mercoledì 9 aprile 2014

I Valar



Valar (singolare Vala) sono personaggi di Arda, l'universo immaginario fantasy creato dallo scrittore inglese John Ronald Reuel Tolkien. Compaiono nel Silmarillion e sono le cosiddette Potenze del Mondo[1] che vivono in Aman  – nel Reame Beato di Valinor – la più occidentale tra le terre di Arda, e possono essere equiparati agli "dei", ciascuno abbinato ad un diverso elemento. I Valar sono quegli Ainur (entità create dal pensiero di Eru Ilúvatar) che hanno deciso di proseguire la loro esistenza all'interno di , da loro stessi ideato.

A differenza degli dei greci, i Valar sono sì esseri maestosi e potenti, ma sottoposti al Dio Supremo, Eru, che nella concezione tolkeniana doveva essere l'equivalente mitologico del Dio cristiano, saggio, lungimirante, misericordioso e onnipotente. I Valar, proprio per essere una sorta di creature angeliche al servizio del Bene, sono del tutto diverse dalle corrispondenti versioni greco-romane: così Tulkas, Dio della Guerra, è sì un guerriero valoroso e intrepido, ma affatto diverso per intemperanze e crudeltà dal Dio AresManwë, ovvero lo Zeus tolkeniano, è al pari del suo corrispettivo greco il sovrano degli Dei, ma diversamente da questo non si diverte a fornicare con belle fanciulle mortali. I Valar sono meri esecutori della volontà dell'Unico Dio e non sono dotati di libero arbitrio come gli umani. È altresì e solo da questo punto di vista che è possibile paragonarli agli dei greci: i Valar agiscono per necessità, la loro facoltà di scelta è limitata agli errori di calcolo che eventualmente possono commettere, non essendo onniscienti come Eru Ilùvatar. Come anche Zeus, d'altronde, che esegue solo il volere del fatum latino o týche greca. E solo in quest'ottica si può ravvisare la scelta di Morgoth di non mettersi più al servizio del Dio ma di perseguire scopi di conquista assoluta del potere con i mezzi del terrore, dello sfruttamento e del traviamento del più debole. L'aver erroneamente creduto di potersi impossessare della Fiamma Imperitura, lo strumento mitologico della Creazione, ha spinto Morgoth ad abbandonare Dio, senza comprendere che la sua azione era già stata prevista da Eru e faceva parte di un più grande Disegno Universale.




Elenco dei Valar[modifica | modifica sorgente]

Fra tutti i Valar, nove sono considerati supremi in potere e in considerazione. Melkor viene però generalmente tolto dal novero, facendo sì che ne rimangano otto, gli Aratar, i Supremi di Arda, in ordine: Manwë e Varda, Ulmo, Yavanna e Aulë, Mandos, Nienna e Oromë. Questi sono considerati superiori rispetto a qualunque altro Valar, Maiar e a tutte le altre specie inviate da Ilúvatar in Eä.
  • Manwë detto Súlimo, Re dei Valar, Supremo Sovrano di Arda, Signore dell'Aria;
  • Ulmo, Re del Mare, Signore delle Acque;
  • Aulë detto Mahal ovvero il Fabbro, Signore della Terra;
  • Oromë detto Aldaron, il Grande Cavaliere, Signore delle Foreste;
  • Námo detto Mandos, il Giudice, Signore della Morte e del Destino; fratello maggiore di Lòrien, risiede nelle Aule di Mandos
  • Irmo detto LórienSignore del Desiderio; fratello minore di Námo (o Mandos), e insieme sono indicati come Fëanturi ("I Signori degli Spiriti"). Di solito viene chiamato Lórien, dal luogo dove dimora, ed i suoi giardini che in Lórien sono situati, sono i più belli di tutta Arda. È il Signore delle Visioni e dei Sogni e il suo nome significa "Desiderante" o "Signore del Desiderio".
  • Tulkas detto Astaldo, il Valoroso, il Campione di Valinor, Signore della Guerra
  • Melkor detto Morgoth, Oscuro Signore, Fiamma di Udun, Creatore del Male, Signore del Fuoco

Le Regine dei Valar (Valier)[modifica | modifica sorgente]

  • Varda detta Elentári, Signora delle Stelle; sposa di Manwe Sùlimo
  • Yavanna detta Kementári, Palúrien, Dispensatrice di Frutti, Regina della Terra; sposa di Aulë
  • NiennaSignora della Tristezza; è stato il suo pianto ad ispirare negli altri Dei misericordia verso i mortali
  • Estë la Guaritrice, Signora della Pace. Il suo nome significa riposo. Suo sposo è Irmo, e vive con lui nei giardini di Lórien in Valinor. Durante il giorno non cammina, ma riposa nell'isola del lago Lórellin. Dalle fontane di Irmo ed Estë chiunque abiti in Valinor può rinfrescarsi;
  • Vairë la Tessitrice, Signora della Storia; sposa di Mandos, tesse continuamente delle tele che raffigurano tutta la storia del mondo;
  • Vána la Sempregiovane, Signora della Primavera; sorella di Yavanna e sposa di Oromë. Al suo passaggio i fiori si aprono e gli uccelli cantano allegramente.
  • Nessa la Danzatrice, Signora della Femminilità; è nota per la sua velocità e la sua agilità, per la sua capacità di comunicare con i cervi che la seguono tra la natura e per il suo amore per la danza nelle terre sempreverdi di Valinor; sposa di Tulkas. È anche nota per la sua bellezza pura e per l'amore che suscita il suo sguardo.

