martedì 27 luglio 2021

Vite quasi parallele. Capitolo 149. I Misteri del Bosco Sacro di Confluentia



C'erano vari sentieri per entrare nella "selva oscura" che circondava l'antichissimo tempio pagano di Confluentia, ufficialmente riconvertito in "Opera Pia per il sostentamento di donne anziane e gatti randagi", una sorta di enclave interna al Feudo Orsini, solo formalmente patrocinata dagli stessi Orsini di Casemurate e da altre famiglie di latifondisti della Romagna Centrale (tutte imparentate con gli Orsini), più altri "soci silenziosi".  
Tutto questo, naturalmente, era ignoto a Clara Torricelli, fino alla fatidica estate del 1910, quando riuscì a scoprire cosa c'era dietro a quel nome di facciata, così innocente e filantropico.
Certo, alla fine persino Clara dovette arrivare a un compromesso con la Stirpe di Confluentia, ma non ci fu mai un'adesione e nemmeno una giustificazione.
Ma procediamo per gradi verso la rivelazione finale che concluderà il capitolo e questo excursus nel passato remoto.
ll sentiero scelto con cura dalla governante Liliana Bergantini e dal fattore Primo Ricci, era molto scomodo da percorrere poiché era stretto e i rami degli alberi e degli arbusti erano così intricati da aver trasformato il sentiero stesso in una specie di galleria.
La governante pareva compiaciuta per quella scelta e sorprese tutti con una nota citazione evangelica:
<<"Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che vi entrano. Quanto stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano!">>
Clara per un attimo si illuse che Liliana fosse cattolica, come lei stessa:
<< Matteo 7, 13-14. E' una grande verità. Siete credente?>>
Liliana sorrise:
<<Non nel senso che intendete voi. Ma trovo illuminanti, oltre che di grande valore letterario e filosofico, molti passi delle Sacre Scritture della religione cattolica>>
Clara si incuriosì ulteriormente:
<<Dunque credete in qualcosa di diverso dal Cattolicesimo?>>
Liliana annuì:
<<Abbastanza diverso, senza dubbio, ma meno di quanto potrebbe sembrare in apparenza>>
E non aggiunse altro.
Lo stillicidio con cui quell'anziana governante rivelava tutti i suoi segreti era quasi insopportabile, ma Clara cercò di essere paziente, perché aveva capito che comunque Liliana, sia pure una goccia alla volta, pareva disposta a rispondere ai suoi interrogativi.
Primo Ricci, invece, si limitava a battere il sentiero con un bastone per scacciare eventuali vipere.
Appariva a disagio.
Clara si chiese stava commettendo un errore, entrando in quel luogo misterioso.
Le tornarono in mente le parole di suo padre, che citava Theodore Roosevelt dicendo: "L'uomo che non commette mai errori è l'uomo che non fa mai niente", salvo poi correggersi dicendo: "Anche il non fare mai niente, ammesso che sia possibile, è un errore"
E Clara con molto buon senso replicava che l'unico vero errore è quello da cui non impariamo nulla, frase che poi, in seguito, pronunciò anche Henry Ford.
Era l'Età dei Pionieri, (1820-1920) a cui seguì quella dei Maestri (1920-2020), a cui seguirà quella dei Profeti (dal 2020 in avanti)
Clara aveva il coraggio di un pioniere e lo trasmise a tutti i suoi figli, Ettore in particolare.
Ma ormai tutta la Terra era conosciuta: pochissimi luoghi soltanto meritavano ancora sugli atlanti il titolo di terra incognita, e Confluentia, con il suo strano bosco, era uno di quei luoghi.
Arrivarono ad una radura.
Il sentiero si biforcava, ma questa volta Liliana si fermò, come in attesa di un segno. 




E il segno arrivò: un potente raggio di sole indicò il sentiero più stretto e arduo, che si trovava sulla destra.
Liliana annuì:
<<Pare che Belenos sia dalla vostra parte, anche se forse non avete mai sentito questo nome>>
In effetti il nome era sconosciuto a Clara:
<<Mai sentito. Chi è?>>
La governante le rivolse uno sguardo incerto, come se si chiedesse, ogni volta, se quella giovane ventenne di città fosse degna di essere anche solo sommariamente informata di ciò che le Anziane credevano.
<<E' una divinità solare dagli antichi Celti, divenuta poi un'entità angelica, un Signore della Luce>>
Fu allora che Clara incominciò a capire quali potevano essere i segreti che Liliana pareva così restia a rivelare:
<<So che questa era una terra gallica, prima della conquista da parte di Roma. E' per caso sopravvissuto qualcosa delle antiche tradizioni pagane gallo-romane?>>
Liliana annuì:
<<Direi proprio di sì, ed è questo "qualcosa" che oggi si dimostra così favorevole nei vostri confronti. Se non fosse stato così, non vi avrei mai permesso di arrivare fino a questo punto>>
Clara moriva dalla curiosità:
<<Ma, non è stata la Contessa Vedova a darmi il permesso?>>
L'anziana governante ridacchiò:
<<Dietro mia proposta. Io e la contessa Vittoria ci conosciamo da una vita e siamo legate da una profonda amicizia>>
La giovane maestra Torricelli ormai aveva imparato a leggere tra le righe quella parte di mezza verità che non era espressa a parole dalla sua interlocutrice:
<<Sembrate anche custodi degli stessi segreti>>
Liliana sembrava divertita come un gatto che gioca col topo:
<<Può darsi, anche se io preferisco chiamarli Misteri>>
Primo Ricci, colto di sorpresa da quell'allusione, se ne uscì con una frase che rivelò molto più di quanto lui avrebbe voluto:
<<Ma adesso siete voi che rivelate troppo, Reverenda Madre!>>
E subito si accorse di essersi tradito e avrebbe voluto mordersi quella maledetta lingua lunga tipica della famiglia Ricci e della Romagna in generale.
Clara spalancò gli occhi:
<<L'avete chiamata Reverenda Madre. Ma non ha certo l'aspetto di una suora>>
Liliana ridacchiò di nuovo:
<<E nemmeno la condotta di vita. Ciò non toglie che persino al giorno d'oggi, in luoghi come questo, ci siano persone che si accostano alla dimensione del Sacro in una maniera diversa da quella della religione maggioritaria>>
A quel punto, con un agile balzo, un gatto totalmente bianco, e dagli occhi azzurri e curiosi, comparve da un cespuglio e si piazzo in mezzo al sentiero.
Liliana sorrise e nel contempo le si illuminarono gli occhi:
<<Vi presento Albus, uno dei gatti più curiosi e più dolci sulla faccia della Terra.
Fategli annusare la vostra mano>>




Clara si accovacciò e avvicinò la propria mano destra a quella di Albus, che la annusò con grande meticolosità, e poi si avvicinò a sua volta e incominciò a strisciarsi sulle sue ginocchia.
Liliana e Primo si guardarono con un'aria di intesa.
La governante disse:
<<Avete superato la prova! A quanto pare anche Albus approva la vostra presenza qui. E' un segno importante! Alcuni dei nostri gatti hanno il dono di riconoscere le persone buone, le anime candide, come la vostra, che riflette il vostro stesso nome>>
Ripresero a camminare e il gatto trotterellò sereno accanto a loro.
Clara rifletteva.
Questa strana donna è diventata all'improvviso gentile e si esprime in un linguaggio forbito, tanto da sembrare una persona che ha studiato, non certo una che ha passato la vita a fare la domestica o a coltivare erbe in un orto botanico. E' molto superstiziosa, e questo è tipico delle donne di campagna, ma lei si considera una specie di sacerdotessa. Devo riuscire a farla parlare di più...
Ma anche gli alberi, a modo loro, davano l'idea che quello fosse un Bosco Sacro, di cui le misteriose Anziane erano custodi, compresa la governante Liliana.
Il gatto era una gioia per gli occhi, ma il bosco era sempre più scuro, gli alberi sempre più antichi e nodosi, tanto che, molti decenni dopo, il suo pronipote Roberto lo avrebbe paragonato sotto certi aspetti al Bosco Atro di Tolkien, o la Vecchia Foresta (con il suo "antico uomo salice") ai confini della Contea degli Hobbit, che un tempo era unita con l'altra grande foresta degli alberi semoventi, ossia l'arcaica foresta di Fangorn. Ma altri, con una formazione più classicista, avrebbero potuto paragonare quel luogo al Bosco Sacro di Nemi e alla sua famosa leggenda. 
Ma in fondo tutti i Boschi Sacri si assomigliavano, secondo quanto diceva Liliana, che da bambina era andata in pellegrinaggio, con sua madre, che si chiamava Viviana, alla Tomba di Merlino, nella foresta di Broceliande.





