domenica 15 aprile 2012

Gothian. Capitolo 42. Elner, Marigold e il risveglio di Arexatan


La notte del 29 dicembre 999, l'imperatore Elner XI sognò di essere Arexatan Eclionner, il suo antenato e fondatore della Dinastia.


Molti ricordi che erano appartenuti ad Arexatan incominciarono ad affluire, attraverso il sogno, nella memoria di Elner.
Lady Marigold di Gothian dormiva al suo fianco.


Quando però lo aveva sentito parlare nel sonno, si era svegliata e lo aveva ascoltato e osservato per tutta la notte, con un grande senso di aspettativa, perché finalmente si stava realizzando ciò che lei aveva atteso per mille anni.
Al mattino, al suo risveglio, Marigold vide subito che l’espressione del volto del giovane sovrano era cambiata e che gli occhi color indaco brillavano con una particolare intensità.
Riconobbe i segni. 
Il Dormiente si stava risvegliando.
E’ lui, il mio amato… 
L’imperatore la fissava.
Si osservarono per un’eternità d’istante.
«Edwina…» le disse a bassa voce, con un'intonazione inconfondibile..
Marigold annuì, pronunciando esattamente la frase che le profezie avevano ripetuto tante volte nei suoi sogni: «Ho attraversato gli oceani del tempo per ritrovarti, Arexatan»
Lui le prese la mano e gliela baciò.
«Dunque il Patto è stato rispettato... conosco i contenuti di questo accordo che fu siglato dopo la mia morte... li conosco tramite i ricordi di Elner, perché io ora sono lui come lui è me»
Marigold annuì
«Tu sai, dunque, Arexatan, il prezzo che ho dovuto pagare…»
Egli annuì:
 «Il morso del Vampiro, quel viscido essere che ora è tuo marito, il Conte di Gothian, la creatura più malvagia che sia mai esistita su questa terra!»


«Non avevo altra scelta. Ma lui non mi ha contaminata, perché io sono figlia di Atar, e il Fuoco cammina con me»
Elner annuì:
«Lo so mia cara, lo so. Ma tra due giorni, quando finalmente il Millennio sarà scaduto, non dovrai più recitare questa commedia, e potrai tornare ad essere mia moglie!»
Marigold scosse la testa:.
 «Il Patto prevede che io resti Lady Marigold Steinberg, Contessa di Gothian, fino a che il Conte Fenrik avrà vita»
L'imperatore ebbe uno scatto l'ira:
«Maledizione! Come hai potuto accettare questa clausola?»
La Dama Gialla cominciò a parlare con la sua ipnotizzante voce flautata: 
«Lo ha preteso Gothar, demone del ghiaccio e padre di Fenrik. Da tempo sta accumulando potere, a discapito di Eclion. Pare che lo stesso Ahriman, dio del Male, sia pronto a sostenere Gothar contro Eclion, e quindi Fenrik contro di te»


Elner sorrise ironicamente:
«Un tempo eravamo noi, i "cattivi", ma adesso scopro che ci sono personaggi più cattivi di noi. Forse non è stata una buona idea bruciare Mollander e la Grande Canonica: ci sarebbero potuti essere utili...»
La Dama Gialla sospirò:
«Mollander e i suoi appoggiavano Marvin Vorkidian! Dovevo eliminarli!»
L'imperatore rimase silenzioso, mentre i ricordi di Arexatan e quelli di Elner incominciavano a fondersi in un'unica memoria.
«Dunque Marvin acquisterà i ricordi sia di Vorkidex che di Arexatan? I "miei" ricordi! Dovrò rinascere anche in un discendente del mio nemico! Quale follia è mai questa?»
Marigold rispose con voce ancora più suadente:
«In Marvin i ricordi di Vorkidex saranno dominanti e quelli di Arexatan non prenderanno mai il sopravvento. Certo, Marvin Vorkidian potrà accedere a tutte le informazioni contenute nella tua memoria, ma questo gli servirà per il compito che Belenos gli ha riservato: guidare i Keltar contro gli Albini di Fenrik. E se le cose andranno secondo le mie previsioni, Marvin e Fenrik si uccideranno a vicenda, lasciando noi finalmente liberi di sposarci e di regnare su tutto il Continente!»
Detto questo sorrise con aria diabolica.


Comprendendo la sottigliezza del suo piano, Elner si compiacque:
«Vedo che questi mille anni non sono trascorsi invano... hai acquisito una capacità di tramare piani molto più sottili rispetto a quelli di un tempo. Ora capisco che dovrò chiamarti Marigold, perché l'ingenua Edwina ormai è un ricordo, così come l'antico Arexatan. Ora io sono Elner XI, ed unisco i ricordi del fondatore della Dinastia con quelli del suo ultimo erede!»
Marigold annuì, ma quando parlò c'era una vena di trsistezza nella sua voce:
«Questo è nel contempo la forza e il limite della nostra condizione attuale. Il sogno di Edwina e Arexatan si è spezzato irreparabilmente. Non possiamo riprendere da allora come se nulla fosse accaduto, siamo in un altro tempo, e siamo persone diverse. Il nostro sogno non potrà più essere come prima...»
L'imperatore capì, e sebbene le memorie di Arexatan si ribellassero a quel pensiero, la consapevolezza del presente lo costringeva a prenderne atto:
«Vorrà dire che sarà meglio di prima! Creeremo un sogno più grande! Ci vendicheremo di coloro che ci separarono, sconfiggeremo tutti i nostri nemici e avversari, e insieme, alla fine, domineremo il mondo!»
La sete di potere e di guerra degli Eclionner appariva moltiplicata in lui.