Albero genealogico dei Valar[modifica | modifica sorgente]

In azzurro sono indicati i Valar, in rosa le Valier; il tratteggio indica che Eru ha concepito i due Ainur come marito e moglie.
Eru Ilúvatar
Manwë Súlimo
Ulmo
Aulë Mahal
Oromë Aldaron
Tulkas Astaldo
Námo Mandos
Irmo Lórien
Varda Elentári
Yavanna Kementári
Vána
Nessa
Vairë
Nienna
Estë

Virginia D. Capitolo 8. Questione di stile.



Il giorno successivo la vidi scendere dal solito autobus con lo stesso piglio regale con cui sarebbe potuta scendere da una carrozza trainata da quattro cavalli bianchi.
Indossava un vestito bianco e nero, decorato con motivi floreali, molto aderente, ma elegantissimo, perché riusciva a mantenere un perfetto equilibrio tra elaboratezza e sobrietà. Nel busto, il vestito era bianco e le decorazioni nere, mentre nella gonna valeva il viceversa, ma nei pressi delle ginocchia tornava a prevalere il bianco, con un gioco di sfumature estremamente raffinato.



Questo effetto era ottenuto con la sovrapposizione di due tessuti ricamati.
Anche la pettinatura era speciale: i capelli erano tutti pettinati da una parte, in modo tale da ricadere solo sulla spalla sinistra, fino al seno, con soffici ondulazioni.
Le scarpe avevano un tacco leggermente più alto. Le unghie erano state smaltate di blu.
Il make-up si era concentrato sulle labbra, con la scelta di un rossetto scarlatto.
Mi attardai un po' troppo ad osservare e lei se ne accorse, ma fortunatamente la sua reazione fu positiva.
Mi sorrise e per una frazione di secondo si mise in posa, come se fosse davanti a un fotografo.
Io le andai incontro e cercai subito di mascherare l'imbarazzo dietro una sfilza di parole:
<<Sei elegantissima. Oggi hai superato te stessa>>
Lei mi guardò con un'espressione divertita:
<<E questo è solo l'inizio! Comunque vedo che anche tu ci tieni, allo stile>>
<<Faccio quello che posso>>
<<Ah, ma è così che si fa! La gente si immagina chissà quali sforzi o quali spese>>
<<Sì, e poi magari guardano con sospetto, come se la cura dell'immagine fosse una colpa grave>>
Virginia sorrise:
<<Pensano che sia segno di superficialità. Mi è capitato, ma è sempre stato a mio vantaggio, perché mi sottovalutavano ed io riuscivo ad avere la meglio dimostrando che non ero affatto superficiale>>
Entrammo in aula ed io mi accorsi che, camminando insieme, suscitavamo una certa attenzione, come se pensassero: "Dio li fa e poi li accoppia".
Mentre ci sedevamo nel solito posto, non potei fare a meno di chiederle:
<<Ma come fai a rimanere così in ordine durante il viaggio, considerando che il treno e l'autobus sono pieni e caldi... per me sarebbero peggio una sauna>>
Lei ci pensò qualche secondo, come se il problema fosse stato risolto da così tanto tempo che occorreva un esercizio di memoria per rispondere.



