Blog di letteratura, storia, arte e critica cinematografica e televisiva. I racconti e i romanzi contenuti in questo blog sono opere di fantasia o di fanfiction. Gli eventi narrati e i personaggi descritti, esclusi quelli di rilevanza storica, sono del tutto immaginari. Ogni riferimento o somiglianza a persone o cose esistenti o esistite, o a fatti realmente accaduti, è da considerarsi puramente casuale. Gli elementi di fanfiction riguardano narrazioni di autori molto noti e ampiamente citati.
domenica 3 luglio 2016
"The Winds of Winter" parody recap
"Al Gioco del Trono o si vince o si muore"
Cersei Lannister
La Friendzone colpisce ancora
Ditocorto: l'unico che riesce a farsi friendzonare prima dalla madre e poi dalla figlia
Il proverbiale senso della famiglia degli Stark
Prometti, Ned
Prometti!|
Il Gran Maestro
"Bruci la città e crolli il grattacielo, rimani tu da solo, nudo sul mio letto"
Baustelle, Irene Grandi featuring Cersei Lannister
50 sfumature di Clegane
Il Dominio dei Lupi
Il Grande Inverno
La fine dei Lannister
Il parallelismo Bran Stark / Tommen Baratheon
Il Dominio della Regina
Jaime, il Valonqar
La regina Cersei e lo Sterminatore di Re (e anche di regine?)
I bei tempi di re Aerys II il Folle. In fondo anche Cersei ha qualcosa dei Targaryen
"I choose violence"
Cersei Lannister, Queen of the Andals and the First Men, Protector of the Seven Kingdoms and Warden of the Realm
Sei alcolista, piromane e sex addicted, allora sei un Lannister
Tommen campione di tuffi
R+L=J
No One
Lothar and Black Walder Frey
Il nemico del Pesce Nero
God Save The Queen
L'Ombra della Profezia
La Regina dei Draghi
La rivincita di Ser Jorah Mormont
Un'altra vittima eccellente della Friendzone
The White Wolf
Il Trono del Toro. Capitolo 2. Il Palazzo di Cnosso
Il corteo avanzava con lentezza.
Le guardie armate precedevano e circondavano le varie portantine. Il
principe Catreus stava sdraiato nella prima. Nella seconda e nella terza
c’erano alti dignitari di corte, seduti.
Nella quarta, più piccola,
c’era Amasis con il capo degli schiavi del principe.
Gli altri schiavi,
alcuni di pelle molto scura, sorreggevano le portantine sotto il sole cocente.
La strada per Cnosso, sassosa e
accidentata, costeggiava le colline di Creta, tra oliveti, vigneti e campi di
grano. Amasis si sporgeva ogni tanto, scostando gli ampi tendaggi di seta, per
osservare quei nuovi paesaggi.
«Presto ti verranno a noia queste
coltivazioni» disse Gabàal, il capo degli schiavi, di stirpe fenicia.
Amasis era troppo intimorito per fare domande.
Gabaal sogghignò: «Siete tutti così all’inizio, come dei
pulcini bagnati. Poi però imparate in fretta, alla Reggia, le regole del
gioco!» Quelle allusioni, accompagnate da sorrisi ironici, incominciarono a
preoccupare il ragazzo, che rimaneva in un ostinato silenzio.Vide che
all’orizzonte si stagliava una montagna.
«Quello è il monte Ida, sacro alla
Dea Madre» indicò con reverenza Gabaal e aggiunse: «Nella mia terra d’origine la Dea è chiamata Ishtar, da voi
in Egitto è Iside. Qui il suo nome sacro è Ida, come quello del monte, ma
alcuni la chiamano Europa, come la madre del primo Minosse. I Cretesi
considerano la Dea Madre Terra come la più importante degli Antichi Dei, ed è
per questo che le donne, qui a Creta, godono di maggiore considerazione e libertà
che in ogni altra parte del mondo, e possono scoprire i seni, mentre ovunque
altrove è vietato. Qui, soprattutto a Palazzo, comandano le donne! Tieni a mente
tutto ciò, se vorrai sopravvivere. In particolare abbi molto rispetto della
principessa Indis, la moglie del nobile Catreus. A Palazzo è molto potente»
«E la regina?»
Gabaal parve imbrazzato: «Ehm… la
regina Pasifae… come dire… è straniera… ed è molto più giovane del re. E’ la
sua seconda moglie, sai? Non è la madre del nobile Catreus, ma solo dei figli
minori del re: Glauco, Arianna e Fedra. E’ una donna molto bella, ma di una
bellezza strana: ha i capelli colore dell’oro e gli occhi celesti, come quelli
del suo popolo, i lontani Colchi. E sua sorella minore, Circe, è ancora più
bella, ma, se vuoi un consiglio, stai alla larga da quelle due donne… »
«Perché? »
«Un giorno capirai»
La strada ben presto incominciò a
discendere e il passo del corteo si fece più spedito.
«Prepàrati» disse Gabaal ad Amasis
«tra poco vedrai la più grande reggia del nostro impero, il Palazzo di Cnosso,
che sta sulla collina, ed è collegato con l’omonimo porto, che è una città
vera.
Vedi, la reggia di Cnosso non è un
semplice Palazzo, come si usa dire, ma un grande complesso di palazzi, una
specie di città, abitata dalla famiglia reale, dagli alti dignitari, dagli
amministratori del regno e da tutta la servitù.. .
