sabato 22 marzo 2014

Natalia Poklonskaya, la splendida Procuratrice Generale della Crimea.




Natalia Poklonskaya, 33 anni, è il nuovo Procuratore Generale della Crimea, la repubblica autonoma che si è staccata dall'Ucraina per aderire alla Federazione Russa. 
Laureata in giurisprudenza a Yalta, di professione avvocato, è stata collaboratrice alla Procura Generale di Kiev. Dopo la caduta del presidente Yanukovich, la Poklonskaya ha preso posizione contro il nuovo governo ucraino, dal quale è stata licenziata e accusata di tradimento. Tornata in Crimea, ha manifestato il proprio appoggio alla secessione della repubblica e alla sua unione con la Federazione Russa. Il premier della Crimea l'ha nominata alla guida della Procura della neo repubblica l'11 marzo 2014. 
La conferenza stampa della Poklonskaja ha fatto letteralmente impazzire il web, non per quanto detto, ma per la sua avvenenza. 



La Poklonskaya ha cominciato a spopolare su internet dopo una conferenza stampa tenuta il 19 marzo, in seguito all'uccisione di un soldato ucraino da parte di militari russi.

Il suo viso in pochi minuti ha fatto il giro del mondo, tanto da diventare anche un'immagine manga. 









Dai disegni alla vita reale il passo è stato breve e alcune foto in borghese della 33enne ragazza hanno fatto il giro del web.



Poklonskaya graduated from the University of Internal Affairs in Yalta, and went on to work in Simferopol as an inter-district environmental prosecutor.Following that, she was transferred to the Ukrainan Prosecutor General's Office in Kiev.
She was appointed Prosecutor of the Autonomous Republic of Crimea on 11 March 2014. She was appointed to the position by Sergei Aksyonov after the previous prosecutor had remained loyal to the government in Kiev; the position had also been reportedly rejected by four other men before Poklonskaya accepted. She had previously voiced criticism of the opposition protests in Ukraine and described the change of government in Kiev as an "anti-constitutional coup".In response, the Ukrainian government launched a criminal case against her and stripped her of the civil service rank of "counsellor of justice"





Una procuratore filo-russo - Prima della sua nomina la Poklonskaya ha lavorato come avvocato presso l'ufficio del procuratore generale ucraino nella capitale Kiev, come riportato da Rossiyskaya Gazeta, il giornale ufficiale del governo russo. Il nuovo procuratore generale è fermamente filo-russa. La carica che ricopre è estremamente rischiosa, e le ha procurato una denuncia per tradimento da parte del nuovo governo ucraino, ma il successo del referendum in Crimea ha di fatto garantito la protezione russa ai nuovi funzionari secessionisti. 
L'effetto mediatico della conferenza stampa di Natalia Poklonskaya è stato enorme.
L'emozione e l'apparente fragilità di questa giovane donna, nell'assumere questo incarico di estrema delicatezza, unito al suo aspetto angelico ha ispirato prima di tutto i disegnatori giapponesi, anche per il loro noto feticismo per le uniformi femminili (del resto il fascino della divisa vale anche quando la indossano le donne). 



Divenuta nel giro di 24 ore una vera e propria icona del web, la bella Natalia ha ispirato i disegnatori di mezzo mondo. I post su Youtube si sono susseguiti con velocità virale.
Ammetto di essere stato immediatamente colpito dal candore angelico di quello sguardo da cerbiatta e da quel look da studentessa.






Non è mancato, naturalmente, il sarcasmo della rete - Sui social network non sono mancati commenti ironici. "Bene, ora sappiamo che la ragione per cui Putin vuole Crimea" il commento di un utente.













Chiedo perdono alle mie lettrici, ma io questa ragazza LA AMO! Guardate che occhi meravigliosi, che espressione così triste, sembra che stia per mettersi a piangere. E' troppo dolce!
NATALIA I LOVE YOU  <3



http://www.youtube.com/watch?v=fTOqplOTKjU









Ed ecco la reazione di Natalia dopo aver visto i primi manga in cui lei stessa è protagonista.



Direi che l'ha presa bene! ;-)





























Per chi fosse interessato, c'è anche il calendario...



venerdì 21 marzo 2014

Le bassezze dell'Alta società. Capitolo 6. Villa Ozzani di Fossalta

 

Erano partiti alle nove di sera, dopo aver preso tutti gli accordi.
Giulia aveva telefonato nel pomeriggio a Villa Ozzani.
Il numero era rimasto lo stesso, come i significati reconditi, nella memoria, dietro a quelle cifre.
Una voce sconosciuta le aveva risposto, forse una governante. Aveva un tono tetro e un accento meridionale, forse napoletano: in ogni caso, fu di poche parole e molto fredde, evasive.
Però ha capito subito chi ero…
Giulia si ricordò dell’accenno di Virginia agli “avvoltoi” che le giravano intorno per l’eredità. Ecco, quella governante ne aveva tutta l’aria.
Dovrò stare molto attenta, e guardarmi le spalle.
Questa volta non poteva permettersi di fallire.
 Non sono più la ragazzina ingenua di tanti anni fa…


