domenica 13 febbraio 2022

Vite quasi parallele. Capitolo 179. La Seconda Legge di Hagauer









"Moda, Stile, Eleganza e Accademia": questo era il titolo della conferenza dell'illustre professor Astolfo Hagauer, Ordinario di Estetica e Fenomenologia degli Stili all'Accademia di Brera.
L'argomento appariva talmente generico e neutrale da rasentare la noia, ma l'oratore era del tutto imprevedibile, specie quando si accalorava per sostenere le sue tesi azzardate e le sue graffianti provocazioni. Possiamo dire che il bizzarro ed eccentrico professor Hagauer era una specie di Jep Gambardella ante litteram. 
Come il personaggio de "La grande bellezza", anche il professore non si accontentava di essere un mondano: voleva diventare il re dei mondani
Non voleva solo partecipare alle feste: voleva avere il potere di farle fallire.

E gli altri, per un motivo che nessuno era mai riuscito a comprendere, non solo glielo permettevano, ma addirittura sarebbero rimasti delusi se lui non si fosse comportato in quel modo, ossia peggio di un ruvido nostromo. Lo chiamavano proprio affinché creasse sconcerto e imbarazzo, salvandoli così dalla noia.
Brutto, calvo, barbuto e panciuto, Astolfo Hagauer sembrava l'ultima persona al mondo titolata a parlare di argomenti che avessero a che fare con la bellezza, e forse anche questo paradosso aveva contribuito al suo successo.
La sua presenza era minacciosa come uno scoglio in mezzo ad acque nere prima di una tempesta.








L'uditorio pensava di essere la nave, ma si sbagliava.
Per Hagauer l'uditorio non era nulla e non significava nulla: era il Professore, a ricoprire tutti i ruoli, e ad essere qualsiasi cosa.
Io sono la nave e la tempesta, io sono l'onda e il naufrago e lo scoglio, io sono il mare stesso dove annego.
E quella tempesta stava per abbattersi in tutta la sua brutale violenza sull'esclusivo cocktail party a cui partecipavano, oltre ai nostri protagonisti e a tutti i mondani milanesi, persino alcuni grandi nomi della moda italiana, tra cui Giorgio Armani, Gianni e Donatella Versace, Miuccia Prada, Gianfranco Ferré, Nicola Trussardi, Ottavio Missoni, Krizia, Domenico Dolce e Stefano Gabbana, Luciano Benetton e Oliviero Toscani.
Erano tutti lì, pronti a godersi lo spettacolo di fuochi d'artificio che il "professore pazzo" stava per scatenare.

<<La moda è un comportamento collettivo>> esordì bruscamente Hagauer <<mentre lo stile è personale e individuale. Lo stilista, oggi, ha il potere di trasformare uno stile in una moda.
Gli illustri ospiti di oggi lo sanno bene, ma sanno anche un'altra cosa, ossia che a volte una moda può anche venire dal basso, da una sub-cultura giovanile, e diffondersi attraverso canali diversi dalle passerelle, affermandosi persino andando contro ciò che gli stilisti propongono.
E alla fine gli stilisti si devono adeguare, a discapito del loro stesso stile, per non perdere quote di mercato: vedo molti volti che annuiscono. 
E' una lezione che abbiamo imparato da tempo: basti pensare al trionfo dei blue jeans, usati inizialmente solo dai cow boys americani, i ragazzi delle vacche, i bovari... eh, sì! Eh, sì... chi l'avrebbe mai immaginato, prima degli anni Settanta?
Eppure non credo che riusciremo più a toglierceli di torno, i jeans.
E' una moda venuta dal basso, dalle sub-culture giovanili, come ho già detto, e ha conquistato anche le masse dei normali consumatori per la sua praticitàil denim è un tessuto molto resistente, elastico, non ha bisogno di essere stirato, forse nemmeno lavato... risultò molto comodo per gli studenti hippy, i cosiddetti figli dei fiori! 
Ma da docente di Estetica non posso fare a meno di chiedermi: a livello estetico ci abbiamo guadagnato o ci abbiamo rimesso?
Il giudizio estetico è personale, certo, ma esistono alcuni parametri che ci possono essere utili per per poter affermare, con un certo margine di sicurezza, ciò che distingue l'eleganza dalla sciatteria o dal cattivo gusto. 
Tali parametri sono principalmente tre: la coerenza col contesto, la capacità di abbinamento dei capi di vestiario (e degli accessori) e la ricercatezza.
Ho formulato un'ipotesi al riguardo che è stata confermata da esperimenti di carattere sociologico e statistico: a parità di contesto e di capacità di abbinamento, il livello di eleganza varia, secondo una curva di Gauss, al variare del livello di ricercatezza: se quest'ultima è bassa il risultato è la sciatteria, ma se è alta e si spinge oltre un certo limite, c'è il rischio di diventare pacchiani e persino ridicoli: l'eleganza si trova esattamente a metà strada.