Marigold l'aveva previsto. Il figlio di Ellis e Masrek, con le memorie di Arexatan, sarebbe diventato l'Eclionner più temibile di tutti i tempi.
«Realizzeremo questo sogno! Per ora non dobbiamo fare altro che aspettare. Tutte le forze armate in gioco dovranno distruggersi vicendevolmente.  Quando si saranno indeboliti, allora noi colpiremo! E fiumi di porpora scorreranno lungo tutto il Continente...»
Elner la fissò con decisione, avendo ormai chiaro qual era il piano:
«Sarà duro dover attendere, perché è forte il mio desiderio di combattere! Ma conosco la situazione. Mia madre controlla ancora quindici legioni, e le dovrà offrire a mio padre e a mio nonno Sephir, che le metteranno a disposizione di Marvin. E lui, invece che marciare contro di noi, punterà a Nord! I Keltar lo seguiranno. Ora la città di Floriana è ben fortificata e munita di riserve di cibo e di pozzi d’acqua pura, e sotto di essa vi sono cunicoli con cui riesce ad avere sovvenzioni e a mandare ambasciatori. Queste forze si stanno riunendo. Bial l’Eunuco sta tessendo una grande alleanza tra Ellis, Masrek, Sephir, Marvin, i Keltar e Kerelik di Alfarian… ma non sa che questa armata non marcerà mai su Lathena! Marcerà su Gothian! E noi staremo a guardare! E solo alla fine, quando tutti saranno deboli, scateneremo le nostre forze su tutte le terre e su tutti i mari!»
Detto questo, l'euforia si trasformò in desiderio, e finalmente Arexatan ed Edwina, dimenticando per un po' la loro nuova identità, poterono tornare ad amarsi come se quei mille lunghissimi anni non fossero mai passati.


N.d.A.

Arexatan Eclionner è interpretato da Jonathan Rhys-Meyers.

Il risveglio degli "altri ricordi" è simile a quello che avviene nel romanzo Dune di Fran Herbert al protagonista Paul Atreides dopo aver bevuto l'"acqua della vita", l'essenza di spezia che lo trasforma in un equivalente maschile di una Reverenda Madre del Bene Gesserit. La scena è egregiamente rappresentata nel film "Dune" di David Linch.

La frase: "Ho attraversato gli oceani del tempo per ritrovarti" è una citazione dal film "Dracula di Bram Stoker" diretto da Francis Ford Coppola.

Il Conte di Gothian è rappresentato in questo capitolo come il principe Vlad Tepes Dracula, signore di Valacchia e Transilvania.

Il demone Gothar è rappresentato da un personaggio del videogioco Castlevania.

Belenos o Belenus è il dio celtico della luce. I Keltar sono infatti i Celti, così come gli Alfar sono gli Elfi e i Lathear sono i Latini, per quanto il parallelismo sia solo superficiale.

Marigold di Gothian è interpretata da Emmanuelle Seigner ne "La nona porta" di Roman Polanski, con Johnny Depp.

L'ultima illustrazione è di Luis Royo.


sabato 14 aprile 2012

Iolanda Cristina Gigliotti, in arte Dalidà (1° parte)



 Iolanda Cristina Gigliotti (Il Cairo17 gennaio 1933 – Parigi3 maggio 1987), è stata una cantante e attrice italiana naturalizzata francese col nome Dalida (pronunciato alla francese con l'accento finale).
Nacque a Choubrah (alle porte del Cairo) da genitori calabresi originari di Serrastretta, in provincia di Catanzaro. Il padre, Pietro, era primo violino all'Opera del Cairo.
Fu affetta da uno strabismo per cui si sottopose a diverse operazioni chirurgiche. 
A diciassette anni vinse il concorso di bellezza Miss Ondine e, poi, Miss Egitto che le aprì le porte del mondo del cinema. IJoseph et ses frères (Giuseppe e i suoi fratelli, con Omar Sharif), doppiò Rita Hayworth; nel 1954 entrò a far parte del cast de Le Masque de Toutankhamon (La maschera di Tutankhamon) e di Un verre, une cigarette (Un bicchiere, una sigaretta).
File:Dalida1954.jpg

Per affermarsi nel mondo dello spettacolo decise di lasciare l'Egitto e tentare la fortuna come attrice in Europa. Alla fine del 1954 si trasferì a Parigi dove prese dimora in un appartamento di Rue Ponthieu, vicino agli Champs Elysées.
Nel 1956, ispirandosi al film Sansone e Dalila, adottò il nome d'arte «Dalila», che cambiò in seguito in «Dalida» e registrò il suo primo disco su vinile con Madona, versione francese di Barco negro di Amalia Rodrigues a cui seguì Bambino(traduzione della canzone napoletana Guaglione), che ebbe grande successo, tant'è che Dalida fu soprannominata mademoiselle Bambino.



