lunedì 28 gennaio 2013

Gli eredi di Gothian. Capitolo 13. I dubbi di Marvin.



Era tarda sera quando Marvin Vorkidian, re dei Keltar, dopo una giornata di intenso lavoro, decise di concedersi una passeggiata nel Sacro Cortile, il parco dedicato agli dei, interno alle mura di Caemlyn.
E' una di quelle sere in cui vorresti fuggire lontano e non farti ritrovare mai più.
Il Consiglio aveva discusso per ore sulle più piccole minuzie, senza la minima capacità di compromesso.
Alla fine era toccato a lui, come al solito, prendere una serie di decisioni che aveva scontentato tutti.
Non ho chiesto io questa corona di spine e se non vi vanno bene le mie scelte, ve la restituirò!
Passando davanti al tempio di Ahura Mazda, si fermò per pregare e meditare.
Il dio buono non è onnipotente... ma se puoi, allontana da me questo calice...
Il pronao si illuminò di un bagliore pallido, che quasi subito svanì, mentre una nuvola bianca di falene impazzite turbinava nel buio.
Altre volte era capitato, nelle sue notti oscure. Era il segno dell'intercessione di Vivien.
"Ti dono la luce di Earendil, la nostra stella più amata".





"Possa essere per te una luce in luoghi oscuri, quando ogni altra luce si spegne"
E lo era stata davvero.
Marvin ricordò di aver trascorso momenti ben più dolorosi e disperati di quello presente, eppure tutto il cammino percorso da quei giorni bui, fino ad allora, gli pareva vano.
Percorro un cammino senza la minima idea della destinazione. La strada va avanti, ma non la riconosco. E' stato tutto inutile?
Le candele del tempio sbiancavano lente, mentre Marvin ricordava il suo cammino, gli impegni e i lunghi addii, forti come un battesimo nella lugubre attesa dell'onda, e i campi di battaglia, e le ceneri di suo padre.
Tutto per nulla?
La risposta soffiava nel vento.
Era una triste ballata degli Alfar, il popolo degli elfi luminosi che lui aveva liberato e che ora gli chiedeva di andarsene, o quantomeno dare risposte sul futuro, come se fosse stato facile.
Non sapeva darle nemmeno a se stesso.
The answer, my friend, is blowin' in the wind.



Le cose erano successe troppo velocemente.
Le antiche regole, i sicuri confini, i nomi che avevano un senso: era stato tutto spazzato via.
Il vento ha spazzato la terra, e il cielo via lontano, e i mari, e tutti gli uomini. Cos'è mai questo vento? Non lo so. So solo che ho visto troppi uomini, troppi mari, troppi cieli, troppe terre.
Avrebbe dato qualsiasi cosa per poter fermare le legioni che in suo nome erano dilagate nel Continente.
Avrebbe voluto dire: "Io non c'entro", ma non poteva.
Odio ciò che sono diventato! Odio ciò che sono, ciò che sembro... la gente crede che io mi diverta a sollevare le mani al cielo... tendens ad sidera palmas... e a vedere le moltitudini in ginocchio...



Non sapevano che quei rituali erano una gabbia più angusta per lui che per loro.
Era schiacciato dai rituali, dalle liturgie altisonanti, dalle formule vuote.
Inventano nomi nuovi per cose vecchie, e credono di averle cambiate. 
Erano nomi ridicoli, come ridicoli erano tutti i gerghi, i tecnicismi.
Dicono che mi sono servito della guerra santa, non sanno che è la guerra santa che si è servita di me, delle mie buone intenzioni. Non sanno che se avessi potuto, avrei fermato quella piaga, che si stava diffondendo come una "epidemia mentale".
Contagiava le menti con il vagheggiamento di mondi migliori. Colpiva l'immaginazione, il lato più esposto.
Come puoi fermare un'idea quando ha convinto una moltitudine?
Per i membri del Consiglio era semplice: "Abbiamo avuto a che fare molte altre volte con le ideologie, con le religioni... sono ondate che passano. Basterebbe una tua parola!"
Una mia parola! Dovrei dire agli orfani e alle vedove che mi sono sbagliato, che i cattivi di allora erano meno cattivi di quelli di adesso? Che non ci sono cattivi più cattivi dei buoni quando diventano cattivi?
E poi? Cosa sarebbe cambiato?
Aver ragione non serve a niente.
 Il suo regno non era più suo. Forse non lo era mai stato.
Ho costruito una cattedrale di sabbia in riva al mare.
Ovunque volgeva lo sguardo vedeva soltanto onde minacciose, e isole di autoritarismo, dove gli ambiziosi e i fanatici si erano creati il loro potere personale.
Io sono l'unico argine all'arbitrio di questi satrapi. 
Se ne sarebbe andato da un pezzo, e sbattendo la porta, se non fosse stato per il rischio di lasciare il governo in mano a quei famelici avvoltoi.
Si ricordò le parole che aveva pronunciato di fronte al Consiglio, quando lo scetticismo dei ministri nei suoi confronti era diventato insopportabile:
<<Io non so se la nostra battaglia sia destinata alla vittoria o alla sconfitta. Ma so per certo che se ci arrendiamo adesso, allora saremo stati noi stessi a sconfiggerci da soli>>


Cast

Jon Snow - Marvin Vorkidian
Cate Blanchett (Galadriel) - Vivien
Bob Dylan - bardo Alfar
Paul Atreides - seconda immagine di Marvin Vorkidian