Blog di letteratura, storia, arte e critica cinematografica e televisiva. I racconti e i romanzi contenuti in questo blog sono opere di fantasia o di fanfiction. Gli eventi narrati e i personaggi descritti, esclusi quelli di rilevanza storica, sono del tutto immaginari. Ogni riferimento o somiglianza a persone o cose esistenti o esistite, o a fatti realmente accaduti, è da considerarsi puramente casuale. Gli elementi di fanfiction riguardano narrazioni di autori molto noti e ampiamente citati.
venerdì 21 giugno 2013
Stoker (2013). Recensione del film.
Sono convinto che ci si dovrebbe scomodare a recensire un film soltanto quando lo si ritiene un capolavoro e questo è senza dubbio il caso di "Stoker", thriller di straordinaria perfezione, per la regia del sudcoreano Park Chan-wook, la sceneggiatura di Wentworth Miller, l'intepretazione intensa e magistrale di Mia Wasikowska e di Matthew Goode e la partecipazione impeccabile di Nicole Kidman.
L' incipit del film ci offre molti indizi sul mistero che si cela dietro alla famiglia Stoker (un cognome che non è certo scelto a caso, anche se qui non si tratta di vampiri), eppure sono tutti così mimetizzati nel paesaggio della splendida villa e della rigogliosa natura circostante, nei selvaggi boschi della contea di Middleband (il nome è inventato) nel Connecticut, che non gli diamo l'importanza che meritano, anche se alla fine ci torneranno in mente e ci chiederemo come abbiamo fatto a non capire.
Gli indizi ci sono, come dicevo, ma lo spettatore è fin dall'inizio catturato dal preziosismo con cui ogni minimo dettaglio di ogni singolo fotogramma è curato e accompagnato da una Bellezza (sì, in questo caso ci vuole la maiuscola) onnicomprensiva. I colori, i suoni, le parole sono calibrati al millimetro, con una pienezza e una intensità che coinvolge immediatamente a tal punto che ci sembra di essere dentro lo schermo, immersi nelle scene, e di sentirne i profumi e gli aromi, di toccarne la morbidezza, specie quella degli elegantissimi vestiti che la diciottenne India Stoker (Mia Wasikowska) indossa con una classe e una sensualità che la rendono irresistibilmente attraente e carismatica.
La cura maniacale che la protagonista dimostra per il suo aspetto e il suo vestiario di sete e velluti, insieme castigato ed erotico, non è qualcosa di superficiale, anzi, è l'esatto contrario, è quasi una dichiarazione di guerra al mondo intero.
Non sorride, India, e non fa nulla per sembrare simpatica, eppure ci conquista con ogni sguardo, con ogni gesto, con ogni parola.
Non ci meravigliamo se è così seria e strana, perché riteniamo che questo sia il naturale comportamento di una figlia che ha appena perduto l'amato padre, morto in un incidente stradale.
Fin dalla scena del funerale ci rendiamo conto, però, che c'è qualcosa che non va.
La vedova Eve (Nicole Kidman) appare fin dal primo momento come una donna emotivamente instabile, il cui rapporto col defunto marito era ormai inesistente, come del resto appare effimero e infantile anche il rapporto con la figlia India.
Madre e figlia sembrano quasi scambiarsi i ruoli: tanto Eve appare frivola e adolescenziale, quanto India appare profonda e matura, per quanto in modo inquietante.
Ma la stranezza maggiore è la comparsa di Charlie Stoker, fratello minore del defunto Richard, accolto con sorpresa e apprezzamento dalla cognata e con stupore e freddezza dalla nipote, la quale non era mai stata messa al corrente della sua esistenza.
Inizia da quel momento un misterioso menage a trois che però non ha nulla di scontato, perché il desiderio, che pure è evidente fin dal primo incontro, rimane in sospeso, aggiungendo mistero al mistero.
Ci sono tutti gli ingredienti del genere gotico: una situazione apparentemente normale che nasconde qualcosa di terribile, che però non riusciamo a identificare.
Mentre siamo conquistati dal fascino di tutti e tre i protagonisti e dalla loro personalità complessa, non ci accorgiamo quasi degli eventi che pure incominciano a verificarsi con una rapidità che scorre come acqua di un ruscello sulle rocce levigate e sembra non lasciare traccia.