Recitò in Rapt au Deuxième Bureau (Rapimento al secondo ufficio) di Jean Stelli, con Frank Villarde e cominciò a esibirsi in un récital al Cairo; interpretò Come prima e Piove di Domenico Modugno e Gli zingari (Les Gitans), canzone creata da Hubert Giraud per il Coq d'Or de la chanson française del 1958 e che cantò in Italia nella trasmissione Il Musichiere, condotta da Mario Riva; seguirono La canzone di Orfeo e Milord, cantata poi in italiano anche da Milva, le incisioni di Les Enfants du Pirée, incisa in italiano come I Ragazzi del Pireo (Uno a te, uno a me)'O sole mioL'arlecchino gitanoT'aimer follement (T'amerò dolcemente), Garde-moi la dernière danse (Chiudi il ballo con me).


Nel 1961 Dalida sposò Lucien Morisse, direttore di Radio Europe 1, conosciuto qualche anno prima ai tempi di Bambino.


Il matrimonio fu di breve durata, mentre il successo crebbe strepitosamente. Nel 1964 fu la prima donna a vincere il disco di platino per aver venduto oltre 10 milioni di dischi; sempre nel 1964, seguì il Tour de France (vinto da Jacques Anquetil), cantando più di duemila canzoni lungo i 2900 km percorsi. Nel 1965 recitò in Ménage all'italiana (con Ugo TognazziPaola Borboni), e incise La danse de Zorba (La danza di Zorba), su una base di sirtaki, Amore scusamiCominciamo ad amarci e La vie en rose, cavallo di battaglia di Edith Piaf, scomparsa due anni prima e di cui Dalida prese gradatamente il posto nel cuore dei Francesi.
Nel 1966 la sua immagine cambiò: una nuova pettinatura, con capelli lisci, lunghi e ramati creò un look del tutto personale e di grande fascino.


Nello stesso anno conobbe Luigi Tenco, con cui ebbe una intensa relazione, non solo sentimentale, ma anche professionale. Per lui e con lui cantò a Sanremo nel 1967 la famosissima Ciao amore, ciao in cui si parlava del dramma dell'emigrazione per motivi di lavoro.


Come è noto, Luigi Tenco si uccise, in circostanze misteriose, in una stanza d'albergo, dopo che ebbe saputo che alla sua canzone era stata preferita dalla giuria Io, tu e le rose di Orietta Berti.
Questo tragico evento segnò profondamente la vita di Dalida, che da allora non riuscì più a ritrovare un equilibrio interiore, nonostante il successo sempre crescente.
Nella prossima puntata parlerò del periodo della sua vita che va dal 1967 al 1987.
Fine prima parte.

venerdì 13 aprile 2012

Gothian. Capitolo 41. Marvin a Floriana incontra l'Arcidruido


Nel momento stesso in cui appoggiò il suo piede sinistro sul suolo di Floriana, la mattina del 28 dicembre 999 I.L., Marvin Vorkidian avvertì un brivido lungo la schiena. Ma fu solo un attimo e si riscosse facilmente. Era molto curioso di visitare quel luogo.
Sapeva che la città di Floriana era sorta come porto fluviale su un’isola del Grande Fiume Amnis. Col tempo, intorno al porto si era sviluppata la città, in epoca molto più recente rispetto ad Amnisia, a cui aveva sottratto il primato commerciale e politico.


Ormai Floriana superava Amnisia in grandezza e in ricchezza. Era considerata inoltre, almeno teoricamente, la capitale della Federazione Keltar e il suo Duca, Idex d’Estin-Serràt, era stato insignito della carica di Arciduca dei Keltar, che però era solo un titolo onorifico. Come tutti sapevano, i Keltar non avevano mai più formato, dopo la morte dell’ultimo re, Vorkidex, uno stato unitario e andavano fieri delle loro tradizioni di autonomia locale.
Marvin osservava con grande interesse il modo in cui era stato ricavato il porto: l'isola era stata recintata da bianche mura di marmo, mantenendo una forma ovale I moli erano centinaia e ciascuno aveva una decina di banchine per l’attracco delle barche e delle navi di piccolo cabotaggio. Per le navi maggiori c’era un’altra area riservata.
Mentre camminava lungo il molo, il giovane ascoltava le varie conversazioni dei barcaioli e dei mercanti. 



Parlavano una variante del dialetto Keltari, più aspra e secca, a volte quasi incomprensibile. Fisicamente i Keltar del nord avevano i capelli e gli occhi più chiari, ma erano più massici e corpulenti e la testa appariva quasi rotonda.
«Non fidarti di nessuno in questa città, tranne che dell'Arcidruido» gli disse Gwydion «questo luogo è un covo di ladri e di impostori, e di gente avida che ucciderebbe un fratello pur di avere un centesimo in più»
«Non credo siano gli unici purtroppo… ma a proposito di centesimi, che valuta usano qui?»
«In maggioranza il soldo imperiale, quello d’argento con la faccia di Ellis, ma viene accettato anche il denario alfariano, quello di rame con l’effigie di re Kerelic»
Marvin osservò ancora la scena che aveva di fronte: «Non ti sembra che qui la gente sia molto più chiusa rispetto ad Amnisia? Da noi c’è cordialità, si conversa anche con gli sconosciuti, si fanno battute, si ride... Qui invece non vedo niente di tutto questo... guarda, sembrano tutti cupi e sospettosi, non parlano se non per dare ordini e indicazioni di lavoro, e sembra che abbiano sempre una gran fretta in tutto quello che fanno, come se non possano perdere neppure un minuto»
Si diceva che più ci si recava a nord, nella pianura amnisiana, e più gli abitanti davano importanza al lavoro e al profitto.
«Il tempo è denaro, amico mio, e qui a Floriana il denaro è sacro: è l’unico dio che questa città abbia mai conosciuto»
La decisione di fermarsi più giorni a Floriana era stata comunicata da Ser Yvain de Bors solo la sera precedente all’attracco.



