Blog di letteratura, storia, arte e critica cinematografica e televisiva. I racconti e i romanzi contenuti in questo blog sono opere di fantasia o di fanfiction. Gli eventi narrati e i personaggi descritti, esclusi quelli di rilevanza storica, sono del tutto immaginari. Ogni riferimento o somiglianza a persone o cose esistenti o esistite, o a fatti realmente accaduti, è da considerarsi puramente casuale. Gli elementi di fanfiction riguardano narrazioni di autori molto noti e ampiamente citati.
sabato 11 ottobre 2014
La Quarta Era. Capitolo 11. La Luce di Earendil: sogni infranti e speranze sopravvissute
Prima di lasciare Minas Tirith e dire addio a suo figlio e a tutto ciò che aveva di più caro, Arwen Undomiel si era resa conto di aver già perduto gran parte di tutto questo da molto tempo, nel momento in cui le era stato chiaro che il sogno di Aragorn, quello che lui chiamava "Il Regno dell'Estate", era destinato, come tutti i sogni, a morire all'alba.
Amore mio, tu immaginavi un mondo per sempre pacificato, in cui tutti i popoli e tutti gli individui sarebbero vissuti come fratelli in perfetta armonia. Mi parlavi di queste cose come se fossero una realtà a portata di mano, ed io ci ho creduto insieme a te, quando eravamo giovani ed era giovane anche il mondo.
Poi era passato molto tempo, e quel sogno, invece di realizzarsi, si era allontanato e i suoi contorni erano svaniti come il vento sugli alberi, come la pioggia sui prati, come i lunghi tramonti, dietro le colline, nell'ombra.
Giorno dopo giorno, nel profondo del cuore di Arwen, si era fatta strada la consapevolezza che il Regno dell'Estate era un'utopia che non sarebbe sopravvissuta al suo ideatore.
E così era stato.
La verità è che ormai nessuno ci crede più. Persino coloro che all'inizio erano i nostri più entusiasti sostenitori alla fine hanno ceduto di fronte all'evidenza. Nessun sogno regge il confronto con la realtà. Tutti i sogni muoiono all'alba.
Non c'era da meravigliarsi se, di fronte a quel fallimento, Eldarion ed Ancalime avessero reagito creandosi come scudo protettivo una mentalità pragmatica fino al cinismo.
Ogni generazione si oppone a quella che è venuta prima, specie quando riceve in eredità le rovine di un mondo in declino, la cui stessa sopravvivenza è minacciata da tutte le parti.
Come avrebbe reagito Aragorn, sapendo che i suoi figli si erano ribellati al suo sogno?
"I figli non sono i nostri figli" era solito ripetere "sono i figli del futuro. Non ci appartengono più di quanto la freccia appartiene all'arco che l'ha scoccata".
Avrebbero fatto le loro scelte e forse non sarebbero state le migliori, ma "dovranno essere liberi di sbagliare, così come lo siamo stati noi"
Giusto, ma c'era un'obiezione.
Noi non abbiamo sbagliato.
"Ne sei sicura?" aveva risposto lui "Non pensi a tuo padre, al suo dolore, a quanto gli manchi e gli mancherai, per sempre. Possa Elrond perdonarmi per averlo privato di ciò che aveva di più caro e sacro"
Elrond li aveva perdonati. Come si poteva mettere davanti il proprio benessere rispetto a quello dei propri figli?
Nemmeno un genitore poteva separare chi si amava davvero.
Due innamorati sono come i complici di uno stesso "crimine", che si rincorrono da sempre e per sempre, sotto le sedie e tra i tavoli, nell'infinità del tempo.
Beren e Luthien, Dior e Nimloth, Tuor e Idril, Earendil ed Elwing, Elrond e Celebrian, Aragorn ed Arwen...
Riconoscerò il tuo volto nella prossima vita, amore mio?
Quel pensiero non le dava pace.
Se il tempo si fosse fermato nei giorni della nostra felicità, quando Eldarion era solo un bambino tra le mie braccia e nessuna nube oscurava il cielo della nostra famiglia e della nostra patria!