La sua regola, ormai, era non fidarsi di nessuno.
La governante rispose che la Contessa sarebbe stata felice di avere ospite sia lei che suo figlio per tutto il tempo in cui avrebbero gradito trattenersi. 
Virginia sapeva che avrei accettato. Virginia sa sempre tutto.
La verità era che Giulia aveva fretta di concludere tutta quella storia, prima della imminente dipartita della Contessa, ma non era solo per la questione dell'eredità di Roberto. 
Era anche, e prima di tutto, una questione di amicizia e di amore, come era stata anche di tradimento e di odio. 
C’erano troppi discorsi rimasti in sospeso, troppe parole non dette, troppi lati oscuri da chiarire: erano le voci di quell’inconscio rimosso per oltre quattro decenni, che ora reclamavano udienza dentro di lei, le martellavano la mente.
Le voci!
Presto avrebbero avuto la loro risposta: il sipario si alzava prima dell’ultimo atto di un dramma che aveva avuto inizio quarant'anni prima.


Mentre lei era sovrappensiero, suo figlio Roberto guidava e il gatto che si erano portati dietro non pareva particolarmente felice di starsene nel suo gabbiotto.           «Miauu!» Il miagolio di protesta del felino ingabbiato interruppe il flusso dei suoi pensieri. Con una mano gli fece svogliatamente il solletico. Anche l'umore di suo figlio non era dei migliori.


«Ma sei sicura che sia questa la strada? Guarda!» e il suo indice si tese con esasperazione verso il rettilineo della strada deserta e le sconfinate distese di granturco, che a malapena si distinguevano nella foschia e nell’ombra della sera.
Il tracciato insistito della strada pareva voler forare la superficie monocroma dell’orizzonte oscuro, lacerarla, aprire spiragli su allarmanti fondali di tenebre.
«Non c’è niente! Non ci sono più luci, più case! Mi vuoi dire dove stiamo andando? Non sarebbe ora di mettere un navigatore satellitare!»
Giulia sospirò.
«Abbi fede.… vedrai, la Villa è alla fine della strada. Tutta questa terra è loro!» e il braccio piagato roteò intorno ai finestrini, per poi ricadere stanco sul sedile.
Il figlio rimase perplesso: 
«Loro?»
«Gli Ozzani di Fossalta, la famiglia della Contessa»
Roberto indicò un canale ai lati della strada:
«Ah! E questa, immagino, sarebbe la Fossalta» ironizzò, accennando alla bassa pianura, coperta da una foschia sempre più densa, ma Giulia non era in vena di battute: «No, Fossalta è il nome del paesetto sul Po di Volano, a pochi chilometri dalla Villa. Era il… come si dice… il feudo che avevano i loro antenati, ai tempi degli Este…»
Roberto la guardò di sottecchi con perplessità, ma Giulia era serissima:
«Dico sul serio! Avevano il feudo, ma era tutta terra paludosa… poi però il suo bisnonno, di lei, il conte Ippolito, fece bonificare tutta la zona nell’Ottocento… e ci costruì la Villa, in stile neoclassico»
Giulia conosceva a memoria tutto l'albero genealogico degli Ozzani.


                                  Ippolito Ozzani di Fossalta   +   Valeria Serbelloni  
                                                                                 |
                                                 --------------------------------------------------------
                                                |                                                          |
                              
       Vittorio Ozzani di Fossalta + Adelaide Aldrovandi      Violetta + Gen. DeToschi                                              
                1892- 1948                |    1899-1994                   1909-1929     1895-1978  
                                                  |                                                         |          
                                                  |                                              Carlotta De Toschi
                                                  |                                                      1929
        -------------------------------------------------------------------------------------------------------
        |                           |                      |                              |                     |
  Umberto              Carlo                 Grazia                 Laura                   Margherita
1915-1986       1917-1995           1919-1997            1921-1998         1923 -2000
       +                                                                                +                    +
 Claudia                                                         Adriano Trombadore   Giuseppe Papisco
Protonotari                                                         1912 – 1987                1916-1998
Bonaccorsi                                                                                              |        divorzio 1975               |                                                                                                              |         risposatosi poi con 
1919-2000                                               --------------------------------------------------
       |                                                     |                      |               |                
----------------------------                Piergiuseppe      Benedetta      Goffredo                 +
|                          |                           1944               1947              1949          Serena Sarpi
Alessio          Virginia                                         +                                              1937
1940-1999     1942                                Massimo Piccioni                                        | 
+                                                           1940        |                                             Bramante
Esther                                  ----------------------------------------------                                1967
Rubini                                  |                                     |
1943-1999                     Alberto Piccioni              Cristina Piccioni

(+ Giulia                        1970                                     1975                                            
      Federici
       1942)
   |
Roberto
1962



«Una villa in questo deserto! Gran bella decisione!» ironizzò il figlio, che non sapeva più come palesare il suo scetticismo.
«Non una villa, Roberto, ma la Villa!»