Tutto pare essere leggero e vaporoso, come le gonne e le camicette di India, il cui gusto eccentrico la rende il bersaglio dell'interesse e della crudeltà dei compagni di scuola.
Che sia una fanciulla speciale è chiaro fin dall'inizio: lei stessa, come confessandosi con lo spettatore, dice di avere il dono di percepire e sentire tutto ciò che la circonda in maniera particolare, come se fosse moltiplicata fin quasi al limite della sopportabilità.
Questo è l'unico elemento paranormale della storia, anche se noi ci aspettiamo che questa dote nasconda qualcos'altro, o comunque sia solo l'inizio di un abisso inconfessabile.
La domanda che tiene avvinto lo spettatore fin dal primo istante è: chi tra questi personaggi è segretamente un mostro?
Il montaggio delle scene, con continui flash-back, ci confonde e ci stuzzica, e riesce in ogni momento a regalarci quella Bellezza piena che ci accompagna fino alla fine, anche oltre i titoli di coda.
Siamo dunque "distratti" dagli interrogativi sulla trama e dall'estetismo portato alle estreme capacità di ricercatezza.
Così distratti che quasi non ci rendiamo conto degli eventi e della loro gravità.
Tutto sembra idillico persino quando è evidente che non lo è.
Che fine ha fatto l'anziana governante, che, dopo una accesa discussione con Charlie, sparisce, senza che i membri della famiglia Stoker se ne preoccupino più di tanto?
Quale oscura verità vorrebbe confessare la prozia Gin, l'unica persona della famiglia che sembra davvero al corrente di ciò che non deve essere detto e neppure pensato, riguardo ad eventi tragici avvenuti molti anni prima?
Anche quando il ritmo degli accadimenti diventa sempre più veloce, una parte di noi vorrebbe indugiare nel godimento della sensualità che traspira da ogni scena, specie da quella del pianoforte, trionfo del virtuosismo e della tensione erotica e orgasmica che cerca di esplodere in ogni istante.
Zio e nipote sembrano fatti l'uno per l'altra, tanto che la pulsione dell'incesto viene tesa come un arco che non si decide a scoccare la freccia.
Del resto, se fosse solo una questione di desideri incestuosi, il mistero sarebbe banale, mentre questo film è tutto, tranne che banale o scontato.
L'estrema raffinatezza di gusti dei tre protagonisti contrasta con la mediocrità della gente del borgo, dove India va a scuola e dove è costretta a subire pesanti apprezzamenti e tentativi di violenza.
Eppure la ragazza non ha alcuna caratteristica riconducibile al profilo scontato della vittima innocente.
Scopriamo che India non è solo un'adolescente con gusti troppo raffinati, ma ha anche una attitudine predatoria che, fino alla morte del padre, era stata sublimata nella pratica della caccia.
India sa usare il fucile con la stessa grazia impeccabile con cui suona il pianoforte.
Ricordando le lunghe battute di caccia con suo padre, ci informa che Richard Stoker non praticava quell'hobby per se stesso o per i trofei che adornano il suo studio di ricco architetto, ma lo faceva per lei, per sua figlia.
Non ci viene ovviamente spiegato il perché. Quello lo dovremmo capire da soli, e invece non ci riusciamo, pur avendo un'abbondanza di indizi che diventano prove di sconcertante evidenza.
La domanda essenziale continua però a non trovare una risposta soddisfacente: chi è il vero Malvagio?
A un certo crediamo di poter avere finalmente in mano la risposta, ma gli eventi prendono una piega imprevista.
Si arriva così al colpo di scena, uno di quelli che cambiano completamente la prospettiva, come ne Il sesto senso o in The others, ma qui l'orrore è tutto terreno, completamente mimetizzato dietro la Bellezza.
Il cerchio si stringe attorno alla famiglia Stoker, eppure continuiamo a non capire come possa sciogliersi il nodo che non solo metaforicamente si è venuto a creare.
Uno dei tre protagonisti è di troppo, ma fino all'ultimo non sappiamo quale.
E anche per questa abilità di preservare la risposta per novantanove minuti di puro godimento è proprio ciò che suggella con un finale grandiosamente sbalorditivo un film che si guadagna a pieno titolo l'epiteto di capolavoro.
