lunedì 25 ottobre 2021

Vite quasi parallele. Capitolo 165. La memorabile Prolusione del Rettore.

 


La lezione introduttiva dell'insegnamento di Istituzioni di Economia politica fu tenuta dal Rettore in persona, professor Mario Monti.
Già allora, nel '94, Monti poteva vantare un curriculum vitae straordinario, il che aveva generato nelle matricole bocconiane aspettative elevatissime, specialmente da parte di Roberto Monterovere, non foss'altro che per l'assonanza e consonanza dei loro cognomi.
Quella lezione era destinata a rimanere un "unicum", (un po' come la famosa Prolusione del Foscolo all'Università di Pavia), perché poco dopo Monti fu designato Commissario europeo dal primo Governo Berlusconi, insieme ad Emma Bonino, un'altra bocconiana "di lunga pezza", laureatasi nella notte dei tempi, quando "in Bocconi" c'erano ancora i corsi autonomi in lingue straniere.
Eppure quella sorta di Prolusione bastò per far capire a Roberto com'era, come docente, colui che era destinato a diventare, anni dopo, Senatore a vita e Presidente del Consiglio. 

I lettori che hanno seguito le vicende politiche dell'ultimo decennio, ricorderanno un Monti un po' soporifero, tecnicistico e gesticolante, (chi ha degli immobili lo ricorderà anche come la massima iattura della propria vita), ma il Monti che racconteremo qui, sulla base dei ricordi di Roberto, era più maldestro e incerto, come oratore, di ciò che in seguito è diventato.

Il giovane Monterovere ci disse che, in quella memorabile lezione, chi riuscì a non addormentarsi, ebbe il privilegio di apprezzare alcune doti del Professore, tra cui, per esempio l'involontaria comicità, caratteristica peraltro molto diffusa tra i docenti di ogni ordine e grado.

Ecco dunque la cronaca di quell'indimenticabile Prolusione.
Come ogni grande star, si fece attendere un po': "in Bocconi" il quarto d'ora accademico non esiste e se l'orario dice 8.30, devono essere le 8.30.

Monti entrò in aula alle 9, con aria spaesata, i capelli dritti, un sorriso incerto e la giacca tutta spiegazzata. Non era accompagnato da nessuno, il che diede adito ai dubbi: era davvero Monti?
Perché se quello era il Rettore, e se il buon giorno si vede dal mattino, le cose si mettevano male.
Dopo essersi guardato intorno con espressione sbalordita, come se non avesse mai visto un'aula universitaria in vita sua, il Professore incominciò a parlare a bassa voce e senza il microfono, con lo sguardo rivolto al pavimento.
Ora, questa tecnica, avrebbe forse potuto funzionare se lui si fosse chiamato Luigi Guerra e avesse avuto davanti quattro tremebondi novellini del Tfa, ma non aveva alcuna speranza di fronte a 300 neo-bocconiani assetati di sangue.

Naturalmente, dopo pochi secondi da quell'esordio surreale, si incominciarono a udire i primi: "Voce!" dalla piccionaia.
A quel punto Monti tornò a guardarsi intorno, disorientato, a bocca semiaperta, ma sempre con quel sorriso strambo e l'aria di chi sembra essere capitato lì per caso.

Alla fine, preso in mano il microfono, ricominciò a parlare, ma ancora una volta non si sentiva niente, perché si era dimenticato di accenderlo.
E quindi, dalla piccionaia, fioccarono i "Voce! Voce!".

Lui allora rimase spiazzato, confuso, si tolse gli occhiali, strabuzzò gli occhi e poi li richiuse riducendoli a due piccole fessure, si mise una mano perpendicolare alla fronte, come per proteggersi dal sole, e guardò in alto, sempre a bocca semiaperta e sempre con quel sorriso assurdo stampato sul volto.







