domenica 30 gennaio 2022

Vite quasi parallele. Capitolo 178. La faida tra Aurora Visconti e Serena Monterovere

 




L'evento mondano più atteso della stagione primaverile milanese, nel 1995, era intitolato "Moda, Stile e Accademia" e il suo inizio era previsto per le 17.30 di venerdì 19 maggio, presso il "10 Corso Como". 
Già allora, quel punto di incontro era il più raffinato concept store multimarca in Italia, con annessa galleria d'arte, bookshop (a metà strada tra una mostra fotografica, un'emeroteca di riviste d'arte e design e un salotto bianco, spazioso e luminoso), più un ampio e avveniristico bar ristorante di ottima qualità, e al piano superiore le suite dell'hotel 3ROOMS.
Il tutto era stato fondato pochi anni prima dall'allora direttrice di Vogue Italia, la dott.ssa Franca Sozzani, seguendo uno stile molto innovativo che nel contempo riprendeva e reinterpretava alcuni elementi sia dell'art nuveau, sia dell'art decò, in particolare nella scelta dell'interior design, con grande attenzione per i dettagli: le forme delle vetrate, dei lampadari, dei tavoli e delle sedie era circolare o curvilinea, con qualche variazione o eccezione soltanto nel lussureggiante cortile interno.
Tutto il complesso risultava molto gradevole anche nelle scelte cromatiche e nella varietà e fantasiosità delle suppellettili. Era un luogo adatto per discutere del design nel senso più ampio del termine.

L'evento di quella sera si teneva nell'ala riservata alle conferenze, a cui si poteva accedere mostrando il biglietto d'invito.
Il pubblico era quello delle grandi occasioni ed era prevista la presenza anche di grandi nomi della moda italiana.

Aurora e Roberto erano emozionati, ma anche piacevolmente meravigliati: era tutto perfetto, persino il tempo meteorologico aveva dato una mano. 
Era una bella serata, calda e limpida: gli ospiti stavano incominciando ad arrivare, ma naturalmente i più importanti si sarebbero manifestati per ultimi, come se ognuno di loro si sentisse una specie di deus ex machina.
Aurora riconobbe e salutò alcune persone che Roberto non seppe identificare, dal momento che ormai lei conduceva una vita mondana abbastanza autonoma e aveva conosciuto un certo numero di frequentatori abituali dei salotti buoni milanesi, suscitando l'interesse degli uomini e l'invidia implacabile delle donne.


















Mentre si guardava intorno, Roberto avvertì una sensazione di irrealtà, come se quel luogo si trovasse in un'altra dimensione, nella quale il tempo scorreva in maniera diversa: una specie di Reame Fatato di cui lui non conosceva quasi nulla.
E le fate di certo non mancavano: vide alcune giovani donne molto belle, accompagnate da personaggi che trasudavano ricchezza da tutti i pori.
Si fingevano amiche, ma erano rivali in perenne concorrenza tra loro.
Si salutavano con un accenno di baci interrotto prima del contatto con la guancia per non rovinare il make up. 

Nel frattempo lui osservava le vetrate: ce n'era una stranamente obliqua che, tra i colori e le forme a spirale, proiettava un'immagine frazionata e lontana del cortile interno, come se fosse un oblò da cui si osservavano i fondali del mare.






L' atmosfera magica era accresciuta dalla grazia con cui erano stati scelti gli elementi decorativi, senza mai eccedere, ma anche senza concedere nulla al minimalismo neo-razionalista che si sarebbe imposto una ventina d'anni dopo, aprendo un dibattito ancora in corso nell'ambito dell'interior design.











A un certo punto Roberto sentì da dietro una mano che gli toccava la spalla, si voltò ed era sua cugina Serena Monterovere, fortunatamente non insieme al marito. Il professor Hagauer, oratore principale di quella serata, era ancora in meditazione in qualche non precisato anfratto del locale.
La signora Hagauer era sempre più bella e pareva ringiovanita:
<<Mio Dio, Serena! Sei splendida! Sembri la Regina delle Fate>>

E non era un'esagerazione: lei era infatti una Monterovere pura. Aveva conservato le caratteristiche tipiche dei loro antenati longobardi: altezza, capelli dorati, occhi grigio-azzurri, viso ovale perfettamente delineato e regolare, dolce al punto giusto, e nel contempo raffinato e signorile.
Suo padre aveva sposato una cugina, una Bonaccorsi, la famiglia della bisnonna Eleonora.
Questo aveva rafforzato il fenotipo nordico, che invece nella prole degli altri Monterovere si stava perdendo, a vantaggio di quello celtico e di quello mediterraneo.
Serena aveva ricevuto un'educazione di prima classe, come una jeune fille rangée.








