Bastet o
Bast o
Bastit è una delle più importanti e venerate divinità dell'antica
religione egizia, raffigurata o con sembianze femminili e testa di
gatta o direttamente come una gatta.
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talvolta anche
b3stt
Si tratta di una
divinità dai tratti solari simboleggiante il calore benefico del sole, venerata per la sua potenza, la sua forza e la sua agilità.
Un epiteto tipico di Bastet era
nbt ins Signora delle bende.
Centro del suo culto fu la città di Par Bastet (la
Bubasti dei
greci, attuale
Zagazig, vicino al
delta del Nilo), dove - secondo
Erodoto - si svolgevano anche dei festeggiamenti periodici in onore della dea, comprendenti processioni di chiatte e riti orgiastici e dove è stata rinvenuta una necropoli di gatti sacri
mummificati, con relativo tempio.
Il culto di Bastet
Alle origini, Bastet era una divinità del culto solare, ma col tempo sempre più di quello lunare. Quando l'influenza
greca si estese sulla società
egiziana, Bastet divenne definitivamente solo una dea lunare, in quanto i
Greci la identificarono con
Artemide.
A partire dalla
II Dinastia, Bastet venne raffigurata come un
gatto selvatico del
deserto oppure come una
leonessa, tanto che era confusa od assimilata a sua sorella la dea
Sekhmet. Venne rappresentata come un
felino domestico solo intorno al
1000 a.C.
Bastet era la "Figlia di
Ra", quindi aveva lo stesso rango di altre
dee quali
Maat e
Tefnut. In più, Bastet era uno degli "Occhi di
Ra", nel senso che veniva mandata specificamente ad annientare i nemici dell'Egitto e dei suoi dei.
Da quando i
Greci identificarono Bastet con
Artemide, la dea fu detta "madre del dio dalla testa di leone Mihos" (anch'egli venerato a
Bubasti, insieme a Thoth), e fu raffigurata comunemente o come donna con la testa di un gatta o come gatta vera e propria.
Il culto dei gatti
Gli antichi egizi chiamavano
"miao" il gatto; addomesticarono quelli che vivevano ai bordi del delta del Nilo, originariamente per debellare i
topi che infestavano i granai.
Ma poi, col passare del tempo, non ci fu casa o tempio o edificio che non registrasse la presenza di almeno un
gatto, tenuto peraltro con ogni cura. Quando uno di questi felini moriva, si dice che il padrone usasse radersi le sopracciglia in segno di lutto per l'animale e di rispetto nei confronti della Dea.
Il culto di Bastet raggiunse una diffusione tale che il gatto in
Egitto era protetto dalla
legge. Era vietato fargli del male o trasferirli al di fuori dei confini del regno dei
faraoni. Chi violava tali disposizioni era passibile di pena di morte.
Nonostante le leggi egizie proibissero l'esportazione dei gatti, ritenuti animali sacri, i navigatori
fenici li contrabbandarono fuori del paese, facendone oggetto di commercio insieme ad altre merci preziose.
Furono poi i
Romani a portarli per primi nelle
isole britanniche.
Le leggende
Racconta una leggenda che Bastet, morsa da uno
scorpione, fu guarita da
Ra.
Gli
Egizi avevano un modo di dire:
«non si accarezza la gatta Bastet prima di aver affrontato la leonessa Sekhmet». Bastet era infatti comunemente accoppiata a
Sekhmet, la dea dalla testa di leone di Memphis, Wadjet ed Hathor.
Questo modo di dire affonda le sue radici nella leggenda di
Ra che, infuriato, provocò una siccità (evento terribile per gli
egiziani che vivevano delle piene del
Nilo).
Quando si fu calmato,
Ra mandò
Thot a cercare Bastet in
Nubia, dove la dea si nascondeva sotto forma di leonessa (
Sekhmet). Discendendo il
Nilo, Bast si era bagnata nel fiume in una città sacra a
Iside, trasformandosi di nuovo in gatta ed era entrata trionfante a Par Bastet (città dei gatti), dove fu poi trovata da
Thot (per molti secoli gli egiziani hanno ripercorso il suo viaggio in venerazione dei gatti).
Bibliografia
- Mario Tosi, Dizionario enciclopedico delle Divinità dell'Antico Egitto, Torino 2004. ISBN 88-7325-064-5.