<<Non abbiate timore del buio, giovane Clara. Questo è un luogo dove Eclion, il Signore delle Tenebre, non può entrare, a meno che non sia evocato da una di noi>>
E con questa dichiarazione, Liliana aveva confermato tutti i sospetti che la giovane Torricelli aveva avuto sin dall'inizio:
<<Dunque è come pensavo: voi siete una delle Anziane che, in questo luogo, praticano un'antica religione pagana>>
Liliana annuì:
<<Siamo, in effetti, Sacerdotesse di un culto che esisteva persino prima degli apporti gallo-romani. Siamo qui dalla notte dei tempi, quando ancora questo bosco era una grande foresta e nel contempo un'isola circondata dalle paludi. Qualcuno ci chiama Sacerdotesse delle Paludi, anche se ormai di paludi non ce ne sono più, almeno da queste parti. 
In verità abbiamo anche altri nomi che, se saprete mantenere il nostro segreto, apprenderete col tempo>>
Clara era nel contempo stupefatta e meravigliata per quella rivelazione così sincera:
<<Se non fate nulla di illecito, manterrò il vostro segreto>>
Dubitava che, se anche qualche cosa di illecito fosse praticato, non glielo sarebbero certo venuti a dire.
Liliana mantenne un sorriso composto:
<<Noi facciamo solo del bene. Non pratichiamo la magia nera o cose simili, anche se ne conosciamo i segreti. La gente del luogo ci chiama streghe, ma poi quando hanno bisogno di qualcosa vengono da noi, soprattutto coloro che non possono permettersi il costo di un medico o i prezzi di una farmacia. La nostra erboristeria è molto frequentata, e tutti sanno che siamo disposte ad essere generose verso i più poveri. Per questo nessun casemuratense ha mai rivelato il nostro segreto e ben pochi forestieri ne sono al corrente, tranne, naturalmente, gli Iniziati>>
La giovane maestra inarcò le bionde e fini sopracciglia:
<<Dunque esiste un culto esoterico, dietro a tutto questo! Lo sospettavo, ma mi chiedo perché improvvisamente stiate diventando così loquace e collaborativa>>
La Sacerdotessa accentuò il suo sorriso:
<<Gli auspici sono stati favorevoli, ed io ho avuto una premonizione sul vostro conto.
Sento che non costituite un pericolo per noi>>
Clara pensò fosse un trucco, una trappola da prestigiatori da quattro soldi:
<<Io non credo a questo genere di cose. E spero non abbiate intenzione di "convertirmi">>
Liliana fece un gesto vago, come per scacciare una mosca:
<<Non ci penso nemmeno lontanamente. Voi avete già trovato la vostra strada verso la dimensione del sacro e la vostra fede è salda. Questo è un grande dono che rasserena la vostra mente, ed io sarei davvero una strega, oltre che una sciocca, se anche solo pensassi di poter scalfire la roccia su cui è edificata la vostra anima.
No, non avete niente da temere da me, così come io so di non avere nulla da temere da voi.
Non vi rivelerò la mia premonizione, l'esperienza mi ha insegnato che è meglio non sapere cosa ci attende, perché ogni cambiamento indotto da una premonizione tende a peggiorare le cose, il più delle volte. Ma non abbiate paura, nella vostra vita il Bene è di gran lunga dominante, e si irradierà in tutte le direzioni, ma questo credo che in fondo lo sappiate già>>
Clara sentì che le era stato offerto un armistizio, e decise di accettarlo:
<<Forse alla fine siamo riuscite a intenderci, Liliana.
Ma ci sono ancora tanti punti oscuri. Per esempio, questi Iniziati, sono orientati verso il Bene o verso il Male?
E gli Orsini che parte hanno in tutta questa vicenda?>>
Liliana si fermò a riflettere se rispondere o meno a quelle domande sempre più dettagliate:
<<Per rispondere adeguatamente ai vostri quesiti ci vorrebbero anni, e non basterebbero mai.
Posso accennarvi qualcosa, per sommi capi, riguardo alla prima domanda, ma non spetta a me rispondere alla seconda, bensì al conte Attilio o a sua madre.
Noi tutti crediamo di saper distinguere senza ombra di dubbio cosa è bene e cosa è male, ma poi ci troviamo di fronte a situazioni che mettono in difficoltà anche la coscienza dei più saggi.
Gli Iniziati stessi, pur conoscendo i Misteri, si dividono di fronte alla loro interpretazione e alle decisioni che hanno forti implicazioni etiche. 
Può sembrare un paradosso, ma più conosciamo i Misteri, più ci rendiamo conto che la nostra mente ha dei limiti e che la vera conoscenza è propria di entità sovrumane.
L'essere umano può illudersi quanto vuole di essere il vertice dell'evoluzione, ma si tratta pur sempre di un'illusione, e non è necessario essere Iniziati per rendersene conto.
Ci sono alcune cose che tutti gli Iniziati condividono: l'Ordine è nato come una federazione di culti esoterici che portano avanti le Antiche Tradizioni, l'Antica Via, ma dopo l'Iniziazione, dobbiamo scegliere a quale fazione appartenere.
I fondatori dell'Ordine, nella notte dei tempi, appartenevano a quattro fazioni diverse, con una diversa opinione su quali obiettivi perseguire e su come perseguirli.
Ed ora ti dimostro la mia fiducia rivelandoti qualcosa a cui faticherai a credere, ma di cui comunque, e lo ripeto con molta serietà, non dovrai parlare con nessuno a meno che io non ti dia il permesso. Se tradirai la mia fiducia, ne pagherai le conseguenze, perché gli Iniziati sono dappertutto, si sono infiltrati ovunque e tengono tutto sotto controllo.
I più potenti sono i meno noti, gli Iniziati di Rango Segreto, la cui affiliazione è conosciuta soltanto dall'organo esecutivo dell'Ordine, e cioè il Consiglio Ristretto, che solo in rari casi può consentire all'Incaricato di comunicare la propria affiliazione ad una lista selezionata di persone.
Nel Consiglio siedono i rappresentanti eletti dalle quattro fazioni: il voto del Grande Maestro è spesso decisivo per ottenere la maggioranza, e non è facile nemmeno trovare un accordo su chi eleggere. Alla fine, comunque, si giunge sempre a un compromesso, e questo significa che chi crede di essere il paladino del Bene deve scendere a patti con altri che la pensano diversamente.
Noi di Confluentia abbiamo aderito alla fazione chiamata Fratellanza Bianca, che fa capo a Belenos. Non bisogna credere però a ciò che ha scritto madame Blavatsky su questo argomento, e in generale anche alle altre assurdità teosofiche. La nostra dottrina è molto diversa e molto più seria, ma è davvero segreta, al contrario di quella pubblicata dalla defunta signora.
Un tempo eravamo alleati del Serpente Rosso, che fa capo ad Atar, il Signore del Fuoco.
Poi però ci sono state delle divergenze, non tanto sugli obiettivi, quanto sui metodi: noi siamo rimasti fedeli all'Antica Via, loro sono più orientati ad utilizzare le scoperte scientifiche e tecniche.
Esistono altre due fazioni, che rappresentano ai miei occhi quello che si potrebbe chiamare "il lato oscuro".
Hanno stretto un patto con due entità sovrumane, che dal mio punto di vista sono demoni, ma ai loro occhi sono benefattori che preservano la loro supremazia.
L'Aristocrazia Nera ha stretto un patto con Eclion, un'entità molto potente, anche se è conosciuta con altri nomi. E' in grado di dare molto, ma solo se si è disposti a sacrificare qualcosa a cui si tiene molto o qualcuno che si ama. Più grande è la richiesta, più grande sarà il sacrificio. 
Da questo punto di vista possiamo dire che Eclion è molto equo. Voi penserete che nessuno potrebbe essere disposto a sacrificare una cosa o una persona cara per ottenere qualcos'altro o far del male a qualcun altro, ma non dovete sottovalutare la meschinità che alberga nell'animo umano: non è necessario essere apertamente malvagi, basta essere meschini e detestare qualcuno per futili motivi, per essere pronti a tutto pur di distruggere la persona detestata.