Vi sembrerà oltraggioso, usare la statistica per un giudizio così spirituale come quello estetico, ma io ho cercato, nelle mie ricerche, di applicare il metodo scientifico, e questo approccio di natura probabilistica è poi divenuto celebre, in Accademia, come "Prima Legge di Hagauer">>

A quel punto accadde l'impensabile: Giorgio Armani, poco convinto da quel discorso fin troppo compiaciuto, alzò la mano e intervenne, con aria ironica.
<<Mi chiedo, professore, dove lei collocherebbe, secondo la sua prima legge, il Minimalismo, quello che io esprimo ricorrendo a un proverbio inglese, apparentemente paradossale, ossia: less is more>>

Hagauer, felice di aver ottenuto l'attenzione del Maestro, rispose, come era sua abitudine, in maniera piuttosto provocatoria:
<<Il minimalismo, tendendo ad una minore ricercatezza, si colloca nella prima parte della curva quella che va dalla sciatteria all'eleganza. Un minimalismo austero e moderato può essere più vicino all'eleganza, ma il minimalismo spoglio e casual che alcuni stilisti propongono si avvicina pericolosamente alla sciatteria>>

Armani si limitò a fissare l'oratore, con occhi glaciali, il cui grigio-azzurro spiccava in mezzo alla faccia eternamente abbronzata. 
Il suo dissenso era totale e il suo disappunto, seppur ironico, appariva evidente.





Franca Sozzani, allarmata e inorridita dal solo pensiero che Hagauer stesse cercando di dire che il maglioncino nero e i jeans neri di Armani erano sciatti, intervenne, in conformità col suo ruolo di moderatrice del dibattito::
<<Però bisogna tener conto del contesto, Professore, l'ha detto anche lei. In una serata tra amici, come io considero questo nostro convivio, non è necessario vestirsi come se si andasse a un matrimonio>>

Ci furono molti applausi, e questo, se da un lato ammansì Armani, dall'altro suscitò ulteriore polemica in Hagauer, il quale riprese la parola nel suo consueto tono professorale:
<<Tutto dipende dal peso che viene attribuito a tale contesto: nelle equazioni statistiche con più variabili si applica il metodo della media ponderata, e a tal proposito io ho dimostrato, come corollario probabilistico, che in generale è considerato più elegante essere ricercati piuttosto che sciatti>> e qui ci fu un borbottio in sala, che però non impedì ad Hagauer di proseguire <<Il minimalismo moderato è tollerabile in quanto sobrio e austero, ma un minimalismo eccessivo viene percepito come una mancanza di rispetto per se stessi e per gli altri e una scarsa considerazione dei propri interlocutori.
Lei parla di una serata tra amici, ma se anche uno si presentasse in abiti formali, non per questo sarebbe meno elegante>>
Un imbarazzato silenzio seguì a quest'ultima asserzione e forse ci sarebbe stata ulteriore polemica se il professore non avesse subito messo le mani avanti:
<<Ma non è su questo aspetto che vorrei soffermarmi stasera, bensì sulla Seconda Legge di Hagauer, che è analoga, in termini di entropia, ossia disordine, al secondo principio della termodinamica, quello della degradazione dell'energia. Ebbene, io ho dimostrato e verificato, nelle mie ricerche e pubblicazioni, che l'eleganza, lasciata a se stessa, senza un codice di riferimento, tende inesorabilmente a degradarsi verso forme di crescente sciatteria o di crescente pacchianeria>>