Cnosso è stata ricostruita molte
volte, dopo i grandi terremoti del passato, ed ogni volta è risorta più bella
di prima. E’ la degna capitale per il nostro impero»
Amasis aveva però sentito dire che
in Egitto c’erano città e monumenti ben più grandi. Ma l’Egitto non si poteva
nominare, perché in quel periodo era considerato un nemico dell’impero
marittimo di Creta. Il faraone egiziano Seti I era il rivale principale delle
ambizioni di Creta di dominare tutte le coste del mar Mediterraneo.
«A Cnosso risiede il nostro grande
sovrano Minosse XIV, che siede sul Trono del Toro da più di quarant’anni. Ora è
molto anziano, ma in passato è stato un grande guerriero: ha sconfitto in
battaglia gli Egizi, i Fenici, i Frigi e i Lidi, ma soprattutto ha sottomesso
le città degli Achei, i barbari biondi che da secoli hanno colonizzato la Pelasgia , ed ora la
chiamano Ellade. Gli Achei sono potenti, ma Creta lo è di più. Minosse ha fatto
di Creta la regina dei mari»
Quei nomi di popoli e battaglie
non significavano niente per Amasis, all’epoca: egli era preoccupato
soprattutto per la sua sorte, per questo alla fine osò chiedere a Gabaal:
«Perché il principe Catreus mi ha voluto a Cnosso? Non ha forse abbastanza
schiavi?»
Gabaal rise:
«Ah! Di schiavi ne ha
in abbondanza, ma tu non sei destinato a fare lavori da manovale… Tu sarai
educato per essere uno scriba e un segretario del principe»
«Ma perché proprio io?»
Gabaal lo guardò negli occhi con
espressione triste:
«Non posso dirtelo. Capirai in seguito i criteri in base ai
quali il nostro principe sceglie i suoi futuri collaboratori»
Di nuovo quelle allusioni… Amasis
era spaventato: «Ma è buono con gli schiavi, il Principe?»
L’uomo sospirò:
«Ma certo che lo
è! Ascoltami: da quando il primogenito del Re, Adregin, è morto in battaglia, Catreus
è l’erede al trono, e diventerà il Minosse XV. Quel giorno, i suoi favoriti
saranno gli uomini più potenti dell’impero. Se tu sarai all’altezza delle
aspettative del principe, ti aspetterà un grande futuro. Altrimenti…»
«Altrimenti? »
«Beh, altrimenti finirai
nell’arena dei danzatori con il toro. Qui, il dio Toro, è secondo solo alla Dea
Madre Terra, e dalla loro unione nacque la Dinastia reale»
Amasis incominciava a preoccuparsi
seriamente, avrebbe voluto fare altre domande, ma non gli fu consentito dallo
sguardo severo di Gabaal.
«Ora preparati» disse l’uomo «
stiamo per arrivare. Si incomincia già a vedere il mare da qui. Scommetto che
tu non te lo ricordi…»
Amasis guardò fuori e con suo
grande stupore, all’orizzonte vide una striscia blu molto scura, perché era di
quel colore indaco, il mare, intorno a Creta. Una strana nostalgia di cose
perdute da tantissimo tempo lo colse. Lui era uno schiavo venuto dal mare…
Gabaal indicò all’orizzonte un
agglomerato di case squadrate con file di torri: «La città portuale!
Il cuore del nostro Impero marittimo! Da qui non si riesce a vedere il porto,
ma un giorno tu lo visiterai e ne resterai stupefatto. Le navi più grandi e più
belle del mare vi sono ormeggiate o vi fanno vela. Da un lato le navi
mercantili, e dall’altro le navi da guerra. Sono l’orgoglio di Creta, la regina
dei mari. Gli Antichi Dei hanno posto Creta qui, grande e ampia, in mezzo al
mare, per dominarlo, e solcarne le onde. Il Dio del Mare è fratello della Dea
della Terra».
Gabaal parlava con fierezza di
Creta quasi fosse stata la sua vera patria. Essere il capo degli schiavi a
Creta era per lui un onore, più che essere un cittadino libero altrove. Glielo
si leggeva negli occhi.
Ma Amasis pensava ai suoi genitori.
La gloria di Creta si basava sulla schiavitù di tanti uomini. Era veramente
gloria?
«Guarda, ecco la strada che va al
Palazzo!»
Era una via lastricata che dalla
città portuale conduceva alle colline sovrastanti. Lungo la strada, nella quale
si erano immessi, vi erano le dimore lussuose dei mercanti e dei notabili di
Cnosso, con ampi giardini, e frutteti e oliveti.
E in fondo, ecco la collina del Palazzo, ergersi come un
sovrano.
Ne vide gli ampi terrazzamenti, i colonnati,
le torri, gli splendidi giardini. S’intravedeva un grandissimo numero di
edifici squadrati, collegati fra loro, disposti su più piani, con ampi cortili,
templi, scuderie, magazzini. I muri erano per lo più dipinti di rosso porpora,
anche se ve n’erano di bianchi e di altri colori.
Amasis non aveva mai visto niente di simile e la sua
ammirazione fu grande.
«E’ bello, vero?» commentò Gabaal
«Ci sono volute molte generazioni di re per costruire e ricostruire la reggia
di Cnosso in tutto il suo splendore. Ma certo chi più di tutti si è impegnato
ad abbellire questo palazzo è stato l’attuale Minosse»
Più si avvicinavano al complesso
della reggia, più Amasis poteva ammirarne le raffinatezze architettoniche e la
bellezza dei colori.