Quella frase fu pronunciata da lei con una specie di enfasi epica, seppur velata di malinconica elegia, e forse anche con una punta quasi impercettibile di disprezzo.
«Mah…» fu l’unico commento del figlio.
Giulia dovette convenire mentalmente con lui.
Ma sì, hai ragione tu! Sono sempre stati dei matti…
Però si sentì in dovere, per qualche strana ragione a lei stessa ignota, in quel momento, di giustificare una scelta così evidentemente balorda.
«Avevano un grande progetto, fare della Villa il centro di una azienda agricola che desse lavoro a tanta gente… e fosse anche redditizia, perché poi, sai, le terre strappate alla malaria sono benedette da Dio, per quanto riguarda il raccolto, lo diceva anche Verga…»
In realtà Verga si riferiva al colera, ma Roberto non si sarebbe accorto del dettaglio.
«Mamma, non ti reggo quando fai le tue citazioni letterarie!»
Giulia sorrise.



«Parlicome Virginia! E come suo...» le scappò detto, poi però, come pentita, tornò al tema: «…ma fammi finire il discorso: la terra all’inizio aveva reso bene agli Ozzani, poi però c’erano state delle brutte annate, delle inondazioni, e lì è iniziata la crisi. Il nonno e il padre di Virginia non ci sapevano fare con gli affari… come tutti i veri nobili del resto…» si incantò un istante, fissando il figlio, come seguendo un pensiero subito censurato, poi proseguì con voce distante:
 «Il colpo di grazia fu quando il Conte Umberto, il padre di Virginia, perse tutti i suoi risparmi dopo l’ultima guerra… aveva investito in titoli di Stato…e sai come è andata a finire la storia del debito pubblico, dopo la guerra…»
Quello lo sapeva, ma a quel punto sorgeva una domanda inevitabile:
«E allora i soldi dove li hanno presi dopo?»
Giulia si incupì. Non era ancora il momento di parlarne.
L’eredità di Esther…
Cercò di temporeggiare:
«Adesso ci arrivo, prima volevo spiegarti il perché della Villa in questa zona…»
Robert però aveva capito che c'era sotto qualcosa di molto imbarazzante.



«Ma scusa, se era solo una questione di bonifiche e di aziende agricole, non bastava fare delle fattorie e che ci abitassero degli amministratori?»
Giulia lo guardò con l'aria di chi la sa lunga:
«Come sei ingenuo! I fattori rubano, e poi non hanno la visione d’insieme…»
Lui sbuffò:
«Ah, mentre loro ci hanno saputo fare! I Conti Ozzani!»
L’ironia del figlio lasciò Giulia senza argomenti.
Mio figlio tira fuori il buonsenso solo per fare la morale agli altri!
Quel pensiero però ne suscitò altri che ella respinse.
O forse lo era? Dopotutto era qui che le cose avevano avuto inizio, ed era giusto che fosse qui che tutto, alla fine, si chiarisse.
Doveva preparare Roberto a ciò che lo attendeva:
«Non devi essere così duro nel giudicarli. Il Conte Umberto a suo modo era un idealista…certo alcune sue idee non erano del tutto condivisibili, però lui era in buona fede…»
«Cioè? Cosa vorresti dire?»
«Voglio dire che anch’io all’epoca lo giudicai molto male, ma poi, col tempo, ho compreso il suo punto di vista»



Essere comprensivi è segno di saggezza, figlio mio: come faccio a spiegartelo, se alla tua età non l’hai ancora capito?
Roberto era sempre drastico e tagliente nei suoi giudizi: non aveva appreso il valore della comprensione, nonostante tutti i suoi studi e le sue esperienze.
Saresti potuto arrivare alla saggezza, Roberto, se non ti fossi convinto di averla già raggiunta.
Ma forse c'era ancora qualche speranza.
«Il suo punto di vista su cosa?» insistette il figlio.
«Su tutto… i suoi valori aristocratici, la sua visione del mondo elitaria, estetizzante… certo, era un modo di vedere pieno di pregiudizi, ma in fondo, anche il tuo…insomma, guarda anche solo come ti vesti! Sei un aristocratico dalla testa ai piedi!>>