<<E' una questione di esperienza. In questo noi donne siamo molto più brave. Impariamo a vestirci molto prima di voi, e a commisurare le scelte al clima, ai mezzi di trasporto, alle finanze, alle nostre condizioni fisiche. Tutto questo per i maschi è molto più difficile>>
L'argomentazione mi aveva convinto a tal punto che mi sentii in dovere di improvvisare una difesa d'ufficio del genere maschile:
<<Va detto che una donna ha una scelta più ampia>>
Virginia annuì:
<<Sì, infatti ringrazio il cielo per essere donna!>>
<<E non hai paura dell'invidia delle altre donne o degli apprezzamenti pesanti di certi uomini?>>
Era una domanda rischiosa, soprattutto perché era essa stessa un implicito "apprezzamento pesante".
Lei invece rispose con la massima nonchalance:
<<Anche a questo ci si fa l'abitudine. In fondo è meglio essere invidiati piuttosto che compatiti. E riguardo agli apprezzamenti troppo pesanti, li posso tenere a bada con le arti marziali>>
Non riuscii a capire se scherzava o diceva sul serio, e non ebbi la possibilità di domandarlo, perché ormai la lezione era incominciata e tutta l'attenzione di Virginia era rivolta all'Eneide.
Quel giorno era caldo, come spesso succede nelle prime settimane di ottobre, quando ancora il vero autunno non è comparso.
Avevo molta sete e bevvi in un'intera bottiglietta d'acqua minerale, e notai che lei fece la stessa cosa.
Mi venne in mente, alla fine della lezione, di offrirle un caffè alla macchinetta, cosa che lei accettò di buon grado.
<<Ho visto che domani iniziano anche le lezioni di storia greca e storia romana, tu quale hai scelto?>>
Lei parve molto divertita:
<<Noi "classicisti" le dobbiamo fare tutte e due. Voi "modernisti" invece potete scegliere. Tu cos'hai scelto?>>
<<Storia romana. La conosco meglio, e poi anche l'orario è preferibile. Sarà comunque un tour de force, quando avremo lezione fino a sera. Io per fortuna abito qui a due passi, per cui se sono stanco posso ristorarmi un po'>>
Lei annuì con un certo trasporto:
<<Hai una bella fortuna! La casa qui dietro, nessuno coinquilino tra i piedi, nessun genitore che controlla... sei comodo e libero>>
Io sorrisi:
<<Non mi lamento! Tra l'altro ho anche una pizzeria al taglio di fianco a casa, veramente ottima>>
Lei mi diede un'occhiata lunga, dal basso verso l'alto, come se stesse valutando se acquistare o meno un vestito appeso.
<<Bene, allora ho come il presentimento che domani mi offrirai anche la pizzetta>>
<<Ah ah, una giusta intuizione!>>
Lei mi guardò di nuovo con aria maliziosa:
<<Valuterò se accettare questa proposta indecente. Per adesso ci salutiamo>> e poi, con mia somma sorpresa, mi si avvicinò e mi diede un rapidissimo bacetto sulla guancia.
Credo che in quel momento le mie coronarie abbiano superato un difficilissimo stress-test.




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Emmy Rossum - Virginia D.

martedì 8 aprile 2014

Il gatto quotidiano. La questione delle 7 vite...







Sul fatto che i gatti abbiano più di una “vita” ormai non ci sono più dubbi. Eminenti gattofili si sono pronunciati in merito e la sentenza è stata unanime: “I gatti hanno sette vite!”. “No, scusate ma non erano nove?”, “Io ricordavo sette” “No, Nove!” “mmm… Ti sbagli, solo SETTE!”. In realtà, sul punto in questione, la sentenza non è poi stata così unanime.Dopo numerose ricerche siamo giunti alla soluzione che dipana questa ingarbugliata matassa. I gatti hanno 7 vite in Italia (e in molti altri paesi), mentre ne hanno 9 nei paesi anglosassoni.
Cosa hanno di diverso un gatto che vive in Italia e uno che vive in Inghilterra? Assolutamente nulla! Allora perché in Italia si dice che i gatti hanno solo sette vite? Sono più sfortunati dei nostri a-mici di lingua inglese? Nient’affatto! Probabilmente i modi di dire dipendono dalle diverse speranze di vita degli umani italiani rispetto a quelli inglesi. Si sa, gli umani tendono ad utilizzare loro stessi come metri di paragone. Quindi tra le sette vite italiane e le nove anglosassoni, in base a questa teoria, non ci dovrebbero essere differenze. I gatti vivono in media gli stessi anni sia in Italia che in Inghilterra. Un'ipotesi della confusione tra il 7 e il 9 sta nel fatto che esiste l'espressione "gatto a nove code", che purtroppo non indica un simpatico felino, ma un orribile strumento di tortura. In quel caso, sette vite possono bastare e anzi, per usare la battuta finale di un film piuttosto controverso che è in proiezione proprio adesso nei cinema, per la regia di Lars von Trier, "In fondo aspettiamo tutti il permesso di morire".

Virginia D. Capitolo 7. Un enigma avvolto nel mistero.



Ero contento di aver conosciuto Virginia e parlato con lei, ma nello stesso tempo ero perplesso e persino vagamente intimorito dal mistero che aleggiava intorno a lei.
Ciò che mi aveva detto aveva reso l'enigma ancora più complesso.
La sua ricercatezza nel vestire e il suo essere sempre in perfetto ordine, non si conciliavano con l'idea che dovesse prendere il treno due volte al giorno, considerate poi le condizioni pessime delle linee frequentate dai pendolari.
Lei sembrava appena scesa da una limousine!

Entrava in aula come se camminasse su un tappeto rosso in qualche serata di gala, fresca e profumata come se fosse appena uscita da un centro estetico.
Eppure l'avevo vista prendere l'autobus che passava davanti alla stazione, affollatissimo. Ma le persone si scostavano automaticamente al suo passaggio, le facevano spazio, come se fosse una creatura sovrumana.
C'era qualcosa di magico in lei, qualcosa che le permetteva di apparire praticamente perfetta sotto ogni punto di vista. Eppure, nello stesso tempo, era come se soltanto io notassi questa perfezione, mentre gli altri si limitavano a farsi da parte, come sudditi muti di una divinità capricciosa.