 I soldati e i rematori accolsero con favore la notizia, pensando già di spendersi la loro paga nelle bettole, tra vino e prostitute. I druidi mantennero un composto silenzio, mentre i preti lathearici protestarono vivamente. In particolare Padre Grizinga face notare che: «Quella città è un luogo di depravazione e corruzione morale e materiale. Un covo di pagani, eretici ed apostati. Su quella città il nostro Sommo Sacerdote ha scagliato il suo anatema. Noi non possiamo sporcarci la coscienza entrando in contatto con quel luogo di perdizione…»
«Nessuno vi obbliga a scendere dalla nave» intervenne brusco Ser Yvain «Se non volete farvi contaminare da questo “luogo di perdizione”, passerete il vostro tempo sul ponte a pregare e digiunare per la maggior gloria di Eclion»
L’idea non parve entusiasmare molto i sacerdoti Lathear, che divennero subito più possibilisti riguardo alla sosta nella città demoniaca.
La permanenza a Floriana era dovuta principalmente alla necessità di fare scorte e di riposarsi in alloggi decenti prima di inoltrarsi nell’aperta campagna, ma Ser Yvain pareva anche intenzionato a raccogliere in giro delle voci riguardanti l’Alleanza di Tupile e l’esercito di re Kerelic, in fuga dopo la ribellione dei fedeli di sua moglie Alyx.
Yvain aveva mandato alcuni suoi uomini a chiedere informazioni al riguardo.
A Marvin sembrava improbabile che i tozzi e taciturni mercanti di Floriana, con i loro modi sgarbati potessero rivelare alcunché, men che meno su questioni delicate come quelle riguardanti il rapimento della principessa Alienor, di cui ormai si erano perse le tracce.
Stavano arrivando al punto in cui il molo si congiungeva con la piazza antistante la Darsena, sulla quale spiccava una imponente statua dell’Arciduca Idex, da lui stesso commissionata, in rame ossidato e costellato da escrementi di piccioni e di anatre.

File:Statue Vercingetorix Alesia.jpg

. L’uomo ritratto appariva minaccioso e massiccio, come un antico condottiero del passato dei Keltar, quel famoso Vorkidex che era stato sconfitto da Arexatan Eclionner quando il primo Imperatore, che aveva annesso la terra dei Keltar all’Impero Lathear.
L’Arciduca vuole presentare se stesso come il nuovo Vorkidex. A quanto pare anche lui vuole partecipare al grande gioco del potere che si sta svolgendo in questi mesi.
Non a caso Idex non era molto amico di Gallrian di Amnisia, in cui vedeva un pericoloso rivale nella fondazione di un Regno dei Keltar e soprattutto nell’ascesa al trono di tale regno.
Ma siamo sicuri che i Keltar vogliano veramente dei palloni gonfiati come Idex o Gallrian come loro sovrani? Ammesso che accettino anche solo l’idea di avere un sovrano...
Essendo per metà un Keltar, Marvin sentiva di conoscere già la risposta.
Questa gente vuole qualcuno che aiuti veramente il popolo nella vita quotidiana, che gli fornisca le condizioni per poter prosperare nei commerci.
Idex invece era un uomo fedele agli Alfar, così come Gallrian era fedele ai Lathear, e i loro giochi di potere interessavano poco o nulla alla popolazione.
Speriamo almeno che Idex non ci dia fastidio.
Le leggi dell’ospitalità erano sacre tra i Keltar, e Ser Yvain aveva garantito che non ci sarebbero stati problemi di sorta.
Ad attenderli, vicino alla statua, c’era una piccola delegazione di diplomatici e soldati dell’Arciduca, che invitò i nobili, i druidi e i preti a venire a Palazzo, mentre i soldati e i rematori sarebbero rimasti in libera uscita.
Yvain si fida, ma io mi sarei portato dietro una scorta.
Dietro alla Darsena e alla statua, c’erano le imponenti mura della città. Marvin le varcò provando ancora lo stesso brivido che aveva sentito mettendo piede sul porto.
Ebbe persino una brevissima allucinazione, in cui gli parve di vedere un popolo in rivolta che acclamava un predicatore.
E’ colpa del freddo… e anche della debolezza per la scarsità di cibo nelle navi…
Del tutto reale fu invece il fetore che lo travolse al suo ingresso nella città: rispetto ad Amnisia non c’era paragone. Qui i polli e i maiali che si aggiravano tranquilli per le strade, le banchette del mercato che vendevano pesce semiputrefatto.
E’ questa la tua gloria, Floriana?
Procedettero speditamente lungo la via centrale, verso il nucleo storico e la roccaforte. Qui videro una seconda cerchia di mura e, dietro, le torri delle abitazioni dei ricchi e il castello dell’Arciduca.