A quel punto l'uditorio apparve confuso e leggermente allarmato, ma in fondo era esattamente quello che Hagauer voleva, per cui il professore si esibì in uno dei suoi rari e terribili sorrisi, e volle mostrarsi magnanimo:
<<Facciamo un esempio. Consideriamo l'evoluzione della moda giovanile negli anni tra il 1965 e il 1995, cioè adesso.
C'è stato un fenomeno incredibile: l'arricchimento dei ceti medio-bassi, invece di estendere l'eleganza anche a loro, ha ottenuto l'effetto contrario ossia estendere la sciatteria ai ceti medio-alti, spacciandola come segno di libertà e di eguaglianza.
Un tempo i ricchi e i poveri si vestivano in maniera completamente diversa, i ricchi potevano permettersi di vestire in maniera elegante e i poveri avrebbero voluto potersi vestire come i ricchi, ma non ne avevano i mezzi, e di certo non potevano rovinare abiti costosi indossandoli troppo spesso. Però di domenica, alla messa o passeggio, i poveri si mettevano i loro abiti migliori, e cercavano di elevarsi, di migliorarsi.
Poi a un certo punto è avvenuto un ribaltamento e cioè i figli dei ricchi hanno incominciato a volersi vestire come i sottoproletari dei quartieri degradati: hanno rinnegato l'eleganza sostituendola con il modo di vestire della parte più degradata della società.
Quelli del ricco West End di Londra hanno imitato i sottoproletari dell'East End, o delle aree al di sotto del Tamigi. E questo avvenne negli anni Sessanta.
Ma adesso c'è una nuova ondata, ancora peggiore e proviene direttamente dai bassifondi del Bronx.
Li vedete i rapper? Vi rendete conto che imitano la feccia del Bronx? C'è forse tra voi qualcuno che si azzarderebbe a definire elegante l'estetica del cosiddetto hip hop?
Forse voi non ve ne siete accorti, ma il Bronx ha già vinto e questo è accaduto anche per la vostra inerzia o per la vostra complicità: voi siete, inconsapevolmente, la quinta colonna del Bronx!>>








Il pubblico rimase spiazzato: Hagauer non si era mai spinto fino a quel livello di provocazione.
Ma dopo il bastone, l'accademico era sempre pronto a offrire una carota:
<<Perdonate la franchezza, ma il ruolo dell'Accademia, quando viene chiamata in causa per tastare il polso alla Moda e allo Stile, è quello di esprimere un parere qualificato, per quanto doloroso possa essere.
Oh, certo, la felpa con cappuccio dei rapper è pratica e comoda come i blue jeans: credo che non ce ne libereremo mai, nonostante sia un capo d'abbigliamento particolarmente sciatto, pensato inizialmente solo per le gite o le palestre.
E questo è solo uno dei tantissimi esempi: i jeans stracciati, i pantaloni baggy ricoperti di tasche, i cappellini da baseball portati sotto il cappuccio della felpa. La prossima generazione di adolescenti si vestirà così.
Ora la domanda che dobbiamo porci è: esiste una possibilità di rallentare il processo di degradazione di cui ho parlato, e fornire anche un'alternativa convincente?
Io non ho una risposta, non sono né un profeta, né uno stilista, ma voi dovreste cercare di trovare questa risposta, altrimenti sarà la fine dell'eleganza.
Se non intervenite, tra due generazioni non resterà più niente.
I vostri nipoti saranno una massa amorfa, dove ormai le ragazze si vestiranno come i maschi, e i maschi non indosseranno più camicie, giacche, cravatte, cappotti: li vedrete in t-shirt, felpa e giubbotto, anche da adulti, anche al lavoro.
Come disse Cesare quando visitò il sito dove un tempo sorgeva la città di Troia, non trovandovi più niente: "Etiam periere ruinae". 
Persino le rovine sono state distrutte.