Ci siamo illusi che la nostra felicità potesse durare per sempre e che l'oscurità fosse stata sconfitta una volta per tutte. Siamo stati degli ingenui.
Solo in quel momento tutto le sembrava evidente.
Le tenebre fanno parte della natura stessa dell'universo e senza di esse non conosceremmo il valore della luce, così come non apprezzeremmo il bene se non esistesse il suo contrario. Questi sono gli arcani supremi su cui si regge tutto il creato.
Così era stata la musica degli Ainur, fin dal principio.
Come abbiamo potuto pensare di intrometterci nel disegno di Iluvatar? Abbiamo peccato di orgoglio, Aragorn: ci siamo sentiti pari agli dei.
Si ricordò una frase che Eldarion si era lasciato sfuggire a proposito di suo padre.
"Ho creduto troppo in lui, madre! Lo veneravo! Pensavo davvero che potesse realizzare tutto ciò che diceva: mai più guerre, mai più ingiustizie, mai più malvagità! Io gli ho creduto... salvo poi accorgermi che tutto ciò era impossibile e che ogni utopia tende sempre a generare il suo contrario.
I sognatori ci trascinano lontano con il loro entusiasmo, e poi ci lasciano alla deriva.
Ci riempiono di illusioni, ma ci svuotano di energie, tempo e risorse.
Alla fine ci risvegliamo soli davanti ad una realtà che è l'opposto di ciò che loro ci avevano fatto credere.
Per questo i sognatori devono morire, prima che ci uccidano tutti con i loro maledetti sogni"
Forse era stato il ricordo di quelle parole spietate a rendere Arwen così severa con Eldarion dopo la morte di Aragorn, ma non voleva che il loro addio fosse turbato da questioni che ormai sfuggivano al loro controllo.
<<Figlio mio, non so quale futuro attenda il regno di Gondor e la Terra di Mezzo, ma comunque vadano le cose, sappi che il mio affetto per te non è mai stato in discussione e che esiste ancora una speranza per tutti noi. Io ti prometto che un giorno, prima della fine, torneremo ad essere una famiglia!>>
Vide quella speranza farsi strada nella tristezza del volto di suo figlio:
<<Lo spero tanto, madre>>
Arwen lesse nei suoi occhi una domanda taciuta:
"Pensi che falliro?". Ma questa è la domanda sbagliata, figlio mio.
Quella giusta è: "Chi non fallirà?"
Di fronte a questa consapevolezza occorreva tener presente un punto essenziale:
<<Eldarion, persino i Valar conoscono ciò che mantiene vivo un uomo e gli permette di essere tale, anche nella sua ora più disperata. Tu sai di cosa sto parlando?>>
Qualcosa si illuminò nel volto del figlio:
<<La Luce di Earendil>>
Arwen sorrise:
<<Earendil. Il padre di mio padre Elrond. Ricordi cosa dicono le leggende riguardo ad Earendil?>>
Eldarion guardò verso l'alto:
<<Dicono che la sua nave solca ancora i cieli, portando nel firmamento la luce del Silmaril creato da Feanor e che Beren aveva sottratto alla corona di Morgoth, per donarlo a Luthien, la sua amata. Fu una delle cause della rovina del Doriath e del Beleriand, eppure nulla sarebbe successo, senza quell'amore, e noi non saremmo qui. La vita e la bellezza richiedono grandi sacrifici e una speranza ancora più grande: è questo forse il significato più profondo del Quenta Silmarillion>>
Arwen annuì:
<<La Luce di Earendil, la nostra stella più amata, detta anche Undomiel, Stella del Vespro.
E' il nome con cui mi chiamavano gli Elfi quando ero giovane.
Ogni volta che avrai bisogno di me, guarda la stella di Earendil e ricordati della mia promessa: un giorno, quando questa tempesta sarà passata, noi ci rivedremo ancora e la nostra famiglia tornerà ad essere unita. Non perdere mai la speranza: è l'unica cosa che ti chiedo>>
Eldarion annuì:
<<Lo prometto, madre. E tu ricorda: questa è e sarà sempre la tua casa>>
Home, where I keep returning
Home, why my world is breaking
Home, with the neighbors fighting
Home, always so exciting
Home, were my parents telling the truth?