Accolse i complimenti del cugino con un sorriso e nei suoi occhi da elfa c'era una certa commozione:
<<E tu sei sempre il più elegante! Non hai idea di quanto sia contenta di rivederti: devo dirti tante cose, ma non stasera, perché si tratta di questioni riservate.
Ma dimmi, da quant'è che non ci vediamo? Mi pare una vita! Ti guardo e mi vengono in mente tanti bei ricordi>>
Roberto la osservava come se fosse un'apparizione da un altro mondo, lontanissimo e inaccessibile. Indossava un abito raffinato, di pizzo bianco nel busto, e di panno scuro con decorazioni floreali bianche nella gonna.
<<Anch'io mi ricordo di quando uscivamo insieme, e la gente non sapeva che eravamo parenti, per cui tutti ci guardavano, o meglio, guardavano te...>>
Serena rise, e la grazia con cui lo fece fu qualcosa di divino.
<<E' vero! Io avrò avuto, quanto? Neanche diciott'anni! E tu non più di quindici, forse meno.
Davamo scandalo, e del resto noi Monterovere siamo nati per questo: è nostro destino non passare inosservati, non essere mai dimenticati, nel bene e nel male. Ma quanto ci siamo divertiti, a far ingelosire gli altri e a scandalizzare le carampane impellicciate!>>
C'era una grande nostalgia nelle sue parole, come se rievocasse un paradiso perduto.
<<Ci stanno osservando tutti, anche adesso. Ma qui siamo nell'ombelico del mondo! E l'elite si chiederà: chi è il fortunato a cui la signora Hagauer concede la sua attenzione e il suo meraviglioso sorriso?>>







Al solo sentir pronunciare il cognome del marito, Serena si fece più seria, quasi malinconica e cambiò subito argomento:
<<Allora, non mi presenti la tua fidanzata? Sono davvero curiosa di conoscerla!>>
Roberto cercò in giro nella stanza e vide che Aurora si stava avvicinando, con un'espressione dubbiosa.
<<Sta arrivando, e mi pare che sia sorpresa: non si aspettava che avessi una cugina così bella e così giovane>>
E infatti, quando Roberto fece le presentazioni, Aurora rimase di sasso:
<<Ah, quindi lei è la signora Hagauer? Roberto mi aveva detto che era una cugina di secondo grado, figlia di un prozio, per cui io mi aspettavo...>>
Serena sorrise:
<<Ti aspettavi una Carampana de Carampanis! Io le chiamo così le "sciure" dei salotti milanesi: ne vedo già molti esemplari. 
Ma tu Aurora sei uno splendore! Stasera tutti gli occhi saranno rivolti a te. Io ormai ho fatto il mio tempo. Ma mi raccomando, dammi del tu e chiamami per nome, se no mi fai sentire vecchia!>>
Aurora, molto compiaciuta dall'idea che tutti gli occhi sarebbero stati per lei, rispose:
<<Grazie, Serena. Ma la più bella del reame resti tu! Come mai non hai fatto l'indossatrice o l'attrice? Una come te potrebbe fare tutto!>>