«Ma non fidarti troppo di questa
bellezza, ragazzo!» lo ammonì Gabaal con improvvisa serietà «Sono accaduti
molti fatti tristi dentro queste splendide mura, e non mancano gli intrighi e
le meschinità. Per questo io ti avviso: sii molto prudente e soprattutto fedele
al Re e al Principe. Non dare ascolto alle malignità. Impara a guardare la
realtà per quella che è, non per quella che appare, ma fa' finta di non aver visto nulla.
Tieni a mente questo mio consiglio: ci sono cose, nella vita, che è meglio non vedere»
Amasis annuì:
«Lo farò. Grazie per i tuoi saggi
consigli»
«Oh, è solo esperienza…» si
schermì Gabaal «sono cose che dico a tutti i novizi quando arrivano a Cnosso.
Forse spero che un giorno, magari, se faranno strada a corte, mi aiuteranno.
Chissà… ancora non è accaduto… i favoriti di Catreus cadono in disgrazia troppo
facilmente…»
«Cosa vuol dire?»
Lui allargò le braccia:
«Tu mi fai parlare troppo! Sono
questioni delicate… ti ho già detto che col tempo capirai. Piuttosto, guarda:
il Palazzo non ha mura di cinta, tanta è la potenza dell’impero di Minosse. Non
ha bisogno di mura, perché le sue vere “mura” sono sul mare, dominato dalle navi!»
C’era solo un cancello, tra delle
siepi, a delimitare la proprietà privata del Re, e alcuni soldati di guardia,
solo per indicare che di lì non si poteva passare, a meno di non essere ospiti
della famiglia reale.
«Ecco la Porta Occidentale »
indicò Gabaal, nel punto ove la strada terminava per entrare nel complesso del
Palazzo. La Porta
era alta e maestosa, dipinta di rosso, e il suo architrave era un unico grande
blocco di pietra. Qui le guardie reali resero omaggio al Principe, e aprirono
il cancello. Da lì si dipartivano numerose strade che conducevano ai vari
ambienti del Palazzo.
Il corteo si divise: la portantina
del Principe e quelle degli alti dignitari si diressero verso il complesso più
elegante e maestoso, che doveva essere la vera e propria reggia, la cosiddetta
Casa dell’Ascia, mentre la portantina con Amasis e Gabaal venne condotta in un
alloggio distante, ma comunque imponente, con una grande aia ghiaiosa davanti e
una scalinata che conduceva a un peristilio e a un ampio portone d’ingresso,
con ai lati due imponenti tori in pietra.
sabato 2 luglio 2016
Il Trono del Toro. Capitolo 1. Amasis e il principe Catreus
Amasis era sempre stato uno schiavo.
Non ricordava quasi nulla del suo paese natale, un villaggio di pescatori nel delta del Nilo, nel potente Egitto del Faraone Seti I.
Il villaggio era stato saccheggiato da mercanti di schiavi.
Il padre di Amasis era stato destinato alla dura sorte di rematore nelle navi, e di lui non si ebbe più notizia. La madre era stata venduta a un bordello di Tiro, mentre lui, Amasis, era stato comprato per pochi soldi dal ricco mercante cretese Fàrgas, che lo aveva condotto nella sua immensa proprietà terriera, nelle campagne intorno a Cnosso, destinandolo ai lavori più umili, come pulire le stalle e i pollai, mungere le mucche, strigliare i cavalli, mandare al pascolo le capre. Da grande avrebbe poi dovuto incominciare il duro lavoro nei campi, nei frutteti e nelle vigne, ma questo solo dopo i quindici anni, quando fosse stato sufficientemente forte. Fino ad allora avrebbe servito come stalliere e pastore.
Per lui la vita non era altro, e non immaginava che le cose potessero andare diversamente. A dodici anni, non sapeva nulla del mondo: non sapeva né leggere, né scrivere, né contare; non conosceva nulla al di fuori di quello che vedeva e non era in grado di fare nulla tranne i suoi lavori.
Essendo orfano e senza protezione, era sempre stato in balia delle prepotenze di chiunque fosse più forte di lui e aveva imparato la pazienza, l’umiltà, la prudenza, ma anche la capacità di difendersi, quando sapeva di averne le forze, specie se le angherie provenivano da qualche coetaneo nelle sue stesse condizioni.
Non aveva amici, persino gli schiavi lo evitavano, perché non era nato da quelle parti ed era senza famiglia, ma a lui non importava gran che: stava per lo più con gli animali. Adorava i cani, i gatti, ma anche gli asinelli, le pecore, le capre, i polli e i conigli, e tutti gli altri animali della fattoria.
Sapeva che quella vita bucolica sarebbe durata solo pochi anni ancora, e poi avrebbe incominciato a lavorare duramente nei campi, se non fosse accaduto un evento eccezionale ed imprevisto.
Il padrone Fargas era infatti rientrato da Cnosso in compagnia di un ospite di grandissima importanza, per il quale aveva ordinato si preparassero pasti sontuosi e si ripulisse tutta la villa e l’intera proprietà.