Home, such a body feeling
Home, no one ever speaking
Home, with our bodies touching
Home, and no other watching
Home...
Where home, comes to life from out of the blue
We're home... and the band keeps marching on
Connecting to every living soul
Compassion... for things I'll never know
<<Namarie>>
Si abbracciarono e si salutarono, pronunciando la parola d'addio degli Elfi.
<<Namarie...>>
Ricordava che simili parole erano state pronunciate da sua nonna Galadriel, quando aveva salutato Frodo, dopo avergli donato l'ampolla con l'acqua del suo specchio, magicamente brillante della Luce di Earendil.
<<Possa essere per te una luce in luoghi oscuri, quando ogni altra luce si spegne>>
venerdì 10 ottobre 2014
Elfi
Feanor, con la corona dei tre Silmarillion, e la sua famiglia
Melian la Maia e Thingol Mantogrigio, signori del Doriath e genitori di Luthien
Luthien Tinuviel "Voce di usignolo", figlia di Thingol e Melian, moglie di Beren, madre di Dior
Gildor
Elfi Silvani guerrieri
Lindir, Elrond, Galadriel, Legolas e Haldir
Castelli
Carcassonne, France
Segovia Castle, Spain
Conwy Castle, Wales
Windsor Castle
Hever Castle , Kent
Hatley Castle, Canada
Castelo de Almourol, Portugal
Kronborg Castle, Denmark
Schwerin Castle, Mecklenburg Vorpommern, Germany
Saumur Castle, France
Château de Chatillon, Bourgogne, France
Rocca Calascio Castle (Aq)
Örebro castle in Sweden
giovedì 9 ottobre 2014
La Quarta Era. Capitolo 10. La principessa di Andunie
La principessa Silmarien, che fino a quel momento aveva ascoltato in silenzio, si alzò e prese la parola, tra lo stupore generale, dal momento che non si era mai interessata di questioni politiche:
<<Nostra madre ha parlato con saggezza. Nella sua lunga vita ha imparato a riconoscere i pericoli e le insidie. Fratello mio, ti prego di seguire i suoi consigli e di non chiedere alla Gente Piccola qualcosa che finirebbe per schiacciarli. Possiamo difendere il regno di Gondor e tutta la nostra terra anche senza sottrarre ai Mezzuomini e ai Nani i loro risparmi! Hanno già contribuito fin troppo alla salvezza di tutti. Ora tocca agli Uomini. Se questa è davvero la nostra era, allora l'onere della difesa spetta a noi>>
Eldarion sospirò:
<<Gli Uomini non capirebbero. Potevano tollerare che nostro padre, con tutta la sua gloria, chiudesse un occhio in favore dei suoi amici, ma non accetteranno che lo faccia io. I costi della difesa dell'ordine interno e delle frontiere sarebbero troppo grandi se non attingiamo alle ricchezze di chi per oltre un secolo ha goduto di un regime privilegiato.
Mi dispiace, ma ormai ho deciso e non ho intenzione di tornare sui miei passi>>
Silmarien scosse il capo:
<<Se questa è la tua decisione, io ne prendo apertamente le distanze. Non rimarrò a Minas Tirith come connivente di una Famiglia Reale di cui non condivido le scelte>>
Arwen le si avvicinò:
<<Io andrò con lei>>
Eldarion scosse il capo, affranto:
<<Madre e sorella, voi mi spezzate il cuore. Mai avrei pensato che si sarebbe arrivati a questo punto...>>
Silmarien stava per cedere.
Arwen la fermò e puntò l'indice contro il figlio:
<<Sai qual è stato il più grande errore della mia vita? Averti detto sempre sì. Una madre dovrebbe saper dire anche di no. Io non ne ho mai avuto la forza, ma ora è diverso. Stavolta c'è in gioco qualcosa che è molto più importante di me e di te. La tua visione del futuro di questo regno, di questa terra e di questo mondo è all'opposto di quello in cui tuo padre ed io abbiamo sempre creduto. Non sarò tua complice, e non lo sarà nemmeno Silmarien>>
Il re sentì una fitta nel petto e per un attimo pensò che sarebbe potuto morire.