Dopo alcuni momenti di terrificante imbarazzo, giunse il provvidenziale aiuto di qualche anima pia del primo banco, e finalmente il Professore riuscì ad accendere il microfono ed esordì:
<<Sì... no... allora... per l'esattezza, buongiorno!>>.
Seguì un "buongiorno" scettico da parte dell'aula e qualche interminabile istante di esitazione da parte dell'Oratore.
<<No, è che io... io ero venuto qui pensando di fare un discorso di un certo tipo, per l'esattezza, però adesso mi rendo conto che non... che non... uhm... che non ... no, cioè, sì... insomma, ora vorrei fare un discorso completamente diverso>>
Roberto non capì mai se quell'incipit raffazzonato contenesse un'involontaria gaffe, oppure fosse un deliberato insulto all'uditorio.
<<Vorrei incominciare con un un aneddoto che mi è occorso alcuni anni or sono... forse cinque, no, sei... no no cinque anni, per l'esattezza...
Ero in macchina con mia moglie, in vacanza in Maremma, e a un certo punto ho sbagliato strada e ci siamo persi>>
Chissà perché, il fatto che avesse sbagliato strada fu la prima cosa convincente del suo discorso.





<<Eh, sì! Eh sì, può succedere anche ai migliori. E a quel punto ci siamo ritrovati in questa mulattiera in mezzo al nulla... e allora?>>
E tutti rimasero in trepida attesa. Lui si grattò i capelli e proseguì:
<<E allora niente... abbiamo aspettato che passasse qualcuno per capire dove eravamo. Non c'era ancora il cellulare e quello era un luogo disabitato. Per l'esattezza.
Alla fine arrivò in bicicletta una signora anziana a cui chiesi dove mi trovavo e come potevo tornare sulla strada principale e lei me lo disse>>
Silenzio.
<<Avete capito la metafora?>>
Silenzio imbarazzato.
<<Eppure è chiarissimo. Voi siete me ed io sono la signora anziana in bicicletta. Per l'esattezza>>
Silenzio assoluto e ancora più imbarazzato.
<<Cioè, io posso darvi le informazioni giuste, e voi ne avete bisogno, dico bene?>>
Silenzio sepolcrale.
<<Ma, scusate, mi sorge il dubbio, voi sapete chi sono io? 
Sì? Sì, no, sì perché io... io lo chiedo perché vi vedo un po' assenti, per l'esattezza, ma devo ammettere che ha ragione il professor De Maddalena, il grande storico dell'economia, che era venuto l'anno scorso per tenere una Lectio Magistralis sul tema dell'allevamento dei bachi da seta nel Mantovano tra il 1550 e il 1615.
E insomma, per farla corta, a metà della lezione è fuggito via in lacrime...>>




Roberto notò che anche Monti sembrava sull'orlo di una crisi di pianto.
<<Aldo De Maddalena è uno dei più grandi storici dell'economia italiana, per l'esattezza, e ha insegnato in Bocconi per decenni, ma poi si è ritirato perché non si sentiva più in sintonia con gli studenti>>
Monti stava davvero per scoppiare in lacrime, per cui, mosso a pietà, Roberto chiese:
<<Professore, ci potrebbe dare consigli e indicazioni su come avvicinarci allo studio delle discipline economiche?>>
Il Rettore si aggrappò a quella domanda come un naufrago a un salvagente:
<<La ringrazio per questa domanda. Parto dalla mia materia, per l'esattezza, l'Economia Politica e per farvi capire meglio cos'è, vorrei raccontarvi una famosa barzelletta che circola in Bocconi dai tempi in cui ero studente.
Allora, un fisico, un chimico e un economista si ritrovano su un'isola deserta senza alcun attrezzo e con una lattina di cibo in scatola. Il fisico e il chimico s'impegnano ciascuno a ideare un ingegnoso meccanismo per ottenere l'apertura della lattina; l'economista si limita a dire "Supponiamo di avere un apriscatole"...>>