Com'era possibile che nessun altro studente si fosse fatto avanti per parlare con lei, per cercare di conoscerla? Perché avevano preferito la compagnia di altre compagne di studi che apparivano molto più banali o scialbe rispetto a Virginia?
E poi c'era sempre la questione del cognome, che pareva uscire da un romanzo.
Ogni tanto mi passava per la testa l'idea assurda che lei fosse una mia allucinazione, in cui proiettavo qualcosa che faceva parte del mio inconscio.
Poi però mi rendevo conto che erano pensieri assurdi e che semplicemente lei era molto riservata ed io ero particolarmente sensibile al suo fascino, mentre agli altri lei poteva risultare meno interessante, per quanto ciò potesse sembrarmi strano.
Era una situazione quasi stilnovistica, in cui la figura femminile appariva come un angelo disceso "da cielo in terra a miracol mostrare".
Ma erano passati ottocento anni dallo Stilnovo! E naturalmente io non ero Dante e lei non era Beatrice!
Insomma, Virginia poteva anche sembrarmi la perfezione personificata, ma prima o poi i suoi difetti sarebbero emersi.
Del resto ero convinto che l'unico modo di togliersi una donna dalla testa fosse conoscerla bene. Ed era questo che mi riproponevo di fare.









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Emmy Rossum - Virginia D.

Virginia D. Capitolo 6. La studentessa modello

Emmy Rossum - Emmy Rossum Goes to the 'Shameless' Panel at Comic-Con

La nostra conversazione non si protrasse oltre, perché Virginia, da studentessa modello quale era, non voleva perdersi un solo minuto di lezione.
Io invece, per quanto mi sforzassi, non riuscivo proprio a concentrarmi sugli esametri.
I miei pensieri e le mie fantasie ruotavano intorno a lei.
La immaginavo nella tenuta da studentessa universitaria americana, di quelle prestigiose, dove è d'obbligo portare una divisa, e ritenevo che indosso a lei sarebbe stata molto bene e avrebbe unito la sua predisposizione all'eleganza con un elemento di sensualità, che derivava dal vestiario particolare.

Emmy Rossum - Emmy Rossum Goes to the 'Shameless' Panel at Comic-Con

Giacchetta, gilet, camicetta bianca, cravatta distintiva dell'università, gonna in coordinato, scarpe con i tacchi. Non era poi molto diverso dal suo aspetto reale.

Emmy Rossum - Emmy Rossum Goes to the 'Shameless' Panel at Comic-Con

La immaginavo camminare su una passerella, come in una sfilata di moda, e mi vedevo in prima fila ad osservarla e a ricambiare il suo sorriso.

Emmy Rossum - 'Shameless' Stars at Comic-Con

E mentre tutti applaudivano, io ero certo di essere l'unico che la conoscesse veramente.

Emmy Rossum - 'Shameless' Stars at Comic-Con

In fondo quel giorno era stata lei a rompere il ghiaccio e a confidarsi, partendo da un argomento che mi aveva profondamente colpito e cioè la sua volontà di imparare il greco da zero, iscrivendosi a Lettere classiche dopo aver fatto il Liceo scientifico.
Io non ne avrei mai avuto il coraggio e proprio per questo la ammiravo ancor di più.
Insomma, oltre ad essere un'esteta, Virginia D. era anche un'intellettuale.
C'era un'unica cosa che mi turbava sul suo conto e cioè il suo cognome. Non doveva essere facile portare un cognome del genere, così negativamente connotato.
Pur essendo molto curioso al riguardo, pensai che fosse meglio evitare di toccare un argomento che poteva essere sgradevole e quindi decisi che non avrei mai portato lì l'argomento e avrei lasciato a Virginia l'iniziativa di spiegare questo mistero.
Alla fine della lezione, in ogni caso, era giusto che io mi presentassi.
Per cui, quando ci stavamo preparando per uscire, dissi:
<<Comunque, io mi chiamo Luca Bosco e abito qui in centro, da solo>>
Le porsi la mano e lei me la strinse con vigore:
<<Piacere di conoscerti, io mi chiamo Virginia e abito a M. per cui sono costretta alla vita da pendolare, anche il viaggio in treno è solo di venti minuti>>
<<Ah, capisco! Be', complimenti anche per questo. La vita da pendolare non deve essere facile>>
<<No, ma è sempre meglio che dover condividere un appartamento con delle coinquiline. Ma tu sei in affitto?>>
<<No, il monolocale è mio. Me lo ha lasciato mia nonna in eredità. Purtroppo è morta l'anno scorso>>
Il mio volto era sinceramente sconsolato mentre pensavo al fatto che mia nonna fosse mancata prematuramente.
<<Mi dispiace. Immagino che ti volesse molto bene>>
<<Sì, ci adoravamo a vicenda>>
Mi tornò in mente il fatto che la fotografia di mia nonna da ragazza era identica a lei, ma non lo dissi, perché poteva non essere un buon complimento, almeno non ancora.
Finimmo di prepararci, uscimmo dall'aula e ci salutammo.
<<Allora ci vediamo domani!>>
<<A domani!>>
E me lo disse con un sorriso che mi inondò di gioia allo stato puro.