Post Scriptum
La villa della famiglia Stoker, cioè il set principale del film e la sua location, si trova a Nashville, Tennessee, Usa, in Dunham Springs Road. Allego un link di Google Maps, da dove è possibile vedere tutta la tenuta.
https://maps.google.it/maps?q=Nashville,+Tennessee,+USA&ie=UTF-8&hq=&hnear=0x8864ec3213eb903d:0x7d3fb9d0a1e9daa0,Nashville,+Tennessee,+Stati+Uniti&gl=it&ei=svbeUeq5DobeOc6SgdgN&ved=0CLABELYD
Merita un rilievo a margine l'attenzione feticistica del regista non solo per il vestiario della protagonista, ma anche, e soprattutto, per le scarpe.
Efficacissimo è il fotogramma che ci mostra India stesa nel suo letto e circondata dalle scarpe che ogni anno suo padre (almeno così sembra all'inizio) le regalava.
Al compimento del diciottesimo compleanno, però, non le vengono più regalate le comode ed eleganti scarpe da passeggio, ma delle raffinatissime e ultra-feticistiche scarpe a punta, pitonate, con il tacco alto.
E' quasi un rito di passaggio dall'adolescenza alla giovinezza, che rivela ad India il suo sempre crescente desiderio di autonomia. Ma è anche il segnale che ella attende da tempo, per compiere il suo destino.
Meravigliosa anche la colonna sonora, in particolare lo splendido remake di "Summer wine" di Nancy Sinatra e Lee Hazelwood che merita veramente di essere ascoltato
http://www.youtube.com/watch?v=unI2lnHR6RI
(NANCY):
Strawberries cherries and an angel's kiss in spring
My summer wine is really made from all these things
(LEE):
I walked in town on silver spurs that jingled to
A song that I had only sang to just a few
She saw my silver spurs and said lets pass some time
And I will give to you summer wine
Ohh-oh-oh summer wine
(NANCY):
Strawberries cherries and an angel's kiss in spring
My summer wine is really made from all these things
Take off your silver spurs and help me pass the time
And I will give to you summer wine
Ohhh-oh summer wine
(LEE):
My eyes grew heavy and my lips they could not speak
I tried to get up but I couldn't find my feet
She reassured me with an unfamiliar line
And then she gave to me more summer wine
Ohh-oh-oh summer wine
(NANCY):
Strawberries cherries and an angel's kiss in spring
My summer wine is really made from all these things
Take off your silver spurs and help me pass the time
And I will give to you summer wine
Mmm-mm summer wine
(LEE):
When I woke up the sun was shining in my eyes
My silver spurs were gone my head felt twice its size
She took my silver spurs a dollar and a dime
And left me cravin' for more summer wine
Ohh-oh-oh summer wine
(NANCY):
Strawberries cherries and an angel's kiss in spring
My summer wine is really made from all these things
Take off those silver spurs and help me pass the time
And I will give to you my summer wine
Mmm-mm summer wine
(Nancy Sinatra, Lee Hazlewood)
lunedì 17 giugno 2013
L'Imperatore-Profeta di Gothian. Capitolo 49. Igraine e l'anima celtica conquistano il regno dei Keltar.
Sua Altezza Reale lady Igraine Canmore Pendragon di Logres, Principessa delle Highlands ed ex moglie di Marvin Eclionner Vorkidian, Imperatore-Profeta di Gothian, aveva giurato a se stessa di indossare il lutto per sempre, dopo il secondo matrimonio del suo ex marito.
Che idiozia! E' bastato dormirci sopra una notte ed ho già cambiato idea!
Incredibilmente si era svegliata felice, piena di entusiasmo e di progetti, così, senza un motivo preciso.
Ma un motivo c'è sempre.
Mentre si vestiva con un abito pregiato e si faceva pettinate dalle sue ancelle, Igraine aveva ordinato di preparare un pranzo speciale, per il ritorno di suo figlio Arthur, reggente dei Keltar e dei Celti, il 16 giugno dell'anno 1031 dalla fondazione dell'Impero Lathear.
Arthur le aveva scritto:
"Madre, ho ottenuto il diritto ad essere incoronato Re dei Keltar e dei Celti, ed ho ottenuto un ampio margine di autonomia per la nostra corte presso il castello di Caemlyn."