E dunque qual è la via per conciliare lo stile con la moda che viene dal basso, senza rinnegare la propria identità artistica?
Voi direte che questo è di competenza degli esperti di marketing, e normalmente dovrebbe essere così, ma questi non sono tempi normali.
E' un'epoca di grandi, rapidi e radicali cambiamenti e la Fenomenologia degli Stili ci insegna che i cambiamenti della struttura si riflettono sulla sovrastruttura: sta nascendo una nuova grande tecnologia delle comunicazioni, ed è lì che si combatteranno le battaglie decisive.
Dobbiamo trovarci pronti, quando il grande pubblico scoprirà l'universo che il Word Wide Web gli sta aprendo.
Se non lo faremo, lo faranno altri, più giovani e più furbi. Si muoveranno di soppiatto, all'inizio, e appariranno ridicoli e velleitari, ma alcuni di loro si prenderanno tutto ciò che abbiamo di più caro, e quando non ci resteranno più nemmeno le lacrime, stringeranno le mani intorno al nostro collo pallido, fino a che non sopravverrà la morte.
Ma siamo ancora in tempo!
Io vi invito a riflettere su tutto questo, per il momento sarà già molto riuscire a capire ciò che sta succedendo.
E qui entro in scena io: i miei articoli metteranno in guardia i vostri lettori, ma senza creare il panico. Ricordatevi una massima sull'arte della guerra (perché siamo già in guerra) e cioè: mostrarsi deboli quando si è forti e mostrarsi forti quando si è deboli.
Presto verrà un momento di grande vulnerabilità, dove tutto sarà messo in discussione, nessuno creda di essere indenne, ma proprio per questo è necessario che in quel momento si dia un segnale di forza.
Avete alcuni anni per prepararvi, prima che arrivi la grande ondata: fatevi trovare pronti, solo così potrete mantenere le posizioni.






Difficile prevedere l'esatta entità di quest'onda, e proprio per questo bisogna essere vigili, e cogliere ogni minimo segnale.
Un maremoto non si ferma davanti a un portone: inonda le case e le distrugge, se non sono state rafforzate in precedenza.
Fuor di metafora, ogni casa di moda, fin d'ora, deve utilizzare e colonizzare le nuove tecnologie della comunicazione, prima che lo facciano gli altri, quelli che adesso sono bambini, ma che tra un decennio diventeranno i vostri concorrenti più temibili, e contribuiranno a trasformare il mondo in un posto più brutto.




E partirà da qui, io credo, e forse accadrà persino col vostro consenso, se voi vi ostinerete a sottovalutare la loro forza e la loro influenza>>

Silenzio assoluto. Il professor Hagauer, soddisfatto, lasciò la parola alla padrona di casa, Franca Sozzani, la quale, con aria per metà allarmata e per metà divertita, prese il microfono e cercò di riequilibrare la situazione:
<<Ringrazio il professor Hagauer per il suo contributo, un po' apocalittico, ma comunque interessante. Posso già offrirgli una risposta: il giornalismo della moda è molto attento alle evoluzioni delle nuove tecnologie comunicative e non si lascerà certo cogliere impreparato.
Già adesso noi seguiamo non solo le passerelle, ma anche lo street-style quotidiano, perché non vogliamo certo correre il rischio di diventare autoreferenziali.
L'obiettivo della collaborazione tra Vogue Italia e l'Accademia di Belle Arti vuole essere dunque uno stimolo per metterci in discussione, per interpretare quelle tendenze che, come giustamente ha detto il professore, sempre più "vengono dal basso", anche se io ci tengo a dire che da parte mia non c'è una connotazione necessariamente negativa in questa espressione, che in fondo è un segno di democrazia e di grande rispetto per le esigenze delle persone.
Non è solo una questione di mercato, io credo, è un'attenzione alla vita di tutti e in particolare delle nostre lettrici e dei nostri lettori.
Sono però d'accordo col professore nel dire che questa non deve diventare una scusa per abbandonare le esigenze dello stile e dell'eleganza: ognuno ha la sua idea di stile e questo è giusto, ma dovremmo cercare di metterci d'accordo sui requisiti essenziali per poter parlare di eleganza.
A volte uno stile troppo eccentrico può andare oltre questi requisiti, e dunque il pericolo, per usare la metafora del professore, potrebbe arrivare anche dall'alto. Uso il condizionale perché fino ad ora i miei illustri ospiti qui presenti hanno salvaguardato con successo la grande eleganza della moda italiana>>