. Controlled by the Syrian opposition Controlled by the Ba'athist Syrian government Controlled by the Iraqi government Controlled by the Lebanese Government Controlled by Hezbollah Controlled by the Islamic State of Iraq and the Levant (ISIL, ISIS, IS, Daesh) Controlled by Tahrir al-Sham (HTS) Controlled by the Rojava (Syrian Democratic Forces) Controlled by Iraqi Kurdistan Controlled by the Turkish Army and Euphrates Shield rebel forces Disputed territory
Fonte: http://mondolibero.org/2017/06/gli-usa-stanno-perdendo-la-guerra-procura-siria-ed-ora/
Nonostante il forte indebolimento dell'Isis, privato della roccaforte di Mosul e assediato nella capitale Raqqa, la realtà è molto amara per la coalizione “occidentale”: la pluriennale guerra per procura combattuta in Siria al fine di provocare la caduta del presidente Assad (alleato di Putin e dell'Iran) è sostanzialmente persa e con lei svaniscono le residue velleità neo-coloniali di Francia e Regno Unito, e si ridimensionano i progetti di un Nuovo Medio Oriente di USA ed Israele, le ambizioni regionali dell’Arabia Saudita, della Turchia e del Qatar. Di fronte a questo clamoroso scenario (il primo cambio di regime fallito dal crollo del Muro di Berlino), non resterebbe agli USA che un’ estrema opzione per ribaltare la situazione sul campo: accantonare la guerra per procura e procedere con un conflitto aperto, ingaggiando prima le forze governative siriane, poi l’Iran e, infine, la Russia. Come un incendio di devastanti proporzioni, la guerra si propagherebbe nel giro di pochi giorni dalla Siria all’intero Medio Oriente, dal Mar Mediterraneo al Mar Baltico, dall’Asia all’Europa, e poi oltre.
È uno scenario possibile ma, considerata la stanchezza economica, politica e militare degli USA, improbabile: più facile, invece, che l’establishment atlantico getti la spugna in Siria e contrattacchi altrove ricorrendo alle tattiche sinora utilizzate. Manovre sui mercati finanziari per abbattere il prezzo del greggio e le entrate fiscali russe (il barile è sceso attorno ai 40$), tentativi di rivoluzioni colorate in vista delle presidenziali russe, rilancio nei teatri periferici (Ucraina, Yemen, Centro Asia). È indubbio che esista una corrente oltranzista ed apocalittica che preme per il confronto militare con l’Iran e la Russia, ma è difficile che Donald Trump, sebbene tenuto sotto scacco dal “Russiagate”, voglia passare alla storia come il presidente che ha rischiato/condotto il primo conflitto nucleare.
La guerra per procura in Siria volge quindi al termine e, nonostante gli ultimi colpi di coda, si profila all’orizzonte una storica disfatta per il blocco atlantico: è l’ennesimo segnale di un sistema che marcia rapido verso il collasso economico, politico e morale.
1http://www.askanews.it/esteri/2017/06/19/siria-russia-jet-coalizione-a-ovest-eufrate-obiettivi-da-ora-pn_20170619_00653/
2http://edition.cnn.com/2017/04/25/politics/turkey-bombs-kurds-iraq-us-concerned/index.html
3http://www.telegraph.co.uk/news/2017/05/18/us-fighter-jets-bomb-assad-tank-convoy-advancing-coalition-base/
4https://southfront.org/syrian-army-captures-strategic-crossroad-town-of-resafa-in-raqqah-province-map/
via http://federicodezzani.altervista.org/gli-usa-stanno-perdendo-la-guerra-per-procura-in-siria-ed-ora/
di Gianandrea Gaiani
La Bussola Quotidiana, 14 giugno 2017
La Bussola Quotidiana, 14 giugno 2017
Lo Stato Islamico sta crollando in Iraq e Siria, Abu Bakr al-Baghdadi è stato probabilmente ucciso, ma l’intera vicenda sta passando sotto un profilo fin troppo basso rispetto alla sua portata, forse perché la fine del Califfato non porterà la pace e la stabilizzazione da molti auspicata in quella regione.