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Emmy Rossum - Virginia D.

Virginia D. Capitolo 5. Niente è indistruttibile.

Emmy Rossum - Celebs at the Launch of 'Jason Wu for Target'

Durante il fine settimana, mentre tentavo svogliatamente di incominciare a studiare qualcosa, il pensiero era ritornato più volte su Virginia D. e sul mistero che avvolgeva la sua eleganza e la distanza che metteva tra sé e gli altri.
Il dubbio divenne ancora più pungente quando, il lunedì mattina, giornata in cui notoriamente la gente si veste male, mettendosi le prime cose che capitano, lottando con il desiderio di rimanere in casa a dormire, Virginia si presentò a lezione più elegante e curata che mai.
Indossava una camicetta rosa carne, leggera, a tratti quasi trasparente, ma sempre abbottonata fino al collo. La gonna era rosa, bordata e decorata con linee nere. Rosa erano anche le scarpe.
Portava due cerchietti di brillanti come orecchini.
I capelli erano divisi da una scriminatura nel mezzo, raccolti dietro la nuca e ricadevano in due code ai lati del viso su entrambe le spalle, fino al livello dei seni.
Anche il trucco era estremamente curato. Persino le unghie sembravano fresche di manicure.
Come si poteva essere così assolutamente perfetti persino il lunedì mattina?
Ma poi, a che fine?

Emmy Rossum - Jason Wu For Target Launch

Io conoscevo una possibile risposta, nel senso che per me l'eleganza poteva essere benissimo fine a se stessa, senza alcun desiderio di seduzione o di ostentazione.  Per me era, in certi giorni, non sempre, un modo per sentirmi meglio, per stare meglio con me stesso.
Ma non osavo illudermi che potesse essere così anche per lei.
Era così raro incontrare una persona che amasse l'eleganza fine a se stessa che preferivo non farmi illusioni.
Non volevo correre il rischio di idealizzare un'immagine, senza conoscere gli elementi di personalità che avevano condotto ad essa.
In ogni caso, non potevo nemmeno fingere di non essere attratto da lei
Del resto, sedersi al suo fianco, al solito posto, per la settima volta consecutiva, era l'equivalente, tacito, di una dichiarazione d'amore.
Il suo sorriso, nel momento in cui mi vide, fu così timido e nel contempo così dolce che avrebbe potuto resuscitare un morto.

Emmy Rossum - Jason Wu For Target Launch

Fu solo un attimo, poi il suo sguardo tornò nuovamente contemplativo.
Avrei avuto nella testa mille cose da dire per rompere il ghiaccio e trovare un argomento tale da spezzare l'incantesimo che ci impediva di esprimere a parole una comunicazione che fino a quel momento era stata lasciata a gesti in apparenza casuali.
La sua stessa postura, così altera e statuaria, per quanto lei non fosse più alta della media, contribuiva a creare una certa distanza, quasi una barriera, generata da un'aura di solenne inviolabilità.