Anche varcando la porta interna Marvin sentì il brivido di prima, ma ancora più forte. E una voce interiore gli disse: “Per mille anni e cinquanta generazioni ti abbiamo atteso…
Non è possibile… è come il sogno dell’altro giorno… c’è qualcuno o qualcosa che vuole comunicare con me…
Nella città interna la qualità dell’aria migliorò leggermente, o forse era il suo naso che si stava abituando a quell’odore nauseabondo.
I palazzi dei nobili e dei ricchi erano molto grandi e sfarzosi.
La Torre dell’arciduca, di costruzione recente e molto raffinata, stava al centro, poggiando su una sorta di montagnola artificiale.
Quando furono annunciati, le porte si aprirono e la Compagnia entrò con compostezza.
Marvin si aspettava altri prodigi, e infatti il brivido lo attraversò ancora più forte e la visione questa volta, unita ad una voce, gli si palesò per un lungo momento nell’anima.
Le allucinazioni ripresero.
Vide la stessa Dama Gialla del sogno, che lo fissava minacciosamente e gli domandava: “Vuoi vivere in eterno? Allora arrenditi a me!”



Poi ritornò la visione normale, ma questa volta doveva essere quasi svenuto, perché si ritrovò tra le braccia del druido Gwydion, che gli disse: «Non è niente, è solo il freddo o la debolezza»
Marvin scosse la testa: «No… ho avuto altre visioni… è tempo che io abbia una risposta»
«Avrai molto presto la tua risposta» promise Gwidion «Fidati della saggezza dell'Arcidruido, e anche dell’amicizia che ci lega»
Marvin annuì.
Proprio in quel momento arrivò incontro a loro un giovane druido, ansimando per la corsa. Dopo essersi ripreso, chiese: «Chi di voi due è Marvin Vorkidian?»
Marvin alzò una mano e il giovane gli porse una busta sigillata, dicendo: «Da parte dell’Arcidruido Fingal il Saggio», e poi, dopo un inchino, se ne andò di corsa.
Hanno tutti fretta in questa maledetta città!
Marvin si affrettò ad aprire la busta e a leggere il biglietto.
«A quanto pare eravamo attesi... l'Arcidruido in persona mi invita a raggiungerlo il prima possibile nel Sacro Cortile, per un colloquio della massima importanza»
Gwydion non ne era sorpreso.
L’Arcidruido era il capo gerarchico di tutti i druidi, e risiedeva a Floriana, così come i suoi predecessori, da migliaia di anni. 


La carica era vitalizia, ma alla sua morte si riuniva il sacro consiglio dei druidi per eleggerne il successore. Fingal era ormai molto vecchio, e ricopriva la sua carica da più di cinquant'anni. 
Il Sacro Cortile era un enorme parco, interno L Grande Cerchio, l’edificio dove risiedevano i druidi più importanti con i loro novizi, e lo stesso Arcidruido. 


Il Grande Cerchio era anche detto l’Ombelico del Mondo, e la sua sacralità era riconosciuta in tutto il Continente Centrale. Ma il vero tempio, per i druidi, non era tanto l’edificio circolare, quanto l’enorme parco del cortile interno. Solo lì ci si poteva sentire in contatto con gli Dei della natura pur essendo in città.
Il rumore frenetico di Floriana non arrivava al Sacro Cortile.
«Sei ancora del parere che nessuno si interessi di te? » chiese ironicamente Gwydion.
Marvin sorrise:
«Non voglio farlo aspettare. Ci sono delle particolari precauzioni per il cerimoniale?»
«No, Marvin: ai druidi queste sciocchezze non importano»
Mentre si dirigeva, seguendo Gwydion, verso il tempio, Marvin ripensò agli ultimi sogni che aveva fatto. Forse l’Arcidruido gli avrebbe fornito la chiave per interpretare quei sogni ricorrenti.
Attraversarono la città, guardando le torri che circondavano quel luogo sacro.
Alcuni druidi giovani lo attendevano al portone principale.


L’interno circolare dell’edificio era sobriamente arredato: dava l’idea di essere molto antico, ma ben conservato.
Passò sotto una volta che collegava l’ingresso esterno con una veranda interna.
Sentì subito un profumo di erbe aromatiche e di terra umida. Il giardino incominciava immediatamente e c’era un sentiero che passava attraverso i prati e gli alberi, fino ad arrivare ad una fonte, al centro, sovrastata da una grandissima vecchia quercia.
Sotto di essa sedeva un vecchio dalla lunga barba bianca.


I druidi che scortavano Marvin gli fecero un leggero inchino, ma quando l'Arcidruido Fingal vide il giovane Vorkidian, si inginocchiò davanti a lui:.
«Figlio di Cento Re!» esclamò e poi rivolto al cielo«Ora lascia, o Belenos, dio del Sole, che il tuo devoto servo Fingal vada in pace, secondo la tua Parola, perché i miei occhi hanno visto il Principe che ci fu Promesso, il Profeta dei Keltar, la salvezza preparata da te per illuminare le genti, e riportare alla gloria il nostro popolo.» 
Marvin prese le mani del vecchio nelle proprie, e lo aiutò a rialzarsi, confuso per quella accoglienza così straordinaria.
«Grazie, giovane Vorkidian. Che tu sia benedetto e benvenuto nel mio tempio» disse il vecchio «Esso ha come soffitto l’azzurro del cielo e il fuoco del sole, e come pavimento la nuda terra, ed è rallegrato dal vento lieve che accarezza l’erba e le foglie degli alberi, e dalla purezza di questa sorgente. Tutti gli elementi sono qui a testimoniare la presenza degli Dei della Natura. Alle mie spalle vi è la quercia più antica di tutto il continente. A piantarla fu il condottiero Vorkidex, l’ultimo Re dei Keltar , ucciso da Arexatan Eclionner»
Poi entrambi si sedettero.
L'Arcidruido parlò ancora:
«Mille anni fa, proprio in questo luogo, Re Vorkidex e l’Imperatore Arexatan si sfidarono a duello. Erano due uomini di grande forza e il loro combattimento durò molto a lungo. 

