Blog di letteratura, storia, arte e critica cinematografica e televisiva. I racconti e i romanzi contenuti in questo blog sono opere di fantasia o di fanfiction. Gli eventi narrati e i personaggi descritti, esclusi quelli di rilevanza storica, sono del tutto immaginari. Ogni riferimento o somiglianza a persone o cose esistenti o esistite, o a fatti realmente accaduti, è da considerarsi puramente casuale. Gli elementi di fanfiction riguardano narrazioni di autori molto noti e ampiamente citati.
giovedì 30 ottobre 2014
mercoledì 29 ottobre 2014
Interni di lusso
Interiors of the Winter Palace. The Drawing Room in Rococo II Style, with Cupids - Edward Petrovich Hau - Hermitage Museum (1860s)
La Quarta Era. Capitolo 18. Arwen e Legolas. Finché dureranno i Troni dei Valar...
Era passato più di un mese dalla morte di Aragorn, ma erano successe così tante cose che ad Arwen sembrava fossero trascorsi dieci anni.
Non era soltanto una questione di avvenimenti esterni.
Il mio corpo sta cedendo. Ogni giorno ho meno forze e più dolori, ogni giorno una nuova piega nella pelle, un nuovo capello bianco. La vista mi si offusca, l'udito mi si ottunde.
Si ricordò di una frase che il vecchio Bilbo Baggins aveva detto a Frodo, quando si erano incontrati di nuovo a Gran Burrone: "Alla fine la vecchiaia ha raggiunto anche me".
All'epoca le era sembrato impossibile che quello strano appassimento che era toccato in sorte ai mortali potesse toccare anche a lei.
Non si sapeva niente degli ultimi anni di Luthien dei Sindar o di Idril dei Noldor.
Nimloth invece era stata uccisa durante la caduta del Dòriath.
Chi era stato dunque l'ultimo dei Mezzelfi a scegliere una vita mortale?
Elros Tar-Minyatur, primo re di Numenor e fratello gemello di mio padre.
La decisione di Elros non era stata dettata dall'amore, ma dall'opportunità di fondare un grande regno per gli uomini, all'inizio della Seconda Era.
Visse più di cinquecento anni, regnò più di tutti gli altri, e dopo aver ceduto lo scettro a suo figlio, scelse il giorno della propria morte e si spense nel sonno.
Da allora non vi era più stato alcun Mezzelfo a scegliere la condizione umana.
Io ho vissuto molto più a lungo, ed è come se il mio corpo se ne accorgesse solo ora.
Se non avesse avuto la preoccupazione per la sorte dei suoi figli, probabilmente avrebbe accolto quel languore senza alcuna resistenza. abbandonandosi all'oblio.
Prima devo assicurarmi che Silmarien non corra pericoli. Fintanto che non sarà al sicuro, io non mi sarò meritata il diritto di morire.
Era strano pensare alla morte come a un "diritto",
Per tanti anni mi è sembrata una cosa di cui aver paura. Adesso è il contrario, la morte mi sembra più leggera di una piuma, mentre la vita, con le sue fatiche e le sue sofferenze, mi pare più pesante di una montagna.
Forse era stata la vecchiaia a favorire questa consapevolezza e il dolore per la morte di Aragorn e per le liti familiari e politiche aveva accelerato quel processo.
Ma c'era qualcosa di più.
La condizione umana è transitoria. Gli uomini guardano a questo mondo con occhi diversi dagli immortali, in quanto percepiscono il cambiamento in modo molto più acuto.
Era anche di questo che voleva parlare con Legolas, ed ora che l'elfo era davanti a lei, nell'alloggio che le era stato assegnato nella reggia di Nuova Edoras, cercò di esprimere quel concetto attraverso un esempio:
<<Sai, Legolas, c'è una cosa che quando ero un elfo non riuscivo a capire, e invece adesso che sono umana mi è fin troppo chiara. Riguarda la tendenza che hanno gli uomini anziani a rimpiangere il mondo com'era al tempo della loro gioventù>>
Legolas annuì:
<<E' una caratteristica dei mortali e riguarda anche i Mezzuomini e i Nani.
Gimli non fa altro che parlare del passato e conclude ogni discorso dicendo: "Quellì sì che erano tempi!">>
Sorrise e Arwen sorrise a sua volta:
<<Chi l'avrebbe mai detto che anche io sarei arrivata a parlare come il buon vecchio Gimli?!