Serena la fissò con l'espressione enigmatica e sorniona tipica dei Monterovere:
<<E' una lunga storia...>> e non aggiunse altro.
Aurora non riusciva a capire:
<<Perché voi Monterovere siete tutti così misteriosi?>>
Serena parve concentrarsi su qualcosa che gli altri non potevano vedere e dai suoi occhi si capiva che, nonostante fosse giovane, aveva una profonda esperienza di vita:
<<Non siamo misteriosi: siamo difficili da capire e da spiegare, il che è tutta un'altra cosa. 
Alcune nostre scelte avranno successo e acquisteranno significato soltanto col tempo: forse noi non ne vedremo i frutti, ma siamo consapevoli che il nostro impegno è la semina per l'avvenire. Abbiamo una prospettiva più ampia>>
Quella frase aggiungeva ulteriore mistero, invece di dare risposte, e le ultime parole tradivano un certo senso di superiorità, ma Aurora non si diede per vinta:
<<Ti esprimi per enigmi, come tuo cugino Lorenzo>>
Serena inarcò le splendide sopracciglia:
<<So che vi siete conosciuti. Lorenzo è sempre stato per tutti noi un esempio e una grande ispirazione. Forse io non sono stata all'altezza delle sue aspettative, ma i suoi insegnamenti mi hanno permesso di vedere oltre le apparenze. 
Come immagino tu saprai, l'estetica è una potente forma di comunicazione, anche se a volte ciò che comunica è, intenzionalmente, soltanto una mezza verità o una verosimile menzogna. 
Un minimo di propaganda è legittimo, ma quando c'è troppo fumo, a noi esperti spetta il compito di scoprire quello che c'è dietro la maschera. A volte la maschera non serve nemmeno.
I più esperti sanno che non occorre mentire: è sufficiente distrarre l'attenzione verso altre direzioni>>
Mentre diceva queste cose, i suoi occhi grigio-azzurri sembravano guardare lontano, oltre le vetrate, persino oltre le pareti. Il suo profilo era regale e scultoreo: avrebbe potuto tener testa alla regina Nefertiti.

















Aurora percepì un velato rimprovero, in quelle parole, e provò un senso di irritazione verso Serena e in generale verso tutti Monterovere, per quella lieve, ma compiaciuta condiscendenza, con cui si rivolgevano al "profanum vulgus", e quel senso esclusivo della famiglia, onnipresente nei loro discorsi, eppure irraggiungibile da chi non ne faceva parte sin dalla nascita, come se fossero dei semidei che, pur trastullandosi con i comuni mortali, li tenevano fermamente a una certa distanza.
Cercò di replicare con una frase significativa, per mostrare che anche lei aveva una prospettiva più ampia:
<<Quindi secondo te, Serena, l'estetica deve sempre veicolare un messaggio? Non può essere semplicemente fine a se stessa? L'arte per l'arte, la bellezza per la bellezza, senza nessun secondo fine?>>
Serena le sorrise come avrebbe fatto con un cagnolino un po' bizzoso:
<<Non importa l'intenzione: tu saprai sicuramente che, come dice Watzlawick, è impossibile non comunicare, anche quando non si ha niente da dire. A volte dietro una maschera c'è solo il nulla, ma anche questa è un'informazione. 
Però non voglio tediarti oltre con questi discorsi accademici, so che tu hai interessi più concreti, e io potrei aiutarti, persino in tempi brevi. 
Tu hai vent'anni anni e sei già in ritardo, per le passerelle, ma forse, con i dovuti ritocchi e con i giusti abiti indosso, potresti risultare interessante.  
In fondo, il sogno che c'è dietro alla moda, consiste nell'illusione che, indossando lo stesso abito portato da una persona bella ed elegante, si possa diventare belli ed eleganti come lei. 
Che grande illusione, eppure ci cascano tutti!>>
Aurora percepì, per l'ennesima volta, in quelle parole un insulto celato dietro ad un sorriso, e non accettò la conclusione implicita del discorso:
<<Quindi chi segue la moda, per voi che la studiate, è soltanto un ingenuo, una preda da incantonare e intrappolare>>
Serena aggrottò le sopracciglia:
<<Non esageriamo! Noi aiutiamo queste persone a stare meglio! Le illusioni servono a questo. 
Noi cerchiamo di renderle partecipi di una realtà più grande, con il massimo rispetto, sapendo che queste persone buone e semplici sono il sale della terra. 
Noi ci riteniamo fortunati a conoscere e ad aiutare questa brava gente>>
Il disprezzo con cui pronunciò "brava gente" diceva già tutto.
Quanta presunzione, quanta supponenza! Il suo potere glielo consentiva: aveva fatto un matrimonio strategico e ora ne godeva i frutti.
Parlava come se fosse la portavoce della Camera Nazionale della Moda, che quella sera stava per riunirsi. Alcuni chiamavano tutti costoro "La Cupola", per un l'accordo di spartizione dei mercati che all'epoca reggeva ancora e andava ben oltre i confini italiani.