Forse una parte di lui morì davvero in quel momento.
Sospirò.
<<Se questa è la vostra volontà, io non posso oppormi. Però è mio dovere avvertirvi che i tempi si sono inaspriti e non sarà facile per voi sopravvivere fuori da queste mura>>
La regina vedova lo guardò con profonda tristezza, ma anche con determinazione:
<<Ce la caveremo. Ti chiedo solo un favore, non per me, ma per Silmarien. Una cosa che non ti sottrarrà nemmeno una moneta del tuo prezioso denaro. Concedile il titolo che fu dei tuoi antenati di Numenor, amici degli Elfi. Nominala Principessa di Andunie e consentile di trasmettere questo titolo a colui che la sposerà e ai figli che nasceranno>>
Eldarion capiva il significato simbolico di quella richiesta.
Gli Andunie furono gli unici a salvarsi dalla catastrofe di Numenor.
Era dunque quello il destino di Gondor?
Un brivido gli percorse la schiena.
Quanto era grande il potere evocativo di certi luoghi, soprattutto quando non esistevano più.
La perduta Andunie! Ma in fondo, altro non è che un nome.
Annuì:
<<Darò ordine che l'investitura avvenga entro domani, dopodiché sarete libere di recarvi dove vorrete e con chi vorrete>>
Arwen lo fissò con severità:
<<Andremo a Lothlorien. Legolas e Gimli ci accompagneranno. Cerca di tenere le tue spie lontano da noi>>
La freddezza con cui quella frase era stata pronunciata acuì il senso di malessere interiore di Eldarion.
Alla fine ci separiamo come estranei.
Era un fallimento per tutti.
Dove sono finiti tutti i valori che ci legavano? Dove sono i nostri ricordi? E' stato tutto solo un sogno?
Forse sì, eppure era stato un bel sogno, finché era durato.
<<Così sia. Ma non serbatemi rancore, perché io vi ho amato...>>
A stento trattenne le lacrime.
Il male si era insinuato tra loro scavando solchi di incomunicabilità che erano divenuti evidenti soltanto quando ormai c'era ben poco da fare per ricucire i legami.
Eldarion vide che suo figlio Vardamir lo osservata con l'aria di chi si aspetta qualche premio per la propria fedeltà.
<<Coloro che mi sono rimasti fedeli possono chiedermi a quale carica aspirano. E' consuetudine che il re da poco insediato manifesti in questo modo la gratitudine verso chi non lo abbandona>>
Vardamir non se lo fece ripetere due volte:
<<Principe della Corona e Capitano di Gondor>>
Eldarion annuì:
<<Accordato. E voi, sorelle maggiori?>>
Ancalime accennò un sorriso complice:
<<Chiedo l'incarico di Sovrintendente di Gondor per me, e suggerirei, per Vanimelde e suo marito, il titolo di Principi reggenti di Dol Amroth>>
Vanimelde parve felice di quella proposta, non capendo che era un modo per allontanarla dalla capitale e portarla in prima linea nella difesa del fronte sud.
Un'abile mossa da parte di Ancalime. Di fatto ha ottenuto tutto ciò che voleva: allontanare i rivali e assumere la carica di primo ministro del regno.
C'era Pallando dietro a tutto questo disegno. Opporsi sarebbe stato inutile.
Eldarion sapeva da tempo che l'unico modo di ricomporre le liti, in politica, era distribuire titoli, onori e poteri in modo da soddisfare le ambizioni di tutti.
Provò disgusto per tutto ciò, eppure la sua voce espresse l'esatto contrario:
<<Domani voi tutti riceverete l'investitura. Spero che ognuno possa essere all'altezza della carica che gli è stata conferita, perché i tempi sono inclementi e non possiamo permetterci di sbagliare>>
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