«Solo nello spirito, mamma. Per il resto... be', meglio non parlarne...»
Per il momento, forse, si poteva ancora rimandare il discorso, ma presto Virginia sarebbe passata alla carica e bisognava trovare un modo per evitare che tra i due nascesse un conflitto.
«Roberto, sei un intellettuale e dovresti sapere bene che ogni modo di vedere è anche un modo di non vedere!»
Il figlio non parve cogliere la portata di quell’affermazione, preso com’era da un impulso di sdegno idealistico: 
«Da quel che ho capito quel Conte era un tipico reazionario!»
Lo disse col tipico disprezzo saccente dei radical-chic e la cosa irritò Giulia nel profondo:
«Reazionario, sì, ma non gretto: aveva classe, stile. Il mio giudizio è estetico, e tu sai bene che non amo dare giudizi politici: mi ricordano troppo le conversazioni da bar del povero Sergio. Quel che volevo farti capire è che è troppo facile criticare, senza sforzarsi di capire»



«Cosa c’è da capire? Era un privilegiato che difendeva i suoi privilegi!»
«Sì, lo era. Ma, non lo condanno: bisogna conoscere bene i fatti, studiarli, comprenderne le sfumature, perché, lasciamelo dire, quasi tutto ciò che condanniamo negli altri è anche dentro di noi, ed è lì che prima dobbiamo sconfiggerlo! Altrimenti rischiamo di diventare come la parte peggiore di quelli a cui ci opponiamo»
La bocca di Giulia si inarcò all’ingiù disegnando una parabola convessa sul suo volto avvizzito.
L’ultima volta che ho fatto questa strada, le macchine andavano più lente…e non c’era l’asfalto…
I ricordi la travolsero.
«Si tratta di cose successe ormai quarantacinque anni fa: sia io che Virginia eravamo giovanissime all’epoca, ancora molto immature, e questo può avere causato equivoci, incomprensioni…»
Si impantanò in questa premessa piuttosto scontata.



«A quell'età, lo sai bene, si devono prendere delle decisioni per la vita… cioè… è a quell’età che si sceglie. Poi però si cresce, si matura…»
Il figlio annuì, quasi volesse con tale gesto sancire una sua improbabile maturazione.
Giulia si rincuorò e ritrovò le parole: 
«Alla fine viene il giorno in cui capisci dove hai sbagliato, e perché, ma ormai è troppo tardi, perché la tua vita è stata decisa in un periodo in cui non sapevi nulla!»
Roberto lo sapeva fin troppo bene, avendo collezionato scelte sbagliate come se fossero francobolli, ma una cosa lo turbava:
«Perché sei arrivata a dover tagliare i ponti alle tue spalle? Cosa ti hanno fatto di così grave gli Ozzani di Fossalta?»
La domanda si dissolse nel buio che ormai era calato sulla campagna, e Giulia non poté cogliere l’apprensione disegnatasi sul viso del figlio, ma la percepì dalla voce.
Sì, lui sospetta!
Ormai erano arrivati, non era il caso di parlarne in quel momento.
«Mah, forse fu una ritirata strategica, una cessione di posizioni meno importanti per difendere quelle che lo erano di più…»
«E cioè? Basta girare intorno alla questione e parlare per enigmi!»
Giulia ebbe paura di un suo improvviso scatto d’ira-
<< La verità è che…>>
Ma non riuscì a dirlo. 
Quid est veritas?
La domanda di Ponzio Pilato era uno dei passi cruciali del Vangelo, di quelli che i preti si guardavano bene dal leggere durante la Messa.
Che cos’è la verità?



Giulia, che pure voleva aver fede in Dio, non poteva prescindere dal dubbio filosofico.
I dogmatismi non mi appartengono. Sono sempre stata uno spirito libero, e intendo rimanere così fino alla fine dei miei giorni…
Non pretendeva certo di essere depositaria di alcuna verità, nemmeno di una verità storica, memorialistica, a cui aveva assistito e partecipato.
Però aveva il dovere di rispondere a suo figlio: e se non fosse stata l’esatta verità, almeno poteva e doveva essere la sua onesta versione dei fatti.

La "mappa" della felicità in Italia secondo l'indice iHappy di Twitter



Gli utenti di Twitter cinguettano continuamente la loro felicità o il loro disappunto. Dal 31 gennaio 2012 al marzo 2013 Voices from the Blogs (VfB) ha analizzato oltre 90 milioni di Tweet raccolti giornalmente sulle 110 provincie italiane (con una media di 130.000 post al giorno) allo scopo di sondare la felicità e il suo contrario, cercando di identificare quali sono le cause che rendono gli italiani più o meno felici.Per ognuna delle 110 province italiane, VfB categorizza i tweet nelle due classi: “felici”, “infelici” più una classe residuale “altro”. I post classificati come “altro” vengono però esclusi dal calcolo dell’indice di Twitter-felicità iHappy(ness) costruito come segue:

iHappy = (numero di post felici / numero di post felici & infelici ) * 100 %

Ciò che rende unico l’indice iHappy di VfB è il suo essere basato interamente sulle reazioni istantanee dei singoli individui agli avvenimenti che accadono nella vita di ciascuno e che possono incidere positivamente o meno sul proprio livello di felicità. Questi avvenimenti possono essere i più disparati: la nascita di un figlio, il litigio con la fidanzata, un compleanno da festeggiare, una bella giornata di sole, la vittoria della propria squadra del cuore, un furto subito, una passeggiata nel centro città. Per urlare la propria gioia o rabbia, 140 caratteri sono più che sufficienti!




