martedì 21 aprile 2020

Vite quasi parallele. Capitolo 61. Molti difetti in comune

Fabrizio De Andrè e Dori Ghezzi. Andrea e Rimini a Tempio Pausania

Quando Silvia Ricci-Orsini e Francesco Monterovere ufficializzarono il proprio fidanzamento, il prof. Piero Giovannelli rimase di sasso.
<<Ma quindi fate sul serio? Voglio dire, intendete proprio sposarvi?>>
I neo-fidanzati confermarono.
Giovannelli scosse il capo, sinceramente costernato.
Per quanto avesse da molti anni una relazione con la professoressa Gatti, era contrarissimo ad ogni forma di convivenza, e più che mai al matrimonio, che definiva senza mezzi termini "un salto nel buio".
Nel caso concreto di Silvia e Francesco, poi, si aggiungevano ragioni oggettivamente fondate, che sarebbero apparse chiare anche a loro, se non fossero stati innamorati.
<<Io mi sento in colpa>> disse Giovannelli sconcertato <<Se avessi anche solo lontanamente immaginato le conseguenze, non vi avrei mai fatti conoscere!>>
Francesco si accigliò:
<<Ma di cosa stai parlando?>>
Silvia intervenne:
<<Piero non crede nel matrimonio in generale e tanto meno nel nostro caso, visto che le nostre famiglie, fino a poco fa, si odiavano>>
Giovannelli però non era soddisfatto di quella risposta:
<<Magari fosse solo per quello! Anzi! Per me è stata proprio l'opposizione alle vostre famiglie la cosa che vi ha fatto sentire uniti... ma adesso che la Guerra delle Due Rose si è momentaneamente fermata, dovreste cercare di ritornare con i piedi per terra e ragionare un po' anche con la testa.
 Non offendetevi, io vi invito a riflettere su cosa vi unisce... ascoltatemi... è un discorso serio: non vi siete resi conto che le cose che avete in comune sono solo i punti deboli? Pensateci bene!>>
Detto questo fuggì via, prima che Francesco potesse esplodere in uno dei suoi temibili attacchi di rabbia.
<<Ma come si permette?>>
Silvia cercò di placare il fidanzato:
<< Ah, non farci caso, Piero è fatto così, a volte non riesce a frenare la lingua, ma non è per cattiveria. In fondo è stato lui a farci conoscere. Ha paura di sentirsi in colpa se tra noi le cose non dovessero andar bene>>
Francesco era perplesso:
<<E perché mai non dovrebbero andar bene?>>
Silvia scrollò le spalle:
<<E infatti andranno benissimo, e glielo dimostreremo, ma con lui bisogna aver pazienza, e poi... sai, è una di quelle persone che hanno un certo seguito, da queste parti. E' meglio non averlo come nemico>>
Su quel punto anche Francesco era d'accordo:
<<Sì, hai ragione. Però come si fa a dire delle cose del genere... che abbiamo in comune solo i difetti! 
E poi quali sarebbero questi difetti in comune? Avrei voluto che ci facesse qualche esempio, tanto per capire se aveva degli argomenti concreti o solo dei pregiudizi>>
In effetti era una domanda interessante.
Silvia ci pensò, passandosi una mano nei capelli, che all'epoca erano lunghi e mossi, come tutti quelli delle donne degli Anni Settanta.
<<Magari siamo un po' ansiosi. Tu che ne dici?>>
Lui piegò le labbra all'ingiù, in espressione dubitativa:
<<Mah, va be', forse un po', ma in fondo, chi non lo è, al giorno d'oggi, con tutte queste cose che succedono, questo ritmo frenetico in un mondo meccanizzato che non è più a misura d'uomo>>
E da lì nacque tutto un discorso filosofico di profonda critica verso la società dei consumi, espresso tuttavia, va detto per onestà, da una persona che era perseguitata dalle rate da pagare per la macchina nuova, l'impianto stereo, la cinepresa, il proiettore, la macchina fotografica ultimo modello e altre simili amenità.
Silvia aveva già intuito quelle contraddizioni, ma non aveva dato loro troppa importanza, perché in fondo le aveva riconosciute anche in se stessa.
<<Forse non abbiamo molto senso pratico...>> disse Silvia, riconducendo il discorso nell'alveo iniziale.
Lui lo sapeva benissimo, ma cercò nuovamente di svicolare:
<<Ma anche questo dipende dal fatto che certe cose non ci sono state insegnate, perché del resto anche certi mestieri stanno scomparendo, nella società tecnologica. 