"I Duchi e molti Druidi sono dalla mia parte, ma i Capiclan delle Highlands ed i Druidi tradizionalisti si sono riuniti attorno al tuo vessillo. Solo con la tua alleanza, madre, il popolo dei Celti potrà tornare all'antico splendore dei tempi del primo Arthur Pendragon!"
Igraine sorrise e pensò ai Cento Re che discendevano da Arthur Pendragon fino a re Vorkidex Pendragon, fondatore della dinastia dei Vorkidian, quella della madre di Marvin.
Arthur intende usare solo il cognome Vorkidian. Ma rinunciare del tutto al cognome Eclionner potrebbe non piacere a Marvin.
Era in quanto Eclionner, infatti, che Marvin era Imperatore dei Lathear e sovrano supremo del Continente Centrale.
In quel momento però, per l'Imperatore-Profeta, le cose erano tutt'altro che facili.
La Reggenza dell'Impero Lathear era tornata nelle mani di sua zia Ellis Eclionner.
Inoltre a nord, i vampiri Albini dissidenti si erano raccolti intorno a Mordred Eclionner, il figlio incestuoso di Marvin ed Ellis, e della sua sposa vampira Daenerys di Gothian, la Divoratrice di Cuori.
Persino nel regno dei Keltar, di cui era originario, Marvin poteva contare solo sui concittadini di Amnisia e di Floriana, mentre non controllava le Highlands e i Druidi.
Io controllo le Highlands e i Druidi. Se Marvin vuole controllare tutti i Celti, dovrà venire a patti con me!
Il mediatore sarebbe stato naturalmente loro figlio Arthur.
Avrebbe dovuto dare delle garanzie a tutti i custodi della grande tradizione celtica.
Thanks to Keltar King
I Keltar discendevano dagli antichi Celti, dai capelli color bronzo e dagli occhi verdi, come ancora se ne vedevano nelle Highlands.
Marvin mi ha relegato qui, ma dovrà implorare il mio soccorso, se Ellis e Mordred lo schiacceranno nella loro morsa.
Bisognava pretendere delle condizioni irrinunciabili, in nome della propria identità.
Siamo sopravvissuti a tutto, persino al Grande Cataclisma e alla conquista di Arexatan Eclionner. Abbiamo aspettato per mille anni il Figlio dei Cento Re, il nostro Profeta, ma lui ci ha voltato le spalle.
Ma adesso avevano un nuovo Arthur, un nuovo Artù!
Mio figlio diventerà Arthur II, e con lui finalmente si compirà la speranza dei Bretoni!
Non c'era riuscito Arturo Plantageneto, duca di Bretagna, e non c'era riuscito Arturo Tudor, principe di Galles, ma finalmente Arthur Vorkidian avrebbe mostrato al mondo che la speranza dei Celti non era una speranza vana.
L'anima del primo Artù si reincarnerà in quella di mio figlio! Il suo lungo sonno nell'isola di Avalon è ormai finito. Il Re sta per ridestarsi!
Aspettando fiduciosa il ritorno del Re, Igraine ricordò la poesia che parlava delle Isole Fortunate, dove Artù per millenni aveva atteso il tempo del suo ritorno.
Quale voce viene sul suono delle onde
che non è la voce del mare?
E’ la voce di qualcuno che ci parla,
ma che, se ascoltiamo, tace,
proprio per esserci messi ad ascoltare.
E solo se, mezzo addormentati,
udiamo senza sapere che udiamo,
essa ci parla della speranza
verso la quale, come un bambino
che dorme, dormendo sorridiamo.
Sono isole fortunate,
sono terre che non hanno luogo,
dove il Re vive aspettando.
Ma, se vi andiamo destando,
tace la voce, e c’è solo il mare.
(Fernando Pessoa)
Avalon tornerà. e tornerà anche Camelot. Torneranno gli Antichi Dei. Tornerà il Regno dell'Estate...
Cast
Joely Richardson (Elizabeth I) - Igraine Canmore Pendragon of Logres, Princess of Highlands
Jamie Campbell Bower (Earl of Oxford) - Arthur Eclionner Vorkidian, King of Keltar
Elizabeth Taylor (Cleopatra) - Ellis Eclionner, Regent of Lathear Empire
Emilia Clarke (Daenerys Targaryen) - Daenerys von Steinberg, Countess of Gothian
Le residenze della Famiglia Reale Inglese.
