venerdì 13 novembre 2020

Vite quasi parallele. Capitolo 94. Lambrugo Bava detto "Mattoncini Lego", catastrofico Amministratore Giudiziario del Feudo Orsini

 Risultati immagini per ennio doris banca mediolanum

Dopo le inevitabili dimissioni del Consiglio di Amministrazione, la gestione del Feudo Orsini fu affidata dal Tribunale ad un Amministratore Giudiziario.
La scelta cadde su un personaggio a dir poco sgradevole.
Si trattava di un certo Lambrugo Bava, detto "Mattoncini Lego" a causa di una similitudine che usava in continuazione, ma che nessuno aveva mai capito ("Un buon investimento è come i mattoncini Lego").
Il dottor Bava era un uomo di mezza età, con un sorriso a trentadue denti stampato sul volto, occhi infossati, un riporto di capelli radi color topo, tendenti alla forfora, la faccia arrossata di chi sembra reduce da un'insolazione senza crema protettiva, la pelle sudaticcia, la voce stridula e nasale e un modo di fare affettato e viscido, come del resto era anche la sua stretta di mano.
Si presentò a Villa Orsini all'ora del tè, con un completo gessato che aveva decisamente visto tempi migliori, e un'orribile cravatta verde elettrico, e fu fatto accomodare nel Salotto Liberty.
Quando Diana Orsini gli chiese se voleva una tazza di tè, lui, con un sorrisetto lezioso e con voce querula in falsetto, dichiarò:
<<Preferirei un caffè doppio, alto e amaro>>
Nel dire questo divenne color lilla in faccia e nelle mani.
Fu a quel punto che tutti i presenti incominciarono a percepire l'odore del suo alito.
Inizialmente rimasero confusi per il fatto che si trattava di un alito diverso da quelli normalmente considerati pesanti, nel senso che quel lezzo era troppo fetido per poter provenire da una bocca umana.
Pertanto incominciarono a formulare mentalmente le più svariate ipotesi.
Come poi emerse, dopo che "Mattoncini Lego" se ne fu andato, tutti i presenti avevano inizialmente pensato che quel fetore rivoltante dovesse provenire dalle feci di un cane pestate dal dottor Lambrugo Bava.
Purtroppo però avevano dovuto ricredersi.
Quell'inequivocabile puzza di merda (perdonateci il francesismo) proveniva altrettanto inequivocabilmente dall'alito del dottor Bava.
Il caffè doppio amaro non fece che peggiorare la situazione.
Ben presto la maggior parte dei presenti lasciò la stanza in preda alla nausea e ai conati di vomito.
Ettore Ricci e sua figlia Isabella resistettero, perché era di vitale importanza capire se quello sgradevole personaggio fosse almeno in grado di gestire un'azienda.

La sua frase d'esordio, che riprendeva il suo cavallo di battaglia, lasciò al riguardo ben poche speranze.

Con un ghigno untuoso e una voce nasale e petulante, emise una zaffata micidiale:
<<Io concepisco l'amministrazione di un'azienda come se fosse, tra virgolette, un insieme di "mattoncini lego">>
Cercando di evitare l'impatto massiccio dell'ultima "emissione gassosa" del signor Mattoncini Lego, Ettore Ricci gli chiese di spiegarsi meglio.
Lambrugo Bava continuò a parlare per un'ora, appestando non solo il Salotto, ma tutta la casa, perché la pesantezza del suo fiato sembrava penetrare attraverso ogni interstizio:
<<Intendo dire che per me un'azienda è, tra virgolette, un investimento fatto di tanti diversi mattoncini da combinare in modo tale che, tra virgolette, risulti tutto ben frazionato>>
Ettore Ricci, asfissiato dalla mancanza d'ossigeno in quella stanza ormai piena di zolfo, si allarmò a tal punto da perdere quasi conoscenza, e solo con grande sforzo alla fine protestò:
<<Frazionato? Vuole forse smembrare il Feudo Orsini?>>
La faccia di Mattoncini Lego divenne color fucsia e il sudore gli colò dalla fronte stempiata:
<<Lei dice "smembrare", ma io preferisco dire "diversificare". E' una prassi comune>>
Ettore, ormai in apnea, ribatté:
<<Lo è nella gestione di un portafoglio azionario! Ma il Feudo Orsini è un'azienda agricola cha già diversificato i propri investimenti in attività industriali legate alle macchine agricole e all'allevamento avicolo e suino. Questa è la natura della nostra azienda che non deve in nessun modo essere trasformata in qualcosa di diverso>>
Mattoncini Lego iniziò a ghignare, emettendo gas mefitico da quella bocca che ricordava una cloaca:
<<Si fidi di me, signor Ricci. Vedrà che un mattoncino dopo l'altro io costruirò un'azienda nuova, con agriturismi, campi da golf, laghi di pesca sportiva, parchi da gioco per bambini e per cani, alberghi, insomma tra virgolette, un "resort di lusso">>
A quel punto Ettore Ricci esplose e scattò in piedi:
<<Ma questa non è una zona turistica! Ci sono porcili e pollai e inceneritori di biomassa! E' tutto piatto, nebbioso d'inverno e afoso d'estate. Non siamo mica la Toscana! E nemmeno sugli Appennini o in Riviera!>>
Lambrugo Bava non si lasciò minimamente scalfire ed emise l'ennesima nube tossica:
<<Ma lei ha una mentalità arcaica. Adesso viviamo in un mondo, tra virgolette, "green", che cerca un divertimento, tra virgolette, "eco", mi verrebbe da dire che la presenza di porcili e pollai, con il loro odore così caratteristico, sia un fattore, tra virgolette "folk" e tra virgolette "etno" che conferisce al tutto quel sapore tra virgolette "vintage" che è così tra virgolette "trendy"...>>
A quel punto Ettore Ricci non riuscì più a contenersi:
<<Basta con queste cazzate! Le ricordo che un Amministratore Giudiziario deve occuparsi solo dell'ordinaria amministrazione e non degli investimenti straordinari! Lo tenga bene a mente! Non le permetterò di buttar via il lavoro di tutta la mia vita! E adesso fuori da casa mia! 
E se vuole un consiglio, si lavi i denti, prima di andare ad appestare la casa della gente!>>
Poco ci mancò che lo prendesse a calci.
La faccia di Mattoncini Lego aveva raggiunto ormai un color prugna e nemmeno la deferenza della Governante-Dittatrice Ida Braghiri riuscì a tranquillizzarlo.
I Braghiri speravano infatti che l'Amministratore Giudiziario avrebbe definitivamente affossato il Feudo Orsini, e Lambrugo Bava era la persona giusta per quel compito.
Dopo che finalmente Mattoncini Lego ebbe preso congedo, salutando con la mano sudaticcia i pochi presenti che si erano avventurati nell'atrio completamente invaso dal gas tossico, fu necessario tenere aperte tutte le finestre di Villa Orsini per tre giorni e tre notti, al fine di cacciare via quel tanfo rivoltante che era penetrato fin nei suoi angoli più reconditi.

Nessun commento:

Posta un commento