Amasis sentì alcuni schiavi parlare del “nobile Catréus”, l’ospite importante, con un timore reverenziale, quasi si fosse trattato di un eroe o di un dio delle leggende che si cantavano la sera intorno al fuoco. Presto venne a sapere che il nobile Catreus altri non era che il figlio secondogenito del re Minosse XIV, a cui un giorno, essendo prematuramente scomparso il primogenito Adregin, sarebbe succeduto sul trono di Creta col nome di Minosse XV, come voleva la tradizione fin dai tempi della fondazione della dinastia.
Si era sparsa la voce che il nobile Catreus volesse passare in rassegna tutti gli schiavi di sesso maschile e di età compresa tra i dodici e i quattordici anni circa. Fu così che anche Amasis venne preparato per l’occasione: gli fecero fare un bagno, lo profumarono e lo vestirono con abiti nuovi.
Quando poi il nobile Catreus ebbe terminato la cena con il mercante Fargas, arrivò l’ordine agli schiavi adolescenti di mettersi in riga e di attendere in silenzio.
I due signori uscirono dal portico della villa e lentamente si diressero verso le residenze degli schiavi.
Il grassoccio Fargas appariva ridicolo in confronto al fisico atletico dell’altro uomo, un giovane di circa trent’anni, dai tratti regali e severi, bianco di pelle, ma scuro di occhi, di capelli e di barba, come tutti i Cretesi. I suoi capelli neri erano lunghi e intrecciati, secondo la tipica pettinatura minoica.
Fargas invece era calvo e portava una parrucca corvina con riflessi blu, che gli stava di sghimbescio. Entrambi erano truccati in viso, con la cipria per rendere ancor più bianco il volto, segno di distinzione aristocratica, e la porpora per dare risalto alle gote e alle labbra e persino l’ombretto nerazzurro sulle palpebre. Portavano collane e monili sfavillanti di pietre preziose, braccialetti e anelli. I loro mantelli e le tuniche cadevano lunghi e ricamati fino ai piedi.
Nel complesso Fargas faceva ridere, il nobile Catreus appariva simile a un dio.
I due passarono in rassegna la fila di schiavi, confabulando tra loro a bassa voce.
Quando furono davanti ad Amasis, il nobile Catreus si mostrò particolarmente interessato, lo fissò a lungo e fece alcune domande a Fargas, che incominciò a tessere le lodi del ragazzo come se si fosse trattato di un vitello da vendere al mercato. I due gli si avvicinarono e Fargas ordinò ad Amasis di mostrare i denti, che erano ancora sani. Catreus annuì.
Poco dopo i due chiamarono il fattore e gli dissero qualcosa. Quest’ultimo, non meno emozionato di Fargas, si diresse verso Amasis e con uno strano tono mellifluo lo invitò a seguirlo.
Il ragazzo era incuriosito e intimorito da quella situazione strana, di cui non capiva nulla. Venne condotto, con sua grande meraviglia, all’interno della villa di Fargas. Era la prima volta che vi metteva piede e rimase stupefatto dalla pulizia, dal profumo e dal lusso di quell’abitazione. Percorsi vari corridoi, arrivarono in uno stanzino, dove c’era un letto morbido e pulito.
«Dormirai qui stanotte» gli disse il fattore, con un misto di rispetto e di invidia «e domattina seguirai il nobile Catreus a Cnosso». Amasis aggrottò le sopracciglia con aria dubbiosa.
«Il principe ti ha comprato come schiavo, ma non andrai certo a zappare la terra, ragazzo mio… la fortuna ha bussato alla tua porta. Gli schiavi del nobile Catreus vanno a vivere al Palazzo e se sono furbi fanno anche carriera» e ridacchiò.
Poi lo fissò con aria seria: «Capisci quello che ti sto dicendo?».
Amasis annuì, incerto. Il fattore scosse la testa, sbuffando: «Cnosso è la capitale dell’Impero, il suo Palazzo è il luogo più potente e lussuoso del mondo!»
Amasis aveva sentito parlare solo vagamente del Sovrano Minosse e delle meraviglie del palazzo di Cnosso, come di una realtà lontanissima e inaccessibile. Quando realizzò che il giorno dopo si sarebbe recato proprio in quel luogo, ebbe un sussulto di gioia. Nello stesso tempo però gli dispiaceva lasciare i luoghi dove era cresciuto e che gli erano familiari. E poi si chiedeva cosa volesse da lui il nobile Catreus. Perché l’aveva scelto? Non poteva saperlo, ma a dodici anni, il piccolo Amasis aveva già imparato che ogni cosa ha un prezzo, e nessuno fa niente per niente.
Il Trono del Toro. Prologo
Dal papiro di Amasis (databile circa 1250 a.C.) :
« Gli Antichi Dei hanno voluto che io, Amasis, terminassi la mia esistenza là dov’era iniziata, in un misero villaggio di pescatori nel delta del Nilo, e i guadagnassi da vivere come istitutore e scriba, nella vecchiaia, dopo aver conosciuto, da giovane e nella maturità, la massima potenza e la massima gloria, lontano da qui, a Creta, negli anni ormai lontani in cui quell’isola dominava i mari e le coste.
Molti favoleggiano di quel tempo, ma con poco discernimento: non dicono il vero, perché non possono conoscerlo, come tutti coloro che hanno la pretesa di scrivere la storia.
Ma io, io ero là, nel Palazzo di Cnosso, negli anni gloriosi del potente Impero marittimo di Creta, e assistetti di persona a quegli eventi che ora sono già divenuti leggenda e conobbi i personaggi che adesso sono entrati nel mito.