Nell’area di Raqqa, venerdì scorso, sarebbe stato ucciso il Califfo nel corso di un raid aereo dei jet di Damasco. Lo ha riportato la tv di Stato siriana rilanciata anche dai media russi, ma la notizia non è stata finora confermata da nessuna altra fonte ufficiale. Le forze curdo-siriane sostenute dagli Stati Uniti sono entrate il 9 giugno a Raqqa, “capitale” dell’Isis nel nord della Siria, e hanno conquistato terreno nella parte orientale della città. Nelle ultime ore le milizie curde e arabe delle Forze Democratiche Siriane (SDF) sono avanzate dal quartiere Mashlab vero la zona industriale e sono in corso combattimenti a poche centinaia di metri dal perimetro orientale dell'antica cinta muraria della città sull'Eufrate.
L’offensiva che ha portato le SDF, appoggiate da forze speciali anglo-americane, a raggiungere la capitale del Califfato avrebbe provocato anche 653 vittime civili dal 15 marzo ad oggi a causa dei raid della Coalizione internazionale a guida Usa e dei bombardamenti dell’artiglieria delle milizie curde, secondo quanto riferito ad Aki-Adnkronos International da attivisti siriani. Come spiega Khalil al-Abdallah “negli ultimi due mesi il numero delle vittime civili è aumentato notevolmente, poiché l’amministrazione Usa ha consegnato armi alle milizie curde e ha allentato i vincoli imposti ai raid dei caccia della Coalizione".
L’aspetto più rilevante è però che l’offensiva sulla città è in corso su tre lati: da est, da nord e da ovest lasciando un corridoio a sud che consente ai 4mila miliziani, che si stima difendano la città, di ritirarsi verso le aree in cui lo Stato Islamico combatte contro le truppe di Damasco. Il comando russo in Siria accusa la Coalizione a guida Usa e i gruppi armati curdi di permettere ai miliziani dell’Isis di lasciare Raqqa e di “dirigersi verso le province dove sono attive le forze governative siriane. Invece di eliminare i terroristi colpevoli dell’uccisione di centinaia e migliaia di civili siriani – ha detto il comandante delle truppe russe in Siria, generale Serghiei Surovikin – la Coalizione a guida Usa assieme alle SDF, agiscono in collusione con i capibanda dell’Isis che lasciano senza combattere gli insediamenti che avevano preso e si dirigono verso i luoghi in cui sono attive le forze governative siriane”. Una valutazione resa ancora più credibile dalle reiterate azioni belliche delle forze aeree Usa basate in Giordania contro le unità militari di Damasco e dei loro alleati nel settore di al-Tanf.
Anche la decisione di Washington di vietare l’accesso alle forze di Damasco a quella porzione di territorio siriano è stata duramente condannata da Mosca. Secondo gli statunitensi tali forze pongono una minaccia alle basi Usa e ai campi per l’addestramento dei miliziani dell’opposizione nel sud della Siria, ma è evidente che è del tutto illegittimo impedire alle truppe siriane di completare il controllo del territorio nazionale. Nonostante i raid aerei americani, che vorrebbero impedire la saldatura tra le forze siriane e quelle sciite irachene che procedono a nord di Mosul verso il confine siriano, l’avanzata delle forze di Damasco lungo il confine giordano e iracheno ha di fatto circondato le milizie sostenute dagli anglo-americani e dalla Giordania.
“La guerra civile in Siria si è praticamente fermata” dopo che il 4 maggio ad Astana è stato firmato un memorandum per la creazione delle zone di de-escalation, ha dichiarato il capo del dipartimento generale operativo dello Stato maggiore russo, generale Serghiei Rudskoi che ha reso noto che 2.640 miliziani siriani hanno utilizzato le procedure di amnistia del governo siriano e hanno abbandonato le armi nel nord della provincia di Damasco, nelle città di Zabadani, Madaya e Buqeyn. "L’operazione per liberare il territorio siriano dai gruppi terroristici Isis e Jabhat al-Nusra continuerà fino alla loro completa eliminazione”, ha affermato il generale Surovikin precisando che le sue forze aeree hanno eseguito 1.268 raid in Siria nell’ultimo mese, colpendo 3.200 obiettivi terroristici tra cui stazioni di controllo, depositi di armi e munizioni, basi di trasferimento e campi di addestramento.
