lunedì 25 febbraio 2019

Lettera di Caterina d'Aragona, regina d'Inghilterra, a sua sorella Giovanna, regina di Castiglia, detta la Pazza

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Da Caterina, per grazia di Dio regina d'Inghilterra, a Giovanna, per grazia di Dio regina di Castiglia

Kimbolton Castle, Cambridgeshire

26 novembre 1534

Carissima sorella,

non so se i nostri rispettivi carcerieri permetteranno che questa missiva, che vi scrivo col cuore in mano da Kimbolton, ove sono confinata per ordine del Re mio marito (e tale sempre resterà agli occhi di Dio), possa raggiungervi nel castello di Tordesillas, in cui spero possiate contare su condizioni di vita migliori delle mie, per quanto le voci che mi giungono sembrino voler dire il contrario.
Vi scrivo dopo tanto tempo, a trent'anni dalla morte della nostra cara madre Isabella, che Dio l'abbia sempre in gloria, perché anche se quando ci separammo ero solo una bambina, voi foste per me più che una sorella maggiore, e quasi una madre, tanto che conservo di voi soltanto ricordi bellissimi.
Sappiate che non credo ad una sola parola delle voci calunniose che circolano sul vostro conto e che hanno speculato sul vostro dolore di vedova.
Io stessa sono oggetto di calunnie irriferibili, messe in giro dai seminatori di zizzania che mal consigliarono il Re, sul cui ravvedimento continuo comunque e sempre a sperare, poiché il Cielo sa quanto fummo felici nei primi anni del nostro matrimonio, così come voi foste felice col vostro compianto consorte il re Filippo.
Posso solo immaginare la vostra sofferenza, ma sappiate che io stessa vivo come se fossi vedova, relegata lontano dalla corte, privata persino del conforto della mia unica figlia Maria, che rimane ai miei occhi e a quelli di tutti i devoti sudditi d'Inghilterra l'unica legittima erede al trono.
Non conosco i termini dei rapporti che intercorrono tra voi e vostro figlio, l'Imperatore Carlo, al quale spesso indirizzo lettere di supplica, affinché interceda per mitigare le mie condizioni e anche le vostre.
Non conosco l'entità del vostro dolore, ma per quanto grande possa essere, credo che mai sarà pari al mio, che sempre più mi convinco di essere, e il Cielo mi è testimone, la donna più infelice della Cristianità.
Unico mio conforto, così come fu per nostra madre nei suoi ultimi tristissimi anni, è la preghiera e il sostegno della Vera Fede, così come quello della Chiesa di Roma, che qui in Inghilterra è oggetto di sacrilegio e blasfemia senza precedenti.
Mi giunge voce, ma io rifiuto di credere a tali insinuazioni, che voi rifiutiate il più rasserenante e dolce dei Sacramenti, ossia la Confessione dei peccati.
A volte mi chiedo, qualora vi fosse un briciolo di verità in questa voce, se questa vostra resistenza al conforto di Nostro Signore, non sia forse dovuta al fatto che abbiate perso fiducia nei confessori che l'Imperatore vostro figlio vi invia, e che temiate possano violare il santissimo dovere del silenzio, agendo, Dio mi perdoni per un simile pensiero, come spie per danneggiarvi agli occhi di Sua Maestà.
Questo atroce sospetto mi angoscia tanto più perché io stessa ne fui vittima, dal momento che il Re mio marito cercò più volte di impormi confessori il cui profilo non corrispondeva a quello irreprensibile del sacerdote a cui affidare la salvezza della propria anima.
E mi avvio a concludere, poiché anche l'inchiostro scarseggia, e così il lume delle candele, per non parlare dei geloni alle mani, che da tempo mi affliggono, tanto più in questi mesi autunnali e in una terra così umida e diversa dalla nostra amata Castiglia.
Non so se avrò ancora la forza di scrivervi, poiché sento che mi resta ormai poco da vivere, pur essendo di tanti anni più giovane di voi.
Vi chiedo soltanto di pregare per me, e vi assicuro che io stessa, fino all'ultimo respiro, pregherò per voi e per una riconciliazione con vostro figlio, che bene avrei visto come sposo di mia figlia.
Che Dio vi conceda una lunga vita, ma soprattutto una ritrovata serenità dello spirito.