C'è infine un'ultima fazione, che fa capo a un demone che non intendo nominare in questo luogo sacro. Si fanno chiamare "gli Immortali" o "gli Eterni" e sono in grado di sottrarre energia agli altri per donarla a se stessi. Non mordono e non succhiano sangue, quello è un mito, ma vi assicuro che sono in grado di prosciugare le loro vittime in maniera ben peggiore. Il prezzo che si paga, in questo caso, è una sorta di contrappasso dantesco: allungano la loro vita, ma non ne mantengono alta la qualità. La loro mente è oppressa dalla nostalgia, non riescono a stare al passo coi tempi, il che li porta gradualmente a diventare reliquie viventi di un passato che non esiste più e a cui le nuove generazioni voltano le spalle.
La maggior parte di loro finisce per diventare simile ai fantasmi o alle anime di coloro che non sono né vivi, né morti. 
Ma poi, a pensarci bene, se nella vita, come accade quasi sempre, la fatica non gradita, la noia o le sofferenze sono maggiori sia in quantità che in intensità rispetto al benessere in tutte le sue forme e manifestazioni, chi potrebbe desiderare, seriamente, di vivere in eterno in questo mondo?
Una piccola parte degli Eterni, però, riesce a trarre giovamento da questa immortalità terrena, e può diventare molto ricca e potente, anche se è costretta a cambiare identità e a vivere nella menzogna. 
Dovremmo sbatterli fuori dall'Ordine degli Iniziati, ma questo richiederebbe una maggioranza dei tre quarti, al Consiglio, e guarda caso non si trova mai, perché gli Eterni sono sempre disponibili a comprare i voti altrui, o a minacciare chi osa sfidarli>>

Clara era a dir poco scettica di fronte a quella specie di mitologia che in fondo non poi meglio di quella della tanto vituperata vedova Blavatsky.
<<Quindi, se ho ben capito, quelle che voi chiamate entità sovrumane sono come angeli o demoni, con una loro gerarchia, immagino.
Ma non mi avete parlato né di Dio, né di Satana>>

Liliana annuì:
<<Ve ne parlo ora: tutti coloro che aderiscono all'Ordine degli Iniziati sono "diteisti", credono nell'esistenza, al di sopra di tutto, di due sole divinità egualmente potenti e perennemente in lotta tra loro.
La Divinità o Fonte del Bene, che potremmo chiamare Dio, e la Divinità o Fonte del Male, che potremmo chiamare Satana. Hanno molti altri nomi, ma quelli fanno parte dei Misteri, così come tutte le nostre pratiche per il potenziamento delle facoltà mentali, ma soprattutto dell'ascesi e l'estasi mistica. Le due Fonti sono la sommità del nostro credo e gli Iniziati le chiamano "Arcani Supremi".
Naturalmente siete più che autorizzata a considerare fandonie e farneticazioni le cose vi ho detto, ma c'è una sola questione che non richiederebbe Misteri o Iniziazioni per essere creduta, ma soltanto coraggio: ci sono orrori, a questo mondo, che non sono compatibili col dogma dell'onnipotenza. Voi avete studiato, so che conoscete bene la Storia e dunque saprete che è fatta di grandi atrocità e di quotidiani singoli orrori. Niente può giustificare un simile prezzo, eppure è proprio questo punto che è stato rifiutato e perseguitato sistematicamente dalle autorità politiche e religiose, ma anche dai singoli credenti, ovunque.
Ci possono essere tante spiegazioni, ma gli Iniziati, che nonostante il loro potere non hanno mai nemmeno provato a far pendere la bilancia dalla parte del diteismo, pensano che questo concetto sia rifiutato perché "spaventoso", nel senso originario della parola. 
Non è certo tranquillizzante pensare a una divinità malvagia con eguale potere di quella benevola: ci si sente minacciati senza avere una protezione sicura.
Ed è proprio qui che gli Iniziati entrano in scena: non si limitano a offrire consolazione o protezione materiale. Insegnano a potenziare la mente fino al punto di raggiungere facoltà che sono e saranno sempre considerate impossibili da parte dei non-Iniziati>>

Clara era incerta se ridere o avere paura del vaniloquio di quella strana donna, che peraltro non aveva rivelato nulla della propria origine e della propria formazione, e non aveva nemmeno tentato di giustificare il proprio passato di concubina e maitresse.
Ciò che la fece riflettere fu piuttosto il rispetto con cui Primo Ricci ascoltava il suddetto vaniloquio della sedicente Sacerdotessa.
Il fattore del Feudo Orsini era un tipo pratico e da lui ci si sarebbe aspettati, considerando anche l'anticlericalismo romagnolo, un qualche segno di scetticismo, e invece no: ascoltava quelle cose come se si stesse parlando di una nuova tecnica per aumentare la resa del raccolto.
Avrebbe voluto chiederglielo subito, ma in quel momento non era una mossa prudente. Si riservò quindi di parlargli più avanti e cercare di scoprire i suoi moventi e i segreti che lo rendevano così rispettoso verso la governante/sacerdotessa.

E fu proprio Liliana Bergantini a tagliare corto e a tornare ad un atteggiamento più pragmatico:
<<Ma adesso procediamo, voglio farti vedere almeno le mura di Confluentia: non sono molto lontane, e presto ti verranno incontro gli altri gatti. Ognuno di loro ha una personalità diversa e una dote particolare: se riesci a conquistare la fiducia di un gatto timido, allora sei sicuramente una persona buona>>
Proseguirono in quel bosco sempre più intricato, ma con un fascino fiabesco che ben pochi luoghi, da quelle parti, erano riusciti a conservare.
Alla fine, dopo aver peregrinato un po', giunsero alla radura dove sorgeva la porta d'ingresso.









Le mura di Confluentia erano antiche, in pietra grezza, mentre la porta era nuova, ristrutturata da poco, con dubbio gusto, senza arco, ma con una tettoia.
Ma la cosa più importante, quella che finalmente erano riusciti a trovare, era la colonia felina.
C'erano gatti ovunque, di tutti i colori e tutte le dimensioni. Alcuni dormivano ancora. Altri cercavano del cibo nei vari cocci sparpagliati qua e là, ma la maggioranza fissava incuriosita la nuova arrivata.
I loro musetti e i loro occhioni sembravano chiedere affetto.
Clara avrebbe voluto abbracciarli tutti: si accovacciò per terra e tese loro la mano da annusare e i più socievoli e curiosi si avvicinarono. Gli altri la fissavano con un'espressione quasi umana.
Liliana osservò compiaciuta la scena:
<<Quegli occhi guardano te. Ti vedono come una madre. Non deluderli mai. E' quello che dico sempre alle novizie e alle Sacerdotesse più giovani>>
Clara si voltò:
<<Allora non ci sono solo Anziane, qui...>>
Liliana annuì:
<<No, ma dovete credermi se vi dico che qui le novizie ricevono un'istruzione e un'educazione di alto livello. Abbiamo una biblioteca molto ben fornita e possiamo contare anche su quella degli Orsini, che ci tengono in grande considerazione>>
Clara decise che era il momento di porre un quesito molto preciso:
<<Voi che ruolo avete, all'interno di questa comunità religiosa? E torno a chiedervi come mai gli Orsini mostrano tanto rispetto per voi. Li avete forse convertiti?>>
Lo sguardo di Liliana era costernato: 
<<Mi ponete domande scomode, perché se vi risponderò sinceramente, la vostra opinione su di me e persino sulla famiglia Orsini ne uscirebbe devastata.
Ma gli auspici favorevoli e le mie premonizioni dicono che non tradirete il nostro segreto e nemmeno quello degli Orsini.
Vi chiedo comunque di non essere troppo severa nel giudicare me e le altre sacerdotesse, dopo che vi avrò detto ciò che sto per dirvi.
Ebbene, io sono la Somma Sacerdotessa di Confluentia, un nome molto antico che risale all'età romana. L'Opera Pia è la facciata pubblica di questa comunità, ma noi siamo molto di più.
Qui si celebrano ancora riti pagani, anche se io preferisco chiamarli Riti Tradizionali.
Pratichiamo la Magia Cerimoniale, la più alta, ma conosciamo tutte le altre formule della Chiave di Salomone, quella grande e quella piccola, il Corpus Hermeticum, la Cabala, gli Oracoli Caldaici,
Ma la nostra Liturgia è molo più antica, e potrei dire che lo è quanto la stessa umanità, e dunque si svolge secondo regole e principi che la mentalità moderna, ma anche quella cristiana, rifiutano.
Usiamo erbe e funghi proibiti, ma non per fini ricreativi: noi pratichiamo una sorta di sciamanesimo femminile, ctonio dicevano i Greci, parlando dei culti della terra che precedettero l'apporto degli Achei e degli Elleni.
Io presiedo i riti propiziatori per la fertilità della terra, e qui viene la parte che voi giudicherete un'aberrazione.
Uno dei nostri riti principali sono le Nozze Sacre di Beltane, la festa di Belenos, il primo maggio.
Ogni anno, il primo maggio, una Sacerdotessa Giovane si unisce carnalmente ad un giovane uomo appartenente ad una delle famiglie dei proprietari terrieri.
Queste Nozze Sacre possono sembrare oscene e anche incestuose, ma c'è sempre stato un equilibrio tra i  Signori delle Terre e le Signore delle Acque e dei Boschi. E' questo che ha garantito la nostra sopravvivenza per millenni. 
E' così da sempre e continuerà così finché quest'ultimo angolo di magia riuscirà a sopravvivere in questo mondo che presto sarà dominato dalle macchine e dagli automi.
Ma non qui. Ma di qui gli automi non passeranno! Non prevarranno su di noi! Difenderemo questo luogo a qualsiasi costo, come abbiamo sempre fatto, legando la sorte delle Grandi Famiglie alla nostra famiglia, la Stirpe matriarcale delle Grandi Sacerdotesse.
Sì, è così. E vedo che ora cominci a capire...>>
Lo scetticismo di Clara lasciò il posto al disgusto e al terrore, due emozioni primarie che vanno a formare l'emozione composta dell'orrore.
Clara incominciava a capire.
E' questo il segreto più oscuro degli Orsini di Casemurate. Le Nozze Sacre. 
Calendimaggio o Beltane che sia, il rito è la congiunzione carnale del Conte (o di un suo erede o parente stretto) con una delle Sacerdotesse Giovani, cioè in età fertile. E se i figli saranno maschi verranno dati in adozione alle famiglie del luogo, dietro lauti compensi, e se saranno femmine diventeranno "novizie" e poi "sacerdotesse" e poi cosa? Sgualdrine? Streghe? 
Chissà quanti figli sono nati e cresciuti in questo luogo! E quali legami di parentela si sono venuti a creare! Falsificano i documenti, i legami parentali, si inventano i cognomi e dicono di essere nate a Villa Inferno! Si prendono gioco di tutti. 
E mantengono inalterato il loro potere su questa terra.
E' Liliana che comanda, per questo anche Primo la rispetta e la teme.
Cercò di mettere insieme i vari tasselli del mosaico. Cos'aveva detto Liliana?
"...da bambina ero andata in pellegrinaggio, con mia madre, che si chiamava Viviana, alla Tomba di Merlino, a Broceliande..." 
Crede di essere la Dama del Lago. Si sarebbe dovuta chiamare Morgana, se davvero è giaciuta con un suo fratellastro. Ma chi sarà il Mordred della situazione?
Di sicuro tengono un albero genealogico e si divertono a vedere gli scherzi della natura che saltano fuori dagli incroci.
Ricordò le parole di Liliana riguardo alle "divergenze" tra la sua fazione e quella del Serpente Rosso.
Ha detto... "divergenze, non tanto sugli obiettivi, quanto sui metodi: noi siamo rimaste fedeli all'Antica Via". Un nome nobile per un rituale osceno e incestuoso.
"Siamo qui dalla notte dei tempi". Si considerano le vere padrone, e vedono la loro stirpe come una sorta di Dinastia Reale. Le altre Grandi Famiglie hanno accettato questo Patto di Sangue, garantito dalla potenza degli Iniziati.
"Se tradirai la mia fiducia, ne pagherai le conseguenze"... e non è una minaccia vana, se questi Iniziati esistono davvero. 