Alla fine però Arexatan prevalse e piantò la sua spada nel ventre di Vorkidex, il quale prima di morire disse: “Maledico la tua stirpe per cinquanta generazioni! E quando tu tornerai su questa terra, dovrai rimediare a tutti gli errori commessi da te e dalla tua discendenza. Oggi abbiamo combattuto, ma domani noi staremo dalla stessa parte, contro un pericolo più grande”. Eri a conoscenza di tutto questo?»
Marvin annuì:
«In parte: il mio precettore, il druido Halfgan me ne ha accennato…»
L’Arcidruido lo guardò intensamente: «Halfgan fu uno dei miei primi allievi. Nutro grande stima per lui, e so, grazie a lui, che tu hai avuto sia un insegnamento Keltar che uno Lathear, dai retori di Amnisia. Questo ha aperto la tua mente. E da quel che posso intuire, Halfgan ti ha insegnato bene»
Marvin annuì: «Sì, è come un padre per me»
L’Arcidruido socchiuse gli occhi, e parlò con voce bassa e calma: «E per me è come un figlio. Lo incaricai io stesso di vegliare su di te per proteggerti ed educarti, dopo che i tuoi genitori scomparvero»
Notando la sopresa nel volto del ragazzo, il vecchio annuì: «Conoscevo bene anche i tuoi genitori. Prima di partire per la missione dalla quale non ritornarono, vennero da me a chiedere consiglio. E si confidarono riguardo alla loro ambasciata»
«Quindi voi, se posso permettermi di chiedere, siete a conoscenza di quali segreti i miei genitori dovevano rivelare?»
Il vecchio sorrise, ma assunse un’aria di rimprovero: «Sei impulsivo, proprio come tuo padre»


Marvin chinò il capo in segno di scusa.
L’Arcidruido chiuse gli occhi e parlò con voce bassa: «Vennero da me proprio per confidarmi i loro segreti. Volevano rivelare tutto al capo dell’opposizione senatoria, Aralte Velares, principe di Marina Sedovia. Dissi loro che era un’impresa disperata, ma vollero partire comunque»
Marvin si sentì triste.
Mi hanno lasciato per una causa già persa in partenza
L'Arcidruido notò la sua insoddisfazione:
«In verità contavano nella testimonianza e nella protezione di altri personaggi chiave. Ma furono loro a tradire i tuoi, e a porre fine alla loro missione»
Marvin sentiva la rabbia crescere in lui.
«Alcuni nomi li conosco, ma gli altri? Chi sono questi traditori? E’ tutta la vita che me lo chiedo! »
L’Arcidruido si fece ancor più serio: «Tu nutri molto rancore dentro di te, e questo non è un bene. L’odio, la rabbia, la sete di vendetta… aveva ragione Halfgan a non volerti rivelare tutta la verità» e poi con voce più bassa e profonda: «Il traditore principale fu Gallrian De Bors, Duca di Amnisia, e referente primario dei Conti di Gothian nella Federazione Keltar. Suo figlio Yvain però non sa nulla, lui non è come il padre...»
Marvin sentiva di averlo sempre saputo.
Gallrian è il servo di Marigold e Fenrik... avrei dovuto sospettarlo...


Il vecchio alzò l'indice della mano destra:
«Verrà il tempo della giustizia, ma tu non sei nato per vendicarti, bensì per liberare un popolo.Del resto, tu sei il nipote di Lady Aryellin di Keltar Senia, e sai che la sua famiglia era di nobili origini. Tua nonna discende per quarantotto generazioni dal re Vorkidex. Tua madre Lilieth rappresenta la quarantanovesima generazione e tu la cinquantesima»
Marvin annuì:
 «E' così.Un'eredità difficile, Maestro, ma il druido Gwydion mi ha detto che voi mi inizierete agli Arcani Supremi, e mi parlerete dell'Antico Patto, in modo che quando Vorkidex si risveglierà in me, io sia pronto a ricevere le sue memorie»
Il vecchio sorrise:
«E' quello che succederà nei prossimi giorni. Ho grandi progetti su di te. Percepisco le tue qualità di chiaroveggenza: devi solo imparare a meditare, e a saper interpretare i simboli. Solo allora i tuoi sogni avranno un senso»
«Ultimamente ho sognato delle cose strane, Maestro. Io discendo anche dalla stirpe degli Eclionner, ed ho visto i loro crimini. Sono una dinastia di demoni! Ed Eclion è il Signore delle Tenebre!»


