tutti e due>>
Lui si sentì improvvisamente colpevole:
<<Queste parole mi feriscono più di quanto tu possa immaginare, ma devo ammettere che, forse, hai ragione tu.
In fondo l'ho sempre saputo: tu avevi bisogno di una persona più forte accanto a te. 
Io non ero la persona adatta, e pur amandoti, ora mi rendo conto che l'amore non è sufficiente per tenerci in piedi: due debolezze non fanno una forza. E' stato così per i miei nonni e lo è per i miei genitori, ma io, nel mio orgoglio, nella mia presunzione, ho creduto di poter fare meglio di loro e invece ho fatto decisamente peggio>>
Lei si allarmò:
<<Non essere così severo con te stesso! Abbiamo tutti le nostre debolezze, ma ci amiamo, io ti amo, noi siamo anime gemelle, io ci credo davvero e non mi arrenderò di fronte a nessun ostacolo>>
Roberto si sentì sotto scacco:
<<Abbiamo troppi problemi per pensare ad un futuro insieme. Sarebbe un atto irresponsabile, considerate le nostre tare genetiche e le nostre dipendenze, creare una famiglia.
L'amore può essere anche tanto, persino troppo, ma non è abbastanza per generare e crescere figli sani. Non è abbastanza...>>
Aurora aveva gli occhi lucidi:
<<Perché dici questo? In che senso non è abbastanza?>>
Lui aveva rimandato per troppo tempo quel discorso, ed ora non sapeva da che parte farsi:
<<Nel senso che l'amore tra due persone psicologicamente instabili non è destinato a costruire niente di duraturo. Almeno uno dei due deve essere forte: io credevo che tu lo fossi, ma non è così>>
Lacrime sincere rigarono il viso di lei:
<<Ora parli così perché ti ho deluso e sei arrabbiato, ma la verità è che il nostro amore è saldo proprio perché, avendo le stesse debolezze, riusciamo a comprenderci e a perdonarci>>
Roberto, vedendola improvvisamente così fragile, si commosse a sua volta:
<<Io ti comprendo, ma non posso accettare questa situazione. Devi fare una scelta: o me o lui>>
Aurora era sconvolta:
<<Ma io ho scelto te da ancor prima che tu ti rendessi conto della mia esistenza, quando eravamo alle scuole medie! Tu non capisci quanto sei importante per me, ma cercherò di spiegartelo, con un paragone non molto romantico, ma decisamente efficace.
Tu sei come il fegato: fintanto che c'è e funziona bene, non ci accorgiamo nemmeno di averlo, ma se non ci fosse o non funzionasse, noi moriremmo nel giro di pochissimo tempo>>
Lui capì perfettamente il senso del discorso:
<<C'è sempre la possibilità del trapianto. La lista d'attesa, per te, non sarebbe lunga>>
Lei scosse il capo:
<<Non ci sarebbe alcuna lista, tu sei insostituibile. Con tutti gli altri "fegati", ci sarebbe una crisi di rigetto, e morirei. 
Ma devi capire che se io interrompessi l'accordo con Vimercati, lui si vendicherebbe! Mi metterebbe tutti contro, e di conoscenze ne ha tante, ovunque, e tu lo sai bene.
E poi io non posso disintossicarmi così, di punto in bianco. Non ora! Come farei a dare gli esami? Come riuscirei a posare o sfilare? Questa è la mia grande occasione: se la perdo, non ce ne sarà un'altra. Rischierei di perdere entrambe le carriere e non potrei sopportarlo. Mi deprimerei a tal punto che finirei per uccidermi. Dico sul serio: so quant'è una dose letale>>
Era un ricatto psicologico, ma il rischio esisteva e Roberto non avrebbe mai potuto convivere con un simile rimorso:
<<E io allora cosa dovrei fare? Diventare connivente di questo comportamento immorale oltre che illecito e dannoso? Non puoi ricattarmi minacciando il suicidio! Questo non è amore, è pazzia!>>
La risposta di lei fu sincera, ma terribile:
<<E' sia l'uno che l'altra, e se guardi bene dentro di te, scoprirai di averlo sempre saputo, e di averlo accettato perché noi siamo complici, "partners in crime", e non possiamo fare a meno l'uno dell'altra, e sarà sempre così, per tutta la vita>>