Il Castello di Windsor è la residenza storica della Famiglia Reale, a cui ha dato il cognome (che precedentemente era Sassonia-Coburgo-Gotha per via del principe Alberto, consorte della regina Vittoria di Hannover, discendente degli Stuart, dei Tudor e dei Plantageneti).
Il Castello di Windsor, situato presso l'omonima cittadina, nella contea inglese del Berkshire, è il più grande castello abitato del mondo ed anche quello che è abitato da più a lungo, essendo risalente all'epoca diGuglielmo il Conquistatore e costruito nel 1066 ca. Il castello copre un'area di circa 45.000 m².
Insieme a Buckingham Palace a Londra e a Holyrood Palace a Edimburgo, è una delle principali residenze ufficiali della monarchia britannica. La Regina Elisabetta II trascorre molti weekend dell'anno al castello, utilizzandolo per incontri di stato e anche privati.
L'espressione Buckingham Palace o, semplicemente The Palace è diventata comune per esprimere tutto quanto attiene agli ambienti della Corte e della famiglia reale. Oltre ad essere la residenza ufficiale di Elisabetta II, Buckingham Palace è il luogo in cui si svolgono numerose cerimonie pubbliche (dai ricevimenti dei reali alle visite dei vari capi di Stato) ed è anche una notevole attrazione turistica (famoso in tutto il mondo è il cambio della Guardia). Da un punto di vista più profondo, ha sempre rappresentato un punto di riferimento per i sudditi, nei momenti gioiosi e tristi della storia del Regno.
l primo edificio di cui si abbia notizia, noto come Goring House, era stato fatto costruire da George Goring, conte di Norwich, nel 1633 circa. L'edificio che forma il centro dell'attuale palazzo venne invece costruito come grande residenza di campagna per John Sheffield, duca di Buckingham e Normandy, nel 1703. Buckingham fece ricostruire l'abitazione dall'architetto William Winde. Lo stile scelto fu quello di un grande blocco centrale a tre piani, con due ali di servizio più piccole ai fianchi. Nel 1762, Buckingham House venne venduta da un discendente del duca, Sir Charles Sheffield, a re Giorgio III. La nuova residenza venne destinata a residenza privata per la famiglia reale, in particolare per la Regina Carlotta, consorte di Giorgio III, piuttosto che al ruolo di palazzo reale ufficiale, che rimase a St. James's Palace.
Ancora oggi, gli ambasciatori stranieri sono accreditati alla Corte di St. James, anche se è a Buckingham Palace che presentano alla regina le loro credenziali e il proprio staff, all'atto della nomina
La regina Carlotta morì nel 1818 e poco dopo, nel 1820, morì anche suo marito, Giorgio III. Il loro figlio e successore re Giorgio IV di Hannover, dapprima decise di ampliare Buckingham House per usarla insieme al St. James's Palace, così come aveva fatto il padre, ma nel 1826 pensò di trasformarla in un palazzo reale a tutti gli effetti, dando l'incarico a John Nash di realizzare l'opera. Il palazzo che venne edificato formava un grande cortile d'onore quadrato, con Buckingham House al centro. La facciata del nuovo edificio fu costruita in pietra di Bath, con squisiti dettagli in stile neoclassico francese. Questo palazzo è molto simile a quello odierno, ma senza la grande ala est di fronte al Mall, che ora chiude il quadrilatero.
Alla morte di Giorgio IV, il costo crescente del palazzo non ancora terminato creava un crescente sgomento al Parlamento e alla stampa dell'epoca. Il successore Guglielmo IV licenziò Nash e assunse al suo posto Edward Blore, un architetto meno idealista di Nash ma più dotato negli affari che conservò ciò che Nash aveva completato e terminò il palazzo in uno stile simile, sebbene più uniforme e meno bizzarro. Anche se i nuovi re e regina tenevano corte e ricevevano nelle stanze di rappresentanza, non vissero mai a palazzo, ma preferirono restare a Clarence House, la residenza londinese che avevano fatto costruire prima di salire al trono.