Sinceramente vostra, e con eterna devozione

Caterina, Dei Gratia Britanniae Regina, Defensor Fidei

Post Scriptum aggiunto a Londra in data 26 luglio 1554, da Maria Tudor, per grazia di Dio regina d'Inghilterra

Carissima zia e suocera,

ora che finalmente Dio, nella sua infinita misericordia, ha concesso a noi, Maria d'Inghilterra, di regnare al fianco di vostro nipote don Filippo, il cui nome evoca quello del vostro compianto sposo, che è sempre nelle nostre preghiere, ci troviamo nelle condizioni di potervi far recapitare questa missiva scritta ormai vent'anni or sono dalla mia venerata madre, la regina Caterina vostra sorella, che Dio l'abbia sempre in gloria.
Nostro marito ci riferisce che le vostre condizioni di salute, complice anche l'età venerabile da voi raggiunta e che soltanto a pochi viene concessa, sono, con nostro sommo dispiacere, assai precarie.
Speriamo dunque di farvi cosa gradita nell'assicurarci che questa missiva che mia madre vi scrisse tanti anni or sono, possa finalmente giungere alla vostra dimora, dopo essere rimasta negli archivi per tutti gli anni della tarda età di mio padre e del regno di mio fratello (che il Signore abbia pietà della loro anima e perdoni i loro tremendi peccati).

Rendo omaggio a Vostra Maestà e umilmente mi firmo

Maria, Dei Gratia Britanniae Regina, Defensor Fidei

Nota del Traduttore

Il testo, redatto in lingua latina, sia da Caterina che da Maria, è conservato presso il museo di Tordesillas, nella stanza dove, per cinquant'anni, Giovanna di Castiglia visse in sostanziale prigionia su ordine prima del padre Ferdinando, poi del figlio Carlo.
Si possono scorgere, esaminando con attenzione la pergamena, le impronte della regina Giovanna, che dunque fece in tempo a leggere questo postumo messaggio di sua sorella, e sono evidenti, tristemente, anche le impronte lasciate dalle lacrime di Giovanna, nel leggere le parole di Caterina e nel ricordare gli anni della loro infanzia all'alcazar di Segovia.

Giovanna morì in età avanzata l'anno seguente, nel 1555, avendo nominalmente regnato sulla Castiglia per 51 anni (come erede della madre Isabella).

Caterina era morta nel 1536, pochi mesi prima della decapitazione della sua eterna rivale Anna Bolena.



Nel quadro sottostante, di Hans Holbein, è raffigurato Filippo II di Spagna ai tempi del suo matrimonio con Maria Tudor, regina d'Inghilterra.
I due erano cugini di secondo grado e non ebbero figli. 

Maria morì nel 1558 per un tumore all'utero.
Le succedette la sorellastra Elisabetta I (1533-1603).



I matrimoni tra consanguinei, tra i discendenti di Filippo I d'Asburgo, detto il Bello e Giovanna di Castiglia, detta la Pazza, portarono ad una vera e propria legittimazione dell'incesto e all'inevitabile conseguente degenerazione della conformazione genetica degli Asburgo di Spagna, fino alla tragica malattia di Carlo II, debole fisicamente e mentalmente, e alla successiva estinzione della casata asburgica spagnola.

Spanish Hapsburg Family Tree

Segue un albero genealogico dei Re di Spagna a partire da Isabella di Castiglia e Ferdinando d'Aragona, il cui matrimonio, nel 1469, pose le basi per l'unificazione nazionale e la creazione dell'impero coloniale spagnolo.
Isabella e Ferdinando furono gli ultimi rappresentanti della dinastia dei Trastamara, che discendeva dagli antichi Principi delle Asturie, che a loro volta si dichiaravano eredi dei sovrani Visigoti della penisola iberica. I Trastamara guidarono la Reconquista della penisola, completata nel 1492 con la presa di Granada.
La loro erede, la regina Giovanna di Castiglia, sposò Filippo d'Asburgo, Duca di Borgogna, figlio dell'Imperatore Massimiliano I.
Filippo I d'Asburgo fu Re di Castiglia per soli due anni, dal 1504 al 1506, quando morì in circostanze sospette.
Giovanna, come si è detto sopra, fu confinata nella fortezza prigione di Tordesillas, dal 1507 al 1555.
Suo figlio Carlo fu Re di Castiglia e Aragona col nome di Carlo I (anche se è ricordato con la titolazione imperiale di Carlo V).
Sotto suo figlio Filippo II, l'unificazione nazionale spagnola fu portata a compimento anche dal punto di vista amministrativo, per quanto la formale dizione di Regno di Spagna avvenne sotto la successiva dinastia, quella dei Borbone, che, dopo la morte senza eredi di Carlo II, salirono al trono nella persona di Filippo V, nipote del Re Sole, cugino di Carlo II.