Aurora si rese conto, per la prima volta in vita sua, che dietro a tante belle parole c'era solo uno spregiudicato cinismo.
Sapeva di non dover provocare la potente cugina del fidanzato, ma l'antipatia istintiva che provava nei confronti di lei era troppo forte:
<<Alcuni stilisti sono meno rispettosi riguardo ai loro clienti. Ad una festa ho sentito con le mie stesse orecchie Gianni Versace che diceva a Giorgio Armani: "Il nostro patto è semplice: tu vesti le signore e io vesto le zoccole">>
Serena Monterovere, onorevole lady Hagauer, la fissò con aria divertita, anche se gli occhi rimasero freddi:
<<L'abito che io indosso è di Versace>>
Aurora rimase senza parole: in tutta la sua vita non aveva mai fatto una gaffe del genere.
<<Be', è chiaro che Versace si riferiva al prêt-à-porter, non ai capi di alta moda come il tuo>>
Serena sorrise:
<<Ma certo, cara. Ora se permetti ci sono alcune persone che vorrei salutare>>
E pronunciò la parola "persone" con un tono che sembrava dire, implicitamente: "loro sì che sono le persone che contano, non i pidocchi rifatti come te".

Aurora si sentì all'improvviso fuori posto. Lei che per tutta la vita aveva creduto di essere una star, si sentì come un'intrusa tra quell'oligarchia che, pur fingendosi di larghe vedute, era tremendamente autoreferenziale, impermeabile e maldisposta a cooptare qualche comune mortale nella propria olimpica cerchia, dove si gustava l'ambrosia degli dei.
Per tutti loro quel giorno era più che altro una riunione di famiglia, una scampagnata per divertirsi, senza la tensione delle passerelle e della stampa, che era stata sapientemente tenuta all'oscuro, tranne naturalmente Vogue Italia che aveva organizzato l'evento e che poi l'avrebbe pubblicato in esclusiva.
Tutte quelle persone non sembravano aver alcun interesse ad allargare la propria cerchia e la stessa Serena Monterovere, signora Hagauer, si comportava in maniera ambigua.

Forse l'intenzione di Serena era stata proprio quella di creare una piccola crepa in una situazione che era già molto compromessa.
Ma chi poteva esserci dietro a questa intenzione? La famiglia Monterovere al completo, oppure solo alcuni dei suoi componenti. La prozia Anita? Lo zio Lorenzo? Oppure qualche altro Monterovere che la riteneva inadeguata come futura moglie dell'"erede al trono".
Ma per loro erano tutte inadeguate!
Si chiese se Silvia Ricci-Orsini, la madre di Roberto, avesse provato gli stessi sentimenti, prima di riuscire ad essere accettata come una loro pari, lei che pure era figlia di una contessa!

Roberto non sembrava essersi accorto di nulla:
<<Allora che ne dici di Serena? E' una tipa in gamba vero? Non preoccuparti per la storia dell'abito di Versace, la signora Hagauer è nota per il suo senso dell'umorismo e dell'autoironia.
Vedrai che stasera ti farà conoscere bene tutti quelli che contano!>>
Aurora scosse il capo:
<<A volte sei proprio come tuo padre. Non cogli le sfumature, o forse fai finta di non coglierle>>
Lui cadde dalle nuvole:
<<Ma di cosa stai parlando? Mi è sembrata una conversazione molto interessante e spiritosa, non vedo il problema!>>
Lei si arrese e decise che era meglio tacere: aveva parlato fin troppo, quella sera, ed era solo l'inizio.
Fu proprio in quella serata sfarzosa che incominciò la faida tra Aurora Visconti e Serena Monterovere, che sotto certi aspetti ricalcò quella, da molti anni in corso, tra Anita Monterovere e Diana Orsini Paulucci, Contessa di Casemurate.

Quando furono le 18.00, dopo un primo aperitivo, apparve dal nulla il professor Hagauer, Ordinario di Estetica e Fenomenologia degli Stili all'Accademia di Brera.
L'aspettativa era notevole: Hagauer era un personaggio coccolato dai salotti buoni, ma imprevedibile, che riservava spesso sorprese non del tutto gradite e innescava polemiche destinate ad ingigantirsi e a lasciare il segno.
Che cosa aveva in serbo per quella sera?
Lo racconteremo nel prossimo capitolo.