Blog di letteratura, storia, arte e critica cinematografica e televisiva. I racconti e i romanzi contenuti in questo blog sono opere di fantasia o di fanfiction. Gli eventi narrati e i personaggi descritti, esclusi quelli di rilevanza storica, sono del tutto immaginari. Ogni riferimento o somiglianza a persone o cose esistenti o esistite, o a fatti realmente accaduti, è da considerarsi puramente casuale. Gli elementi di fanfiction riguardano narrazioni di autori molto noti e ampiamente citati.
mercoledì 24 maggio 2017
Vite quasi parallele. Capitolo 68. Un'estate al mare ... con i Monterovere
C'era una caratteristica che contraddistingueva alcuni componenti della famiglia Monterovere e cioè la tendenza ad auto-invitarsi a pranzo, a merenda o a cena a casa di amici e parenti, oppure a imbucarsi nelle feste, comprese quelle cerimoniali, senza essere stati invitati, o addirittura prendere parte, sempre rigorosamente senza invito, alle villeggiature al mare, in montagna o in campagna presso le residenze estive degli stessi amici e parenti già ampiamente sotto assedio. E tutto questo nonostante avessero una propria disponibilità di denaro.
Era come se una fame atavica li spingesse ad approfittare di ogni situazione propizia, perché poi sarebbe venuto l'inverno. Si trattava di un istinto animale e ancestrale.
L'onorevole deputato comunista Tommaso Monterovere aveva fatto di questa tendenza allo scrocco una vera e propria arte, supportato, in questo, dalla sua risparmiosissima moglie e dalle sue abilissime figlie.
Loro rappresentavano il vertice, in quest'arte, mentre gli altri Monterovere erano dei discepoli più o meno diligenti.
Romano, il fratello maggiore di Tommaso, aveva sviluppato quell'arte solo in tarda età e in concomitanza con il matrimonio di suo figlio Francesco con Silvia Ricci-Orsini.
A esercitare un freno, su Romano, tendenzialmente spilorcio per indole, era stata sua moglie Giulia.
Dopo la morte di Giulia, quel deterrente era venuto meno e l'anziano patriarca dei Monterovere aveva ceduto alla mentalità dello scrocco, trascinando nella propria scia anche sua figlia Enrichetta.
Totalmente diverso era il terzogenito di Romano e Giulia, e cioè il professore universitario Lorenzo Monterovere, docente di Letteratura cristiana antica, con specializzazione sullo Gnosticismo, presso l'Università di Bologna.
Lorenzo era diventato talmente ricco e famoso, nel suo ambiente, da aver potuto persino ricomprare l'antica proprietà del trisavolo Ferdinando, nel sito originario di Monterovere Boica, nel modenese.
Già allora si diceva che si fosse iscritto alla Massoneria o all'Ordine dei Cavalieri di Malta o qualcosa di simile, ma molto segreto e distinto dal resto della famiglia.
La tendenza all'auto-invito da parte di Romano ed Enrichetta, nonché del marito e dei figli di lei, si espresse in modo particolare nel desiderio di trascorrere gratis tutte le ferie estive nella casa di Cervia della moglie di Francesco.
Quest'ultimo accettò con entusiasmo e convinse sua moglie, anche se lei era decisamente meno euforica alla prospettiva di trovarsi tra i piedi il suocero e la cognata per tutta l'estate.
Piombarono il primo di luglio, con l'implacabile voracità di uno sciame di locuste.
Occuparono subito il giardino per parcheggiare le loro macchine, poi si spartirono le zone di influenza: Romano si collocò nell'appartamento al piano terra, Enrichetta col marito e i figli in quello al primo, mentre il secondo era quello dove abitualmente stava Francesco con moglie e figlio.
Ma l'occupazione dello stabile non si limitò ai Monterovere, bensì coinvolse anche le amiche di Enrichetta con le rispettive famiglie, a cui furono riservati la mansarda, la tavernetta del seminterrato, il portico e persino la cantina.
Quando Ettore Ricci si accorse di questa invasione, che egli definì "infestazione", andò su tutte le furie e si scontrò con Romano Monterovere.
<<Senta un po', caro il mio consuocero, parliamoci chiaro: Lei, sua figlia e compagnia bella vi state approfittando troppo della generosità di mia figlia!>>
Romano fece spallucce:
<<Se va bene alla Silvia, va bene a tutti. E' lei la proprietaria, non voi, caro consuocero>>
Purtroppo era vero e per questo Ettore dovette ricorrere alle minacce:
<<Se voi Monterovere continuate a impadronirvi dei beni di mia figlia, io mi troverò costretto a diseredarla per tutta la parte che va oltre la legittima. E questo sarebbe un grosso problema per il tentativo dell'Azienda Monterovere di prendere il controllo del Feudo Orsini. Ci pensi bene!>>
Ma Romano sapeva che Ettore stava bluffando:
<<Lei vuole troppo bene a sua figlia e al nostro comune nipote Riccardo per tagliarlo fuori dal grosso dell'eredità. Lui ci rimarrebbe molto male e maledirebbe il suo ricordo e il suo nome. Per questo io sono sicuro che questa sia tutta una recita>>
Ettore, sentendosi fregato, scosse il capo:
<<Io spiegherò bene a Riccardo che la colpa non è mia, ma vostra. E lui è un ragazzo sveglio e capirà a chi dare la colpa>>
In verità Riccardo era piuttosto confuso: per quanto preferisse di gran lunga il nonno Ettore, non voleva tuttavia offendere il nonno Romano, più che altro per non fare un torto a suo padre.
Francesco Monterovere era infatti, all'epoca, ancora molto legato alla propria famiglia d'origine, anche se in seguito avrebbe trovato più sostegno e dimostrazioni di vera amicizia e di genuino affetto da parte della famiglia di sua moglie.
Alla fine furono i fatti a parlare da sé.
Romano, Enrichetta, il marito "Duedipicche", i due figli indemoniati e le amiche ninfomani si comportarono in maniera a tal punto invadente e caotica che perfino Francesco dovette ammettere che suo suocero, il tanto vituperato Ettore Ricci, in fondo non aveva poi tutti i torti.
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