Mormorio in aula, qualche timido sorriso di circostanza, alcuni studenti uscirono dall'aula e si narra che non siano tornati mai più in Bocconi.
Circolò per anni la leggenda metropolitana secondo cui alcuni tra gli studenti che uscirono si sarebbero gettati nella Darsena presso i Propilei di Porta Ticinese, oppure, secondo altre versioni, nei liquami della Roggia Vettabbia, senza annegare, ma contraendo gravi forme di salmonellosi, leptospirosi, toxoplasmosi, escherichia coli e addirittura il colera.
Il Professore era compiaciuto per essere riuscito a raccontare la barzelletta sugli economisti e l'apriscatole:
<<Ammetto che il mio collega e amico, il professor Padoa-Schioppa, la sa raccontare meglio di me, ma questa volta mi è venuta bene perché ci siamo visti da poco, con Tommaso... e quindi... quindi...
Ma, scusate, ho perso il filo... cosa stavo dicendo? 
Di cosa stavo parlando, per l'esattezza?
Ah, sì, il senso della barzelletta è chiaro. C'è sempre il rischio di formulare ipotesi troppo ottimistiche e compiacenti, tali da far dire al modello quello che noi vorremmo che dicesse in base alle nostre convinzioni o speranze.
Queste osservazioni ci mostrano tutti i limiti delle scienze economiche, ammesso che si possa legittimamente usare il termine "scienza">>
Altri studenti uscirono per andare a gettarsi nel Naviglio Pavese o nel Lambro inferiore.
Monti, che invece era finalmente riuscito a carburare, procedette spedito:
<<E' inutile nascondersi dietro a un dito, purtroppo la capacità predittiva degli attuali modelli economici è molto limitata, per non dire quasi inesistente.
Del resto, se avesse anche solo una minima capacità predittiva gli economisti diventerebbero tutti ricchissimi giocando in Borsa. Per l'esattezza.
E a proposito di questo mi viene in mente un altro gustoso aneddoto...>>
Una ventina di bocconiani pentiti uscì dall'aula e non si seppe più nulla di loro.





<<...pensate che Irving Fisher, grandissimo economista, perse tutto il suo patrimonio scommettendo in un imminente rialzo borsistico pochi giorni prima del 29 ottobre 1929, il famigerato martedì nero, quando Wall Street perse il 17% provocando l'inizio della Grande Depressione. Per l'esattezza.
E Fisher morì in miseria, anche perché aveva perso credibilità come economista, e non lo chiamarono più per tenere conferenze come quella che io sto tenendo a voi. 
L'economia politica è piena di storie simili>>
Gelo siberiano tra i pochi superstiti in aula.
Uno studente coraggioso si alzò e chiese:
<<Ma allora perché si studia l'Economia Politica?>>
Monti inarcò le sopracciglia cespugliose e ribelli come la sua chioma grigia:
<<Già, perché? Io... io non... non... cioè io...  sì, no, la si studia perché... perché...
Ma io credo che la si studi per la stessa ragione per cui si studia la filosofia, o le scienze umane... per l'esattezza la sociologia e le altre scienze sociali: per farsi una cultura, affinare la mente e financo porre un freno agli "animal spirits" che governano il comportamento umano e dunque l'economia la società, la politica e il mondo intero.
Sì, no... detto così non sembra una gran motivazione, me ne rendo conto... ma adesso vi spiego... cioè... c'è un'altra ragione, anzi due... primo noi economisti confidiamo che, col tempo, si possano migliorare i modelli, la loro capacità predittiva e il loro statuto scientifico.
Cioè, per essere, come dire... ehm... esaustivi... bel termine, sì, bel termine... è una parola che mi piace e che uso spesso... ma cosa stavo dicendo?
Un attimo che devo fare mente locale... 
Sì... ecco... diciamo... diciamo che... insomma, c'è una seconda ragione, per l'esattezza, quella utile e importante, detto francamente, secondo cui, a volte, anzi quasi sempre, i modelli economici sono usati per sostenere e giustificare determinate scelte politiche che erano già state prese.
Non sto legittimando questo uso, lungi da me, però sono esaustivo, molto esaustivo e quindi... e quindi... be', lo capite anche voi... prima si sceglie cosa dimostrare e poi...e poi... e poi niente, si formulano le ipotesi in modo che alla fine il teorema non possa che dare l'esito che il committente richiedeva.
Lo ripeto, non sto avallando questa pratica, non fatemi dire cose che non voglio dire, ma se poi... se poi... se poi mi chiedete che tipo di mestiere possa essere quello di un economista applicato, non posso eludere la risposta, per l'esattezza.
Se si è assunti da qualcuno, è chiaro che bisogna essere in sintonia con le esigenze di questo qualcuno, mi spiego?>>