E nessun altro oramai, tra coloro che erano con me a quei tempi, è ancora in vita, perché tante sono state le disgrazie che hanno funestato quel luogo, quasi che dovesse pagare agli Dei il prezzo della propria stessa grandezza.
Mai avrei immaginato che sarei stato proprio io l’unico a sopravvivere e a poter testimoniare correttamente come l’Impero di Creta cadde, all’apice della sua potenza, io, che giunsi in quell’isola come schiavo, ed ebbi poi la buona sorte di essere istruito, e di salire ai supremi ranghi del potere e alle più intime vicende della dinastia reale, e alle lotte che si scatenarono dopo la morte di Minosse XIV il Grande, per il possesso del Trono del Toro.
Ma fu veramente fortuna la mia? Salire in alto per poi rovinare insieme a loro, rimanendo solo, privato dei miei affetti. Gli Antichi Dei sanno quanto ho amato quella terra e quella gente, e che sacrifici ho compiuto per loro. Ho avuto i miei momenti felici, ma come dice il proverbio, la felicità passata non è più felicità, ma il dolore passato è ancora dolore.
Mi chiedo se c'è fortuna nella sopravvivenza.
A volte vorrei la Grande Madre mi avesse sollevato dal peso dei ricordi e dal dolore di una vecchiaia miserevole e inutile.
La morte non è niente: è la vita che fa paura.
Eppure mai ho ritenuto onorevole sollevare me stesso dal peso di questa vita, uccidendomi, ora mi ritrovo qui, solo, davanti a un papiro ancora non scritto, con i fantasmi di un passato che chiede di essere raccontato, io mi impegno ora a narrare il più fedelmente possibile la storia del Trono del Toro, dall’apogeo alla caduta.
Questo sarà l’estremo sacrificio che io renderò a chi mi fece grande, ossia la testimonianza verace di quegli eventi enormi e terribili che condussero un così florido regno alla rovina.
Lascerò a queste carte le mie memorie, affinché un giorno qualcuno, trovandole e leggendole, possa di nuovo far rivivere questa storia che gli aedi hanno così stravolto, allontanandosi dal vero.
Ma nessuno mai dica che fu per Amasis un privilegio poter essere l’estremo sopravvissuto di questa vicenda. No: la vera fortuna sta nell’essere richiamati dagli Dei prima del tracollo. La morte in quel caso è leggera come una piuma, mentre non c’è destino più terribile della sopravvivenza a tutto ciò che si ha avuto di più caro.
Ed io ho avuto e perduto tutto ciò che si poteva avere e perdere, nella vita>>
giovedì 30 giugno 2016
Gli Iniziati di Estgoth. Capitolo 54. Vlad e Joelle entrano a Gothian
Dopo essersi congedati da Jennifer, il Principe Vlad Dracu e lady Joelle Burke-Roche si prepararono ad attraversare il Varco di Estgoth, quello che conduceva a Gothian.
Il Varco consisteva in un arco senza porte, ma con una luce di un azzurro freddo come il ghiaccio.
Vlad si rivolse a Joelle:
<<Prima di procedere c'è un'ultima cosa che devi sapere. I Vampiri di Gothian non sono tutti degli ex-umani. La condizione del Non-Morto si estende anche alle specie aliene.
Molti dei Vampiri di Gothian erano degli Alfar, prima della trasformazione.
Altri invece sono venuti dalla Terra. Ma anche questi non sono tutti una progenie della famiglia Dracu. La mia famiglia è potente ed io sono considerato il Principe dei Vampiri terrestri, ma non sono stato il primo. I primi Vampiri terrestri discendono dai Rettiliani.
Ti sembrerà strano, ma durante gli anni della mia vita mortale io non credevo nei Vampiri così come non credevo nella magia. Mi facevo beffe di tutto questo, considerandola una sciocca superstizione.
Un giorno ti racconterò la storia sul come sono diventato quello che sono. Per adesso ti basti sapere che, quando fui in punto di morte, in seguito al tradimento di alcuni falsi alleati, fu il Signore Gothar in persona a conferirmi il dono della Non-Morte. In cambio mi affidò la missione di creare una legione di Vampiri in grado di dominare l'umanità.
Ci sono arrivato vicino molte volte: ogni volta che un'Oligarchia parassitaria prendeva il potere, a governarla erano i Vampiri. Ma tutte le volte qualcosa si è messo nel mezzo e i miei piani sono falliti. Ogni volta ho dovuto ricominciare da capo.
Roman Waldemar ha capito tutto questo: ha capito che l'Oligarchia tecnocratica, burocratica e finanziaria che governa l'Unione Europea e gli Stati Uniti è guidata dai Vampiri, così come anche la Massoneria.
Sono tutti miei discendenti. E' storicamente provato. Elisabetta II Windsor è una mia discendente, così come lo sono Hillary Clinton e Angela Merkel.
Waldemar ha capito anche anche l'Islam radicale è guidato dai Vampiri.
Da anni combatte una lotta solitaria contro l'Oligarchia e contro l'Islamismo fondamentalista.
Ha ostacolato in tutti i modi i nostri piani. Sa troppe cose e sta incominciando ad avere troppi seguaci.
Per questo Waldemar deve morire!
Questa è la mia ultima possibilità, e gran parte del successo di questa missione dipende da te>>
Joelle annuì:
<<Comprendo la responsabilità che grava sulle mie spalle e prometto di consacrare tutta me stessa ai fini del successo di questa missione>>
Vlad allora le prese la mano e la condusse con sé verso il Varco.