Nel 1837, con l'ascesa al trono della regina Vittoria Buckingham Palace divenne la residenza reale ufficiale. Mentre le stanze di rappresentanza erano una festa di oro e di colori, le altre stanze erano meno lussuose. I caminetti facevano tanto fumo che occorreva lasciar spegnere il fuoco e la corte tremava di freddo. La ventilazione delle stanze era insufficiente e vi era sempre cattivo odore. Quando venne deciso di installare delle lampade a gas ci si preoccupò per l'eccessivo accumulo di gas ai piani inferiori. Le cronache del tempo riferiscono inoltre che il personale di servizio era negligente e pigro e che il palazzo era sporco. Dopo il matrimonio della regina con il Principe Alberto nel 1840, quest'ultimo si preoccupò di riorganizzare il personale di servizio e di far correggere gli errori di costruzione. Nel 1840 finalmente tutto venne sistemato e i costruttori poterono lasciare il palazzo.
Fu sempre il principe consorte Alberto di Sassonia-Coburgo-Gotha a far costruire per sua moglie, la regina Vittoria, il meraviglioso Castello di Balmoral, in Scozia, uno degli esemplari più belli dello stile neogotico.
In questo castello scozzese la regina Elisabetta II trascorre il mese di agosto, da sempre. Qui si trovava l'intera famiglia quando fu comunicata la notizia della morte di lady Diana, Principessa del Galles. E qui è ambientato il film "The Queen" con Helen Mirren.
La regina Elisabetta trascorre invece le vacanze di Natale nella residenza di Sandringham House, fatta costruire dal re Edoardo VII, il figlio della regina Vittoria.
La residenza ufficiale scozzese della Famiglia Reale britannica è Holyrood Palace a Edimburgo.
L'antico Castello di Edimburgo non rientra invece nel patrimonio immobiliare della Corona.
Il Principe di Galles e sua moglie Camilla vivono a Clarence House.
Il principe William, duca di Cambridge e sua moglie Kate vivono a Kensington Palace, che era stata la residenza della principessa Diana.
Dopo aver visto queste meravigliose residenze verrebbe da chiedersi, ma quanto pagherebbero di Imu i Reali inglesi, se fossero in Italia?
domenica 16 giugno 2013
Elisabetta II e la fine dell'Impero Britannico. Elizabeth II and the fall of British Empire.
Elisabetta II Windsor, 87 anni, è regina del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord da oltre 61 anni, cioè da quando, il 6 febbraio 1952, suo padre re Giorgio VI morì precocemente per un cancro ai polmoni.
Quel giorno Elisabetta si trovava in Kenia, che all'epoca era una colonia dell'Impero Britannico.
Per l'esattezza, secondo un testo biografico non autorizzato della dinastia Windsor, Elisabetta si trovava, non sto scherzando, a sedere sul ramo di un baobab, con un binocolo da safari.
Immaginatevi la scena: la Principessa della Corona che osserva la savana, e intanto a terra suo marito e il resto del seguito non sanno da che parte farsi per comunicarle che il Re è morto.
Alla fine la questione si risolve con la consueta compostezza britannica di Sua Maestà. Scesa dalla scala, Elisabetta lesse il messaggio listato a lutto e si limitò a dire: <<Si torna a Londra>>
Ed a Londra, all'aeroporto, c'era ad aspettarla tutto il governo, con Sir Winston Churchill in prima fila.
Il pensiero di ognuno di questi anziani ministri era: "Come farà l'Impero Britannico a sopravvivere sotto la guida di questa ragazzina inesperta?".
Il timore era condiviso anche dalla Famiglia Reale. L'anziana Queen Mary of Teck, la nonna di Elisabetta, e la vedova Elizabeth Bowes-Lyon, per non parlare della principessa Margaret, contessa di Snowdon, apparivano profondamente confuse, oltre che addolorate.
Nell'immagine qui sotto vediamo da sinistra a destra: la regina vedova Elizabeth Bowes-Lyon, sua figlia Elisabetta II e due passi dietro di loro la principessa Margaret, sorella minore della regina.
Impossibile dire cosa passasse per la testa delle tre donne che avrebbero guidato per i successivi cinquant'anni la Famiglia Reake, ma è probabile che Elisabetta, oltre che sinceramente dispiaciuta per la morte del padre, fosse anche piuttosto seccata di dover rinunciare alla sua vita tutto sommato poco mondana, fatta eccezione per le corse dei cavalli. La giovane regina preferiva le passeggiate con i cani, i suoi famosi Corgi, ai quali probabilmente mostrava più affettuosità che ai suoi stessi figli.
