Tu
che non mi riconosceresti;
io
che ti confondo in mille volti;
tu
che sei andata molto avanti;
io
che sono fermo da una vita;
tu
che non sei più quella di un tempo;
io
che per amore tuo ho perduto tutto;
tu
che non dicevi mai né sì, né no;
io
che camminavo sui carboni ardenti;
tu
che facevi finta un po' di non capire;
io
che non osavo dir quel che sapevi già;
tu
che non ricordi più di me nemmeno il volto;
io
che ho tatuato il tuo su occhi e cuore;
esci
dalla mia mente,
esci,
fuggi dalla mia mente,
fuggi!
Come il silenzio,
noi scenderemo ognuno
per le proprie scale,
non penseremo più
al tuo bene ed al mio male,
e poi che vada tutto un po'
come gli pare!
Come il deserto,
che avanza dentro me
veloce come il suono,
la nostra storia brucerà
un'ultima volta
e finalmente poi sarà
soltanto fumo!
Che ne faremo
di questa fiaba
che si ferma e poi riparte
di questo amore
che non nasce e che non muore?
Dalla corrente
ci faremo trasportare
e finalmente tutto svanirà.
Svanirà,
svanirà,
svanirà...
Il freddo della stanza che raggela
e il luogo dove tu posasti lieta
ora deserto e nel silenzio solo
si sente l'aspra loquela
dei presenti, e l'eco dei ricordi, muta,
oltre la biblioteca, e sento che è reale
solo la tua assenza:
tutto il resto è morto, finto, vano
e come queste scale
tutto scende, precipita, si schianta.
Gli oggetti sono ancora al loro posto
a custodire muti la quiete polverosa
delle stanze, nell'oppiaceo incantesimo
che inutilmente finge un'illusione:
come se i decenni non fossero sfumati
nell'inconcludenza di un tempo nascosto
già negli interstizi e sotto i tappeti.
E non serve a nulla fare l'inventario
delle cose perdute, per poi soffocare dentro
l'urlo dei rimpianti e appoggiarsi a questi
arredi fragili come fossero pilastri
mentre tutto frana intorno
e i volti a poco a poco si congedano.

.jpg)
.jpg)