Prima di attraversarlo, rivolse un'invocazione al suo divino protettore:
<<O Signore Gothar, so di averti deluso più volte. Ho fallito con Virginia e con Jessica, attirandomi così la tua giusta punizione.
Guardami o Signore, e fissa lo sguardo, perché sto diventando spregevole agli occhi di chi mi contempla>>
La sua voce era piena di vergogna per i suoi fallimenti e le sue parole erano un modo per fare ammenda..
Per questo volle ripeterle:
<<Guardami o Signore e fissa lo sguardo, perché sto diventando spregevole agli occhi di chi mi contempla>>
A quel punto si udì un suono nelle tenebre, un canto che parlava di infinita solitudine e di eterne paure.
Il Varco si aprì. Il Signore Gothar aveva perdonato il suo servo e gli aveva offerto una seconda possibilità.
Si rivolse a Joelle:
<<Andiamo. E' giunto il momento>>
Entrarono, e si ritrovano all'interno di un edificio immenso, di architettura gotica, bellissima, ma cupa e fredda.
Da vero gentiluomo Vlad offrì il suo mantello a Joelle:
<<I Conti di Gothian ti forniranno tutti i vestiti adatti>>
Ma Joelle non pareva preoccupata dal freddo:
<<Eccoci nel luogo che terrorizza tutte le sacerdotesse di Atar, compresa mia sorella Jennifer e mia zia Isabel>>
Vlad sorrise:
<<L'importante è che piaccia a te, e dall'espressione del tuo viso direi che ne sei affascinata>>
Joelle annuì, guardandosi intorno con meraviglia:
<<E' una costruzione imponente e maestosa, degna di un re>>
Camminarono lungo l'altissima volta ghiacciata, e poi attraverso camminamenti esterni, che permettevano di osservare la grandiosità di quell'altissima costruzione, che nel contempo affondava le sue radici fino al cuore della terra.
Joelle lesse un'iscrizione su una porta:
<< "Io presi un pugno di sabbia e glielo mostrai, scioccamente chiedendo tanti anni di vita quanti granelli di sabbia. Mi scordai di chiedere che fossero anni di giovinezza"
Piuttosto sprovveduto, non trovi?>>
<<La tua ironia è atroce>>
<<L'ironia, Vlad, mi serve per sopravvivere e le cose che dobbiamo fare per sopravvivere spesso sono atroci e imperdonabili>>
<<Questo è vero. Ma devi imparare a frenare la lingua. Qui anche le ombre hanno orecchi>>
<<Le ombre non sono nostre alleate?>>
<<A volte sei più ingenua di una bambina. Le ombre sono alleate della luce, poiché non c'è ombra senza luce. E sono alleate del fuoco, perché è la fiamma più vivida a proiettare le ombre più oscure. Amano Atar e Belenos, e odiano Eclion e Gothar>>
Non c'era nessuno ad aspettarli, me sentivano di essere osservati, di essere spiati.
Mentre camminavano attraverso scale, atrii, corridoi a volta e saloni, Vlad parlò a Joelle con una sincerità che mai aveva mostrato con qualcuno in tutta la sua lunghissima esistenza:<<L'ironia, Vlad, mi serve per sopravvivere e le cose che dobbiamo fare per sopravvivere spesso sono atroci e imperdonabili>>
<<Questo è vero. Ma devi imparare a frenare la lingua. Qui anche le ombre hanno orecchi>>
<<Le ombre non sono nostre alleate?>>
<<A volte sei più ingenua di una bambina. Le ombre sono alleate della luce, poiché non c'è ombra senza luce. E sono alleate del fuoco, perché è la fiamma più vivida a proiettare le ombre più oscure. Amano Atar e Belenos, e odiano Eclion e Gothar>>
Non c'era nessuno ad aspettarli, me sentivano di essere osservati, di essere spiati.
<<Joelle, è necessario, prima di incontrare la famiglia dei Conti di Gothian, che tu sappia tutta la verità.
Spero che mi concederai di essere poetico nell'esprimertela, poiché le verità più amare possono comunque essere addolcite con il miele della bellezza.
Ti ricordi la prima volta che ci siamo incontrati ad Estgoth?
Tu mi guardavi intensamente e ti chiedevi chi fosse l'uomo che avevi davanti.
Gli occhi tuoi pieni e puliti e incantati non sapevano, non sanno e non sapranno, non hanno idea delle malefatte che il potere deve commettere per assicurare la propria sopravvivenza in nome di un bene superiore.
La mostruosa, inconfessabile contraddizione: perpetuare il male per garantire il bene.
La contraddizione mostruosa che fa di me un individuo cinico e indecifrabile anche per te:
gli occhi tuoi pieni e puliti e incantati non sanno la responsabilità che per secoli è gravata sulle mie spalle.
La responsabilità diretta o indiretta per tutte le stragi avvenute per garantire la sopravvivenza del mio popolo.
Waldemar questo lo sa, ma non lo sapeva ancora quando incontrò Virginia.
Certe cose Waldemar non solo non le sapeva, all'epoca, ma non poteva nemmeno immaginare che esistessero
Tutti a pensare che la verità sia una cosa giusta, e invece è la fine del mondo, e noi non possiamo consentire la fine del mondo in nome di una cosa giusta.