mercoledì 21 luglio 2021

Vite quasi parallele. Capitolo 148. I segreti degli Orsini di Casemurate



Quel lontano giorno d'estate del 1910, la maestra Clara Torricelli (da Forlì), prima di uscire da Villa Orsini, o Maniero che dir si voglia, considerando le discutibili scelte estetiche del suo restauro avvenuto nell'Ottocento, chiese alla contessa vedova Vittoria un'ultima delucidazione sull'Opera Pia di Confluentia, che si apprestava a visitare, accompagnata dalla severa governante Liliana.
<<Questa Opera Pia è di tipo religioso? Nel qual caso, il suo controllo è passato alla Congregazione di Carità del Comune di Forlì? Diventerà un Istituto Pubblico di Beneficienza e Assistenza secondo la Legge Crispi del 1890?>>
La Contessa Vedova si alzò in piedi, evidentemente seccata da quel tono inquisitorio:
<<La risposta a tutte queste domande fin troppo insistenti è no! Mio marito ci stava lavorando, ma ahimè è morto prima di poter realizzare il proprio programma di adeguamento alle leggi che lei ha citato. 
Ora se ne sta occupando mio figlio, il conte Achille, che si trova infatti a Forlì ospite della famiglia Paulucci di Calboli, al fine di discutere di questo con le autorità competenti.
In ogni caso, come le ho detto, questa Opera Pia è nata da un lascito di mio suocero ed è sempre stata amministrata direttamente dal mio povero marito.
Le ricordo infine che lei, qui, è ospite, e quindi la invito a comportarsi con la dovuta cortesia, attenendosi strettamente a ciò che le dirà la mia governante, la signora Liliana>>
Clara annuì e si scuso:
<<Senz'altro, Vostra Signoria. Vi chiedo perdono e vi ringrazio per la vostra gentilezza e la vostra pazienza>>
Vittoria annuì e la congedò con una certa rapidità.
Clara era felice, perché era riuscita nel suo intento di accedere alla zona più interna e segreta del Feudo Orsini, per scoprirne i misteri, specialmente quelli che riguardavano il Bosco di Confluentia.

Al fine di aiutare i lettori a comprendere i misteri degli Orsini, del loro Maniero, del loro Feudo e della misteriosa Enclave di Confluentia, è giunto il momento di descrivere con maggiore precisione l'architettura e l'organizzazione sia del Maniero che del Feudo, per poi inoltrarci fino all'Enclave.

L'entrata principale del passato (caduta in disuso) avveniva attraverso un portico seguito da un atrio e da una scalinata nelle vicinante della torre nord, quella più vicina al Bevano.
Tra la torre nord e la torre belvedere c'era l'ingresso maggiore, utilizzato nel periodo in cui sono ambientate le nostre narrazioni, che dava accesso al cortile interno per mezzo di una porta molto elaborata, in stile gotico, con arco a sesto acuto, guglie, cariatidi, pinnacoli e due cancelli molto robusti.
Si narrava che la costruzione di questa porta, da sola, fosse costata metà della fortuna degli Orsini.





Dal cortile interno si accedeva a molte stanze tra cui la cappella.
Vi era poi un terzo ingresso in una delle ali sul lato sud.
Tra l'ingresso sud e la torre sud, c'era il giardino esterno di facciata, nel senso che era il lato rivolto verso la strada, la via Cervese.
Il Maniero Orsini dunque aveva tre cortili: 1) il giardino di fronte alla strada, 2) il cortile interno, 3) il Parco, o cortile posteriore.




Per accedere alla parte posteriore del cortile esterno, che era protetta da un alto muro in pietra, c'erano tre passaggi di cui i primi due (dal cortile interno e dalla cantina) erano usati solo alla famiglia e dal personale più fidato un terzo che invece fiancheggiava la villa e consisteva in un secondo cancello, con una porta in pietra molto alta e robusta, all'altro lato della quale c'era, oltre al muro, una siepe intricata e dietro il rivale del Bevano.
Passarono attraverso il terzo, ed entrarono in un luogo molto diverso dalla parte anteriore (che era un giardino floreale e con alberi e cespugli ben curati).








Il cortile posteriore era, come si è detto, un vero e proprio parco, ma inselvatichito: aveva già l'aspetto di un bosco, con alberi secolari di ogni genere che si facevano più fitti man mano che la "calera" (la stradina sterrata), si avvicinava al Bevano.






Ad accompagnare Clara c'erano la governante Liliana, che sapeva molte più cose di quante volesse dare a intendere, e il fattore Primo Ricci, che sembrava veramente Heathcliff di Cime Tempestose.

Aveva i capelli lunghi, scuri, arruffati, e una barba ispida da pirata (poteva anche assomigliare a Jack Sparrow, ma senza treccine e altri elementi ambigui), ed era molto alto e muscoloso, persino più della "Luisona", a cui peraltro sembrava assomigliare in energia e durezza di carattere.
Questa sua aria selvaggia, ma sicura, determinata, come se fosse il vero padrone del Feudo, gli conferiva un certo carisma, che, per quanto incredibile possa sembrare, lo rese attraente agli occhi della ventenne Clara Torricelli, così bionda, angelica e dagli occhi color pervinca, e noi sappiamo bene come andò a finire la storia tra lei e il suo "Moro", come lo chiamò per tutta la vita: si sposarono sei mesi dopo ed ebbero sette figli, letteralmente uno dietro l'altro : Ettore (1911-1991), Oreste (1912-1982), Antonio (1913-1986), Caterina (1914-2004), Carolina (1915-2006), Maria Teresa (1916-2008) e Adriana (1917-2010). E in tutti quegli anni Clara continuò a lavorare e a scrivere i suoi diari e i suoi appunti di storia locale.