Emmy Rossum - Jason Wu For Target Launch

Eppure, se io sentivo così forte, nei confronti di Virginia, un sentimento di affinità, doveva esserci sicuramente un modo per far crollare le mura che aveva eretto intorno a se stessa.
Ciò che nella mente può sembrare eterno e indistruttibile, nella realtà finiva sempre, prima o poi, per mostrare qualche crepa.
In fondo niente è indistruttibile.
Quando ci si trova davanti ad una barriera che non ha ragione di esistere, occorre prestare molta attenzione ai dettagli.
Notai che quel giorno non portava le calze e vidi che le sue gambe, dal ginocchio in giù, erano straordinariamente simili a quelle di mia madre e, indirettamente, anche alle mie.
Era un pensiero bizzarro, ma mi ricordai che fin dal primo giorno lei mi aveva ricordato alcune foto di mia madre da ragazza.
Per carità, non c'era nessun risvolto edipico in quel paragone, quanto piuttosto un senso di familiarità. Era come se lei fosse una specie di versione femminile di me stesso.
Mi resi conto che non era un'idea così folle o campata in aria. Avevamo alcuni tratti somatici molto simili: il colore e la forma degli occhi, del naso, persino della bocca. Certo, io ero più alto e più robusto, come è normale che sia per un maschio, ma la somiglianza era innegabile.
Mentre pensavo queste cose, la lezione era incominciata ed io stavo prendendo automaticamente appunti, senza capire cosa stesse realmente dicendo la giunonica prof, fino a quando non si mise a scrivere alla lavagna.
Qualcuno le aveva chiesto un ripasso dell'esametro, che per me non era affatto un ripasso, in quanto, avendo fatto il liceo scientifico, non avevo avuto modo di studiare la metrica.
Virginia invece stava seguendo molto tranquillamente, come si evinceva dalla chiarezza dei suoi appunti, molto migliori del pasticcio che Giunone, alla lavagna, stava combinando.
Mi ritrovai così, spontaneamente, senza nessun secondo fine, a copiare dal quaderno di Virginia, dal quale si capiva molto meglio quella strana combinazione di simboli dai nomi strani.
Ecco, quella fu la crepa che fece cadere le mura di Gerico.
Lei infatti notò, vedendomi copiare la suo quaderno, la mia difficoltà a seguire la lezione e probabilmente, unendo questa consapevolezza al fatto che io non la seguivo nelle lezioni di Lingua greca, dovette intuire che io non venivo dal liceo classico. E così, spontaneamente, e forse involontariamente, fu lei a rompere il ghiaccio, chiedendomi: <<Qualche difficoltà con la metrica?>>.
Devo ammettere che fui preso in contropiede, perché tutto mi aspettavo, tranne che quella domanda, anche se a posteriori mi rendo conto che era quasi ovvia.
<<Ehm... sì... molte difficoltà... io sono un "barbaro" dello scientifico, e un "modernista", ovviamente>>
Lei parve divertita dalla mia risposta:
<<Ma anch'io sono una "barbara" dello scientifico, però conosco la metrica e sono iscritta a Lettere classiche>>
Fui preso in contropiede un'altra volta:
<<Ma se non hai fatto il classico, come fai con il greco?>>
Era una conversazione completamente diversa da ciò che avrei mai immaginato, ma sortì comunque l'effetto che desideravo, in quanto andò a toccare un argomento di cui lei andava particolarmente fiera:
<<Lo sto imparando adesso. E' una lingua meravigliosa, che sta alla base di una civiltà meravigliosa>>
Aveva pronunciato quelle parole con divertita naturalezza. La sua voce era limpida, armoniosa, priva di qualsiasi accento.
La mia risposta fu del tutto inadeguata rispetto al fiume di parole che avrei voluto dire:
<<Complimenti!>> e feci pure un cenno di inchino.
Era stato un modo piuttosto buffo e particolare per rompere il ghiaccio, e certamente io mi sentivo abbastanza spiazzato, ma l'importante era che il muro di silenzio tra me e lei fosse crollato.
In fondo, avevo ragione io: niente è indistruttibile.




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Emmy Rossum - Virginia D.

P.s. Il titolo si ispira ad un passo della canzone "Masterpiece" di Madonna, colonna sonora del film W.E. diretto dalla stessa regina del pop.

lunedì 7 aprile 2014

Virginia D. Capitolo 4. Il nome.



Il quarto la vidi arrivare da fuori. I suoi capelli sciolti erano una cascata castano scura, leggermente ondulata, che rifletteva la luce intensa del sole.
L'aspetto era ancora più elaborato.
Portava una camicetta colorata a fantasia, con colletto bianco ed una giacchetta dello stesso colore della camicia. Completava il tutto una gonna arancione, con scarpe in abbinamento, calze bianche da scolaretta, orecchini di giada e una borsetta azzurra.
Era bellissima.
Quando prese posto sul solito banco, io mi sedetti subito a fianco a lei, che questa volta si voltò e mi rivolse un vago sorriso, come a dire che ormai aveva capito che io volevo starle vicino.
Questa disponibilità a una seppur vaga comunicazione trovò conferma nel fatto che appoggiò sul banco il proprio tesserino universitario, tra me e lei, ed io potei quindi leggere il suo nome e cognome. Il nome Virginia era quantomai adatto al suo aspetto verginale, mentre il cognome mi lasciò perplesso, tanto da pensare che fosse uno scherzo. Vi basti per ora sapere la sua iniziale, perché salvaguardare la privacy di lei.



Io volli rispondere a quella muta e discreta presentazione lasciando aperto il mio quaderno sul frontespizio, dove c'erano le mie generalità.
Per una ragazza riservata come lei e un ragazzo misterioso come me quella strana forma di presentazione muta equivalse a una conversazione di cinque ore.
Inoltre, durante la lezione, la vidi sorridere spesso, per la comicità involontaria della prof. di Lingua latina, la giunonica Giunone, che provocava nella mia Venere momenti di allegria che le illuminava il fresco viso di fanciulla.



Mi sembrava incredibile che una ragazza così attraente fosse così sola.
A volte mi chiedevo se anche gli altri la vedessero. Ma su questo non c'erano dubbi, perché qualche interazione era comunque avvenuta, fosse solo per farsi spazio, o raccogliere qualcosa o prestare una penna.
Quindi non era una mia allucinazione, né un fantasma.
Semplicemente, come me, era una persona di indole solitaria, che teneva molto alla sua sfera privata.
Vidi che usava un cellulare normale, di rado. Aveva nella borsetta, semiaperta sul banco, un lettore mp3.
Il sapere che non possedeva uno smartphone e che quindi non era dipendente da esso, come invece lo erano tutte le altre, me la rendeva ancora più attraente.
Le altre ragazze erano sciatte. Magari sarebbero state anche carine, ma si recavano all'università come se andassero in palestra, con gli odiosi leggins oppure dei jeans strettissimi e banali. Seguivano in maniera acritica la moda del momento. Erano insignificanti.
Virginia invece era tutto il contrario. 