Di certo non aveva idea di quello che la attendeva., e cioè la dissoluzione dell'Impero Britannico e la fine dell'egemonia del Regno Unito sui mari e sul pianeta.
Nella foto sottostante si può vedere l'Impero Britannico alla sua massima espansione, nel 1920.
L'Impero delle Indie era già perduto. L'ultimo viceré, lo zio di Elisabetta, Lord Luis Mountbatten, aveva guidato la transizione verso l'indipendenza di quel territorio enorme da cui presero vita i nuovi stati di India, Pakistan, Sri Lanka, Bangladesh e Birmania.
L'ultimo imperatore delle Indie, Giorgio VI, era morto, ed ora che lo scettro era nelle mani di una giovane donna inesperta, tutte le colonie africane e asiatiche si ribellarono e incominciarono a chiedere l'indipendenza.
Il globo che Elisabetta II teneva in mano il giorno dell'incoronazione stava a simboleggiare il potere della Gran Bretagna su tutto il pianeta.
Rule, Britannia,
Britannia rules the waves...
Così recitava l'inno della marina, ma non era più vero. La Gran Bretagna, indebitata fino al collo con gli Stati Uniti, aveva dovuto cedere agli Americani lo scettro e il globo, nonché il "regolamento delle onde".
Nel giro di un decennio, tra il 1960 e il 1970 quasi tutte le colonie britanniche ottennero l'indipendenza.
La regina osservava in silenzio sfaldarsi quell'immenso dominio su cui la trisavola, regina Vittoria, aveva dominato incontrastata per ben 64 anni.
Era come se lo spettro dell'imponente e severissima antenata la stesse rimproverando dai gelidi ritratti appesi ovunque a Windsor, a Sandringham e a Balmoral.
Se con Vittoria di Hannover il Regno Unito aveva raggiunto l'apogeo, con Elisabetta I Tudor era invece incominciata la gloria dell'Inghilterra, che aveva inglobato l'Irlanda e stava per inglobare la Scozia.
Il compito di Elisabetta II era diventato quello di mantenere unito il Regno Unito, opponendosi alle spinte centrifughe delle sue nazioni costituenti.
Sarebbe riuscita Elisabetta II a contrastare le spinte secessionistiche dell'Irlanda, della Scozia e del Galles?
Il momento più tragico fu l'assassinio di Lord Luis Mountbatten da parte dei terroristi dell'Ira.
Nella foto qui sotto vediamo la Famiglia Reale Inglese ai funerali di Lord Mountbatten, nel 1979.
Da sinistra a destra: Anna Windsor, principessa reale e il marito Mark Phillips; la principessa Margaret Windsor, contessa di Snowdon (1930-2002); il principe Andrea, duca di York; il principe Edoardo, conte di Wessex; la regina madre Elizabeth Bowes-Lyon (1900-2002); Carlo, Principe di Galles (1948); e poi finalmente, in cima al corteo, Sua Maestà la regina Elisabetta II (1926) e al suo fianco il marito, principe Filippo Mountbatten, duca di Edimburgo (1921).
Per raccapezzarci in questa rete di parentele è utile osservare l'albero genealogico della famiglia reale inglese.
Elisabetta forse credeva di aver toccato il fondo il giorno della morte di Lord Mountbatten,, ma non era così. Il destino aveva in serbo per lei ancora molte dolorose sorprese, che avrebbero trasformato la Famiglia Reale da oggetto di venerazione ad un involontario cast di una soap opera che era nel contempo un reality show.
Mentre l'Impero si dissolveva, la preoccupazione di Elisabetta era legata al fatto che il suo primogenito, il Principe di Galles, non fosse ancora sposato.
E' noto che Elisabetta si oppose con tutte le sue forze alla relazione di Carlo con Camilla Shand, sua attuale consorte, che all'epoca sposò l'ufficiale Andrew Parker-Bowles, di cui per ironia della sorte ha conservato il cognome.
Lord Mountbatten stava convincendo il pronipote Carlo, di cui era il mentore e con cui aveva un ottimo rapporto, a sposarsi con la onorevole lady. Amanda Knatchbull. Ma quando Luis Mountbatten morì, anche quell'ipotesi di fidanzamento finì in un nulla di fatto.