Il tracollo non solo dell’Isis ma di tutte le milizie anti-Assad rappresenta la più importante vittoria per le forze russe che hanno conseguito la vittoria militare in meno di due anni di campagna siriana. L’esercito di Assad continua ora ad avanzare su tutti i fronti: ha ripreso il controllo di 105 chilometri del confine con la Giordania, ha liberato 83 insediamenti nella parte nordorientale della provincia di Aleppo per oltre 500 chilometri quadrati uccidendo (secondo il comando russo) oltre 3.000 miliziani dell’Isis inclusi decine di comandanti e distruggendo 20 carri armati, 7 veicoli da combattimento e 9 pezzi di artiglieria pesante. Le forze siriane hanno inoltre raggiunto la frontiera con l’Iraq, nell’Est del Paese, per la prima volta dal 2015 coordinandosi con l’esercito di Baghdad per il controllo della frontiera.
Le forze armate irachene hanno l’ordine di non oltrepassare la frontiera siriana, ma le milizie sciite filo iraniane potrebbero avere mano libera ad unirsi alle forze di Damasco per chiudere la partita con l’Isis e liberare Deyr ez Zor dove la guarnigione siriana è sotto assedio da oltre due anni. “In cooperazione con i nostri alleati, le nostre unità hanno preso il controllo di numerosi siti e postazioni strategici nel deserto di Badiya, in una zona di circa 20.000 chilometri quadrati”, ha dichiarato il comando generale dell’esercito siriano. “Questa avanzata rappresenta una svolta strategica nella lotta contro il terrorismo e un trampolino per estendere le operazioni militari nel deserto della Badiya e lungo le frontiere con l’Iraq”, ha proseguito il comando.
I successi dei siriani rischiano quindi di provocare nuove tensioni con la Coalizione internazionale a guida Usa, che oggi appare preoccupata più dall’avanzata delle forze di Damasco e delle milizie sciite provenienti dall’Iraq che dalla lotta allo Stato Islamico, nell’ottica della linea strategica anti iraniana dell’Amministrazione Trump. Dopo che la Turchia si è schierata col Qatar nella diatriba in atto tra Doha e i sauditi, Riad potrebbe puntare sulla Giordania per riorganizzare l’opposizione armata al regime di Damasco e riprendere le ostilità con l’appoggio degli USA.
Tensioni non meno forti riguardano il futuro dell’Iraq dopo la caduta di Mosul dive i miliziani dell’Isis controllano solamente le aree della Città Vecchia, al-Shifa e Bab al-Sinjar. Il governo di Baghdad ha annunciato che respingerà ogni decisione unilaterale presa dalle autorità del Kurdistan iracheno per ottenere l’indipendenza. Lo ha sottolineato lunedì una nota del portavoce dell’esecutivo, Saad al-Haddithi, commentando la decisione presa due giorni fa dal presidente del Kurdistan iracheno, Masoud Barzani, di fissare un referendum per l’indipendenza dall’Iraq il 25 settembre.
Anche il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, sponsor del Kurdistan iracheno autonomo (ma non indipendente) ha definito il referendum sull'indipendenza della regione autonoma del Kurdistan iracheno da Baghdad "sbagliato e una minaccia all'integrità territoriale dell'Iraq. Un passo del genere in un processo così cruciale non serve a nessuno", ha aggiunto Erdogan. La Turchia, acerrima nemica dell’autonomia dei curdi di Siria alleati del PKK (i miliziani curdi di Turchia) si oppone da sempre con forza alla creazione di entità curde indipendenti.
Per questo se la guerra al Califfato sta per esaurirsi (ma non la minaccia terroristica dell’Isis in Europa), non ci sono molte ragioni per credere che la conflittualità nella regione andrà scemando in tempi brevi.
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