Nella sua carriera di insegnante elementare, svolta interamente nella Contea di Casemurate, la maestra Clara diede un'importanza centrale alla Storia: "Senza un approccio storico, ogni tipo di conoscenza è destinato a rimanere frammentario e disconnesso da tutto il resto, come se fosse sospeso nel vuoto. Solo la conoscenza storica ci permette di collocare ogni disciplina al posto che le spetta all'interno del quadro generale e completo della conoscenza necessaria per avere almeno una vaga idea del mondo in cui viviamo".

Ma in quel momento la priorità di Clara era scoprire quanto più possibile riguardo a ciò che gli Orsini nascondevano riguardo ai loro rapporti con la fantomatica famiglia Bergantini e con la misteriosa Opera Pia di Confluentia, più irraggiungibile dell'Eldorado.




Il muro di recinzione, andando avanti, si restringeva e così anche il parco, che diventava una specie di siepe alla sinistra della "calera", mentre alla destra sia il muro di recinzione che la siepe terminavano con un'alta cancellata con speroni acuminati in cima, che attraversava il Bevano da una parte all'altra, dragando tutto ciò che trasportava (di questi "detriti" si occupavano i vari fattori che lavoravano nella pars dominica dei campi).
Nella parte a nord-ovest c'erano gli orti e i frutteti (mele, pere, pesche, albicocche, susine/prugne, ciliegie, more di gelso e i cespugli tipici dei frutti di bosco), seguiti poi dai girasoli e dal granturco, sempre più fitto, man mano che ci si avvicinava a Confluentia. 
Dall'altra parte del Bevano c'erano normali coltivazioni, e oltre gli allevamenti, dove tutti gli animali avevano un ampio spazio in cui potersi muovere durante il giorno. Lungo il Bevano c'erano i capanni da pesca.
Mancavano le vigne e gli oliveti, perché quella terra, che ancora conservava il ricordo delle antiche paludi, non era adatta né per la vite, né per l'ulivo.
Era Primo Ricci a parlare con orgoglio di quello che sembrava il centro del suo "impero", laddove in teoria sarebbe dovuto essere l'impero del nuovo conte Achille Orsini, il quale invece non veniva mai nominato e di cui si diceva semplicemente che era "a Forlì ospite dei Paulucci di Calboli per definire la questione dell'Opera Pia".
La passeggiata per arrivare a Confluentia era abbastanza lunga, all'incirca un chilometro. Era possibile camminare sul rivale del Bevano, dove crescevano erbe officinali, in particolare menta e mentuccia, ma anche tarassaco, cardo mariano, iperico e altre piante con aromi intensi e piacevoli.
Come leggendo i pensieri di Clara, la signora Liliana disse: 
<<Queste sono le erbe che vengono raccolte dalle nostre anziane. E' una tradizione che si tramanda da secoli>>
Lo disse con profonda riverenza nei confronti delle Anziane e della Tradizione, come se il messaggio implicito fosse: non sarai certo tu a interrompere una tradizione millenaria.
E non era certo questo l'intento di Clara:
<<Ho il massimo rispetto per le tradizioni. Sono qui da pochi mesi, ma mi sono già affezionata a questi luoghi. Quando prima, nel Salotto, ho usato il termine "magia", era una metafora. Non vorrei che la Contessa Vedova avesse frainteso>>
Primo Ricci scoppiò in una sonora risata:
<<Ah, ah, mi pare di vederla, la Contessa. Dalle nostre parti si dice "avere la coda di paglia"...>>
Liliana intervenne bruscamente:
<<Primo, non essere insolente. La Contessa Vedova stava facendo del suo meglio per difendere l'onore della signora Bergantini dalle chiacchiere della gente. 
Ora le spiego, signorina Clara: la signora Luisa Bergantini è stata abbandonata dal marito, quando abitavano ancora a Villa Inferno, vicino a Montaletto. E' rimasta sola con due figlie e aveva bisogno di un lavoro, e così, siccome è mia lontana parente, ho chiesto al povero conte Ippolito, che aveva un cuore grande come il mare, di trovarle un lavoro e una sistemazione. 
Quando la bidella precedente è andata in pensione, hanno assunto la signora Bergantini, e questo non è piaciuto ad alcune famiglie che miravano a quel posto o che non volevano forestieri nella scuola. E si sono messi a dire in giro che "la Luisona", la chiamano solo perché sono invidiosi della sua altezza, è una strega e aveva fatto un filtro d'amore al povero conte Ippolito, che il Signore lo abbia in gloria. Il vecchio Conte era un santo. Con questo non voglio dire che non lo sia anche il nuovo, perché il conte Achille è un uomo d'onore...>>
Primo Ricci scoppiò a ridere:
<<Sì, un vero gentiluomo, se gli dessero una lira per ogni donna che ha messo incinta, riuscirebbe a pagare tutti i debiti che ha fatto quel sant'uomo di suo padre>>
Liliana scosse la testa:
<<Falla finita! Certe cose non si dicono neanche per scherzo! Signorina Clara, il nostro signor Ricci è un burlone, ma è un gran lavoratore: da quando c'è lui a dirigere i lavori, la terra rende molto di più, gli affari vanno bene, e il conte Achille è contento, e si fida del signor Primo come se fosse un fratello. Gli Orsini sono una famiglia generosa, si toglierebbero il pane di bocca per servirlo prima agli ospiti. E il povero conte Ippolito, se si è indebitato, non è solo colpa del fatto che ha costruito un castello dove prima c'era una casa normale, no... lui ha fatto del bene a tante gente!>>
Ma Primo continuava a punzecchiare:
<<Chissà perché ha fatto del bene soltanto a donne che avevano figli, e che dicevano di essere state abbandonate dai mariti... >>
Non ci voleva l'acume di Sherlock Holmes per capire che sia Ippolito che suo figlio Achille dovevano aver seminato figli illegittimi per tutta la Contea e anche oltre.
<<Primo Ricci! Tu pensa a cosa hanno combinato i tuoi zii: due si sono presi a coltellate, uno è stato ammazzato perché aveva sedotto una donna sposata, e l'ultimo tratta così bene le sue mogli, che sono già due quelle che si sono buttate dalla finestra!
E tu ti permetti di criticare gli Orsini?>>
Primo non dava la minima importanza ai suoi zii:
<<Oh, guai a chi tocca il tuo Ippolito! Ma è vero che sei stata tu a mettergli in testa di costruire il castello con tutte quelle torri che non servono a niente... tutte scale a chiocciola che non portano da nessuna parte... >>






Clara aveva ormai capito fin troppo bene come stavano le cose, per cui intervenne:
<<Io trovo che sia bellissimo questo maniero in stile neogotico. Così come mi piace molto questo parco, questa bella passeggiata, e il fiume è limpido. Sento che è un posto speciale>>
I due litiganti si fermarono e le apparvero entrambi sorpresi e nel contempo preoccupati.
Liliana in particolare non gradì affatto quel complimento:
<<Dite così perché siete abituata alla vita di città, ma per chi vive da molti anni in campagna, questo è un posto come un altro>>
Clara non si arrese e si rivolse all'altro:
<<La pensate così anche voi, signor Ricci?>>
Primo si accigliò:
<<Le terre di mia competenza finiscono proprio qui. Dopo è tutto di competenza dell'Opera Pia e se ne sono sempre occupate le donne. E bisogna riconoscere una cosa: la famiglia Orsini è rimasta in piedi per per seicento anni soprattutto grazie alle donne. Sono sempre state le Contesse a salvare la situazione. Io prima scherzavo, ma la contessa Vittoria ha fatto tanti sacrifici e sopportato molte ingiustizie pur di tenere alto l'onore degli Orsini. Merita il nostro rispetto>>
Clara capì che non c'era modo di farli parlare di chi, concretamente, gestisse l'Opera Pia di Confluentia.
Ormai si vedeva l'alta siepe di gelsi e rovi che circondava il Bosco Sacro.
C'erano alcune antiche costruzioni, circondate da alberi e siepi.
L'unico segno di modernità erano i numeri civici e le cassette delle lettere, anche se non si era mai visto un postino lungo il Viottolo ("E Viual", nella lingua locale) che dalla Via Nuova passava sopra alla Torricchia e segnava il confine tra le zone coltivate e il Bosco di Confluentia per poi passare sopra al Bevano. Dove non c'erano le antiche dimore, c'era soltanto una terra di nessuno, piena di sterpaglie.
<<Chi ci abita lì?>> chiese Clara.
<<Al momento nessuno>> rispose secca la governante
<<E' la casa dove abitano le amanti di turno del Conte>> disse invece Primo Ricci <<e siccome adesso il conte Achille non ha una... come dice lui? Usa una parola francese...>>
Clara capì:
<<Una Maitresse-en-titre. Da quel che ho capito il conte Ippolito ne ha avute molte>>
La signora Liliana le lanciò un'occhiata di sdegno:
<<Ne ha avute soltanto due. Ed erano trattate meglio di Madame Pompadour o della contessa Du Barry>>
La giovane maestra rimase stupita dalla cultura della governante:
<<Conoscete la Storia, vedo>>
La governante scrollò le spalle:
<<Quando si lavora una vita per i conti Orsini, si impara tutto su queste cose>>
Primo Ricci sogghignò con aria complice, ma non disse nulla.