Roberto temeva di avere capito, ma sperava di sbagliarsi.
Tra tutte quelle circonlocuzioni senza fine e quei balbettii senza senso, una cosa incominciava ad essergli chiara: i modelli economici, di per sé, erano del tutto inutili, ma se li si manipolava in modo da far dire loro ciò che il proprio datore di lavoro voleva sentirsi dire, potevano diventare molto redditizi.
In quel momento Roberto intuì che l'economista di successo è paragonabile a una "escort di lusso" che i politici e i dirigenti si portano dietro per fare bella figura.
Monti non poteva dirlo apertamente, ma stava cercando, a modo suo, di farlo capire a quegli studenti che ai suoi occhi apparivano come un branco di idioti la cui sola vista gli provocava disgusto, ma che sarebbero diventati, un giorno, bravi soldatini ubbidienti e leali cani da guardia del capitale teutonico.
Era così tutti gli anni, ma per Monti quello, grazie al cielo, era l'ultimo come professore: d'ora in avanti sarebbe incominciata la parte divertente della sua carriera:
<<Fare l'economista applicato è un lavoro redditizio e alla lunga persino divertente, se entrate nello spirito della materia e nei salotti giusti.
Immaginate di dividervi in squadre, da una parte i Chicago Boys di Milton Friedman e dall'altra il Circolo Bloomsbury di John Maynard Keynes.




Non importa quale scegliete, l'uno vale l'altro, perché sono due casi estremi dello stesso modello matematico. E infatti, nelle cosiddette "serie storiche", la pendola oscilla sempre tra quelle due scuole, a seconda del momento storico e anche della, come dire... dell'opportunità politica, per l'esattezza... non c'è niente di male in queste considerazioni.
E non vi sto dicendo niente di nuovo: vi basti sapere che, per una regola non scritta, ma sempre applicata, il premio Nobel per l'Economia viene assegnato un anno ai keynesiani e l'anno dopo ai monetaristi friedmaniani che sostengono l'esatto opposto.
Gli epistemologi infatti ritengono che questa sia la prova che l'economia non è una scienza, ma una pseudoscienza, un po' come l'astrologia. Per l'esattezza.
Ma non deprimetevi! Ho voluto provocarvi per svegliarvi dal torpore, visto che mi sembravate un po' apatici, nevvero?>>

I 150 bocconiani sopravvissuti, incominciarono a capire l'antifona: sarebbero diventati venditori di fumo, ad altissimo livello.
Roberto si voltò istintivamente verso Aurora, per cercare il suo conforto:
<<Hai sentito, Auri? "Una pseudoscienza, un po' come l'astrologia". Davvero esaltante!>>
Aurora fece spallucce:
<<Era solo una battuta. Doveva cercare di rimediare alle figuracce iniziali e ha tirato fuori questo coniglio dal cilindro>>
Ma Roberto non si dava pace:
<<E' un pessimo prestigiatore, per non parlare della sua oratoria>>
Aurora fece un smorfia come per dire "chissenefrega" e poi rispose:
<<Be', almeno è stato sincero. E comunque ha anche detto che è un lavoro ben remunerato, divertente ed è sottinteso che, se davvero fai dire ai modelli quello che i politici vogliono sentirsi dire, ti fa far carriera ed entrare nell'Elite. Non è quello che vogliamo, in fondo?
Insomma, Robs, non ci si iscrive alla Bocconi per motivi ideali: lo studente bocconiano studia per far carriera, per far soldi, per diventare un dirigente o un consulente ad altissimo livello, e magari poi anche un politico-tecnico come Dini, il ministro del Tesoro, oppure Ciampi...>>
Qui Roberto intervenne:
<<Ciampi è laureato in Lettere, "per l'esattezza"...>>
Aurora rise e per un attimo sfiorò il parossismo, che sarebbe potuto diventare contagioso, vista la situazione ridicola in cui si trovavano.
Poi un pensiero la sfiorò:
<<Chissà se Lorenzo conosce Monti? Non sembrano uguali? Cioè, oratoria a parte, mi sembra che gli assomigli molto, come se fossero gemelli. Sembrano uno il sosia dell'altro. 
In ogni caso Lorenzo stimerebbe Monti>>
Roberto scosse il capo:
<<Ti sbagli! Lorenzo è un umanista, crede in un Ideale superiore. Non voleva che io venissi a studiare qui, e incomincio a pensare che avesse ragione>>
Quel colloquio si era svolto in un momento in cui tutta la classe rumoreggiava.
Monti era ancora là, con la stessa espressione stravagante, ma leggermente rincuorato dal fatto di essere riuscito, in qualche modo, a rompere il ghiaccio.
Ma quella tregua era destinata a durare poco.
E infatti, un altro studente coraggioso alzò la mano e chiese:
<<Professore, come si potrebbe definire con precisione l'Economia?>>