Abbiamo un mandato, noi. Un mandato celeste. Bisogna amare così tanto il Signore Gothar per capire quanto sia necessario il male per avere il bene>>
Joelle poteva capire, ma aveva qualcosa da obiettare:
<<Un'azione buona non cancella quella cattiva, e viceversa>>
<<Lo so>> disse Vlad <<ma quando si parla di politica, bisogna ragionare come Machiavelli. Ci furono momenti in cui noi Vampiri Rettiliani non eravamo al governo e dovevamo difenderci>>
<<Lo so>> disse Vlad <<ma quando si parla di politica, bisogna ragionare come Machiavelli. Ci furono momenti in cui noi Vampiri Rettiliani non eravamo al governo e dovevamo difenderci>>
Joelle lo guardò con un lampo di ironia:
<<Non eravate al governo, ma eravate al potere nella finanza, nelle banche, nella Massoneria, nella burocrazia, nella magistratura, nell'università, nella stampa, nei salotti buoni, nell'aristocrazia parassitaria. Avete succhiato metaforicamente il sangue di una civiltà intera>>
Vlad le rivolse uno sguardo ammonitore:
<<Questo è un discorso che è meglio tacere. Dimmi piuttosto, perché alla fine gli uomini hanno spesso preferito dei volgari demagoghi populisti?>>
Joelle scrollò le spalle:
<<Il volgo ama i suoi simili, o almeno chi si finge tale>>
Vlad rise:
<<Ma certo! Uno sciocco è sempre molto amato dagli sciocchi!>>
Joelle rise a sua volta:
<<Mi chiedo come siete riusciti a sconfiggerli e a far trionfare l'oligarchia globalista ovunque. I populisti in fondo hanno vinto battaglie molto importanti>>
Vlad si fece serio:
<<C'è una lezione che tu devi imparare. Vedi, mia cara, si possono vincere anche tutte le battaglie e perdere la guerra>>
Joelle era incuriosita:
<<Com'è possibile?>>
Vlad si concesse un'aria da stratega:
<<Chi conquista il potere viene anche conquistato dal potere. Ci prende gusto. Incomincia a capire la mentalità degli oligarchi e persino ad apprezzarla. Alla fine tende ad assomigliare sempre più alla parte peggiore dei suoi ex nemici. A volte può anche succedere che il populista vincitore sia ricattato dai servizi segreti degli oligarchi, e diventi una marionetta nelle loro mani.
In ognuno di questi casi, il vincitore diserta e tradisce, passando dalla parte opposta.
Ma bisogna essere molto abili nel mantenere segrete queste trame.
Chi non vuol far sapere una cosa, in fondo non deve confessarla neanche a se stesso, perché non bisogna mai lasciare tracce>>
Joelle annuì:
<<Non mi faccio troppi scrupoli morali. Io non ho mai creduto che si possa distinguere l'umanità in due categorie, angeli e diavoli, siamo quasi tutti dei medi peccatori>>
Vlad la fissò seriamente:
<<Lo so! Ma ora devi essere ancora più forte! I Conti di Gothian ti riceveranno molto presto e d'ora in avanti le tue visioni saranno più frequenti, e spaventose>>
Joelle scrollò le spalle:
<<Io non ho paura. Sono sogni: non c'è niente da temere, nei sogni>>
<<E invece sì> ribatté Vlad
<<Che cosa?>> chiese Joelle
Vlad le rivolse uno sguardo carico di mistero:
<<Il Passato. Il Futuro. La Verità>>
mercoledì 29 giugno 2016
Il vero nome di Jon Snow è Jaehaerys III Targaryen, il Principe Promesso
Sta già circolando in rete una nuova teoria, riguardante le parole sussurrate nell'orecchio da Lyanna Stark a suo fratello Ned, prima di fargli promettere che alleverà il bambino come se fosse suo.
Tutte le analisi concordano su un punto: Lyanna ha detto: "E' il figlio di Rhaegar", poi ha aggiunto qualcosa, molto velocemente, ma ci sono alcuni telespettatori che giurano di aver letto i labiale e che le altre parole di Lyanna sarebbero state: "Si chiama Jaehaerys".
Secondo reddit.com, il vero nome di Jon Snow, sarebbe Jaehaerys Targaryen, terzo del nome. Un fan della serie si è impegnato davvero tanto per decifrare il misterioso messaggio e a quanto pare ci è riuscito.
“Ho guardato la scena della Torre della Gioia una cinquantina di volte almeno, coi sottotitoli e senza. Lyanna inizia a sussurrare dicendo ‘Il suo nome è’ e ciò che segue sembra essere un nome con tre sillabe che inizia con la J. Sono abbastanza certo che dica Jaehaerys e il nome non è incluso nei sottotitoli apposta"
Jaehaerys III Targaryen è un nome plausibile per tre ragioni:
1) Jaehaerys I Targaryen il Conciliatore è stato il sovrano più saggio, più amato e che ha regnato più a lungo, mettendo fine ad un periodo di guerre e di instabilità... insomma sembra proprio il destino di Jon, che Rhaegar aveva auspicato.
2) Jaehaerys II Targaryen era il nonno di Rhaegar e fu l'ultimo buon sovrano prima che la corona finisse sulla testa di Aerys II il Folle.
Inoltre Jaeherys II è il Re a cui venne fatta la profezia sulla venuta di un grande Principe, il "Principe Promesso" che viene menzionato nella visione di Daenerys presso la casa degli Eterni.