Il Viottolo era deserto e la grande siepe era fitta e incolta, ma non impenetrabile, specie se si conoscevano i sentieri.
A quanto pareva, di giorno, nel Viottolo non passava nessuno, nemmeno i gatti.
<<Dopo il ponte sul fiume, il Viottolo dove conduce?>>
Primo Ricci indicò un punto indefinito:
<<Prima porta agli allevamenti e poi ad altri campi, fino al punto dove la Serachieda sfocia nel Bevano. Da quel punto inizia la Provincia di Ravenna e il Feudo Spreti. Gli Spreti sono la famiglia di origine della Contessa Vedova. Hanno una villa vicino alla chiesa parrocchiale, ma vivono quasi sempre a Ravenna o a Ferrara, alcuni anche all'estero>>
Clara tornò al punto:
<<E il Viottolo finisce lì? Non c'è un ponte sulla Serachieda?>>
La signora Liliana parve indignata al solo pensiero:
<<No! Assolutamente! Voi proprio non capite come funzionano le cose da queste parti. I ponti dei viottoli ci sono solo per collegare terre dello stesso padrone. 
La Serachieda è un confine, è vietato andare nell'altra proprietà e soprattutto è vietato entrare nella nostra. C'è gente che vorrebbe mettere ponti dappertutto, io invece ci metterei un muro. 
La nostra terra va protetta, specie adesso che...>>



Clara attese invano il seguito del discorso:
<<Cosa sta succedendo adesso?>>
La signora Liliana guardò Primo Ricci, il quale, forse per la crescente attrazione che provava per Clara, rispose:
<<Il Feudo Orsini è sotto ipoteca. Ma non c'è pericolo: io e i miei soci abbiamo prestato al Conte i nostri risparmi, e per il momento è sufficiente. L'Opera Pia comunque non corre pericoli, non appartiene più agli Orsini>>
Clara rimase di sasso:
<<Ma allora a chi appartiene?>>
La governante era infuriata:
<<Fate troppe domande! E comunque non è vero quello che ha detto Primo. L'Opera Pia è finanziata, fin dalla sua fondazione, anche da altre famiglie che hanno a cuore la preservazione delle nostre tradizioni>>
Sempre risposte evasive, ma non poteva insistere sull'argomento e quindi cercò di rasserenare il clima con un argomento che in genere metteva tutti d'accordo:
<<Dove si trovano i gatti?>>
La governante indicò un sentierino:
<<Seguitemi. A quest'ora dormono, ma ce ne sono alcuni molto curiosi che in genere vengono ad annusare i forestieri. Forse ne incontreremo qualcuno, ma non possiamo spingerci oltre un certo limite, perché le Anziane non amano ricevere visite da persone che non sono del posto>>
Procedettero per il sentierino, attraversando la siepe in un punto in cui era rada, e poi entrarono nel bosco vero e proprio.
Ma al posto dei gatti incontrarono una giovane donna dai capelli neri e visibilmente incinta.
La faccia di Liliana divenne più pallida di un cencio:
<<Che diavolo ci fai qui?>>
<<Una passeggiata! Non posso fare più neanche questa, nonna?>>
Per Clara quell'incontro era un autentico dono della Fortuna: la ragazza era la nipote di Liliana, ma, cosa più importante, era senza ombra di dubbio parente stretta della signora Luisa.
Che fosse sua figlia?
<<Tu sei Elvira, immagino?>>
La ragazza fu colta di sprovvista e il suo sguardo andò alla nonna, la quale naturalmente negò:
<<Vi sbagliate. Mia nipote non si chiama così, ed è una donna sposata. E...>>
Clara concluse:
<<Ed è identica a Luisa Bergantini da giovane, come del resto voi potreste sembrare Luisa Bergantini da anziana. Che strano, nessuno mi aveva detto che eravate sposata, Elvira>>
Primo Ricci intervenne:
<<Ma sì, avanti Elvira, potete dirle la verità, tanto la sarebbe venuta a sapere comunque, prima o poi>>
Fu la signora Liliana a rispondere:
<<Mi avevano detto che eravate una insopportabile ficcanaso. Vi riterrete molto scaltra, ma siete solo fortunata, anche se non troverete certo una pentola d'oro al termine dell'arcobaleno. 
Sì, Luisa è mia figlia, e il padre era Ludovico Orsini, ed io sono stata la sua Maitresse-en-titre, la sua Madame Pompadour.
Mia figlia e mia nipote vivono nella casa apparentemente "disabitata".
 Chi siano stati i loro compagni di letto non è cosa che vi riguardi>>
Clara in fondo l'aveva capito fin dall'inizio:
<<Non mi riguarda, è vero, ma io non sono una persona che si scandalizza facilmente. E ho una mezza idea di chi possano essere i padri: quello di Elvira e Iole, e quello del bambino che Elvira porta in grembo, e non mi sorprenderei se anche Iole fosse incinta>>
Primo Ricci intervenne:
<<Vi prego, non andate oltre nelle vostre supposizioni. E' un argomento tabù, per gli Orsini, ma non solo per loro. Ci sono varie famiglie coinvolte, tra cui anche la mia.  
Tra le Anziane, ci sono molte Maitresse del passato. E il loro legame con gli Orsini e le altre famiglie non è solo...>>
Liliana interruppe subito il discorso:
<<Basta così! Le Anziane non si toccano!>>
I pensieri di Clara incominciavano a fare chiarezza in tutto quel mare di allusioni, reticenze, menzogne e mezze verità:
<<D'accordo, mi basta dare uno sguardo alla colonia felina e poi torniamo indietro. Non intendo accusare nessuno di incesto, né violare un luogo sacro>>
La governante e il fattore rimasero immobili, stupefatti.
Clara aveva capito tutto, e se lei non fosse stata la figlia di Iniziato di Rango Segreto, non le avrebbero mai permesso di arrivare fin lì. 
Ma suo padre aveva previsto tutto e Liliana non poteva contrastare la volontà del Consiglio Ristretto.
Primo non sapeva tutto, ma aveva molti sospetti che preferiva tenere per sé: a lui non interessavano i riti esoterici: lui pensava agli affari e alle donne giovani, non alle Anziane di Confluentia.
Non replicarono in alcun modo: non si parlò di nulla, e quel nulla fu una risposta più che sufficiente a tutti gli interrogativi di Clara.
Proseguirono nel bosco in silenzio, ognuno incerto su cosa dire e cosa fare.



venerdì 16 luglio 2021

Vite quasi parallele. Capitolo 147. Le Streghe di Confluentia


C'era una pace d'altri tempi nel luogo selvoso e verdeggiante dove le placide acque del Bevano si univano a quelle della Torricchia, formando una penisola alberata, dove sorgeva un vero e proprio bosco (di querce, betulle, acacie, pioppi, faggi, ontani e salici), che circondava tutto il territorio intorno ad una antica dimora.
E poi c'era, ai confini di questo bosco, una siepe intricata di mori e rovi, ancora più alta, a delimitare il territorio in cui, ai tempi del conte Ludovico Orsini di Casemurate (1826-1878) era stata fondata L'Opera Pia di "Confluentia" che offriva un pasto e una cura veterinaria per i gatti randagi di campagna, accuditi da anziane signore volenterose che vivevano stabilmente in quel luogo, grazie ad un sussidio erogato dalla stessa famiglia Orsini, con i proventi ricavati da un'erboristeria che si trovava nei paraggi.
Chiediamo ai lettori un minuto di pazienza per localizzare, nella mappa sottostante, il punto esatto dove sorgeva Confluentia: si segua il corso del Bevano fino a Casemurate e si noti un punto con una piccola freccina blu che noi abbiamo aggiunto per indicare meglio il luogo di cui parleremo.




Prima delle opere di bonifica, in quel luogo c'era la Vecchia Foresta, una grande zona selvosa circondata dalla Palude Standiana (che i Romani chiamavano Vallis Candiana) a sua volta collegata all'enorme Palude Padusa.
Al centro della Vecchia Foresta, dove ora c'è Confluentia, c'era il Bosco Sacro, che da tempo immemorabile era un luogo di culto della Signora delle Paludi, chiamata "la Borda".

