sabato 20 agosto 2016

Alpha-Omega. Capitolo 6. Mary Ann Ripley, la Vicepresidente dell'OEU





“Nessuno di noi crede che l’uomo sia naturalmente buono: per questo la solidarietà sociale non può essere delegata esclusivamente al buon cuore dei privati, ma deve essere imposta con la forza dello Stato”

ABRAHAM YERAS, APOLOGIA DELLO STATALISMO


         VI

La Vicepresidente dell'Ordine Economico Universale, l'onorevole Maestra Mary Ann Ripley, era sottoposta da giorni ad una pressione lavorativa senza precedenti nella sua lunga carriera. Da quando il Grande Maestro Venerabile John David Orcfeller era entrato in coma, la situazione politica era precipitata.
Da due settimane ormai la Ripley lottava disperatamente per tenere unita la coalizione di governo del Consiglio, che subiva continue defezioni.
Quando la nave affonda, i topi si buttano a mare…
Aveva un bel dire Yeras che la maggioranza non sapeva più governare: era facile fare i moralisti quando non si avevano responsabilità di governo…poi, una volta al potere, ci si accorgeva che la politica è soprattutto un tirare a campare.
Sbuffò, e riprese a leggere l’ultima proiezione del Weekly Report, il resoconto dettagliato della attività del Consiglio nella settimana.
Aveva meditato tutta la notte su quel documento e non ne era riuscita ancora a venire capo. Fissò l’ultima videata della proiezione con una espressione di rabbia e di disgusto.
La situazione mi sta sfuggendo di mano.
Il voto del giorno prima dell’Autorità Garante del Mercato era stato scandaloso!
Come avevano potuto i suoi alleati dell’Authority approvare l’acquisizione della Fire S.C. da parte della Alpha-Omega e giudicarla “degna di fiducia e conforme alle regole del nostro Ordine e della sua suprema supervisione”?
Un monopolio inammissibile! Contro ogni legge del libero mercato! E l’hanno approvato per farmi dispetto!
Poi però si pentì di questo pensiero. No, non era solo una questione di rivalità interne.
C’era di più, Marfol l’aveva avvertita chiaramente: Correnson aveva comprato i voti di molti Consiglieri facendo loro un’offerta che non si poteva rifiutare.
Sì, senza dubbio.
Ma quale offerta?
Era stata avviata una segretissima indagine al riguardo. Molti agenti erano stati incaricati, tra cui anche un compagno di corso di Marfol dai trascorsi discutibili, ma con indubbie doti investigative.
Eppure lei non si fidava di quel personaggio troppo vicino all’Opposizione.
Forse è stato un errore incaricare una testa calda come quel Thomas Ariston per un compito così delicato…
Ma Marfol era stato molto convincente al riguardo: «Ariston  sarà anche poco diplomatico e tendente al solidarismo, ma è un soggetto di straordinarie qualità: è sopravvissuto a situazioni drammatiche che avrebbero annientato chiunque, noi compresi. Se c’è uno che può farcela in contesti estremi, è lui»
Raramente John Marfol si sbagliava nel giudicare un collaboratore, e questa era una dote tipica dei leader. Lei stessa si fidava ciecamente di Marfol e per questo l’aveva scelto come suo alleato principale nel Consiglio.
A questo mi sono ridotta: mettere le sorti della maggioranza di governo nelle mani di un opportunista senza scrupoli come Marfol e di un cane sciolto come Ariston!
Ma il bello della politica concreta era proprio la sua paradossalità, per cui nulla era mai come sembrava o come sarebbe dovuto essere secondo la teoria, e persino secondo il buon senso!
Appose distrattamente la firma digitale sul Weekly Report e lo spedì all’Archivio Corrente.
Alea iacta est.
Una cefalea terribile le pulsava nelle tempie. Con uno scatto rabbioso, ordinò all’androide di portarle le sue compresse del mattino.
Poi si alzò e si diresse alla finestra di vetroresina, che dava sul Parco Centrale di Dracon.
Forse dovrei fare come Yeras, una bella passeggiata tutte le mattine.
Ma anche volendo le mancava il tempo.
Quel fannullone può anche permettersi di bighellonare nel parco. Ma chi è al comando non può lasciare mai il timone, specie se il grande capo sta morendo.
Osservò il paesaggio: era una mattina meravigliosa di primavera. C’era un così bel sole… e lei non sarebbe potuta uscire a goderselo!
Sto invecchiando, e sto diventando maledettamente sentimentale, come tutti i vecchi!
Appoggiò la mano avvizzita sul davanzale della finestra e cercò di lenire nella fragranza dei profumi primaverili l’amarezza che le aveva lasciato la sconfitta nel voto del giorno precedente.
Dopo una vita spesa per l’Ordine, sacrificata all’Ordine, ecco la loro gratitudine!
Ma la contemplazione dello splendore di Dracon la rinfrancava sempre.
La perfezione della capitale era l’emblema dell’efficienza dell’Oeu, e quindi anche dell’efficacia e della bontà del suo governo.
Ci chiamano con disprezzo l’Oligarchia! Ma ogni classe dirigente è un’oligarchia!
Dopotutto, nei suoi cinquant’anni di attività politica, ella aveva sempre cercato di perseguire prima di tutto il benessere generale. Era stata fautrice di un’oligarchia illuminata… e coerente con i propri principi!
Persino i suoi nemici, un giorno, avrebbero dovuto riconoscerle questo.

Ah, come odio l’arroganza di Yeras quando sottintende che solo i solidaristi pensano! Che solo loro si preoccupano veramente del bene comune! Che solo loro sono nel giusto!
Ma il vero nemico non era Yeras… era Correnson! Per questo il giorno prima aveva accettato di sottoscrivere con Yeras un documento di comune condanna nei confronti dell’operato della Alpha-Omega.
Pensano che mi stia rammollendo, che stia cedendo al solidarismo… ma sono loro che hanno ceduto alla corruzione!
Tamburellò con le dita sul vetro.
No! Non era ancora suonata l’ultima ora dell’Oligarchia!
In una singolare maniera, lei e Yeras condividevano le stesse preoccupazioni, anche se partendo da opposti fronti.
Era sconfortante dover ammettere di condividere una posizione scomoda con l’oppositore di una vita.
Anche questa crisi passerà.
Ma l’emicrania non voleva proprio passare, segno di una tensione che tradiva una frustrazione profonda. Detestava sentirsi così vulnerabile, proprio lei, la Lady di ferro, la Zarina dell’Oeu.
Ma non sono ancora morta!
Eppure una voce dentro di lei avvertì che certe volte la vita finiva quando diventava un mero tirare a campare, e alla fine, un indecoroso sopravvivere a se stessi.
E questo, no, lei non l’avrebbe mai accettato.





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