«Lo so. Alcuni ricordi ancestrali si stanno risvegliando. Era tempo che succedesse. Le tue doti erano “in sonno”, ma ora il Dormiente deve svegliarsi!»
Marvin si riscosse:
«Questa frase… io ho sognato che qualcuno me la diceva…»
L'Arcidruido annuì:
«Come vedi, i tuoi sogni stanno assumendo poteri divinatori. Ma ancora non sono in grado di esplicitare completamente la loro preveggenza. Non essere troppo impaziente! Non devi commettere gli errori di tuo padre. Se lui avesse ascoltato i miei consigli, ora sarebbe qui tra noi. E riguardo ai tuoi sogni, sappi che i più si riferiscono a cose accadute in passato. Soltanto pochi sogni hanno il potere della chiaroveggenza sul futuro, anche se la tua stirpe è sempre stata una grande dispensatrice di Profeti»
«Profeti druidi?»
«Sì, in un lontano passato. Ma ora questo passato sta tornando. Le anime degli antichi stanno trasmigrando. Tutto il mondo degli spiriti è in grande fermento, così come lo è quello degli uomini. Ci è toccato di vivere in questi tempi difficili, ma questo era il nostro destino»
Marvin scosse il capo:
«Io non credo al destino»
L'Arcidruido sorrise:
«Vedi Marvin, per le persone normali è solo il caso che si frappone tra loro ed i loro scopi. Ma alle persone come te, nulla accade per caso. Ti spiegherò cosa significano queste mie parole, e tutte le tue domande avranno finalmente una risposta completa!»


N.d.A.

La città di Floriana è ispirata a Ferrara e Mantova. L'immagine rappresenta Tar Valon, la città delle Aes Sedai ne "La ruota del tempo" di Robert Jordan.
Il dialetto keltari è una lingua a metà strada tra il gruppo celtico e quello delle lingue gallo-romanze e dei dialetti gallo-italici.
Marvin Vorkidian è rappresentato da Jon Snow ne "Il trono di spade" di George Martin.
Ser Yvain de Bors è rappresentato da ser Loras Tyrell ne "Le cronache del ghiaccio e del fuoco".
L'espressione "Alleanza di Tupile" è tratta da "Messia di Dune", di Frank Herbert, dove si riferisce al gruppo di famiglie aristocratiche ribelli che non accettano il predominio della famiglia Atreides.
La statua dell'arciduca è quella di Vercingetorige, condottiero e re dei Galli.
La frase "è questa la tua gloria, Floriana" si ispira all'apostrofe dantesca "Godi Fiorenza poi che se' sì grande / che per mare e per terra batti l'ali / e per lo 'nferno tuo nome si spande" (Inf, XXVI), ma anche dall'invettiva di re Theoden ne "Il Signore degli anelli" di J.R.R. Tolkien, quando chiede, retoricamente: "E tutto qui? Questa è la tua magia, Saruman?".
Marigold di Gothian è interpretata da Charlize Theron nel ruolo della regina Ravenna in "Biancaneve e il cacciatore" con Kristen Stewart.
La frase di Marigold, che viene detta in sogno, si ispira alla stessa domanda che lo spirito di Valeria rivolge a Conan il Barbaro nell'omonimo film. Il tema della vita eterna è trattato ampiamente nel romanzo, anche se da diversi punti di vista e con diverse ipotesi: la reincarnazione o metempsicosi, l'immortalità dell'anima, il Paradiso, l'Inferno, il samsara, il karma e lo spiritismo.
L'arcidruido Fingal il Saggio (il cui nome è quello del padre del bardo Ossian nel poema di Macpherson) è rappresentato da Jaheaerys I Targaryen il Conciliatore.
Il Grande Cerchio è ispirato alla città di Caemlyn in "The Wheel of Time" e alla Fortezza Rossa e al tempio di Baelor in "A game of thrones".
Arexatan e Vorkidex in duello sono Rhaegar Targaryen e Robert Baratheon durante la Battaglia del Tridente ne "Il gioco del trono".
Gallrian de Bors è rappresentato dal Magistro Illyrio Mopatis di Pentos.




giovedì 12 aprile 2012

Elizabeth von Wittelsbach: la vera storia (2° parte)

Elisabetta, penultima imperatrice d'Austria e regina di Boemia e d'Ungheria, aveva un carattere molto particolare, che emerge dai suoi diari e dalle testimonianze delle sue dame di compagnia.



Ogni mattina si faceva pettinare i suoi lunghissimi capelli, per i quali nutriva una vera e propria ossessione. Una delle dame di compagnia raccontò che l'operazione era molto delicata, anche perché Elisabetta, se trovava dei capelli morti nel pettine, andava su tutte le furie ed era capace di bacchettare le dita della dama con il ventaglio.
 Le occorrevano tre ore tutti i giorni per lavarsi, pettinarsi, vestirsi e truccarsi.