Monti fece una smorfia, piegando la bocca all'ingiù, come a dire "E io che ne so?".






<<Ehm, ecco... è una domanda meno facile di quanto lei pensi... bisogna... bisogna... 
Sì, no, ecco... io partirei dal fatto che ci sono le Scienze Economiche...
Cioè, nel senso che sono un gruppo di discipline diverse, ma unite da... sì, no, da un... un... un... no, sì, un filo conduttore... no, però non rende l'idea.
Diciamo che le discipline economiche si occupano del giudizio di utilità, come diceva Croce... o era Bentham? No, no era Croce, anche se... si, no, per me lo dicevano tutti e due, per l'esattezza... perché vorrei fosse chiaro che per me l'esattezza e la precisione sono essenziali.
Croce parlava di quattro tipi di giudizio: vero/falso (logica), giusto/sbagliato (etica), bello/brutto (estetica) e utile/inutile (economia).
Avete visto? Ehm, ehm... i miei studi del Liceo tornano ancora utili, eh? 
Ehm, ehm... sì, no.
Bentham, che ho citato poc'anzi è venuto prima ed è il padre dell'Utilitarismo, per l'esattezza e lo studierete in Storia del pensiero economico, se sceglierete di specializzarvi in Economia Politica, come io vi auguro, anche dopo l'incoraggiamento che mi sono permesso di darvi stamane in questa direzione. Spero di avervi convinto.
Ma l'Economia in generale studia l'organizzazione ottimale delle risorse scarse.
Sì, per l'esattezza, le scienze economiche sono una branca delle scienze sociali, incentrate sullo studio dei beni e servizi volti a soddisfare i bisogni dell'individuo e delle istituzioni pubbliche e private nella società.
Però poi c'è una grande differenza tra l'Economia Politica e l'Economia Aziendale. 
Gli aziendalisti si occupano della gestione ottimale dell'azienda, e quindi devono avere una conoscenza perfetta della contabilità e del bilancio, il resto, spero che mi perdonerete se dico che a mio parere è aria fritta, ma guai se mi sentono quelli della SDA, la Scuola di Direzione Aziendale dove si consegue l'MBA, il Master of Business Administration.
Un discorso a parte merita la Finanza o Scienza delle Finanze, che si colloca a metà strada tra l'Economics (per le Finanze Pubbliche) e la Business Administration (per la Finanza Aziendale e gli Intermediari Finanziari) e studia la moneta, i titoli, i tassi di interesse, le tasse, i flussi di cassa di ogni ente, i prestiti e i debiti, e gli intermediari che si occupano di tutto questo: banche, borse, fondi di investimento, assicurazioni, broker, ma anche i ministeri, gli enti pubblici economici e quelli a partecipazione statale.
Chi si occupa di Finanza deve conoscere benissimo la contabilità e il bilancio (sia dei privati che degli enti pubblici), la tecnica bancaria, il diritto commerciale e quello tributario, la matematica finanziaria, la statistica, ma anche i modelli della microeconomia e della macroeconomia.
Il finanziere è quello che ha la maggiore probabilità di fare carriera ad altissimo livello internazionale>>
Era riuscito a fare un discorso compiuto senza incertezze, ma lo sforzo era stato titanico.
E così alla fine Monti crollò seduto sullo scranno dei docenti, un seggiolone che lo faceva apparire un bambino con qualche disturbo dell'apprendimento o deficit dell'attenzione.
In effetti si diceva che il Professore soffrisse di dislessia e discalculia, ma erano solo voci di corridoio.
A quel punto arrivò finalmente la Cavalleria, a sostegno del Rettore assediato.
Si trattava di una delegazione "di altissimo livello", come diceva lui.
C'era, il prof. Bruno Sitzia, che poteva vantare come curriculum tre ictus, un'embolia polmonare, e un manuale di Econometria totalmente incomprensibile, e poi il ricercatore confermato Lucchini, timidissimo, e qualche dottorando ancor più spaventato.
Il più presentabile del gruppo era l'inserviente, che chiese, troppo vicino al microfono:
<<Professore, desidera un caffè?>>
Monti inarcò le sopracciglia e, incurante del microfono acceso, disse:
<<Ma, scusi, non avete preparato un buffet?>>
L'inserviente rimase di sasso:
<<No professore, questa era una lezione ordinaria, non una conferenza o...>>
Monti, costernato, scosse il capo, e rimase a pensarci su parecchio:
<<Uhm, no, sì, no... è che io ho avuto un calo di zuccheri, mi porti per cortesia una cioccolata in tazza con la panna e tre zollette di zucchero. Per l'esattezza>>
Però poi cambiò idea:
<<No, no... aspetti, ci ho ripensato, vorrei una crostata di mirtilli>>
L'inserviente era stupefatto:
<<Intera?>>
Monti fece un gesto vago:
<<Mah, non lo so, magari forse qualcuno ne vorrà una fetta, se avanza... faccia lei, per cortesia...non vede che sono impegnato?>>