La profezia costrinse Aerys e Rhaella a sposarsi perché secondo Maestro Aemon il Principe doveva nascere da loro due. Rhaegar era a conoscenza dell’esistenza della profezia ed inizialmente pensava di essere lui il Principe promesso.
L'incendio di Sala dell'Estate, luogo di nascita di Rhaegar, in cui perì Aegon V, fu però un segnale negativo. Nella corrispondenza con Maestro Aemon, Rhaegar manifestò che la profezia si riferiva uno dei suoi figli. Ma poiché Elia Martell – sua moglie – non poteva più avere figli e Rhaegar sapeva che i figli dovevano essere tre, come le tre teste del drago sulla bandiera dei Targaryen, si convinse che forse il Principe Promesso poteva essere proprio il figlio frutto della sua relazione con Lyanna Stark.
3) L'iniziale del nome è J e questo potrebbe aver spinto Ned Stark a chiamare Jon il bambino, prendendo così due piccioni con una fava, ossia un omaggio a Jon Arryn, mentore di Ned, e una fedeltà verso il vero nome, Jaehaerys, di cui Jon risulterebbe quasi una sorta di diminutivo.
Per quanto riguarda il cognome, in teoria dovrebbe essere Waters, in quanto era quello dei figli bastardi dei Targaryen, ma possiamo ipotizzare che, qualora Jon dovesse apprendere la verità sui suoi genitori, potrebbe ottenere, per decreto reale, la legittimazione e quindi il cognome del suo vero padre, Rhaegar Targaryen. Potrebbe essere la stessa Daenerys, in quanto sua zia e capo legittimo della Casa Targaryen, a offrire a Jon questa opportunità. Ma potrebbe anche succedere che Jon preferisca il cognome della madre.
Staremo a vedere... in ogni caso, mai come adesso vale la frase: "You know nothing Jon Snow", dal momento che il Re del Nord ancora non sa nulla dei suoi veri genitori e del suo vero nome e cognome.
Voi cosa ne pensate?
Ecco come Jon e Daenerys sono imparentati (lei è sua zia, anche se ha la stessa età, essendo nata quando i suoi genitori erano già avanti con gli anni)
Il Drago ha tre teste: la nuova teoria A+J =T (Aerys + Joanna = Tyrion) e le prove che la supportano
Ora che la teoria R+L=J è stata finalmente, e senza ombra di dubbio, confermata e dunque sappiamo che i Targaryen in gioco adesso sono due, Daenerys e Jon (figlio di Rhaegar Targaryen e Lyanna Stark) resta da individuare la "terza testa del drago".
I draghi sono tre, e tre dovranno essere i loro cavalieri, e dovranno essere dei Targaryen.
Chi sarà dunque il terzo personaggio ad avere sangue Targaryen nelle vene?
La teoria A+J=T ci offre una risposta plausibile.
La madre di Tyrion, Joanna Lannister, era una Lannister per nascita, in quanto cugina di lord Tywin, e dunque il fatto che Tyrion sia anche un Lannister non è messo in discussione.
Ma è un Lannister anomalo, e non solo la sua bassa statura e la sua altissima intelligenza, ma anche perché è stato sempre interessato ai draghi e alla loro storia,
La sua perfetta intesa con i draghi a Meeren e poi con la stessa Daenerys, sembra confermarlo.
Come è possibile che Aerys II Targaryen abbia avuto un rapporto con la moglie del suo primo cavaliere, Tywin Lannister?
Leggendo i romanzi di Martin, così come i saggi di approfondimento, apprendiamo che Aerys II era estremamente invidioso di lord Tywin ed era sempre pronto a fare qualsiasi cosa per umiliarlo, come per esempio prendere Jaime nella Guardia Reale, privando Castel Granito di un erede che potesse sposarsi e generare figli (certo per Aerys II fu una pessima scelta, dal momento che sarà lo stesso Jaime, lo Sterminatore di Re, ad ucciderlo).
In vari punti viene adombrata l'ipotesi che il Re Folle abbia violentato Joanna Lannister, e questa sembra essere la spiegazione per cui Joanna torna a Castel Granito (dove morirà proprio nove mesi dopo, mettendo alla luce Tyrion).
Successivamente lord Tywin si dimetterà dalla carica di Primo Cavaliere e molti anni dopo non si farà scrupolo a sterminare quasi tutti i Targaryen che erano rimasti nella capitale.
Prima di morire, ucciso da Tyrion, lord Tywin gli dice: "Tu non sei mio figlio".
Non è solo un modo per rinnegare un figlio che non era mai stato accettato come tale.
Forse Tywin voleva dire esattamente quello che aveva detto.
Ma c'è una terza prova, che forse potremmo considerare la Prova Regina.
La nascita di Daenerys, Jon e Tyrion ha provocato la morte delle loro madri: Rhaella, Lyanna e Joanna.
Sappiamo che Rhaella Targaryen aveva avuto già numerosi aborti e parti travagliati.
Cosa ci dice questo?
Ci dice che i figli di un Targaryen hanno una sorta di fuoco interiore che finisce per divorare le loro madri e a volte a anche il feto stesso.
Come potrebbe venire alla luce questa verità? E' ovvio: sarà Bran a scoprirlo mediante una delle sue visioni. Bran ormai è il Corvo con Tre Occhi, e il suo terzo occhio è quello che lo rende un Veggente.
Il ruolo di Bran Stark sarà quindi anche quello di scoprire tutta la verità e di decidere se rivelarla.
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