Il suo viso sembrava senza trucco, in realtà notai che c'era un sapiente make-up, molto discreto, che valorizzava i suoi occhi meravigliosi, dai quali trasparivano insieme dolcezza e malinconia. Sì, erano i classici occhi da cerbiatta, ma più scuri e più tristi.
Quali segreti si nascondevano nella sua mente? Com'era la sua vita, al di fuori dell'università? Chi era l'uomo fortunato, pari agli Dei, che aveva il privilegio di essere da lei amato.
Si sentiva mai sola?
Mi venne in mente il passo di un romanzo a me molto caro, compresa la sceneggiatura che ne era stata ricavata per trarne un film.
Oh, ma tu sei sola! Chi lo sa cosa dici alle tenebre, nelle amare veglie notturne, quando tutta la tua vita sembra contrarsi, e le pareti della tua dimora ti si stringono addosso, come una gabbia che vuole imprigionare qualcosa di selvaggio.
Così bella, così fredda, come un mattino di pallida primavera ancora legato al gelo dell'inverno.




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Emmy Rossum - Virginia D.

Virginia D. Capitolo 3. Fantasie, ipotesi e deduzioni.


Emmy Rossum - MBFW: Front Row at Tory Burch

Se una cosa strana accade una volta è puro caso, se accade due volte è una singolare coincidenza, ma se accade tre volte, be', allora è diverso.
Al terzo giorno in cui la misteriosa studentessa si presentò con un aspetto che ne confermava lo stile e la rendeva diversa da tutte le altre, dovetti prendere atto che era una persona speciale, perché, al contrario di quel che pensano i moralisti, l'abito fa il monaco.
Camicetta bianca abbottonata, colletto bianco, una leggerissima maglia viola con ricami in pizzo, che lasciava intravvedere tutto, pantaloni neri, scarpe nere. Capelli sciolti
Mi sedetti di fianco a lei, che per la prima volta mi rivolse un rapido sguardo, dalla testa ai piedi, come era logico immaginarsi da una persona che cura tanto il proprio aspetto.
Non dirò com'ero vestito io, ma certamente anch'io avevo il mio stile, ed era uno stile classico, un po' come se avessi la divisa di qualche college privato inglese o americano.
In quel momento non lei non mostrò alcun segno di interesse, ma in seguito seppi che era stato proprio il mio abbigliamento a farle capire che anche io avevo una personalità diversa dall'ordinario.
In fondo sia lei che io avevamo scelto un'immagine che incarnava un'idea di distinzione elegante non fine a se stessa, ma veicolo di un messaggio che poteva essere compreso soltanto da chi aveva una forte sensibilità estetica.

Emmy Rossum - MBFW: Front Row at Tory Burch

Sentivo che questa affinità avrebbe potuto, prima o poi, favorire una comunicazione con lei.
Immaginavo che un giorno avrebbe potuto rivolgere a me il suo meraviglioso sorriso, e non per mera cortesia, ma per una comprensione profonda del fatto che potevamo condividere qualcosa.


Emmy Rossum - MBFW: Front Row at Tory Burch

Per il momento avevo in mano pochi dati riguardo alla sconosciuta che mi aveva così affascinato.
Continuava ad essere totalmente riservata, non parlando con nessuno e non cercando alcun contatto.
Era estremamente veloce e precisa nel prendere appunti, in bella calligrafia, peraltro, come solo le donne sanno fare.
In questo io ero molto vicino al maschio medio: i miei appunti erano disordinati e scritti con una calligrafia incomprensibile persino a me stesso.
Però vidi con sorpresa che, almeno due volte, Virginia sbirciò verso il mio quaderno, come per avere conferma riguardo a qualcosa che la giunonica prof. di Lingua latina aveva detto frettolosamente.
Al termine delle due ore di latino, la classe si divideva, in quanto i "classicisti" frequentavano un corso di lingua greca, mentre i "modernisti" erano indirizzati verso un corso di linguistica italiana.

Emmy Rossum - MBFW: Front Row at Tory Burch

Quel giorno decisi, per pura curiosità e con la massima discrezione, di seguirla e vedere se in effetti andava a frequentare Lingua greca.
Notai ancora che non parlava con nessuno, nemmeno con le ragazze "classiciste". Si fermava a prendere il caffè alla macchinetta, ma lo consumava in disparte e poi si recava dritto nell'aula di greco, senza nemmeno andare in bagno.
Ipotizzai anche qui che doveva avere, come me, il disgusto per le condizioni esecrabili in cui versavano i bagni dell'università più antica del mondo. Pareva che fosse dai tempi del padre Irnerio che non li avessero più puliti!
Questo tipo di condotta richiedeva una buona dose di autocontrollo, ed era una cosa che io apprezzavo molto.
Con la stessa curiosità, alla fine delle due ore successive, tornai a seguirla da lontano e vidi che, appena uscita dall'aula, si recava direttamente fuori dalla facoltà e alla fermata dell'autobus.
Questo non mi permetteva di sapere se abitava in città, come me, o se era una pendolare.
Le mie indagini, però, non si spinsero oltre.