Anche solo dieci anni fa sarebbe stato impensabile. Ma quando senti che il tempo sta scadendo, allora percepisci il cambiamento in maniera più evidente. Non guardi più al futuro come ad una fonte di felicità, capisci quel che sto cercando di dirti?>>
L'elfo divenne serio:
<<Credo di sì. I mortali sanno che nel futuro ci sarà la fine di tutto ciò che hanno amato>>
Arwen approvò:
<<Il cambiamento diventa doloroso quando testimonia ciò che di giorno in giorno va perduto. Per un elfo ci voglio almeno cinquemila anni, prima di provare qualcosa di analogo. Almeno così successe a mio padre e a tutti coloro che partirono con lui in direzione di Valinor>>
Gli occhi di Legolas si velarono leggermente:
<<Fu così anche per mio padre. Per me invece è diverso. Sarei andato a Valinor per curiosità, non certo per stanchezza. I Valar possono attendere...>>
Si stavano avvicinando ad un discorso che non era più rimandabile:
<<Hai detto: "sarei andato". Hai forse cambiato idea?>>
Legolas guardò lontano, oltre la finestra, verso l'orizzonte.
<<Sono successe molte cose negli ultimi giorni. Fuori e dentro di me>>
Arwen annuì:
<<E' giunto il momento di parlarne. Nessuno meglio di me può capire il tuo conflitto interiore. Lo spirito tragico nasce sempre dal conflitto tra esigenze inconciliabili.
Alla fine siamo chiamati a prendere una decisione e c'è sempre un sacrificio che misura l'intensità di un sentimento.
Questo è ciò che la condizione umana mi ha insegnato>>
L'elfo colse il messaggio sottinteso:
<<Forse è per questo che anch'io ho trovato i miei migliori amici tra i mortali, ed ora...>> si fermò, lasciando la frase in sospeso.
<<Ora ti sembra di avere trovato anche l'amore, tra i mortali.
Ho visto che guardi Silmarien con occhi diversi e non c'è nulla di male in questo, perché ora lei è adulta. Successe la stessa cosa a me con Aragorn. Pochi ci pensano, ma io avevo già vissuto per secoli quando lui nacque.
Sua madre Gilraen era la mia migliore amica. Aragorn era solo un ragazzo quando lasciò per la prima volta Gran Burrone, per servire come cavaliere alla corte di Thengel di Rohan, il padre di Thoeden, e poi di Echtelion di Gondor, il padre di Denethor.
Ma quando tornò era un uomo ed io lo guardai con occhi diversi.
Gilraen se ne avvide e mi parlò come ora io parlo a te. Ricordo le sue parole come se fosse ieri: "L'intensità con cui gli umani vivono l'amore è uno dei doni della morte">>
Si fermò, per dare a Legolas il tempo di riflettere.
Amore e morte, i due più grandi misteri dell'universo, si sono affacciati insieme nella mia vita e nella tua.
Era scesa la notte, e la stanza, illuminata solo da una piccola lampada, aveva assunto un colore violaceo, che si rifletteva sui loro volti.
<<All'epoca la frase di Gilraen mi parve un paradosso. Non ritenevo possibile che la morte potesse elargire doni. Si diceva che il Creatore Eru Iluvatar avesse concepito la morte come un dono per i suoi secondogeniti, gli Uomini, ma quel concetto mi risultava incomprensibile>>
Legolas la fissò, incuriosito:
<<E ora hai trovato una risposta?>>
Arwen sostenne il suo sguardo, ed i suoi occhi brillarono nella penombra:
<<Sì. Ora mi è tutto chiaro. Adesso è l'immortalità elfica ad apparirmi una prigione.
Gli Elfi sono condannati a vivere in eterno in questo mondo. Se anche cadono uccisi o decidono di togliersi la vita, come pure è capitato, sostano poi per lungo tempo nelle Aule di Mandos, il luogo che si trova nell'estremo occidente. Poi le loro anime tornano a vivere, spesso nel corpo di uno dei loro discendenti. Non c'è via d'uscita. Resteranno sempre intrappolati in questo mondo.
Gli uomini invece no. A loro è consentito di evadere da questa prigione.
E Iluvatar stesso ammonì i Valar a rispettare questa condizione: "Non si tratta della fuga del disertore" egli disse "si tratta dell'evasione del prigioniero". E' come trovare una maglia rotta nella rete che ci stringe, il punto morto del mondo, l'anello che non tiene...>>
Quelle oscure parole si depositarono nella mente di Legolas come le piume di un corvo in una notte senza luna.
Mancava soltanto un indizio, quello che nessuno aveva mai sospettato:
<<Iluvatar disse anche: "Questo ordine varrà finché dureranno i Troni dei Valar".
Fu mia nonna Galadriel a rivelarmi queste parole e a spiegarmene il senso. Lo aveva visto nel suo specchio: l'ordine sarà sovvertito se un mortale rinuncerà all'amore per salvaguardare l'immortalità dell'amato. "Se questo sia un bene o un male, non mi è dato sapere">>
Arwen ritornò con la mente a quel giorno, al momento in cui Galadriel le aveva posato una mano sulla spalla e le aveva sussurrato:
"Ho visto il volto delle tue tre figlie, nel mio specchio. Ancalime, Vanimelde e Silmarien.
Ho visto la loro determinazione. E ho visto vacillare i Troni dei Valar"
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