L'inserviente parve perplesso, ma annuì e si diresse verso la porta, ma Monti lo richiamò di nuovo:
<<Anzi no, senta, è meglio un torrone, ma morbido però, per l'esattezza, perché ho appena rinnovato le protesi, sa com'è...>>
Questa volta l'inserviente scattò e scomparve veloce, prima che il Rettore cambiasse nuovamente idea e richiedesse qualcosa di ancor più insolito.
Nel frattempo il prof. Sitzia, zoppicando, si era seduto di fianco a lui, con lo sguardo perso nel vuoto.
Monti gli riservò un sorriso a mezza bocca:
<<Bruno, come stai, per l'esattezza?>>
Sitzia lo osservò con occhi spenti:
<<Mario! Ma sei proprio tu?! Quanto tempo è passato!>>
Monti si accigliò:
<<Dunque, se non erro, ci siamo visti la settimana scorsa, giovedì mi pare, per l'esattezza, alla festa del tuo ritorno in Bocconi dopo l'ultima aspettativa, ti ricordi?>>
Bruno Sitzia scosse il capo:
<<Adesso non ho presente, ho un vuoto, Mario, ma comunque sto bene, dai... anche se nei primi tempi, hai capito, nei primi tempi... lo sai che mia figlia si è sposata?>>
Monti sospirò:
<<Sì, è stato tre anni fa, per l'esattezza. Ed era tua nipote, la figlia di tua figlia, per l'esattezza>>
Solo in quel momento l'assistente Lucchini si accorse che i microfoni erano accesi e, con molto tatto, li spense.
Non sapremo mai, dunque, cosa i due si siano detti dopo, "per l'esattezza", ma a nostro parere Monti e Sitzia erano sprecati, in Bocconi: sarebbero stati perfetti come conduttori di Striscia la Notizia!





P.S. Ora, dopo tutte queste foto di Monti, meglio rifarsi la vista con l'immagine di alcuni bei castelli e paesaggi:



Sopra, Drachenburg Castle, Germany








                   Sopra Burg Eltz, sotto Burg Cochem



Sopra, Burg Hohenzollern.




Sopra, Burg Schwerin, sotto, Schloss Braunfels






Loarre Castle, Huesca, Spain

































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