I militari turchi, assieme ai ribelli siriani alleati, sono entrati questa mattina nel centro di Afrin, il capoluogo del cantone curdo nel Nord-Ovest della Siria, sotto attacco dal 20 gennaio. I miliziani di Jaysh al-Khor, l’Esercito siriano libero, hanno diffuso foto di una rotonda all’ingresso del centro-città, con le bandiere dei guerriglieri curdi dello Ypg ammainate e stracciate. In base alle foto diffuse si presume che circa metà della città, dove all’inizio delle battaglia c’erano dai 200 ai 300 mila civili, sia stata conquistata.
I combattenti curdi dello Ypg hanno opposto una forte resistenza sul fronte a Nord, ma le truppe turche e gli alleati sono penetrati da Ovest e da Est. Gli uffici governativi sono stati abbandonati. Lo Ypg sembra in ritirata, forse per evitare un massacro di civili. Sabato i bombardamenti hanno colpito anche l’unico ospedale di Afrin, con nove morti. L’esercito turco però nega di averlo preso di mira. Foto diffuse da abitanti della città invece confermerebbero. Le vittime civili, sabato, sono state in tutto 47.
Turchia e miliziani hanno lasciato aperto un corridoio a Sud-Est. Tra venerdì e questa mattina un fiume di persone, in tutto circa 200 mila, sono fuggite sulla strada che porta ai territori controllati dal governo siriano, verso Aleppo, dove c’è una importante comunità curda nel quartiere di Sheikh Massoud. Molti abitanti di Afrin hanno parenti ad Aleppo e cercano di raggiungerli. Lo Ypg ha accusato la Turchia di aver colpito con i raid anche persone in fuga. Non ci sono conferme indipendenti.
La Turchia considera lo Ypg un’organizzazione terroristica legata al Pkk. Il cantone di Afrin è stato amministrato dallo Ypg a partire dalla fine del 2012, quando, di fronte all’avanzata dei ribelli dell’Esercito siriano libero, i governativi erano stati costretti a ritirarsi e avevano ceduto il controllo del Nord della Siria ai guerriglieri curdi. Damasco ha chiesto, all’inizio dell’offensiva turca, che lo Ypg consegnasse le armi all’esercito e gli restituisse il controllo di Afrin per evitare l’occupazione da parte della Turchia. Lo Ypg ha rifiutato e ora la bandiera turca sventola sul centro dell'ex capoluogo curdo-siriano.
Le forze siriane alleate della Turchia hanno preso il controllo del centro dell’enclave curda di Afrin dove l’assedio, che va avanti da circa due mesi, ha costretto almeno 150mila civili alla fuga. “Le unità dell’Esercito Siriano Libero, che sono sostenute dalle forze armate turche, hanno preso il controllo del centro di Afrinquesta mattina alle 8:30″, ha detto il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, aggiungendo che “sono in corso le operazioni di ricerca per localizzare mine e altri esplosivi”. Anche per gli attivisti dell’Osservatorio nazionale per i diritti umani, i turchi hanno conquistato metà della città e sono in corso pesanti combattimenti. Inoltre, prosegue l’Osservatorio, i turchi avrebbero colpito il principale ospedale della città, uccidendo almeno dieci persone tra cui due donne incinte. Fatti che Ankara, però, nega di avere commesso
Ma a smentire la conquista del centro della città da parte delle forze turche è un alto funzionario curdo-siriano, Hadia Yousef. All’Associated Press ha riferito che i combattimentisono ancora in corso e che i curdi stanno aiutando i civili a fuggire dai “massacri” perpetrati dalle forze turche e dai loro alleati nell’enclave.
(da Il Fatto Quotidiano del 18 marzo 2018)
Il presidente turco ha voluto ribadire che non si tratta di una guerra offensiva, ma di protezione. Protezione contro i terroristi, come lui definisce le milizie curde, le Ypg. Secondo quanto annunciato dallo stato maggiore turco, le forze armate di Ankara sono entrate nella città insieme agli alleate dell’Esercito libero siriano. Per Rami Abdel Rahman, direttore dell’ormai noto Osservatorio siriano per i diritti umani, “le forze turche e i loro ausiliari siriani hanno preso il controllo di diversi quartieri e i combattimenti continuano“. La difesa, comunque, ha ceduto.
La Turchia ha avviato l’operazione Ramoscello d’ulivo il 20 gennaio scorso per creare una zona cuscinetto al di fuori dei confini turchi, nel nord della Siria. L’avanzata di Ankara non si è mai fermata. L’assedio di Afrin è durato parecchi giorni. All’inizio di questa settimana, il presidente turco aveva detto che la città sarebbe caduta in poche ore. Ci hanno impiegato più tempo, ma alla fine, il risultato l’hanno ottenuto. Lo sfondamento delle linee difensive è avvenuto nell’area sudorientale, nonostante il supporto delle milizie siriane filo governative.
Con l’ingresso ad Afrin, Erdogan vince una battaglia. Ma la guerra probabilmente continuerà. Adesso le truppe turche, una volta presa la città, punteranno a stabilizzarla (il presidente turco ha già annunciato di non volerla riconsegnare alla Siria qualora fosse rimasto Bashar al Assad) e adesso si punta a Manbij. Sarebbe questo il patto siglato con Rex Tillerson dal ministro degli esteri turco, Mevlut Cavusoglu. Per la Turchia è importante che le milizie curde, che considerano alleate del Pkk, siano oltre il corso del fiume Eufrate.
Secondo le stime turche, sono morti oltre 1.500 combattenti curdi dall’inizio dell’operazione “Ramoscello d’ulivo”. La maggior parte sono morti in seguito ai raid aerei e ai colpi di artiglieria. Ma adesso bisognerà comprendere la reazione delle altre potenze coinvolte in Siria. e infatti gli Usa e le potenze occidentali hanno tacitamente acconsentito all’invasione del cantone di Afrin, Russia ed Iran sono su altre posizioni.
I rappresentanti di Iran, Russia e Turchia si incontreranno il prossimo 4 aprile ad Ankara. Il vertice rientra nella cornice degli accordi Astana, proseguiti a novembre a Sochi, in Russia. I tre Paesi hanno garantito alcune aree di de-escalation ,in particolare a Idlib. Il ministro degli Esteri kazako, Kayrat Abdrahmanov, ha lanciato un appello “al dialogo tra Russia e Stati Uniti”. Secondo Abrahmanov c’è in programma l’istituzione di un comitato per una costituente che stili la nuova legge fondamentale per il futuro della Siria.
Ma la situazione sembra molto meno semplice del previsto. Erdogan, con la caduta di Afrin, ha una posizione di vantaggio. Vladimir Putin, distratto dalle elezioni, non si è potuto concentrare sul fronte siriano e Assad si ritrova con le forze turche all’interno del proprio territorio dopo che Erdogan ha tramato per rovesciare il governo di Damasco.
(da Il Giornale del 18 marzo 2018)
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