Ma cosa rende gli italiani felici (o tristi)? Innanzitutto gli italiani sono “meteoropatici”. Se lo scorso inverno (50,2%), durante i freddi mesi di gennaio e febbraio, il Bel Paese è stato mediamente triste, a marzo 2013, con l’arrivo della primavera, la felicità balza verso l’alto (67,4%).  La data scelta dall’ONU per celebrare la felicità sembra dunque quanto mai appropriata. Se consideriamo i giorni della settimana, di lunedì si è più tristi (59,2%), mentre i giorni di coppa (il martedì e mercoledì), così come il sabato, sono giorni felici. La felicità migliora poi sensibilmente nei giorni di festa (+1,8%), ma solo quando la festività non cade nel week-end, altrimenti niente vacanza e il giorno di festa diventa un “ponte sprecato”.

Tra le feste è il Natale a farla da padrone (iHappy +14,3%), ma in Italia anche la festa della mamma produce molti sorrisi (+11,1%), così come il giorno che precede la busta paga (un effetto temporaneo però, che scompare in 24 ore: controllare quanto effettivamente rimane in tasca dopo bollette e spese varie probabilmente non aiuta il buonumore). Al contrario, lo spostamento di lancette dovuto all’ora legale genera ansia e depressione, e fa crollare la felicità di oltre 5 punti. Anche la latitudine, infine, può fare la differenza. Risalendo la penisola da sud nord la felicità diminuisce, tranne nelle provincie in cui c’è il mare. E infatti se Milano avesse il mare…la sua felicità crescerebbe di 1,3 punti.

giovedì 20 marzo 2014

Renzi e Grillo ci porteranno alla rovina. Rimpiangeremo Berlusconi.



Credo sia evidente a tutti che i regali che Renzi sta facendo alla sua base elettorale (i lavoratori dipendenti) manderanno allo sfascio i conti pubblici.
Per aumentare di 80 euro lo stipendio dei lavoratori dipendenti che già prendono 1500 euro, servono 10 miliardi di euro all'anno. Si tratta di una cifra enorme per un paese col nostro deficit e il nostro debito pubblico.
Una cifra enorme, difficilmente reperibile senza tagliare le pensioni, la sanità, le ferrovie, il trasporto pubblico urbano e la sicurezza (si parla di ridurre ulteriormente i corpi di polizia, che sono già insufficienti per mantenere l'ordine pubblico).
Oltre tutto questa manovra non servirà a niente, perché dà soldi a chi ha già un lavoro, ma non si creano nuovi posti di lavoro.
Inoltre il Partito Democratico, con la sua dissennata politica a favore dell'immigrazione, sta creando le premesse per una disoccupazione ancora più alta, per una crescita della criminalità, per una perdita di identità culturale del nostro paese e come se non bastasse per un ulteriore aggravio della spesa pubblica, poiché agli immigrati, compresi i clandestini e i rom, vengono offerti gratuitamente tutti i servizi pubblici (pagati da noi), vengono regalate case, vengono pagate le bollette e vengono dati 30 euro al giorno per "favorire l'inserimento sociale". Ricordo che 30 euro al giorno sono 900 euro al mese, cioè quasi il doppio di quanto prende un pensionato.
Qual è l'alternativa a questo disastro.
Non è certo Grillo, il quale ha un programma così assurdo (andate a leggerlo alla voce "energia", "ambiente", "economia") che porterebbe alla fuga immediata di capitali dall'Italia.



Se il futuro dell'Italia dovesse dipendere da Grillo o da Renzi, allora prepariamoci al peggio.
In questo momento così drammatico, sta avvenendo, sotto l'occhio compiaciuto del sadismo della sinistra e dei grillini, il massacro di Berlusconi, divenuto capro espiatorio di tutti i nostri guai.
Ma tenete a mente quel che vi dico: verrà presto il giorno in cui rimpiangeremo Berlusconi.