In fondo perché imparare a fare cose che possono essere replicate con maggiore precisione da una macchina? A questo proposito aveva già detto tutto Walter Benjamin ne L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità...>>
E anche qui Francesco si perse in una digressione profondamente intellettualistica, ma in fin dei conti poco pertinente con il discorso principale.
Ma Silvia, con altrettante ostinazione, tornò, come si direbbe adesso "on topic":
<<Magari a volte ci lasciamo prendere un po' dalla malinconia, o da una visione pessimistica della realtà. Siamo ipercritici, bisogna ammetterlo>>
Francesco inarcò le sopracciglia:
<<Ma questo succede perché siamo persone di intelligenza superiore: è chiaro che vediamo tutto con più chiarezza e profondità, ne individuiamo subito i punti deboli, la maglia rotta nella rete, il punto morto del mondo, l'anello che non tiene. E' quello che, come tu ben sai, Montale chiamava il male di vivere. Del resto, la felicità è il premio di consolazione degli idioti. Soltanto un idiota può essere felice di fronte alle palesi ingiustizie di questo mondo, alla crudeltà dell'esistenza, alla spaventosa sorte del vivere>>
Silvia fu colta da un dubbio:
<<Ma se questa è la nostra idea della vita e del mondo, come possiamo pensare di fare un figlio?>>
Francesco fu colto di sorpresa:
<<Un figlio? Ma io ne voglio almeno dieci!>>
A lei venne da ridere:
<<Ah, ah, te lo scordi! E poi scusa, oltre che essere un pensiero velleitario, non lo trovi contraddittorio con quello che hai detto prima?>>
Lui scrollò le spalle:
<<Ma noi offriremo ai nostri figli il meglio del meglio! Non commetteremo gli errori dei nostri genitori... l'abbiamo detto tante volte! I nostri figli avranno tutto quello che a noi è stato negato. Ti posso garantire che avranno tutto il sostegno necessario per diventare forti e capaci di difendersi dai colpi della vita>>
Silvia sospirò:
<<Certo, certo, le nostre intenzioni sono le migliori, e ce la metteremo tutta, ma a volte tutto questo non è sufficiente>>
Francesco la fissò con aria severa:
<<Si tratta di casi rari. Non vedo perché dovrebbe capitare proprio a noi!>>
Lei socchiuse gli occhi, come per cercare dentro di sé una risposta che non urtasse i sentimenti del fidanzato:
<<Non so, hai presente quando ci si sposa tra cugini o consanguinei c'è il rischio che nascano figli menomati.
No, non ridere, ha un senso quello che dico... 
Il fatto è che, a prescindere dai pregi e dai difetti, noi ci somigliamo troppo, abbiamo troppe cose insieme, sembriamo davvero parenti di sangue. 
I nostri genitori si somigliano moltissimo tra loro, le nostre madri sono quasi identiche, sia nel corpo che nell'anima, o nel carattere, nel temperamento>>
Lui sorrise:
<<Ma è proprio per questo che siamo anime gemelle! Siamo simili pur senza essere consanguinei, e quindi non c'è nulla da temere, perché, come ho detto, siamo gemelli nell'anima, e soltanto nell'anima! 
Non devi dare ascolto a gente come Piero Giovannelli, che in fondo ha di noi soltanto una conoscenza superficiale. 
Dobbiamo concentrarci solo su noi stessi, sul fatto che vogliamo le stesse cose e questo garantirà equilibrio ed armonia alla nostra unione>>
Anche Silvia sorrise:
<<Hai ragione. Perdonami per tutte le mie paure. 
Derivano da quello che è successo a mia madre, a sua sorella, a suo fratello, e anche all'uomo che amava. Un uomo che non era mio padre. 
C'è stato così tanto dolore, ed io sono nata nel dolore.
E' un'ombra che mi porto dietro da tutta la vita, senza mai parlarne con nessuno, anche se tutti ne parlano alle mie spalle>>
Lui la abbracciò:
<<Non preoccuparti, noi fonderemo una nuova famiglia, tutta nostra, e i fantasmi del passato non ci inseguiranno>>
Lei si strinse nell'abbraccio, tremando:
<<Non sono fantasmi. Mio padre ha molti nemici ed io sono sempre stata il loro bersaglio. Io e tutti coloro che amo. Se la prenderanno con te e con i nostri figli. E' gente disposta a tutto, e non ci lasceranno mai in pace>>
Francesco aveva incominciato a rendersene conto, ma non aveva ancora compreso l'intensità dell'odio di questi nemici:
<<Sappiamo difenderci, e ci difenderemo!>>