Alcuni studiosi del folklore locale riconducono l'etimologia del termine Borda alla radice "bor-" che andrebbe ricondotta a Borvo, divinità celtica che presiedeva alle acque termali e sorgive, e si ritroverebbe, in una vasta area accomunata da un'antica presenza celtica, in toponimi e termini connessi all'elemento acqueo: il fiume Bormida, località termali come Bormio, Bourbon-Lancy, Bourbon-l'Archambault, parole francesi come brouillard e brume (che significano "nebbia") o bourbe (melma).

La leggenda della Borda era diffusa in gran parte della Pianura Padana, ma in particolare nelle paludi vicine alla costa adriatica. 

La confluenza tra il Bevano e la Torricchia, così come la successiva tra il Bevano e la Serachieda, segna il confine tra l'attuale provincia di Forlì e quella di Ravenna, ma all'epoca i vari corsi d'acqua erano circondati da acquitrini e zone melmose, dove si sprofondava nelle sabbie mobili.
Nell'altare del Bosco Sacro di Confluentia c'era una spaventosa immagine della Borda, rappresentata come un mostro con grandi zanne, volto umanoide, mani palmate e coda di pesce: probabilmente questa forma ha avuto origine dagli enormi pesci carnivori, simili ai siluri, che popolano i fiumi e i canali della Pianura Padana.





Nell'Isola del Bosco Sacro, le Sacerdotesse delle Paludi, tenevano a bada la furia e l'ingordigia della Borda e di tutte le creature che le obbedivano.
Nella leggenda erano per metà umani e per metà pesci, ma non belli come se sirene: erano orribili come i mostri partoriti dalla fantasia di H.P. Lovecraft.
Le paludi vennero drenate, e la loro acqua convogliata nel Bevano e nei suoi affluenti.

La Vecchia Foresta si ridusse di anno in anno, finché rimase soltanto il Bosco Sacro.
E le Sacerdotesse rimasero lì, tollerate e temute anche in età cristiana, persino quando quel territorio fu dato in feudo a Bertoldo Orsini e a suo figlio Bernardo, primo Conte dii Casemurate.
Nessuno aveva mai avuto il coraggio di chiedere che tipo di accordo ci fosse tra gli Orsini e le Sacerdotesse, perché sia gli uni che le altre suscitavano timore e tremore nella popolazione locale.




Eppure tutti gli abitanti del luogo sapevano che, nel Bosco Sacro, che continuò a portare quel nome per secoli, la tradizione era continuata, nascosta dietro l'attività di una coltivazione di erbe curative, ai margini della zona alberata.

Sei secoli dopo, nel 1878 era stata fondata l'Opera Pia di Confluentia, con una cospicua donazione da parte del vecchio conte Ludovico Orsini, malato da anni e che infatti morì poco tempo dopo l'inaugurazione lasciando comunque un cospicuo ulteriore donativo nel testamento, per migliorare l'accesso all'erboristeria adiacente, gestita sempre dalle volenterose "anziane signore".
Tutto questo era stato accolto favorevolmente sia dalle autorità che dalla popolazione locale della Contea.
Per Ludovico Orsini di Casemurate e per suo figlio e successore, il conte Ippolito (1847-1909), quest'Opera Pia era giustamente motivo di orgoglio.

Questo è quanto si legge nelle celeberrime "Istorie casemuratensi" di Clara Torricelli, vedova Ricci, (1890-1984), suocera di Diana Orsini Paulucci, diciottesima Contessa di Casemurate (1913-2011).

In realtà Clara Torricelli sapeva molte più cose sull'argomento, e proprio per questo non era scesa nel dettagli su questioni che, secondo lei, era meglio non sapere, se si voleva continuare a dormire sonni tranquilli.

Ne aveva parlato molto, però, con sua nuora, quando aveva sentito avvicinarsi la fine:
<<C'è qualcosa qui... qualcosa che non è del tutto reale, ma è decisamente vero. Capisci cosa intendo dire?>> 
Diana capiva fin troppo bene:
<<Me ne sono resa conto gradualmente. Di base sono una persona scettica e non è per niente facile convincermi che qualcosa sia vero o falso. Però ho una buona memoria, specialmente per i dettagli, e quando questi dettagli incominciano a diventare ricorrenti, non posso fare a meno di chiedermi il perché. Quando una cosa estremamente improbabile succede una volta, è puro caso. Quando succede due volte, è una "singolare coincidenza". Ma dalla terza volta in avanti, allora incomincio a pormi delle domande.
Il problema è che non sono sicura di voler conoscere le risposte, perché so già che, dopo, nulla sarà più come prima>>
Clara aveva detto il suo parere:
<<Alla fine Dio ci salverà da questo male>>
Diana aveva risposto:
<<Lo diceva anche mia madre, ogni volta che uno dei suoi figli si ammalava o era in pericolo. Pregava dalla mattina alla sera e dalla sera alla mattina, senza sosta.
Ma di sei figli, i quattro migliori, i più innocenti, sono morti atrocemente, tra sofferenze indicibili.
Per questo non riesco più a pronunciare il Credo di Nicea. 
Ho visto troppo dolore inflitto a persone completamente innocenti, dolore atroce, dolore gratuito, privo di ogni aspetto di redenzione, perché non c'era proprio niente da redimere.
Per questo non credo che bontà e onnipotenza possano coesistere in un unico Demiurgo. 
La mia fede è di tipo diteista: ci sono due divinità, una buona e una malvagia.
Dio è il Principio del Bene e Satana è il Principio del Male. Hanno eguale potere e si combattono dall'eternità. Io credo nel Dio buono, ma non onnipotente. Rivolgo a lui e ai suoi angeli le mie preghiere della sera. E questo è tutto: io non so nient'altro>>
Clara avrebbe voluto limitarsi ad annuire senza aggiungere altro, ma i tempi erano maturi per un discorso che aveva rimandato troppo a lungo.
<<E' tempo che tu sappia il resto, mia povera Diana. Cose che non ho avuto il coraggio di dirti perché non volevo infliggerti ulteriore sofferenza. Ma non mi resta molto tempo e quindi è giunto il momento. Ho scritto tutto in un diario, in molti volumi, e corredato di prove di ogni genere raccolte nell'arco di una vita intera. Ci sono cose che riguardano anche le mie figlie; tanto da farmi pensare che a Emilia sia toccata una sorte migliore. E' tutto raccolto nel mio baule, compreso ciò che solo tuo padre era autorizzato a dirti, ma non ebbe il tempo e la forza per farlo, anche perché Michele Braghiri accelerò l'aggravarsi della sua malattia>>

Clara le aveva dato le chiavi del famoso baule, e Diana, dopo un giorno intero di dubbi, decise di aprirlo, e fu come aver spalancato il vaso di Pandora.
La cosa che più la colpì fu un documento che portava la firma e il sigillo del suo bisnonno Ludovico Orsini e di una certa signora Liliana Bergantini, nata a Villa Inferno nel 1850.
Nella mente di Diana era affiorato un ricordo d'infanzia, una donna alta, che arrivava con un calesse scoperto trainato da due cavalli neri come demoni infernali, ma non si chiamava Liliana, il suo nome era Luisa, ed era la figlia di questa Liliana e madre delle cinque sorelle...
Nelle firme in calce c'era qualcosa che non tornava: le date, i nomi, i luoghi, i legami... era tutto sbagliato, a meno che...
Lesse il documento e non credette ai propri occhi. Lo rilesse con attenzione e si rese conto che quel testo spiegava molte cose che fino ad allora erano rimaste avvolte nel mistero.
Era un documento che sicuramente era stato tramandato per due generazioni, ma il conte Achille (1883-1956) aveva preferito consegnarlo alla consuocera, tenendo all'oscuro persino Ettore.
Padre, perché non me l'hai detto? Avresti avuto mille occasioni... perché non me l'hai detto?
In quel momento, persino le poche certezze che le erano rimaste incominciarono a vacillare: non sapeva più a chi credere, non sapeva più se credere...

Era il "Naufragio della Speranza", a cui seguì un decennio di glaciazione, prima che lo spirito combattivo di Diana tornasse ad avere la meglio, per salvare dal pericolo i suoi nipoti e tutto ciò che aveva di più caro e sacro.





Per capire cosa Diana trovò, nel 1984, in quel baule lasciatole dalla suocera Clara, accompagneremo i lettori in qualcosa che Roberto l'Iniziato chiamerebbe "tuffo nelle memorie ancestrali", ma che si potrebbe chiamare anche "prequel", in termini cinematografici.

La maestra Torricelli (da Forlì) era una ancora giovane e nubile ventenne, quando le era stato assegnato il suo primo incarico nella scuola elementare di Casemurate, che per lei era un borgo sperduto nel nulla (cosa che, in effetti, è considerata tale anche ai giorni nostri, per chi non è a conoscenza dei Misteri).