Elisabetta II sosteneva la giovanissima e bellissima nobildonna Diana Spencer di Althorp, figlia del conte Spencer e della baronessa Frances Shand Kydd.
Anche la regina madre Elizabeth Bowes-Lyon sosteneva la "candidatura" di Diana, perché era nipote della sua migliore amica, la scrittrice di romanzi rosa Barbara Cartland.
Pochi sanno che a volere fortemente che lady Diana Spencer divenisse Principessa di Galles fu prima di tutti e più di tutti Elisabetta, per la grande amicizia che la legava al conte Spencer, con cui trascorreva le vacanze natalizie a Sandringham, e per il fatto che la ragazza fosse giovane, bella e quasi sicuramente vergine. Tutto il contrario di Camilla Parker Bowles, l'unica donna che avesse conquistato completamente il cuore del Principe del Galles.
Della principessa Diana ho già parlato ampiamente in molti post, così come degli altri componenti della famiglia reale.
La storia qui proseguirà dal punto di vista della Regina, che nei trent'anni successivi dovrà far fronte alle conseguenze delle sue scelte e ai rischi di disgregazione del Regno Unito e della stessa Famiglia Reale Inglese.
Una battaglia vinta, possiamo dire adesso col, senno di poi, anche se Elisabetta II ricorda un po' il vecchio Francesco Giuseppe, alla cui morte l'Impero Austro-Ungarico si dissolse.
Ma di questo parlerò nelle prossime puntate della biografia di Sua Maestà.
sabato 15 giugno 2013
Siete pro o contro ai capelli corti per le donne? Io sono decisamente contro!
Forse pochi avranno riconosciuto nella donna fotografata qui sopra, con i capelli cortissimi, la splendida attrice ed ex-modella Charlize Theron.
Io preferisco decisamente ricordarla com'era prima di raparsi i capelli:
Ma lei non è certo stata né l'unica, né la prima ad avventurarsi in quel look da maschiaccio.
Tutti ricordano, credo, lo shock del taglio di capelli di Emma Watson.
Sembrava di aver a che fare con uno studente maschio quindicenne. Una cosa veramente imbarazzante.
Per fortuna Emma ha cambiato idea e se li è fatti ricrescere, tornando ad apparire una meravigliosa donna!
E' invece precipitata quasi senza speranze nel tunnel dei capelli corti un'attrice che prima mi piaceva alla follia e cioè Anne Hathaway, che oltre che tagliarseli se li è pure tinti di un biondo cenere totalmente improbabile e fuori luogo.
Io preferisco ricordarla com'era prima: mora e con i capelli lunghi.
Era meravigliosa! Perché ha voluto cambiare? Certo, c'erano esigenze di copione, però avrebbe potuto farseli ricrescere e invece no. Era perfetta, ma non le bastava.
Potrei citare anche nomi di starlette da due soldi come Miley Cirus.
Io credo che ci siano state solo due donne in grado di portare bene i capelli abbastanza corti, ed erano Audrey Hepburn e lady Diana Spencer, Principessa del Galles.
Al di fuori di loro, le donne che si tagliano i capelli corti finiscono per assomigliare a dei maschi effeminati, se non addirittura a dei maschiacci, e questo non mi piace per niente.
Una quarantina d'anni fa, o forse più, Pier Paolo Pasolini scrisse un famoso articolo "Contro i capelli lunghi", sul Corriere della Sera, poi pubblicato negli "Scritti corsari". Pasolini si riferiva ai capelli dei maschi, e anche se la sua analisi era improntata ad una critica delle mode contestatrici importate dall'estero, certamente c'era in quell'articolo una componente meramente estetica, che emergeva anche dal fatto che lo scrittore era omosessuale. E lì si incontrarono paradossalmente il giudizio di un intellettuale comunista gay con un gran numero di lettori borghesi e conservatori, che vedevano in Pasolini un difensore della tradizione.
Ovviamente questo mio articolo avrà meno eco di quello di Pasolini, anche perché non ho collegato la questione dei capelli con elementi di natura politica o sociale e tantomeno sessuale. Non credo ovviamente che le donne con i capelli corti siano delle ribelli o delle lesbiche e nemmeno che seguano pedissequamente una moda.
Io mi limito a dire che non mi piacciono!
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