I paesi con il debito pubblico più alto

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Il vero problema relativo al debito pubblico, secondo una lettura filo-keynesiana, non è tanto il suo accumularsi, quanto l’incapacità delle banche centrali di creare e supportare canali per il pagamento dei tassi d’interesse. In merito ai 18 paesi dell’area Euro, inoltre, le Banche Centrali Nazionali, avendo delegato le loro prerogative alla BCE (ai sensi dell’art 282 TFUE) e al SEBC, hanno perso la possibilità di utilizzare il “canale monetario” e, dato che l’obiettivo principale della BCE è “mantenere la stabilità dei prezzi”, si vedono preclusi gli effetti “positivi” sul debito di eventuali processi di inflazione. Logicamente, infatti, l’inflazione “aiuta” il paese debitore diminuendo il peso relativo del suo debito. Il Giappone, a questo fine, ha da sempre propugnato una dura lotta alla deflazione, con l’ulteriore effetto beneficio di aumentare la competitività degli export, in un paese storicamente protezionista e con altissimi dazi, come quello celebre sul riso.
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Le manovre di Austerity e la politica monetaria di stampo monetarista della BCE rendono la situazioni in Italia molto complessa e difficilmente riparabile nel breve periodo, data anche la pressione sulla politica fiscale imposta dai criteri di Maastricht e dal Fiscal Compact (Deficit/Pil annuo al 3%, Deficit Strutturale/PIL 0.5%, riduzione della soglia del rapporto Debito/PIL che supera il 60% di 1/20 per anno).
Charts Credit: Tradingfloor.com

Dai radical-chic agli hipster: come rovinare il mondo in due generazioni



I lettori di questo blog sanno che io non amo particolarmente gli hipster e men che meno i loro "maestri" e cioè i radical-chic.
Il fenomeno hipster non può essere capito senza prima aver compreso il fenomeno radical-chic.
In genere l'hipster è il figlio di un radical-chic, oppure è uno studente che ha scelto come modelli di riferimento i radical-chic.
Per questo, per capire come ci si è potuti ridurre in queste condizioni, dobbiamo andare indietro di una generazione e trovare la sottile linea rossa che ha trasmesso agli hipster l'eredità dei radical-chic.
Credo che tutti sappiano cos'è un radical-chic, ma per rinfrescare la memoria basta semplicemente guardare l'immagine del Testimonial dei Radical-Chic italiani e cioè Michele Serra.



Ho reso l'idea?
Se il concetto non è ancora chiaro, elenco alcune caratteristiche tipiche del perfetto radical-chic:

- La sua "Bibbia" di riferimento è il quotidiano "La Repubblica" (in particolare L'Amaca di M.Serra)
- E' abbonato a "Il Manifesto"
- E' ricco di famiglia, oppure ben pagato come giornalista/scrittore/docente universitario/regista, ma disprezza i ricchi e il denaro generale, di cui fa un usus pauper cioè lo "usa nel disprezzo".
- Ha partecipato alla Contestazione giovanile del '68 o a quella del '77
- Ovviamente è di sinistra, ma giudica i partiti di sinistra troppo moderati e li sferza polemicamente o con ironia corrosiva "da sinistra". 
- E' snob, deplora il populismo e le masse.
- Si atteggia a intellettuale anche quando non è laureato e neppure diplomato.

Altro esempio è il Pasdaran radical-chic Nanni Moretti.

Da questi due esempi si possono ricavare anche altre caratteristiche:

- Ha la barba.
- Veste in modo ostentatamente sciatto, per far finta di non dare importanza all'immagine, mentre in realtà la sua immagine è strategicamente studiata.

A confermare questi due esempi possiamo citare Francesco De Gregori e Francesco Guccini, di cui però non allego le foto perché c'è un limite alla bruttezza che questo blog vorrebbe cercare di non superare.

Però non posso non citare il Grande Ayatollah dei Radical-Chic, il loro Padre Spirituale e Venerato Maestro, e cioè, naturalmente, Eugenio Scalfari, Guida Suprema della Rivoluzione.

Chi osa contraddire il Venerabile Eugenio è immediatamente radiato dall'Albo dei Radical-Chic.
Il nobile Scalfari è il Profeta Isaia del nostro tempo.
Interprete del Verbo divino, si degna di cenare solo con una ristrettissima cerchia: Giorgio Napolitano, Mario Draghi, Mario Monti e Papa Francesco, però il conto della cena lo paga Giorgio De Benedetti.
Se Eugenio Scalfari è il padre dei radical-chic italiani, lo si può considerare il nonno degli hipster italiani.

In origine il termine "hipster" indicava negli USA solo gli amanti del jazz. Poi passò a indicare gli intellettuali di sinistra e successivamente i loro studenti.

Se il '68 e il '77 furono per i radical-chic il momento della presa di potere nelle università e nella stampa, il veicolo dell'ascesa degli Hipster è stato l'Erasmus, il progetto di scambio tra studenti di università straniere.