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Emmy Rossum - Virginia D.

Virginia D. Capitolo 2. Venere e Giunone.


Il giorno successivo, applicai uno stratagemma piuttosto scontato, ma pur sempre efficace: aspettai che lei entrasse in aula e prendesse posto e poi io presi posto accanto a lei, fingendo indifferenza.
Non sono mai stato un seduttore - sono troppo pigro per quel genere di cose - ma se una donna mi piace, mi "rendo disponibile", in maniera educata, cortese, con un pizzico di ironia.
Virginia però era speciale, questo l'avevo capito ancor prima di sapere come si chiamasse.
Bastava vedere la cura con cui ogni giorno plasmava il suo aspetto, senza secondi fini. 
Non cercava di parlare con nessuno, non si guardava attorno e non favoriva in nessuno modo i contatti, anche solo visivi.
Ma allora a chi era destinato tutto lo sforzo di avere un aspetto curato e particolare?
Immaginai che dopo le lezioni si incontrasse con un ipotetico fidanzato, magari iscritto a ingegneria o a medicina, o al massimo a giurisprudenza.
Quel giorno indossava un vestito bianco, bordato di grigio e di blu (era una combinazione che le piaceva) e portava i capelli legati indietro in una coda, e degli orecchini blu scuri, che le davano un'aria leggermente più adulta. Anche quel vestito aveva un colletto bianco, che le attribuiva un fascino da collegiale.


Emmy Rossum - Emmy Rossum Hangs Out at the London Sky Suite

Emmy Rossum - Emmy Rossum Hangs Out at the London Sky Suite

Eppure c'era qualcosa di retrò in tutto il suo stile. Mi ricordava in modo incredibile alcune foto di gioventù di mia madre, quando era all'università.
Ma più che "vintage", lo stile di Virginia mi faceva tornare alla mente, pur essendo lei molto più giovane e molto più bella, quello di Wallis Simpson, una donna che non era bella, non era giovane, ma era attraente e carismatica, e sempre la più elegante.

Emmy Rossum - Carolina Herrera - Front Row - Mercedes-Benz Fashion Week Fall 2014

Emmy Rossum - Seen Around Lincoln Center - Day 5 - Mercedes-Benz Fashion Week Fall 2014

Emmy Rossum - Backstage at the Carolina Herrera Show

 Mi consideravo uno dei pochi a condividere la scelta di Edoardo VIII.
Forse lei si vestiva in quel modo perché inconsciamente cercava l'attenzione di un uomo speciale, come io amavo considerarmi, nella mia sincera immodestia.
Non osavo guardarla, se non in tralice, brevemente. Vedevo che era molto attenta alla lezione.
La professoressa, una vecchia balena dall'aria spiritata, stava parlando con enfasi delle cause dell'ira di Giunone contro Enea, ed era così presa da quel discorso che pareva Giunone stessa, incarnatasi nel corpo di una anziana obesa con occhi fuori dalle orbite.
Anche se quella prof. mi causò molti guai, devo però esserle grato perché senza di lei non sarei mai riuscito a conoscere Virginia e forse non avrei mai visto nemmeno il suo splendido sorriso.
Giunone - chiamerò così la prof. di Lingua latina - era a tal punto buffa che le sue battute, di per sé non particolarmente brillanti, risultavano comicissime per l'espressione con cui le diceva.
Fu così che Virginia, alla fine, non poté trattenere un sorriso e finalmente il suo volto si illuminò.



Come ho detto, Virginia aveva il naso leggermente prominente, ma questo la rendeva ancora più bella ai miei occhi, perché le dava un'aria aristocratica, che per me è sempre stata fondamentale.
Ebbi la conferma che lei rideva anche con gli occhi, che diventavano ancora più grandi e luminosi, pur essendo castani.
Ero conquistato: lei era ai miei occhi come Venere.
E così, complice la lezione sull'Eneide, trovai il suo primo soprannome - Venere per l'appunto - che curiosamente iniziava con la stessa lettera del suo nome vero, Virginia, che ancora non avevo avuto l'onore di conoscere.



Cast

Emmy Rossum - Virginia D.

Elisabetta II ammira le scarpe di Napolitano



La regina, dopo essersi complimentata con Napolitano per l'ottima scelta delle scarpe, ha espresso il suo apprezzamento per la restaurazione della Monarchia in Italia, suggerendo a re Giorgio di assumere il nome di Umberto III. Infine ha dichiarato il proprio sollievo per il fatto di aver finalmente trovato un monarca più vecchio di lei. ;-)

Il gatto quotidiano



Buon inizio settimana con una carrellata di simpaticissimi felini! ;-)









e per finire un gatto amante dei libri