La scuola, che è stata demolita alcuni anni fa, si trovava in via Spreti, la strada che collega la Cervese alla Villa Spreti, incrociando la via Serachieda di fronte alla chiesa e al piccolo cimitero dove riposano le spoglie mortali dei Ricci e degli Orsini, nella loro monumentale cappella, sotto la volta nera.
(Roberto ci ha detto: "Le mie ceneri finiranno lì, vicino a quelle dei miei adorati nonni: solo io riuscivo a farli andare d'accordo")
All'epoca in cui Clara Torricelli incominciò le sue ricerche (intorno al 1910 circa), nella scuola c'era una bidella che incuteva timore a tutti, una certa Luisa Bergantini, che risultava nata a Villa Inferno nel 1870. Di lei non si sapeva quasi niente, se non che il marito lavorava per gli Orsini.
Era molto alta e nerboruta, e tutti la chiamavano "la Luisona", cosa a cui lei non dava nessuna importanza. 
Era stata assunta come bidella l'anno precedente, dietro raccomandazione del vecchio conte Ippolito Orsini, deceduto pochi mesi dopo.
Ufficialmente risiedeva nella "Camaraza", un seminterrato negli alloggi del personale di Villa Orsini, con due figlie: Elvira (1883-1983) e Iole (1885-1993), anche se circolava voce che ne avesse delle altre molto più giovani, forse addirittura in età da obbligo scolastico.
La maestra Clara, che sembrava uscita dal Libro Cuore di De Amicis, riteneva che fosse suo dovere verificare se ciò fosse vero, ed inoltre era incuriosita sia da quel tetro maniero neogotico, frutto della follia del defunto conte Ippolito, sia dagli altri misteri che circondavano il Feudo Orsini.
Un giorno si presentò al Maniero all'ora del tè, consegnando al vecchio custode il suo biglietto da visita e pregando di essere ricevuta dalla contessa vedova Vittoria Spreti Orsini e da sua figlia Violetta Orsini de Toschi, moglie del Generale e madre della piccola, seppur già pesante, signorina Mariuccia.
Quello fu il suo primo ingresso nel Salotto Liberty, così arioso e variopinto da contrastare in maniera totale con l'esterno neogotico e le altre stanze, piuttosto cupe.
La contessa vedova Vittoria aveva l'aria della persona che nella vita ha visto e sentito di tutto e che non si sarebbe meravigliata neanche se avesse visto comparire un fantasma.
La figlia Violetta aveva invece l'aspetto triste e rassegnato di un condannato all'ergastolo, mentra la piccola Mariuccia pareva esclusivamente interessata a divorare con avidità qualunque dolcetto riuscisse a scovare.
<<Vostra Signoria>> annunciò il custode/maggiordomo <<ecco la signorina Clara Torricelli>>
La contessa vedova fece cenno al maggiordomo di andarsene, come se ne conoscesse la natura pettegola, e rivolse l'attenzione alla giovane Clara:
<<Mi dispiace tanto per voi, signorina Torricelli. Iniziare la carriera in un posto del genere dev'essere molto avvilente>>
All'inizio lo era stato, in effetti, ma poi, per qualche ragione ignota, lo scoramento aveva lasciato il posto alla curiosità per questo luogo che sembrava quasi medievale.
<<Ho imparato ad apprezzare la magia di questa Contea che sembra vivere sospesa in un mondo...>>
La contessa vedova la interruppe:
<<Avete detto magia? Allora chissà cosa vi hanno raccontato! No, non c'è bisogno di negare, non è colpa vostra. Vedete, ogni volta che arriva qui un forestiero, la gente incomincia subito a tirar fuori tutte le leggende, sia quelle antiche, sia quelle, ahimè, più recenti, come quelle che circolano sulla bidella della scuola, la signora Bergantini. Chissà cosa vi avranno raccontato!
Ma non c'è niente di vero, in certe dicerie, a meno che non siate superstiziosa, ma non credo, siete una persona istruita, non come questa plebaglia ignorante... sì lo so, non dovrei dare giudizi così severi, ma quando si vuole rovinare la reputazione delle persone per bene inventandosi di tutto, io devo reagire. Perché, vedete, signorina, da queste parti la gente ha un brutto vizio: quando non sa, inventa, e questo a volte può essere pericoloso. >>
Clara, di fronte a quel mare di parole, reagì ricordando il detto latino: excusatio non petita, accusatio manfesta.
Se la Contessa Vedova aveva sentito il bisogno di mettere le mani avanti, allora c'era sul serio qualcosa di grosso, dietro al mistero di Luisa Bergantini, del suo fantomatico marito, di cui non si sapeva nemmeno il nome, e delle sue misteriose figlie.
Improvvisamente comparve la Governante di allora, una donna anziana, magra, ma di aspetto sano ed energico.
La contessa Vittoria le disse, con un tono quasi sottomesso:
<<Ah, signora Liliana, se può preparare un tè e dei biscotti allo zenzero per la signorina Clara. 
E mi raccomando, faccia in modo che mia nipote Mariuccia non si mangi tutto: questa bambina è insaziabile>>
Liliana annuì, ma prima di uscire lanciò uno sguardo minaccioso alla contessa vedova, la quale fece un leggero cenno con la testa, come per dire che aveva capito e che non avrebbe rivelato nulla.
Clara ringraziò e disse:
<<Vostra Signoria, la prego di credermi se le dico che non do importanza ai pettegolezzi e alle maldicenze. L'unica cosa che mi interessa è che tutti i bambini di questa Contea ricevano un'adeguata istruzione e vivano in condizioni confortevoli. 
Per questo mi chiedevo se le figlie della signora Bergantini...>>
Vittoria la fermò subito:
<<Elvira ha 17 anni e Iole ne ha 15. Hanno frequentato la scuola a Villa Inferno, vicino alle saline di Cervia. Adesso danno una mano in cucina. Il loro alloggio è stato ristrutturato di recente ed è in ottime condizioni. Tutto qui>>
Clara intuì che non avrebbe cavato un ragno da un buco con domande dirette, per cui tentò un altro approccio:
<<Ne sono felice. Ah, volevo anche chiedere a Vostra Signoria se fosse possibile accedere dal parco di Vila Orsini all'erboristeria che si trova nel vostro possedimento>>
La contessa vedova Vittoria accennò un sorriso ironico:
<<L'accesso preferibile è il viottolo che parte dalla Via Nuova della Caserma e passa sopra il ponte della Torricchia: quella è la zona aperta al pubblico e la strada è molto più breve di quella della nostra "calera". E' come dire calle, in dialetto romagnolo. Quella strada va dal Parco Orsini all'Opera Pia di Confluentia, dove le anziane signore che vivono nell'ospizio si occupano anche dei gatti randagi, che vengono sfamati e curati, proprio con il reddito dell'erboristeria, fu una delle tante opere di generosità di mio suocero, che era un sant'uomo, poveretto...>>
Clara cercò di inserirsi nel tentativo palese della contessa di cambiare discorso:
<<Ah, quindi ci sono i gatti? Io adoro i gatti! Mi piacerebbe tanto poter visitare questo rifugio felino. Sarebbe davvero un grande dono da parte di Vostra Signoria. Le anziane signore immagino avranno piacere di ricevere visite, ogni tanto>>
In quel momento rientrò la governante Liliana con il tè e i biscotti allo zenzero:
<<Se volete, signorina Torricelli, vi posso accompagnare io, ma non oltre un certo punto: il Bosco di Confluentia è molto fitto, pieno di rovi e le viuzze che lo percorrono sono malsicure a causa delle vipere>>
Clara intuì, in quel momento, che questa signora Liliana era una Governante plenipotenziaria che controllava tutta la pars dominica della curtis dei conti Orsini di Casemurate.
A quel punto, si risvegliò dal suo limbo di torpore la contessina Violetta Orsini de Toschi, la moglie del Generale:
<<Potrebbe andare con voi anche il signor Primo Ricci, il nostro fattore: con lui sarete decisamente al sicuro. Ah, dovreste conoscerlo, signorina Clara: è come Heathcliff di Cime Tempestose! Un uomo così affascinante!>>
La contessa vedova la fulminò con lo sguardo:
<<Non dire sciocchezze, Violetta, bada piuttosto a tua figlia che si sta divorando tutti i biscotti!>>

E qui ci permettiamo di usare una tecnica narrativa detta "cliffhanger", concludendo il capitolo ex abrupto e lasciando in sospeso tutti gli interrogativi che saranno chiariti in seguito, per quanto ci siano elementi sufficienti per risolvere, almeno parzialmente, il rebus.