Naturalmente chi sceglie di fare l'Erasmus ha in mente qualsiasi cosa tranne studiare, ma di questo parlerò nella prossima puntata...

Le bassezze dell'Alta società. Capitolo 5. Il notaio Papisco.


Un altro assiduo frequentatore di Villa Ozzani era il notaio Giuseppe Papisco.
Nato a Catanzaro nel 1916, si era laureato in Giurisprudenza all’Università di Bologna nel 1939. L’iscrizione ai Guf, Giovani Universitari Fascisti, (in seguito disse che era in realtà un infiltrato del partito socialista) unito alla sua buona cultura classica fecero sì che la sua tesi sul “Diritto d’enfiteusi nella Roma di Silla” fosse molto apprezzata non solo negli ambienti accademici, ma anche presso il partito fascista.
Evitò la leva obbligatoria, e quindi la guerra, a causa di una misteriosa allergia ai pollini. 
 Queste credenziali gli permisero di vincere un dottorato in Istituzioni di Diritto Romano e di
conseguire anche l’Avvocatura. 
Nel 1942 entrò a far parte, grazie a una segnalazione di un “barone” universitario, di cui era divenuto fedele seguace, del prestigioso studio legale Frassineti-Petrello-Raffaroni, che assisteva in quel periodo gli interessi della famiglia Ozzani di Fossalta in una controversia con la famiglia Ghepardi riguardo ai costi di ristrutturazione di un palazzo in Via Belle Arti, a Bologna, che questi ultimi avevano venduti ai Conti Ozzani una ventina d’anni prima.


La causa si era protratta per le lunghe sia per i tempi della giustizia italiana, che per le vicende della guerra.
Il processo si stava inoltre pericolosamente avvitando su se stesso, considerato che la signora Cordelia Ghepardi aveva fatto causa pure alla Ditta appaltatrice del restauro, all’architetto che aveva presieduto i lavori, al notaio che aveva controfirmato la compravendita, all’agente mediatore del contratto di compravendita, al portiere del palazzo per diffamazione, al giardiniere per cause sconosciute, e persino a una famiglia di inquilini che abitavano da generazioni in una specie di sottoscala del palazzo.
Poiché si trattava dunque di una “gatta da pelare” che in studio nessuno voleva, la causa fu affidata al giovane Giuseppe Papisco, che così divenne legale della famiglia Ozzani.
In verità come avvocato non si distinse mai gran che, ma in compenso ebbe un insperato successo come seduttore: il suo fascino latino e la sua figura azzimata, con tanto di baffetti e brillantina, come usava all’epoca, conquistarono una delle sorelle, del Conte Umberto, Margherita Ozzani.


I due si fidanzarono nel 1943, l’anno stesso in cui Papisco vinse il concorso da Notaio (si narra che anche in questo concorso determinante fosse stata la presenza in alta uniforme e decorazioni del generale De Toschi, zio di Margherita e padre della famosa signorina Carlotta, La Grand Mademoiselle).
Dal matrimonio del notaio Papisco con Margherita Ozzani di Fossalta, celebrato nel maggio del ‘43, nacquero tre figli: Piergiuseppe, Goffredo e Benedetta.


Nonostante la guerra, per alcuni anni la famiglia Papisco visse felicemente e fu un modello per l’alta società ferrarese: il notaio guadagnava denari a palate grazie ai clienti che il Conte Ozzani e la signorina De Toschi gli raccomandavano, mentre la signora Margherita sfornava un figlio dietro l’altro e li affidava alle cure della balia.
Durante la Repubblica Sociale di Salò, Papisco mantenne una posizione defilata, occupandosi di studi di diritto societario, in cui abilmente sostenne l’ipotesi di nazionalizzazione delle grandi industrie, che poteva piacere sia al fascismo repubblichino, sia al socialismo, al comunismo e al cattolicesimo-sociale. Comunque fosse finita la guerra egli sarebbe “caduto in piedi”.


Questi studi giovarono anche alla sua carriera accademica, tanto che ottenne la cattedra universitaria di Professore Associato di Diritto Commerciale.
Quando però si accorse che, politicamente, il vento stava cambiando, decise che era giunto il momento di una "profonda revisione interiore etico-valoriale" che lo portò ad aderire molto opportunamente e con una perfetta tempistica alla Dc, nella corrente Dossetti-Fanfani.
I suoi articoli sulle "Cronache sociali" risultarono molto apprezzati, sia in ambito accademico che in ambito politico, tanto che durante l'era del centrismo degasperiano fu eletto nel Consiglio Comunale di Ferrara.
Passati i quarantacinque anni, il notaio Papisco si poteva considerare un uomo di successo sotto ogni punto di vista.
Era il 1953 quando scoppiò lo scandalo destinato a segnare profondamente la vita non solo del notaio Papisco, quanto di tutta la famiglia Ozzani di Fossalta.
Il notaio infatti si innamorò perdutamente della sua bella e sveglia segretaria, tale Serena Sarpi, che lo aveva conquistato a tal punto da convincerlo di punto in bianco a lasciare moglie e figli per andare a convivere con lei. 