File:Empress Elisabeth of Austria, 1864.jpg
File:Kaiserin Elisabeth 1862.jpg
 La sola allacciatura del busto, utile a ottenere il suo famoso vitino da vespa, richiedeva spesso un'ora di sforzi. Il lavaggio dei capelli era eseguito  con una mistura di cognac e uova e richiedeva un'intera giornata, durante la quale l'Imperatrice non tollerava di essere disturbata. Altre tre ore erano dedicate ai capelli, che venivano intrecciati da Fanny Angerer, ex parrucchiera del Burgtheater di Vienna, di cui all'imperatrice erano piaciute le fantasiose acconciature delle attrici. Una delle sue creazioni più famose fu l'acconciatura a "corona", con grandi trecce raccolte sopra la nuca, divenuta il simbolo di riconoscimento dell'imperatrice, che fu imitata da molte donne aristocratiche del tempo.
Elisabetta era impegnata per il resto della giornata con la scherma, l'equitazione e la ginnastica (a tal scopo, aveva fatto allestire in tutti i palazzi in cui soggiornava delle palestre attrezzate con pesi, sbarra e anelli). Costringeva inoltre la propria dama di corte a seguirla durante interminabili e forsennate passeggiate quotidiane.
Per preservare la giovinezza della pelle, Elisabetta faceva uso di maschere notturne (a base di carne di vitello cruda o di fragole) e ricorreva a bagni caldi nell'olio d'oliva. Per conservare la snellezza, oltre a rispettare il rigoroso regime alimentare, dormiva con i fianchi avvolti in panni bagnati e beveva misture di albume d'uovo e sale. 
Francesco Giuseppe ed Elisabetta ebbero quattro figli:

File:Elisabetta e i figli.jpg

Elisabetta, di carattere creativo, fantasioso e sensibilissimo, aveva un grande senso estetico ed artistico.
Al contrario il marito era un pedante, molto noioso e conformista. Il matrimonio tra i due si rivelò un vero disastro, specialmente quando si trattò di dover educare i figli.

Sono noti i pessimi rapporti con la suocera, ma nei film la colpa viene tutta attribuita all'arciduchessa Sofia.
In realtà a dividere le due donne c'era, oltre al rifiuto di Elisabetta di rispettare le regole di corte, anche un problema molto più serio, e cioè il fatto che, come apprendiamo dai suoi diari, Elisabetta non era credente.
Non credeva in particolare nel giudizio e nella punizione delle anime dopo la morte, e al riguardo scrisse: "Non posso immaginare l'Inferno, perché non posso credere in un Dio che, dopo averci fatto soffrire l'inferno su questa terra, sia tanto crudele da farcelo soffrire anche dopo".

Elisabetta conobbe la  sofferenza. Dal 1860 in avanti la sua vita fu tutta un susseguirsi di disgrazie e problemi di salute.
La morte della primogenita Sofia fu un duro colpo, che causò una prima crisi depressiva all'imperatrice.

File:Horowitz portret van Keizerin Elisabeth met zwarte japon met waaier 1899.jpg

L'ossessione di Elisabetta per la linea e la magrezza, la spinsero, dopo le varie gravidanze, a delle diete durissime, al limite dell'anoressia. Era altra 1,72 m e pesava 50 kg.
 Il suo temperamento inoltre oscillava tra momenti di irascibilità e momenti di malinconia. La salute fisica non andava meglio: i polmoni soffrivano di un principio di tubercolosi, anche a causa del clima rigido di Vienna.
Tutto ciò contribuì ad un tracollo delle sue condizioni psicofisiche nel 1860, in seguito al quale si rese necessario un viaggio in zone calde.


Elisabetta decise di andare a Madeira, arcipelago portoghese in pieno oceano atlantico.

File:LocationMadeira.png

Da quel momento, l'imperatrice passò la maggior parte del suo tempo in viaggio, il più lontano possibile da Vienna.
Ci si è chiesti se, oltre ai disaccordi col marito, alle crisi nervose e alla tubercolosi, ci fossero anche ragioni politiche a tenere distante Elisabetta dall'impero austro-ungarico.
Nel 1998 è stato pubblicato il diario poetico dell'Imperatrice, dal quale è emerso che Elisabetta non amasse affatto la sua condizione aristocratica né condividesse la politica degli Asburgo, tanto da augurarsi di morire "improvvisamente, rapidamente e se possibile all'estero"; in un certo senso dunque si può dire che il suo intimo desiderio di abbandonare la vita sia stato esaudito.
D'altro canto, dai suoi scritti emerge chiaramente la non condivisione delle condizioni sociali in cui versava la popolazione austriaca e ungherese, tanto da considerare i giovani a lei contemporanei come "oppressi dall'ordine stabilito"; a disagio e rattristata per la disparità socio-economica fra lei e la gente comune, detestando le ricchezze e i viaggi di piacere per l'Europa, Elisabetta arriva anche a maledire, nelle sue poesie, la dinastia asburgica.
Nella biografia dedicata all'Imperatrice, Brigitte Hamann descrive Elisabetta come una forte anti-clericale, libertaria e pre-comunista, insofferente alla vita di corte e all'etichetta di corte, tanto da desiderare che Francesco Giuseppe abdichi e vada a vivere con lei sulle rive del Lemano.



Dopo il suicidio del figlio Rodolfo a Mayerling, Elisabetta osservò un lutto strettissimo, e a parte qualche rarissima occasione in cui fu fotografata col marito, visse in una condizione di isolamento, continuando i suoi viaggi per l'Europa. Un duro colpo fu anche la morte del cugino Ludwig, re di Baviera, a cui era molto legata.
Per un incredibile paradosso, proprio lei che era di idee progressiste, morì uccisa dalle pugnalate di un anarchico, Luigi Lucheni, mentre si trovava a Ginevra.
Anche nella morte, fu coraggiosa: colpita ad un ventricolo, ebbe il tempo per rialzarsi e ricomporsi. La morte sopravvenne qualche minuto dopo per emorragia interna.
Era il mese di settembre del 1898.
Aveva 61 anni.