Ma ebbe a pentirsi quasi subito di quella “fuga d’amore”  e  ne pagò le tragiche conseguenze per il resto dei suoi giorni.
La famiglia dei conti Ozzani di Fossalta si schierò compatta contro di lui e gli fece perdere moltissimi clienti. I suoi colleghi universitari lo isolarono, biasimandone il comportamento (teniamo presente che erano gli Anni Cinquanta!). L’alta società gli voltò le spalle. Famoso fu l’ “anatema” che la signorina De Toschi pronunciò contro di lui: «Ha tradito non solo la fiducia di sua moglie, ma anche quella del mi’ babbo!»
A nulla valsero i suoi disperati tentativi di tornare dalla moglie: la signora Margherita era ritornata a Villa Ozzani e non voleva più vederlo. 
L’amante poi lo teneva in pugno: come segretaria del suo studio notarile era a conoscenza dei segreti di mezza città e non si sarebbe fatta scrupolo a lasciarli trapelare, qualora il notaio la lasciasse. Sotto un simile ricatto, e considerando che Serena Sarpi era nel contempo una donna attraente e un’abile amministratrice finanziaria, Giuseppe Papisco si affidò anima e corpo a costei, che da quel momento decise di ogni più piccolo dettaglio della sua vita. 


Non si potevano sposare, dal momento che all'epoca, in Italia, non esisteva una legge sul divorzio, ma ciò non impedì alla coppia di convivere more uxorio ed avere un figlio, Bramante, destinato a diventare un protagonista di primo piano nella vita dell'alta società ferrarese.
Ma poiché le vie del Signore sono infinite, il notaio riuscì a rientrare "dalla finestra" in quell'alta società che lo aveva cacciato "dalla porta" di casa, o meglio dal portone della Villa Ozzani di Fossalta.
Volle il caso, infatti, che il notaio Papisco fosse paziente del dottor Guglielmo Federici, il padre di Giulia (amica di Virginia Ozzani di Fossalta), e medico di famiglia dell’alta società ferrarese. 
Fra i due era nata una cordiale amicizia e poiché il dottor Federici non era uomo da  voltare le spalle alle persone care nei momenti di disgrazia, la loro amicizia si cementò a tal punto che la presenza della signorina Sarpi venne ammessa in casa Federici.


Tutto ciò accadeva mentre Giulia Federici diveniva amica troppo intima di Alessio Ozzani di Fossalta, gemello di Virginia e nipote di Margherita, l'ex signora Papisco
Questa imbarazzante posizione di amica delle famiglie dei due separati coniugi Papisco avrebbe potuto determinare la caduta in disgrazia di Giulia presso i suoi aristocratici amici, ma incredibilmente  accadde il contrario. 
Giulia infatti venne considerata come il veicolo principale di informazione dettagliata e di prima mano da parte di entrambi i coniugi Papisco, l’uno nei confronti dell’altra.
La signora Margherita Ozzani ex Papisco aveva addirittura espresso il vivo desiderio che “quella cara ragazza” (Giulia) fosse ospite gradita a Villa Ozzani, ove del resto già la destinavano le buone parole della signorina Carlotta De Toschi, sua insegnante di ripetizione per latino e greco, e le ottime conoscenze del dottor Federici nel “gran mondo”. Questo fu uno dei tanti motivi, in apparenza del tutto casuali, che contribuirono a legare indissolubilmente la sorte di Giulia a quella degli Ozzani di Fossalta.
Nel frattempo il notaio Papisco si era convertito al Centro-Sinistra, proprio nel momento in cui, col primo governo di Aldo Moro, nel 1962, l'alleanza tra la DC e il PSI inaugurava la sua lunghissima stagione di potere.
Questo gli valse l'elezione a senatore della Repubblica.


Col passare dei decenni, seguendo il corso della politica italiana, il senatore Giuseppe Papisco divenne Sottosegretario nei governi di Solidarietà Nazionale, basati sul Compromesso Storico tra la DC e il PCI.
E così, l'uomo che in gioventù era stato fascista e nella maturità era divenuto un democristiano guardato con simpatia dai socialisti, divenne un politico apprezzato anche all'interno del potentissimo Partito Comunista, che a Ferrara deteneva il potere assoluto.
Dopo avere politicamente avversato la legge sul divorzio, nel 1975 fu uno dei primi a divorziare e poté finalmente sposare Serena Sarpi, anche se da quel matrimonio non sarebbe venuto fuori nulla di buono, come vedremo in seguito.